Car Design

Design dell'auto: misurarci con il passato
Misurarci con il passato ed il futuro: la struttura, la personalizzazione, l'innovazione tecnologica e stilistica

Prima parte

Design dell'auto: misurarci con il passato

di Umberto Panarella

"Dobbiamo misurarci con il passato ma anche col futuro e con le utopie. Essere all'altezza delle profezie". In questa frase di Gio Ponti si può trovare la linea guida da seguire nella progettazione automobilistica odierna.

Verso la fine degli anni '70, la Fiat, non ancora pienamente ripresasi dalla profonda crisi in cui si era trovata a seguito della crisi petrolifera, decise di rinnovare la gamma in tempo breve affidando a Giugiaro l'incarico di studiare una utilitaria da inserire tra la 126 e la 127, auto già datate. In poco tempo il designer progettò la Panda, un'auto particolarmente compatta e con l'aria da "Jeep". La Panda non era pura creazione di Giugiaro ma era la rilettura, l'assimilazione, la riformulazione e rielaborazione di tutti i maggiori prodotti di successo automobilistici nel settore utilitarie.

Nella Panda, Giugiaro rielabora elementi della Citroen 2 CV, della Renault 4, della Mini Minor ed inoltre modifica il concetto di auto inventando un modello al di fuori delle formalità. Per la sua informalità, diviene "l'auto in scarpe da tennis" e, a detta del suo stesso creatore, l'idea seguita fu progettare "Il corrispettivo a quattro ruote di un elettrodomestico". Con la sua forma, i suoi colori, la sua praticità ha fatto sognare intere generazioni e, senza dimostrarli, ha raggiunto i ventitré anni di produzione. Quanto mai giovanile ed attuale, questa economica quattro ruote continua ad imperversare tra le "new generation" come simbolo di libertà ed economicità. Nella sua lunga carriera non sono stati solo i giovani gli acquirenti che hanno decretato il successo della Panda ma anche famiglie che non desideravano spendere cifre elevate per l'acquisto di un'auto. Come era capitato anche per la Citroen 2CV e per la Renault 4, molti acquirenti non hanno disdegnato di sostituire una Panda con una Panda. Nata con l'auspicio di essere prodotta per un decennio, ha superato ampiamente, come detto, il ventennio di produzione. Attualmente, il suo prezzo di vendita bassissimo, dato da costi di produzione ampiamente ammortizzati, ne facilita ancora la vendita. Sarà, forse come raramente capita, tolta dal mercato in un momento in cui ancora "tira".

Abbiamo detto che Giugiaro, nella Panda, ha rielaborato un mosaico di elementi del passato automobilistico; gli elementi che hanno caratterizzato il progetto sono stati l'economicità, la funzionalità e la praticità.


Misurarci con il passato: economicità
La vettura che in tutta la storia dell'auto ha avuto l'economicità come base principale da rispettare in fase di progettazione è stata la Citroen 2 CV. Essa può essere ancora oggi esempio scuola per molti progettisti.
Nel 1935 era amministratore capo della fabbrica francese Pierre Jules Boulanger il quale diede ordini ben precisi ai suoi tecnici per la progettazione di una nuova vettura; essi possono essere concretizzati nelle seguenti frasi:

" Voglio che mi costruiate un auto che possa trasportare due persone e 50 kg di patate. Deve viaggiare a 60 km/h e non deve consumare più di 3 litri per 100 km".
Voglio un auto che sia costituita da "quattro ruote e un ombrello".
" L'auto deve poter essere guidata sulle strade più anguste di campagna ed anche dalle signore che non hanno mai messo le mani su un volante. E non ha nessuna importanza l'aspetto estetico."
Il primo prototipo fu terminato nel 1937 ed era molto leggero in quanto presentava tutta la carrozzeria in lamiera di duralinox, una speciale lega di alluminio. Esso aveva una linea tradizionale e un motore motociclistico BMW . Fu un disastro sotto tutti i punti di vista, tanto da essere completamente modificato. Da quel momento fu intrapresa una strada completamente nuova. La ricerca portò ad un secondo prototipo più originale e funzionale. Il contenimento del peso, esigenza basilare del progetto, era ottenuto eliminando quanto possibile: il motorino di avviamento era stato abolito e ricompariva la manovella per la messa in moto, i fari si erano ridotti ad uno, il tetto ed il baule erano in tela. Tale prototipo pesava circa 400 kg, poteva viaggiare a 50 km/h con un bicilindrico di 375 cmc raffreddato ad acqua, i freni a tamburo posteriori erano azionati con un comando meccanico a mano.

