Riccardo Dalisi

Nato a Potenza nel 1931, vive a Napoli da sempre. Artista e designer di rilievo internazionale

Riccardo Dalisi

Riccardo Dalisi


I suoi lavori sono presenti in numerose collezioni private e nei più prestigiosi Musei europei e d'oltreoceano (Mus´e des Art D´coratifs, Parigi; Museo di arti decorative, Groningen - Olanda; Denver Art Museum, Denver-Colorado; Museo d'Arte, Montreal - Canada; Museo della Triennale di Milano; Centre Pompidou di Parigi).

Riccardo Dalisi

Riccardo Dalisi


Nel panorama dell'arte contemporanea, spesso cupa ed angosciosa, le sue sculture rivelano un artista "che sa essere garbato ... gioioso, ilare, ironico e anche umano, fantastico, persino grottesco" (G. Dorfles).
I suoi disegni sgorgano rapidi dal vivo della sua interiorità più sensibile e sembrano uscire spontaneamente dalla penna, dalla mano. Le sue opere sono il frutto di un capovolgimento del processo creativo, in cui "il progetto non è l'idea a monte del lavoro ... bensì lo sbocco, lo svelamento finale di un'attività concreta" (A. Bonito Oliva).

Dalisi usa il linguaggio come strumento di comunicazione diretta. "Non c'è una ricerca intellettuale del simbolico", precisa l'artista, " perché è l'immediatezza del sentimento che mi interessa, questa fonte del nostro sentire da cui viene l'amicizia, la simpatia, l'amore su cui si fonda la cultura".

Riccardo Dalisi

Scultura di Riccardo Dalisi

La sua ricerca espressiva spazia, quindi, nel mitico, nell'arcaico, nel sacro. Materiali poveri (ferro, rame, ottone) sono impiegati con amorevole manualità artigianale; nell'epoca dell'elettronica e della high tech, ridona umanità e giocosa piacevolezza alle sculture, alle figure.
"Da queste materie, opportunamente lavorate, vengono alla vita dell'arte i Suonatori, i Re, i Centauri e la Sfinge, le figure della Devozione, Cristo e la Madonna, i Guerrieri. Questi materiali umili vengono trattati dall'artista con tecniche antiche e memoria sapienziale, a sottolineare lo scarto fra la loro povertà e la persistenza e vitalità di un patrimonio irrinunciabile. A indicare quella corrente che attraversa, nel profondo, animandoli, luoghi e concezioni distanti" (A. Trimarco).
Nell'arte di fine millennio, specchio dolente e terrifico della drammatica condizione del mondo contemporaneo, l'opera di Dalisi, le sue statue, i suoi disegni, le decorazioni, gli oggetti d'uso emanano messaggi di serenità e speranza, di gioia di vivere, di fiducia nelle possibilità dell'Uomo, nella religiosità da cui si genera limpida intelligenza.

Dalisi appartiene a quella generazione di architetti, cresciuti sulle ceneri di un razionalismo ormai in crisi. Laureatosi a Napoli nel '57, in pieno "razionalismo organico", si è distinto come l'architetto inventivo. Allievo di Della Sala, che aveva lavorato con Gropius, imparò, da lui, l'incontentabilità: non essere mai soddisfatti dei risultati, lasciarsi stimolare anche dall'errore, una variabile che apre spazi mai programmabili.

Nel 1967 scrive, Forma, Intervallo, Spazio, affrontando uno studio sull'intervallo tra la forma e lo spazio che sembra vuoto...

Riccardo Dalisi

Disegno di Riccardo Dalisi


Nel 1969 prende la libera docenza all'Università.

Nel 1970 scrive Architettura dell'imprevedibilità, esponendovi la geometria generativa che vede lo spazio come una pulsazione di regole geometriche ricchissime, accumulabili, con proprie regole e riscontri nella realtà urbana moderna. Ogni situazione ne può generare altre diverse. La Geometria Generativa è divenuta una teoria verificata, in un metodo didattico insieme agli studenti, che ancora oggi si mostrano molto contenti di lavorare su questa base di impostazione teorica.

Riccardo Dalisi

Riccardo Dalisi al Centre Pompidou 2016

Ha lavorato con Michele Capobianco e con Massimo Pica Ciamarra per la Borsa Merci di Napoli contribuendo al progetto secondo i principi della geometria generativa riferiti all'architettura.

