Arte

Wildt. L'anima e le forme tra Michelangelo e Klimt

Forlì - Musei San Domenico
Dal 28 gennaio al 17 giugno 2012

Adolfo Wildt (Milano, 1868 – 1931) è il genio dimenticato del Novecento italiano.
La grande mostra che Forlì gli dedica al San Domenico (dal 28 gennaio al 17 giugno) per iniziativa della locale Fondazione Cassa dei Risparmi e del Comune, è certo una scommessa: rendere popolare un artista tra i più sofisticati e colti del nostro Novecento. La mostra è a cura di Fernando Mazzocca e Paola Mola affiancati da un comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci.

Bronzino, San Matteo, 1525-28, olio su tavola, diam. cm. 76/77,2. Firenze, Chiesa di Santa Felicita, Cappella Capponi

Felice Casorati, La preghiera, 1914, tempera su fustagno, cm. 130x120. Verona, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Forti

Albrech Dürer, Madonna della pera, 1526, olio su tavola, cm. 43x31. Firenze, Galleria degli Uffizi


Adolfo Wildt, Carattere fiero-anima gentile, 1912, marmo con dorature, h. cm. 40. Venezia, Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro (particolare)

Adolfo Wildt, Luminaria, 1925, matita e carbone su carta, cm. 90x131. Milano, Courtesy of Galleria Daniela Balzaretti

Adolfo Wildt, Monumento funebre ad Aroldo Bonzagni, 1919, marmo, h. cm. 203. Cento, Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni

Da sottolineare come questa esposizione, eccezionale per completezza e qualità delle opere, rappresenti il primo tempo del “Progetto Novecento. Percorsi – Eventi – Interpretazioni” che si svilupperà nel 2013 con la grande mostra DUX, dedicata ad una ricognizione sull' “arte italiana negli anni del consenso”, legittimamente proposta da Forlì, città del Duce.

Nel percorso al San Domenico, allestito dal parigino Wilmotte et Associès e dallo Studio Lucchi e Biserni, la grande arte di Wildt sarà messa a confronto con i capolavori di maestri del passato che per lui furono sicure fonti di ispirazione. Da Fidia a Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dürer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambagia, Bernini, Canova, e con i moderni con cui si è originalmente confrontato: Previati, Mazzocutelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Fontana, Melotti. Ma anche con artisti come Klimt che a lui si ispirarono
Nell'uno e nell'altro caso non si tratta di richiami o confronti casuali, ma puntualissimi, diretti, evidenti.
Insomma la più grande retrospettiva mai realizzata su Wildt ma anche una sequenza di capolavori mozzafiato, scelti come confronto, quasi due mostre in una, quindi.

Estraneo al mondo delle avanguardie e anticonformista, capace di fondere nella sua arte classico e anticlassico, Wildt è un caso unico in questo suo essere in ogni istante tutto e senza luogo.
La sua incredibile eccellenza tecnica e lo straordinario eclettismo furono attaccati sia dai conservatori, che non lo vedevano allineato per i contenuti, ancora pervasi dal Simbolismo, e per le scelte formali caratterizzate da richiami gotici ed espressionisti estranei alla tradizione mediterranea e all'arte di regime, sia dai sostenitori del moderno che mettevano in discussione la sua fedeltà alla figura, la vocazione monumentale, il continuo dialogo con i grandi scultori e pittori del passato, e la predilezione della scultura come esaltazione della tecnica e del materiale tradizionalmente privilegiato, il marmo, che lui sapeva rendere con effetti sorprendenti sino alla più elevata purificazione dell'immagine.
Questi aspetti, che ne hanno condizionato per lungo tempo la fortuna, esercitano oggi su di noi un fascino nuovo che solo una grande mostra può finalmente restituire.

Partendo dall'eccezionale nucleo di opere conservate a Forlì, dovute al mecenatismo della famiglia Paulucci di Calboli, protagonista della storia della città e della storia nazionale, e grazie alla disponibilità dell'Archivio Scheiwiller (il grande editore milanese che per via familiare ha ereditato molte opere e materiali di Wildt), è oggi possibile radunare una serie di straordinari capolavori di Wildt e ricostruire il percorso più completo della sua produzione sia scultorea sia grafica.