Interno del prototipo Citroen 2 CV del 1939


Interno del prototipo Citroen 2 CV del 1939

Parte della carrozzeria era ancora in duralluminio mentre il cofano, in lamiera ondulata, era direttamente ripreso dalle esperienze aeronautiche degli Junkers tedeschi. Fu presentata al Salone di Parigi nel 1939 con molte modifiche e ne fu programmata la costruzione di circa 200/250 esemplari. Stava nascendo la risposta francese all'"auto del popolo tedesca", che era in corso di definizione (il primo VW Maggiolino progetto VW38 vedrà la luce nel 1940). Purtroppo il primo esemplare dei 200 o 250 programmati uscì dalle catene di montaggio il 2 settembre 1939 ed il giorno dopo scoppiò la II guerra mondiale.

Prototipo Citroen 2 CV del 1939

Prototipo Citroen 2 CV del 1939

Il progetto comunque non fu abbandonato ma solo notevolmente rallentato dalla guerra.

In questi primi prototipi si legge una chiara somiglianza con i progetti d'auto di Le Corbusier ; in particolare con La Voiture tipo A per il concetto dell'abitabilità e con La Voiture tipo B per la carrozzeria.

Tipo A

Tipo A

Tipo B

Tipo B

I disegni pervenutici sono privi di datazione ma comunque databili intorno al 1936.

Nella Tipo A tutta la carrozzeria è prevista come un contenitore ove tutto sta dentro senza alcuna aggiunta; questo è dimostrato dall'unico faro centrale incassato, dalle maniglie del baule e da tanti altri particolari. L'importanza "abitativa" che Le Corbusier dà all'abitacolo è evidente nelle possibilità di creare un'ampia cuccetta ribaltando i sedili e senza interferire con lo spazio destinato ai bagagli. Il tetto è previsto apribile con una soluzione a scorrimento verso il lato posteriore della vettura.

La tipo A presenta delle soluzioni meccaniche in controtendenza per l'epoca, quali la disposizione del motore posteriore e soluzioni avveniristiche come la quattro ruote completamente sterzanti che ancora oggi non è stato possibile applicare. Il motore posteriore è montato, a quell'epoca, solo in via sperimentale su alcune auto sportive (AUTO UNION del 1936) ed è ancora in fase di studio la VolksWagen di Porsche; unica eccezione, ma risalente agli anni 1924-28, era stata la Hanomag 2/10.

Hanomag 2/10

Hanomag 2/10

Le Corbusier è cosciente che la previsione progettuale per il contenimento dei costi può portare ad un'auto molto vulnerabile in caso di incidente e prevede paraurti avvolgenti sia anteriormente che posteriormente nonché protezioni laterali. Novità assoluta, e lo sarà fino al 1967, è la disposizione di tre sediolini allineati che verranno ritrovati in un'auto fuori serie nel 1966 (Ferrari 365 P).

Hanomag 2/10

Ferrari 365 P

Furono costruiti due esemplari a un anno di distanza uno dall'altro. Avevano in comune l'insolita soluzione a tre posti con guida centrale. Una delle due appartenne all'Avv. Giovanni Agnelli.

Tipo A

Tipo B

Matra Simca Bagheera
Veduta dell'abitacolo Motore centrale e trasversale, tre posti affiancati, carrozzeria in fibra di vetro

La Tipo B sembra presentare una linea, attualmente. più convenzionale ma rivoluzionaria per l'epoca. I parafanghi inglobati nella carrozzeria, il frontale inclinato all'indietro, le ampie superfici vetrate sono tutte caratteristiche che saranno ritrovate solo in auto di qualche decennio successivo.

Il motore è ancora posteriore, come testimoniano le prese d'aria di tipo aeronautico presente sui parafanghi posteriori, ma il volume del cofano anteriore dà alla vettura uno slancio gradevole ed equilibrato. Nei disegni compare, appena stilizzata, la forma di una mascherina in previsione forse di un radiatore di raffreddamento.

