Arte

Fondazione Prada. The Small Utopia. Ars Multiplicata

Testo di Roberto Zanon

La Fondazione Prada ha inaugurato la mostra “The Small Utopia. Ars Multiplicata” a cura di Germano Celant nella sede di Ca' Corner della Regina a Venezia.
Il titolo della mostra si rapporta al sogno, tramandato dalle avanguardie storiche agli artisti di oggi, di arrivare alla diffusione democratica dell'arte, con una moltiplicazione dell'oggetto d'arte al fine di incoraggiare una sua diversa fruizione estetica e sociale.

A sinistra ERICH DIECKMANN, a destra THEO VAN DOESBURG

WASSILY KANDINSKY

JOSEF ALBERS

SOL LEWITT


RICHARD HAMILTON

RICHARD HAMILTON

MARCEL DUCHAMP

ANDY WHAROL


CLAES OLDENBURG

MERET OPPENHEIM

MAN RAY

ARMAN


JOSEPH BEUYS

FLUXUS

ALVIANI ed altri

SOTO

È un'esposizione ricca, convincente, con un allestimento elegante (seppur con delle didascalie di difficile lettura), apparentemente low profile, ma attento, proporzionato, scandito e ordinato e alla fine aperto ad una fruizione allargata che sollecita differenti stimoli a differenziati utenti. Una di queste letture potrebbe essere declinata verso il mondo del progetto del prodotto; una riflessione sulla riproducibilità degli oggetti che nel contemporaneo continua ad alimentare il dibattito sul ruolo del design e, in questa sede, rapportato al mondo artistico, ci trasmette una serie di stimoli che, come sempre è accaduto, l'arte ha anticipato di decenni.
In modo puntiforme, tra gli oltre seicento lavori, multipli ed edizioni, posti in mostra è possibile fare delle sottolineature ad evocare una serie di considerazioni.
La Child's desk del 1925 ca. di ERICH DIECKMANN, testimonia come le esperienze portate avanti dal più famoso GERRIT RIETVELD (anche lui in mostra e non con i soliti lavori) fossero condivise e comuni a più progettisti: a questo proposto si segnala anche il lavoro, in veste di designer di interni, di THEO VAN DOESBURG per il Café de l'Aubette del 1926-27 in esposizione anche con un plastico (foto 01).
La tazza con piattino di WASSILY KANDINSKY (foto 02) del 1921 ci svela un non molto conosciuto lavoro di arte applicata del pittore russo, creatore della pittura astratta. È l'anticipazione di un rapporto tra ornamento artistico e oggetto d'uso che dai primi anni '90, a partire dalle esperienze delle tazze Illy decorate e in parallelo con la serie di vasi 100% Make Up di Alessandro Mendini, diventerà molto popolare e consueto.
La porzione di vetrata di JOSEF ALBERS (foto 03) del 1921-22 è, oltre che un piacevole gioco compositivo, anche un esempio di accuratezza allestitiva; messa in una teca a ridosso dei vetri piombati dell'edificio veneziano ospitante l'esposizione, entra in sinergia, formale ma anche di luce, con esso, rivelando, esaltandole, le proprie peculiarità.
L'opera Untitled di SOL LEWITT (foto 04) del 1968 ricorda che il concetto di minimalismo che dagli anni ‘90 invaderà il mondo dell'architettura degli interni, e in particolar modo quella legata all'allestimento per la moda (si pensi all'operato di John Pawson), era già, in ambito artistico, maturo più di vent'anni prima.
In bilico tra opera d'arte e product design è The Critic Laughs del 1968-71 di RICHARD HAMILTON (foto 05): ancora una volta un'anticipazione di molto design tanto provocatorio, quanto spesso inconsistente, degli anni 2000 fino ai giorni contemporanei.
Ancora RICHARD HAMILTON (foto 06) che, con il lavoro Guggenheim del 1970, restituisce, attraverso una raffinata e sapiente capacità di sintesi, l'essenza del grande oggetto architettonico di Wright, estrapolandone le specificità principali. La capacità dell'artista di evocare un capolavoro dell'architettura contemporanea, ricomponendolo in una soluzione inedita.
Una riflessione sul valore del contesto e sul concetto di decontestualizzazione è presente con molti autori e, due per tutti, possono esser qui ricordati: MARCEL DUCHAMP (foto 07)  e ANDY WARHOL (foto 08) che partecipano all'esposizione con una serie di lavori arcinoti ma che in questa cornice veneziana restituiscono inconsuete suggestioni.
L'esplicitazione del concetto di ripetizione seriale dell'opera l'abbiamo con CLAES OLDENBURG: Geometric Mouse, Scale D “Home Made” (foto 09) del 1971. L'oggetto artistico è pensato come fosse un prodotto seriale da mettere nel mercato anche con il suo sistema di packaging. Quasi la prefigurazione dell'oggetto-gadget che ampio spazio si è fatto nei bookshop dei musei di tutto il mondo.