Un giorno del 1971 a Milano discute, con Giancarlo De Carlo, il progetto di una scuola, architettonicamente impostato sulla geometria generativa che, però, contiene, intenzionalmente, l'idea di partecipazione a cui è già interessato. Partecipazione intesa come accumulo di forme diverse, di soluzione che deriva dal rapporto con la molteplicità delle relazioni sociali.
Ne nascono delle critiche che gli fanno dire: "La partecipazione la faccio davvero".
Tornato a Napoli, va nel Rione Traiano e con i suoi studenti inizia quel lavoro sulla partecipazione creativa, poi pubblicato su Casabella, da cui nascono gli scritti per il libro Architettura d'animazione, del 1975. L'andare al quartiere costituisce in sé, globalmente, uno stimolo continuo; è uno stimolo, soprattutto, la tensione a provocare i bambini alla produzione creativa. In primo piano balza l'interazione intensa e la rottura d'uno schema mentale, cioè di una distinzione netta tra cultura popolare e aulica.

Riccardo Dalisi

Centre Pompidou di Parigi, inaugurazione della mostra «Un art pauvre» di Riccardo Dalisi

Dalisi chiama di tecnologia povera quel lavoro, in corso già da diversi anni, di grande interesse sia linguistico che politico, i cui temi principali sono la tecnica ed i materiali poveri.

Nel 1973 è tra i fondatori con Mendini, Branzi, Sottsass ed altri della Global Tools, una contro-scuola di architettura e design che riunisce, all'interno di un programma di ricerca unitario, tutti i gruppi e le persone che in Italia coprono l'area più avanzata della cosiddetta architettura radicale. Si tratta di raccogliere le tante energie delle avanguardie, che già vacillano verso un'incerta maturazione, e di incanalarle oltre gli anni della grande compressione creativa del '68. Le esperienze di Riccardo Dalisi al Rione Traiano di Napoli sono un importante riferimento alla ricerca della Global Tools.

Riccardo Dalisi

Sculture di Riccardo Dalisi © archimagazine

Negli stessi anni si dedica allo studio su Gaudí: Dalisi è particolarmente attratto dalla personalità del maestro catalano, tanto da sentirsi in parte un suo continuatore. Nel libro Gaudí mobili e oggetti (Milano, Electa, 1978), cè 'una grande attenzione per l'uso dei materiali, alcuni particolari accostamenti, una ricerca di frammenti da cui nascono oggetti richiamati ad una nuova vita, ad un nuovo significato che compie Gaudí, e che tuttora compie Dalisi. L'esaltazione del ruolo della manualità comincia a sviluppare i primi comportamenti teorici e sperimentali che dovevano preparare la figura del design. In questo senso Gaudí ridiventa esemplare ed importante. Lo stesso uso dei frammenti anticipa le molte tecniche linguistiche dell'arte moderna, dal bricolage al collage, alle sostituzioni, allo spiazzamento.

Nel 1979, incaricato dalla ditta Alessi di produrre una versione della classica napoletana, inizia il suo lavoro di ricerca sulla caffettiera napoletana. Dai prototipi inventati nel quotidiano rapporto coi lattonai ed i ramaioli di Rua Catalana, Dalisi ha sempre sperimentato nuovi usi e funzioni per quello strumento che è ormai diventato il fulcro di un'opera buffa del design, premiata con il Compasso d'Oro 1981. Questa ricerca, che ha prodotto caffettiere di varie fogge e sculture che giocano con i sottintesi di quelle vecchie forme, sembra non avrà mai fine, come la manipolazione di un oggetto magico, che rivela ad ogni mossa del giocatore una parte nuova di sé e dell'uomo che lo muove. E' stato come entrare nei sotterranei della storia d'un popolo, nell'anima di una città attraverso un processo di analisi storica e sociologica; la caffettiera si è animata, si è fatta produzione fantastica, espandendosi sempre più. Nel 1987 la caffettiera napoletana entra in produzione e Dalisi diviene internazionalmente noto.

Riccardo Dalisi introduce, nel design il folclore, la manualità artigianale, i materiali antichi. Nei suoi progetti, ha sempre concepito spazi modellati sulle forme viventi e sull'idea di trasformazione; "forse la più famosa delle metamorfosi è quella che ci racconta Collodi, di Pinocchio nel paese dei balocchi", ama ribadire Dalisi che ha applicato la sua idea - guida nell'architettura aperta di scuole e case, come nella progettazione di mobili e oggetti d'uso comune. Il suo nome si associa immediatamente all'invenzione poetica di oggetti e arredi che rievocano l'infanzia, la poetica del quotidiano, la libera espressione dell'arte. "Di fatto tutti mi dicono che sono un poeta", esordisce Dalisi raccontando di sé. "Per me è stato difficile entrare nel mondo del design, anche se ho iniziato regolarmente come architetto".