Nella "Voiture" sia Tipo A che Tipo B le superfici piane sono garanzia di migliore utilizzazione dello spazio e le forme curve e oblique assolvono al rigore funzionale dell'aerodinamica.

Questi studi non hanno portato alla realizzazione di alcuna vettura ma di certo hanno influenzato i progettisti e stilisti negli anni successivi.

La razionalità, l'economicità ed alcune soluzioni a base del progetti di Le Corbusier, in particolare le soluzioni della Tipo B, si ritrovano, come già detto, nel primo prototipo della Citroen 2 CV del 1939; unica eccezione la presenza dei parafanghi esterni.


Elementi base della carrozzeria portante della Citroen 2 CV

Nel 1941 il progettista di motori Walter Becchia, arrivato alla Citroen dalla Talbot, realizza un bicilindrico di 375 cmc 2 CV ( si intendono cavalli fiscali) raffreddato ad aria che, superando tutti i collaudi, si preannuncia come motore definitivo per la 2 CV. Con la fine della guerra le forze si concentrano sul modello e Flaminio Bertone ne disegna la carrozzeria. (F. Bertone aveva già disegnato la Traction Avant e disegnerà, nel 1955 la rivoluzionaria serie ID/ DS). Nel 1948 il modello fu definito in meccanica e carrozzeria.

Il motore ed il cambio erano di Becchia, le sospensioni interconnesse, brevettate, erano di Pierre Mercier, la carrozzeria (totalmente in acciaio per la riduzione dei costi) era di Bertone (egli provvide ad alleggerire la linea). Il tutto componeva un mosaico rivoluzionario che venne presentato in veste definitiva al Salone di Parigi del 1948.

Il modello era ben diverso dai primi prototipi ma rispettava tutto quello che era di base del progetto iniziale.

Il telaio a piattaforma era in acciaio come la carrozzeria; il motore da 375 cmc, raffreddato ad aria, era parsimonioso nei consumi, elastico ed affidabile grazie anche alla presenza del radiatore dell'olio; i freni a tamburo sulle quattro ruote erano a comando idraulico: erano stati introdotti tutte una serie di particolari che ancora oggi tendono a stupire per la essenzialità ma anche per la raffinatezza tecnica.

Nei primi prototipi era stato abolito il motorino di avviamento per contenere il peso, nel modello definitivo venne abolito il motorino dei tergicristalli, in quanto questi venivano messi in movimento da un cavo flessibile collegato al cambio; la loro velocità era dipendente dalla velocità ed in caso di sosta il loro movimento diventava manuale; inoltre veniva introdotto il sistema di orientamento dei fari in rapporto al carico.

Il sistema di sospensioni risultava rivoluzionario ed efficace; esso infatti era costituito da quattro bracci oscillanti collegati al telaio. I bracci anteriori e posteriori di ogni ruota erano collegati tra loro con due tiranti longitudinali fissati ad una molla elicoidale. L'effetto ammortizzante era assicurato da guarnizioni frenanti che rallentavano e limitavano, insieme a masse sospese solidali alla ruota, la corsa del braccio oscillante. Il sistema ammortizzante, solo agli inizi degli anni '70, sarà sostituito da normali ammortizzatori. La morbidezza delle sospensioni contribuì alla notevole tenuta di strada dell'auto ma anche a limitare i momenti torcenti sul telaio, (di per sé molto leggero). Inoltre la loro disposizione consentì la realizzazione di un pianale completamente piatto. Tale sistema di sospensioni anticipa quelle interconnesse idropneumatiche, complicatissime, della Citroen serie ID/Ds del 1955 e del sistema Idrolastic lanciato dalla BMC con i modelli Austin Morris serie 1100 e Mini.

