Riflessioni sulla Global Tools

La Global Tools può essere considerata un'autentica rivoluzione che parte dai moti del '68 quando si diceva: «Occorre uscire dalle università, dalla scuola e

La Global Tools può essere considerata un'autentica rivoluzione che parte dai moti del '68 quando si diceva: «Occorre uscire dalle università, dalla scuola e attingere alla fonte originaria della cultura, delle idee, di ciò che spontaneamente vien fuori dai luoghi più inaspettati della società». Ciò al di là di ogni specialistica competenza che rimane un valore ma non esclusivo e dominante. Le competenze hanno un valore solo quando riescono a calamitare intorno a sé altre forze creative, quando riescono a suscitarle, ad accompagnarle, ad organizzarle. In alcuni casi la creatività suscitata, scovata, fomentata diviene patrimonio comune e fonte di lavoro e di sussistenza.

Global Tools: ARCHIZOOM ASSOCIATI: 1. Andrea Branzi - 2. Gilberto Corretti - 3. Paolo Deganello - Massimo Morozzi - 5. Dario Bartolini, Lucia Bartolini - 6. Remo Buti. CASABELLA: 7. Alessandro Mendini - 8. Carlo Guenzi - Enrico Bona - 10. Franco Raggi - 11. Luciano Boschini - 12. Riccardo Dalisi 13. Ugo La Pietra. 9999: 14. Giorgio Birelli - 15. Carlo Caldini - 16. Fabrizio Fiumi - 17. Paolo Galli - 18. Gaetano Pesce - 19. Gianni Pettena. RASSEGNA: 2O. Adalberto Dal Lago - 21. Ettore Sottsass. SUPERSTUDIO: 22 Piero Frassinelli - 23. Alessandro Magris - 24. Roberto Magris - 25. Adolfo Natalini 26. Christiano Toraldo di Francia. U.F.O.: 27. Carlo Bachi - 28. Lapo Binazzi (Patrizia Cammeo, Riccardo Forese) - 29 Titti Maschietto. ZZIGGURAT: 30. Alberto Breschi (Giuliano Fiorenzuoli) - 31 Roberto Pecchioli (Nanni Carciaghe, Gigi Gavini).

Global Tools: ARCHIZOOM ASSOCIATI: 1. Andrea Branzi - 2. Gilberto Corretti - 3. Paolo Deganello - Massimo Morozzi - 5. Dario Bartolini, Lucia Bartolini - 6. Remo Buti. CASABELLA: 7. Alessandro Mendini - 8. Carlo Guenzi - Enrico Bona - 10. Franco Raggi - 11. Luciano Boschini - 12. Riccardo Dalisi 13. Ugo La Pietra. 9999: 14. Giorgio Birelli - 15. Carlo Caldini - 16. Fabrizio Fiumi - 17. Paolo Galli - 18. Gaetano Pesce - 19. Gianni Pettena. RASSEGNA: 2O. Adalberto Dal Lago - 21. Ettore Sottsass. SUPERSTUDIO: 22 Piero Frassinelli - 23. Alessandro Magris - 24. Roberto Magris - 25. Adolfo Natalini 26. Christiano Toraldo di Francia. U.F.O.: 27. Carlo Bachi - 28. Lapo Binazzi (Patrizia Cammeo, Riccardo Forese) - 29 Titti Maschietto. ZZIGGURAT: 30. Alberto Breschi (Giuliano Fiorenzuoli) - 31 Roberto Pecchioli (Nanni Carciaghe, Gigi Gavini).

Gli artigiani in questa visione avrebbero messo a sevizio le loro competenze in rapporto dinamico con i designer e con altri soggetti: ragazzi, bambini, sottoproletari ecc.