Un lavoro di eccezionale poesia è offerto da MERET OPPENHEIM con Eichhörnchen (Squirrel) (foto 10) del 1969-70. Il boccale di birra, accoppiato in modo surreale alla coda dello scoiattolo, suggerisce l'avvicinamento di situazioni diverse per materiali e tipologia, offrendo un esempio, spronante anche nella progettazione di artefatti, di composizione riuscita partendo da un accostamento di situazioni sulla carta improbabile.
Il concetto di paradosso è invece presente con MAN RAY e l'opera Cadeau (foto 11) del 1921 (1974), celeberrimo lavoro dell'artista americano, il ferro da stiro con una striscia di chiodi. L'oggetto diventa impraticabile nella sua funzione allisciante, in realtà aprendone di nuove. La spiegazione provocatoria che ne diede l'artista fu di averlo usato per ridurre a brandelli l'abito di una bella ragazza per poi osservarla danzare. Ancora un'indicazione di percorso nella progettazione di oggetti uso che, partendo da una situazione conclusa, possono essere riconsiderati per la definizione di nuovi usi e impreviste funzioni.
Altra incursione nel mondo del manufatto è presente con le scarpe sezionate di ARMAN (foto 12) realizzate nel 1965. Può essere interpretato come uno stimolo per andare all'essenza delle cose, per cercare il lato nascosto, per esaltare un apparente semplicità esterna che nasconde una complessità costruttiva. Potrebbe forse essere evocato un parallelo con la sedia disegnata da Riccardo Blumer, La Leggera, nel 1996 che per essere svelata nella sua tecnologia di costruzione deve necessariamente essere sezionata.
Anche il mondo della moda trova degli stimoli anticipatori con gli abiti di feltro di JOSEPH BEUYS (foto 13) del 1970; in questo caso è proposta quella decostruzione dell'abito, pure nei colori del grigio, che Giorgio Armani farà sua a partire anni '80, caratterizzando il proprio operato di stilista.
Molto lunga è poi la lista di altri capolavori, dalla sala dedicata ai FLUXUS (foto 14) fino alla rilevante sezione destinata all'arte programmata e cinetica con opere di ALVIANI, BORIANI, FONTANA, LE PARC, MUNARI, SOTO, VASARELY (foto 15) e altri. Qui l'oggetto restituisce sensazioni diverse a seconda del suo movimento e/o della posizione dell'osservatore, giocando spesso anche con le aberrazioni del nostro sistema percettivo. Da segnalare, a questo proposito, anche Untitled (Boîte) di JESÚS RAFAEL SOTO (foto 16) del 1964. Giocando col fenomeno del moiré, sulla sovrapposizione per trasparenza di pattern simili che entrano tra loro in interferente relazione, anticipa di trentacinque anni tutto il lavoro fatto da Jun Aoki per il sistema delle vetrine di Louis Vuitton nel 1999.
A corollario di questa esposizione piena di stimoli e sollecitazioni un inconsueto catalogo che, in veste contemporanea, dedica alla parte critica il suo messaggio. Si tratta di una pubblicazione parallela alla mostra che vive in modo autonomo, scritta solo in inglese che dall'esposizione prende il titolo: “The Small Utopia. Ars Multiplicata”, a cura di Germano Celant con numerosi contributi tra cui Beatriz Colomina, Elena Gigli, Charles Esche, Constance W. Glenn, Maria Gough, Magdalena Holzhey, Adina Kamien-Kazhadan, Karen Koehler, Liz Kotz, Tatyana Vasilevna Kuzmerova, Ulrich Lehmann, Annette Malochet, Marie Rebecchi, Julia Robinson, Gianni Emilio Simonetti, Antonio Somaini, Anne Thurmann-Jajes, Nicholas Fox Weber. Un volume che ha poco del catalogo convenzionale e che, come la contemporaneità richiede, è costruito con saggi puntuali, focalizzati e concentrati, dove anche le immagini, pur presenti, sono confinate al ruolo di ridotti riferimenti, non togliendo spazio al testo scritto e lasciando alla sorpresa della visita della mostra la visione reale del corpus delle opere.

Informazioni

The Small Utopia. Ars Multiplicata


Luogo: Ca' Corner Della Regina, Calle de Ca' Corner, Santa Croce 2215
30135 Venezia, fermata San Stae, linea 1

Periodo: 6 luglio - 25 novembre 2012

Orari: 10:00-18:00, martedì chiuso, la biglietteria chiude alle 17:30

A cura di: Germano Celant

Info: T + 39.041.8109161 Venezia; T +39.02.54670515 Milano
www.fondazioneprada.org - info@fondazioneprada.org