Ritornando alla carrozzeria, essa risultò semplice ed economica nell'assemblaggio in quanto gli elementi che la componevano potevano essere costruiti con una attrezzatura minima: non vi erano pannelli curvi e quindi costosi da stampare. Esternamente si presentava con un frontale caratterizzato dagli ampi parafanghi ad orecchio di elefante nettamente distinti dalla carrozzeria sui quali venivano sistemati i fari alla maniera di dove erano alloggiati nelle vecchie carrozze. Il cofano-motore, segnato da scanalature e comprendente la mascherina di raffreddamento, avvolgeva tutto il lato superiore del frontale. Superfici vetrate e piani portiera stavano su un unico piano dal quale usciva solo il rilievo bombato dei parafanghi posteriori. Il profilo del tetto come quello dei finestrini descriveva una curva che iniziava dal paraurti posteriore per finire al lato inferiore del parabrezza. Nel complesso, la marcata distinzione tra vari elementi che componevano la carrozzeria conferiva all'insieme l'aspetto di un oggetto assemblato in parti. Le porte erano sfilabili facilmente, dei finestrini erano apribili solo quelli anteriori con un semplice sistema a ribaltamento. Le portiere presentavano maniglie ridotte all'essenziale come anche il sistema di apertura dall'interno. Anche i paraurti erano ridotti all'essenziale in quanto semplici tubi a sezione circolare.

La forma della carrozzeria ed il pianale piano determinavano una buona abitabilità caratterizzata da sedili a struttura tubolare ove era steso un telo molleggiato; la struttura assolveva anche alla funzione di maniglie di appiglio per i passeggeri dei sedili posteriori. La loro struttura ne permetteva la facile asportabilità trasformando l'abitacolo in un piano di carico.

Plancia Citroen 2 CV

Plancia Citroen 2 CV
1 - Controllo inclinazione dei fari. 2 - Leva del cambio. 3 - Leva freno a mano .4 - Comando a mano apertura della griglia anteriore di ventilazione. 5 - Comando a mano per tergicristalli

Il colore disponibile sarà per la 2 CV solo il grigio così come per le prime FORD T era stato solo il nero (per la 2CV era dettato da ragioni di economia di produzione, per la Ford dalla mancanza , all'epoca, di vernici di rapida essiccazione con l'esclusione del nero per il quale erano impiegate lacche cinesi).

L'auto peserà, all'inizio della carriera, solo 495 Kg per una carrozzeria di 3,78 m di lunghezza, 1,48 di larghezza, 1,60 di altezza ed un passo di mm.2,40.

Al momento del lancio al Salone di Parigi, la stampa orientò i suoi giudizi fra i due estremi dell'ammirazione e della denigrazione tanto da farle acquisire da parte della rivista specializzata L'Auto Italiana l'appellativo di "Brutto anatroccolo". Quando la rivista automobilistica Quattroruote, nata solo nel 1955, la provò nel 1956, la giudicò esteticamente sgradevole e non paragonabile alla Fiat 600. Però la 2 CV riscuoteva un tale successo da essere prodotta in 1000 esemplari al giorno.

Certo è che il concetto Citroen di eliminare il superfluo e di puntare all'essenziale sia tecnico che stilistico fece del "brutto anatroccolo" l'auto prodotta in 5.114.966 esemplari e per un periodo di 42 anni e precisamente dal 1948 al 1990.

A tale numero di esemplari contribuì anche una sempre maggiore riduzione dei costi, come ovvio. La Citroen utilizzò la 2 CV per introdurre una un nuova strategia produttiva e commerciale: quella del pianale unico e oggi possiamo dire che introduceva i concetti di FLESSIBILITA' e COMPONIBILITA'. Il concetto del pianale unico per più modelli, utilizzato dai primi anni '80 per l'abbattimento dei costi, ha sempre trovato, tra le aziende, nuovi sostenitori . Nel caso della 2 CV il suo pianale servì di supporto alle carrozzerie leggermente più "borghesi" delle AMI 6, delle AMI 8, delle Dyane e delle Mehari.

Citroen Mehari

Citroen Mehari
Telaio della 2 CV / Ami6 carrozzeria in Abs

Questi ultimi modelli sopperirono, di volta in volta, a specifiche richieste di mercato senza grandi investimenti da parte dell'azienda. Questa elasticità permetteva di introdurre o sopprimere facilmente un nuovo modello quando il mercato lo richiedeva. Tanto è vero che la Citroen 2 CV compariva da sola nel listino già dal 1948 per essere affiancata dai modelli AMI 6 dal 1951 al 1960, AMI 8 dal 1969 al 1979, dalle Dyane dal 1967 al 1984, dalle Mehari dal 1968 al 1987 ritornando di nuovo sola e rimanendovi fino al 1990.

Degna di nota è la versione Mehari; l'auto utilizzava il pianale 2 CV con una carrozzeria termoplastica in ABS realizzata per stampaggio: fu la prima auto in serie ad utilizzare tale materiale e metodo di produzione.