L'esperienza partecipativa con i bambini del Rione Traiano - Napoli 1971

L'esperienza partecipativa con i bambini del Rione Traiano - Napoli 1971

L'esperienza partecipativa condotta al Rione Traiano negli anni '70 ha messo a misura la nostra cultura accademica con la cultura del luogo impregnata di sentire popolare. Ne nacque una sorta di cultura mista che curiosamente spinse i bambini del luogo a creare oggetti e decori del tutto sperimentali. Quello che si sarà poi detto «unione di arte e design che si pone in atto spontaneamente».
I bambini, in competizione con gli studenti di architettura, cominciarono a disegnare in maniera sorprendente, in bilico tra sensi e segni totemici popolareschi ed arte d'avanguardia (Kandinskij, Klee ecc.). Anche gli oggetti, le sedioline, le borse, le magliette contenevano segni del tutto insoliti. Ad esempio, una lampada era del tutto fuori dalle righe: in legno, nera con un lato aperto zigzagato in fil di ferro. Altre cose erano al di là di ogni ragionevole proposito. Ancora oggi spingono a riflessione. Quel lavoro durò vari anni (1971-'74) ed è stato il punto di partenza per quello che è venuto negli anni successivi a partire dal corso «Progettazione e compassione» alla Sanità, sempre con bambini e giovani del quartiere e studenti del mio corso universitario, fino al lavoro a Scampia e nel carcere di Nisida. Il senso profondo di ciò che ne è derivato è che occorre puntare all'arte, provocare la sensibilità artistica innata e nascosta in ognuno (il bambino più diseredato disegnava meglio di tutti). L'arte riscatta, sana, è una grande valvola, la valvola della Global Tools.
La Global Tools era in sostanza un modo di essere, un esempio ideologico, programmatico che ha lasciato i suoi membri liberi di muoversi, incitandoli ad uscire fuori dagli ambiti chiusi, oltre ogni sicurezza verificata, organizzata, strutturata, gerarchizzata. Tutto questo portava con sé l'esigenza di andare oltre ogni dominio del razionale, oltre il fascino di ciò che è ben chiaro e controllabile che pur ha dato, nei secoli precedenti, i suoi grandi frutti. Il «cogito ergo sum» andava sostituito con «immagino, sperimento, mi lancio ergo sum». Il «cogito» assumeva un diverso ruolo, creativo e costruttivo fino alla sosta prudente, alla vigilanza: «Mi slancio e valuto; mi provo e verifico; oso e guido». Si è, in questo modo, entro la vita, tutt'uno con ciò che si para davanti, intorno e dentro di me, al di là del mio «preventivo verificare». Il sogno, il proposito, l'ideale è che l'«orizzonte» è nel presente, il «qui» è nel mio anelito, nel mio bisogno del «qui ed ora». Il tempo si discioglie in un fluido che tutto contiene. Quando diciamo «creatività a tutto campo» unifichiamo, in effetti, la duplicità spazio-tempo in un'unica dinamica.
Con la Global Tools, in fondo, si è ampliato il confine dei propositi e delle possibilità dimostrando che l'agire umano può osare. Ogni ambito di sicurezza diviene postazione per esplorazioni in una dinamica «andare e venire», in un crescere in più direzioni.
Un disegno fatto in modo veloce, incontrollato, dominato da puro impulso di energia ha un potenziale che non possiamo realizzare intenzionalmente, che va oltre il nostro potere cogitante. La sorpresa che i «non addetti ai lavori» possono regalare a noi tutti appartiene a questa sfera, una sfera cui la Global Tools ci ha insegnato ad attingere anticipando il «radical design».
L'effetto capovolgente dell'esperienza ascrivibile alla Global Tools permise la nascita di vere e proprie correnti culturali d'avanguardia. Al rione Traiano si usavano materiali di fortuna e di risulta, pezzi di legno abbandonati dalle imprese di costruzioni che lavoravano a singhiozzo nell'immenso cantiere del nuovo quartiere. Famosa divenne la sediolina fatta da una bambina con una pelliccetta, che utilizzava il tronco sghembo di un'impalcatura come struttura e che fu pubblicata anche fuori Italia. Così la «sediolina del cece» fatta da una bambina piccolissima, sulla cui interpretazione si cimentarono con disegni diversi artisti e intellettuali (Andy Warhol, Joseph Beuys, Umberto Eco, Aldo Rossi, Franco Purini, Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Enzo Mari e altri). Pericolosissime armature in ferro di un cantiere abbandonato furono trasformate in scenari per le azzardate acrobazie dei ragazzini, e tantissime erano le verande realizzate con mezzi poverissimi dai baraccati del dopo terremoto: decrescita pura. Ci si possono ancora ricavare spunti progettuali.