Riccardo Dalisi

Scultura di Riccardo Dalisi

Come designer ha una grande esperienza e dottrina, creando forme che sono state commercializzate da note aziende quali: Zabro, Zanotta, Alessi, Oluce, Playline, Morphos, Fiat, Munari, Kleis, Baleri, Rex, Slamp, Eschenbach, W.M.F., Rosenthal, Ritzenhoff, Il Cocchio, Glass, Bisazza, ed altre.

Nel 1995 incomincia la sua produzione di sculture, ottenendo subito esiti importanti e sicuri come attestano le mostre a Palazzo Reale di Napoli e a Palazzo Marigliano a p.zza dei Martiri a Napoli, a Lamezia Terme (Catanzaro), a piazza Esedra a Salerno.

Nel 1997, in collaborazione con la C.N.A. (settore artistico) di Napoli, la Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali, ed il Comune di Napoli, ha coinvolto i suoi artigiani per l'allestimento, ormai diventato permanente, di Rua Catalana con le sue sculture e i suoi lumi. L'esperienza è partita dall'originale ed interessante idea di realizzare le opere d'arte disegnate dall'architetto Dalisi con la manodopera locale e con i materiali già definiti poveri, trasformando e illuminando Rua Catalana. L'esperienza, denominata Napolino, dal nome di un lume - scultura realizzato per l'occasione, ha l'obiettivo di far emergere la strada come monumento vivente, paragonabile ad un progetto che fu attuato a Napoli negli anni '70 e che vedeva impegnati tutti i gruppi di avanguardia italiani, i radicals, che hanno fatto la storia del design italiano, influendo sull'arte e sull'architettura, e che tanta eco hanno avuto anche fuori Italia fino ai nostri giorni. Quella scuola si chiamava Global Tools e Rua Catalana sembra esserne una reinvenzione ed attuazione assai interessante. Qui tutto avviene all'insegna di un laboratorio sperimentale che vuole far emergere il grande tema della necessità del piano estetico e della forza immaginativa; un laboratorio per rinnovare, mantenere in vita e sviluppare l'attività produttiva manuale, l'artigianato, che ha tanta importanza nella nostra economia ed in particolare nel Sud. L'attività, svolta con la partecipazione di studenti di architettura, ha fatto denominare tutta l'iniziativa Università di Strada.

Nel 1998 Napolino è selezionato dalla Comunità Europea come uno degli otto progetti pilota da adottare e diffondere nel mondo, per l'elevato livello culturale.

Riccardo Dalisi

Riccardo Dalisi nel suo studio - laboratorio

Ha insegnato per anni, come professore ordinario, Composizione Architettonica, presso la facoltà di Architettura di Napoli ed è stato fondatore e direttore della Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale, presso la stessa facoltà.
Di particolare rilievo è la sua pubblicazione teorico - didattica, del 1998, per Electa, Progettare senza pensare.
Nel giugno del 2016, al Centre Pompidou di Parigi, viene inaugurata la mostra «Un art pauvre» che espone le opere di Riccardo Dalisi acquistate dal Museo per la collezione permanente.
Vengono esposte le opere di «arte povera» realizzate negli anni Settanta coi ragazzi «a rischio» del Rione Traiano. L'impegno nel sociale che Dalisi prosegue ancora oggi, con lo stesso spirito, al Rione Sanità e all'Ospedale dell'Annunziata nel cuore di Forcella a Napoli, gli fanno conseguire il secondo Compasso d'Oro alla carriera.

© archimagazine

Architettura
Design
Transportation Design
Le spider anni '50 e anni '60 di Umberto Panarella

Le spider anni '50 e anni '60

L'automobile fu la naturale evoluzione della carrozza. Le prime automobili erano delle semplici carrozze alle quali furono eliminate le parti che servivano per attaccare i cavalli e aggiunto un piccolo motore a scoppio.Le prime auto erano completamente aperte o al massimo prevedevano, come sulle carrozze, una copertura a mantice. Agli albori, quindi, erano tutte scoperte, anche perché i motori erano poco potenti e perciò nessun costruttore era intenzionato ad appesantirle con una carrozzeria chiusa.

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