Misurarci con il passato: funzionalità
Oggi esistono auto bellissime, super accessoriate che non fanno rimpiangere il comfort del salotto di casa; però a quanti di voi può essere capitato di dover sostituire un fusibile o una lampadina ed incontrare serie difficoltà? A quanti di voi è capitato che salendo o scendendo da un'auto dalla bella linea avete urtato con la testa contro il montante o il giro porta? A quanti sarà capitato di pizzicarsi un polpastrello impugnando una maniglia per l'apertura di una portiera (Lancia Y , Alfa Romeo 156 porte posteriori)?

Interno della Innocenti IM3

Interno della Innocenti IM3, auto di categoria media superiore del 1964; si nota la razionale disposizione dei comandi e l'ampio spazio per le gambe. La mancanza della consolle centrale per il climatizzatore e i moderni accessori rendevano l'abitacolo molto più spazioso. L'auto aveva la lunghezza di soli 3,75 m, la larghezza esterna di 1,53 m ed una larghezza dei sediolini di 1,31 m

Queste situazioni spesso sono analizzate dai designers nel progettare nuovi modelli. Nella Panda tutto è stato studiato in rapporto alla funzionalità ed il concetto "quello che non c'è non si rompe" è stato rispettato in pieno: tutto ridotto all'essenziale senza sacrificare la funzionalità la praticità e l'economicità.

Nella storia dell'auto la B.M.C. Mini Minor è quella che meglio rappresenta il concetto di funzionalità.

B.M.C. Mini Minor

B.M.C. Mini Minor

B.M.C. Mini Minor

B.M.C. Mini Minor

Nella Citroen 2 CV la funzionalità nasceva dalla spartanità e dalla economicità, nella Mini la funzione era la base del progetto al quale si aggiungeva un altro parametro riassumibile nella frase "tanto grande dentro tanto piccola fuori".

Nata dalla felice mano di Alec Issigonis, la Mini rivoluzionò il concetto di auto utilitaria entrando sul mercato con un impatto rivoluzionario. La Mini provocò un grande interesse all'epoca tra gli operatori del settore che fino allora avevano saputo generare vetture significative e di successo come la Fiat 600, la Volkswagen Maggiolino e la eccentrica Citroen 2 CV. La Mini, al momento della sua presentazione, modificò sostanzialmente il concetto di fare utilitarie; oggi la maggior parte della produzione mondiale è ispirata ai concetti nati dalla genialità di Alec Issigonis. L'utilitaria fino a quel momento, con la sola eccezione della Citroen 2 CV, era stata pensata a motore e trazione posteriore (Renault 4CV e Dauphine, Volkswagen Maggiolino, NSU Prinz, Fiat 500, Fiat 600) e a motore anteriore e trazione posteriore (Fiat 506 Balilla del 1932, Fiat 500 Topolino e Austin Morris Minor). Le poche auto a trazione anteriore si collocavano in un segmento di mercato più alto (Citroen ID/DS).

La rivoluzione praticata da Issigonis stava nel motore anteriore trasversale, trazione anteriore, cambio e trasmissione in blocco con il motore, la collocazione delle ruote ai quattro angoli della carrozzeria ed inoltre introducendo un'idea straordinaria nell'allestimento dell'abitacolo: le ampie tasche rigide applicate alle porte e ai lati del divano posteriore.



Disposizione del motore nella Mini e nella Innocenti IM3; due creazioni di Issigonis

Nessuno aveva posto particolare attenzione nel prevedere comodi ripostigli per gli oggetti di uso quotidiano. Oggi alcune categorie di autovettura fanno del numero di ripostigli un valido argomento di promozione della vendita.

La plancia era ridotta all'essenziale e fece scalpore l'ampio ripiano porta oggetti che poi venne molto apprezzata dagli utenti e dallo stesso Giugiaro che lo ripropose nella Panda modificandolo e ribattezzandolo "marsupio" (tale tipo di plancia è stato riproposto nella Lancia Y degli anni '90). Anche la posizione centrale del tachimetro, pur rivelandosi inusuale, offriva il vantaggio di non rubare spazio alla plancia e di ridurre i costi di produzione in quanto non richiedeva modifica di posizione tra le versioni con guida a destra e guida a sinistra. Il grande abitacolo della Mini, in rapporto alle dimensioni, sta anche nella adozione, inusuale per l'epoca, delle ruote con cerchi da 10" (tale scelta era dettata da esigenze anche tecniche e solo nel corso degli anni '90 la dimensione sarà aumentata).