Quel clima era propizio a idee particolari: il design di cartapesta, ad esempio, con vassoi, sedie, grandi «troni» biposto. Tutto ciò mi ha abituato a pensare in modo «inclusivo» e aperto. Da lì è derivato l'ardire del «progettare senza pensare» a volumetrie e architetture sviluppate in modellini in cartoncino colorato e poi disegnate in maniera funzionale per essere costruite.
Successivamente venne il design radicale «alla napoletana»: strutture ardite ma possibili, come se la geometria potesse essere concepita come qualcosa di palpitante che cresce e prolifera come un seme.
La passione crea realtà e marcia a cento all'ora. Il segreto è aspettarsi sempre di più da noi stessi, oltre i limiti delle necessità quotidiane, della professione, delle aspettative degli altri, di ciò che si dice «realtà». La realtà poi segue a ruota, a volte arrancando molto, a volte solo un po'. Le radici della Global Tools sono qui, tra i nostri piedi, nel nostro cuore, nella nostra mano e nel nostro pensiero.
A partire dal 1971 in poi le diverse esperienze di lavoro di quartiere (addirittura nelle carceri) hanno confermato la centralità (auto)educativa dell'arte che appartiene a tutti. Occorre saperla sollecitare per farla venire alla luce. è un modo di essere dell'uomo nel mondo, quello che Panikkar chiama «essere nel mondo mistico» nelle tantissime valenze che può avere. Si finisce con l'accrescere in noi la fiducia verso tutti gli esseri, specie verso i giovani e i giovanissimi che si trasmette de visu e diviene la struttura portante di rapporti fecondi accrescendo lo spazio delle idee, dei linguaggi, delle iniziative. Amplificandosi così la prospettiva dei rapporti, prima selettivi in funzione di attestati di competenze, si amplia anche la visione del mondo, muta non soltanto la sfera dei possibili rapporti di attività. In questo ampliare e mutare il concetto di cultura si ottiene una precisa riverberazione sui comportamenti, sugli spazi operativi intrecciandosi la Global Tools con altri filoni del pensiero e delle iniziative. L'uomo è sede ideativa, è spazio infinitamente ampliabile e non è possibile conoscerne i confini se non attraverso una reiterata serie di prove e sperimentazioni. Anche le attività di formazione, di pedagogia, di integrazione e reintegrazione psicologica, sociale e culturale sono riviste. Negli ambiti socialmente degradati non si va solo orientati al «recupero» ma alle attività creative che contengono in sé forze di recupero assai più snelle e dirette. Ciò di riversa beneficamente anche su chi va a concepire tali attività che ne è ripagato in se stesso.
Non è stato ancora affrontato il grande tema dell'immensa ricchezza costituita dalle diversità senza limiti dei temperamenti e dunque dei potenziali che chiedono di emergere. Fino ad ora vigeva lo sforzo di semplificare, di selettivare, di uniformare attraverso categorie ben precise di tipi e di attitudini classificabili. La psicologia, la psicoanalisi, la medicina, l'analisi comportamentale si sono mossi per indagare su ciò che è ricorrente e identificabile, individuabile con chiarezza. Come si può studiare l'imprevedibile che si mostra quale ventaglio aperto del molteplice, dell'estroso, di ciò che è ricco di alternative? Solo la letteratura e l'arte lo hanno fatto. Qui si vuole auspicare e suggerire qualcosa di diverso, una nuova disciplina non ancora apparsa all'orizzonte.
Lo sviluppo dello studio del «ventaglio di possibilità creative», della ricchezza delle attitudini, delle singolarità creative e tutti gli esperimenti condotti (ad esempio nelle carceri) hanno fatto emergere un aspetto sorprendente. Attitudini positive e creative lì dove non ce lo aspettavamo. Si potrebbe pensare a dei grafici che, a partire da andamenti lineari, di basso rendimento, mostrano punte, interruzioni, aperture, segnali particolari, annotazioni di appoggio. Un grafico siffatto esprimerebbe meglio ciò che voglio dire: apertura alla vita, inclusività arricchibili, modificabili, aperte. Ciò che più si avvicina a quanto detto è l'arte. Si aprono dunque spiragli, situazioni e stratagemmi…

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Le spider anni '50 e anni '60 di Umberto Panarella

Le spider anni '50 e anni '60

L'automobile fu la naturale evoluzione della carrozza. Le prime automobili erano delle semplici carrozze alle quali furono eliminate le parti che servivano per attaccare i cavalli e aggiunto un piccolo motore a scoppio.Le prime auto erano completamente aperte o al massimo prevedevano, come sulle carrozze, una copertura a mantice. Agli albori, quindi, erano tutte scoperte, anche perché i motori erano poco potenti e perciò nessun costruttore era intenzionato ad appesantirle con una carrozzeria chiusa.

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