La Mini ha avuto una notevole importanza come fenomeno di costume: infatti anticipò di qualche anno quel movimento creativo che trasformò l'Inghilterra da paese conservatore e formale in un paese vitale e aperto alle nuove trasformazioni sociali. La Mini sarà il simbolo di quelle trasformazioni insieme ai Beatles e alla minigonna. Anche la pubblicità sarà, per questa vettura e per le sue derivate di tipo rivoluzionario.

Pubblicità del 1973 della Innocenti Mini

Pubblicità del 1973 della Innocenti Mini; in tale inserzione non si mettono in risalto le doti meccaniche della vettura ma il concetto di "diversità".
" Il rag. Alfio Contini è tutto ufficio e carriera. Quando discute col suo capo-ufficio sempre lui a dire l'ultima parola: "Signorsì!"
NON E' UNO DEI MINI
Se la tua personalità è quella dei rag. Contini, è inutile che ti fai illusioni. La Mini non fa per te! La mini ha una personalità ben spiccata, una "fisionomia" tutta sua, diversa da tutte le altre. La Mini ha un temperamento aggressivo, un motore robusto e generoso, elastico e scattante. La Mini è sempre padrona di se stessa, ha una frenata e una tenuta di strada che sono ormai leggendarie. La mini sta sempre al gioco; sta bene in città come in autostrada, davanti alla Scala come allo stadio. La Mini è così . O prendere o lasciare. E tu, sei uno dei Mini o uno dei tanti?

Ritornando alla Mini siamo portati a fare delle considerazioni.
Le sue misure sono riassumibili in: lunghezza 3,055 m, larghezza 1,41 m, altezza 1,34 m, passo 2,036. Raffrontando queste misure con quelle delle utilitarie più diffuse del momento e con la Smart, possiamo avere la seguente tabella comparativa:


Dalla tabella si può notare che la Mini è più lunga di 50 cm della Smart; però offre 2 posti in più con una differenza di superficie minima (L x L) in quanto per la Mini abbiamo mq. 4,30 e per la Smart mq 3,80 ossia la differenza si attesta su mq 0,50.

Considerando l'ingombro volumetrico dato da L x L x H si ha:
BMC Mini mc 5,77
SMART mc 5,89

Da questa considerazione si può affermare che la Mini conserva ancora dei rapporti di abitabilità straordinari in quanto, a cubatura inferiore, offre quattro posti.
Una delle caratteristiche che permettono di raggiungere tali risultati per la Mini sono da ricercare nella volumetria regolare dell'abitacolo, nella posizione delle ruote, nella disposizione del motore e nella posizione del posto di guida con lo sterzo in posizione più orizzontale. Tutti questi parametri hanno fatto scuola e Giugiaro ne ha tenuto in debito conto nella sua Panda e nella successiva DAEWOO MATIZ in cui ha potuto inserire anche le 4 porte di accesso con quasi paritetiche misure.



La Matiz di Giugiaro ed uno schizzo dello stesso per la Panda

Bisogna considerare che Giugiaro, partendo dalle misure della Mini, ne ha incrementata in particolare una: l'altezza.



La Fiat Panda nella versione 4x4 e nella versione normale 2003

Quattro persone che se stanno sedute su una sedia occupano meno spazio di quando sono sedute su una poltroncina. Tale concetto, già ampiamente applicato nella Citroen 2CV e nella Renault 4, viene riproposto da Giugiaro per la Panda e successivamente nella Uno, ottenendo delle misure di abitabilità eccezionali in rapporto alle dimensioni esterne. Già la Fiat 127 come abitabilità aveva fatto scuola; però essa aveva una impostazione del posto di guida ancora molto vicino a quello della Mini ossia con sterzo molto orizzontale con lunga leva del cambio. Questo concetto dell'incremento dell'altezza è stato sempre più utilizzato dai designer per migliorare l'abitabilità fino a creare nuove classi di veicoli denominate multispazio compatte quali Renault Kangoo, Citroen Berlingo e Fiat Dobloo.

(CONTINUA)