L'idea che governa questa esposizione non è semplicemente quella di una rassegna di carattere monografico, ma di un percorso che (come nel caso della recente mostra di Forlì su Canova) metta in relazione profonda le sue opere con quelle degli artisti - pittori e scultori - del passato (come Fidia, Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dürer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambaia, Cellini, Bernini, Canova) e dei moderni (Previati, Mazzucotelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Martini, Fontana, Melotti) con cui si è intensamente e originalmente confrontato, attraversando ambiti e momenti diversi della vicenda artistica.

I temi da lui privilegiati, come quelli del mito e della maschera, gli consentirono di dialogare anche con la musica (Wagner) e la letteratura contemporanea, da D'Annunzio (che fu suo collezionista) a Pirandello e Bontempelli; così, da ritrattista eccezionale quale era, con i magnifici busti colossali di Mussolini, Vittorio Emanuele III, Pio XI, Margherita Sarfatti, Toscanini e di tanti eroi di quegli anni, egli ha saputo creare un Olimpo di inquietanti idoli moderni.
Wildt vuole condurre i gesti, i volti, le figure umane a una nudità essenziale, coglierne l'anima consentendo al pensiero di giungere a un'armonia maturata e composta tra la linea e la forma.

Nell'ambito del Progetto Novecento, da segnalare che a “Wildt. L'anima e le forme tra Michelangelo e Klimt, allestita al San Domenico sono collegate altre esposizioni sul territorio: a Faenza, al MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, “La ceramica nell'età di Wildt”, a Cervia, ai Magazzini del Sale, “Giuseppe Palanti. La pittura, l'urbanistica. La pubblicità da Milano a Milano Marittima”, e a Predappio, nella Casa Natale di Mussolini, due mostre in successione: “Archivio del Novecento. Marisa Mori, donna e artista del ‘900, il talento e il coraggio” e “Renato Bertelli, la parentesi futurista”.


Wildt. L'anima e le forme
Nel 1916 il filosofo Georg Simmel si occupa dell'artista, all'interno di un complesso saggio di interpretazione della pittura di Rembrandt, non a caso interamente basato sui concetti di “anima” e di “forma”, gli stessi che danno il titolo al saggio di Lukàcs (1911) da cui poi deriva anche il titolo di questa esposizione. Come vedremo si tratta di un dualismo che pervade tutta la cultura tedesca di questo periodo, e che arriva in Italia realmente solo con l'opera di Pirandello, che si forma in Germania e conosce bene il pensiero di Simmel. E non a caso Pirandello è uno scrittore che può servirci per capire meglio l'uscita di Wildt dalla sfera simbolista, troppo angusta per il suo continuo sperimentare.
Secondo Paola Mola, tra i curatori della mostra forlivese,  l'esperienza artistica di Wildt è diretta a restituire alla scultura “una sacralità e un'eloquenza nuove”. L'idea di sacralità è da porre in correlazione proprio con la scelta formale grazie alla quale lo scultore si distacca dai suoi modelli e dai contemporanei.
Quando parla di Rembrandt, paragonandolo a Michelangelo e a Rodin, Simmel introduce l'opposizione tra i concetti di “forma” e quello di “vita”. La forma è fuori dal tempo, la vita immersa nel tempo. La forma è priva di forza, la vita coincide con la forza. Sulla stessa lunghezza d'onda si muove inizialmente anche il suo discepolo Lukàcs.
Nel ritratto classico, l'artista estrae dalla vita un determinato fenomeno e gli dona un'esistenza propria, quell'esistenza che diventa espressione spirituale definitiva, connessa alla qualità del fenomeno corporeo. La vita produce una forma e poi la abbandona a se stessa. In Rembrandt la forma compare solo come “il momento di volta in volta presente della vita”: è il momento casuale con cui l'essenza dell'individuo, che è immerso nel divenire, si manifesta all'esterno. In Michelangelo invece le figure, malgrado la loro perfezione formale, subiscono una scossa interna che deriva dalla presenza della vita e del destino, che sembrano attraversarle. La forma individuale è solo “un recipiente o un simbolo” della vita dell'intera umanità. Proprio per questo le figure di Michelangelo sembrano mancare di libertà: “il destino e la vita, in quanto non appartengono unicamente a loro ma all'umanità in generale, le opprimono; vorrebbero difendersene e liberarsene, ma non possono, poiché in questo tuttavia consiste la loro essenza, l'essenza dell'umano – una contraddizione concettuale, certo, un'incomparabilità logica con cui però si esprime forse la tragicità inconciliabile di queste figure”. Questa è la ragione per cui in Michelangelo si ha l'impressione che l'individuo si dilati al di là della propria limitatezza.
Queste idee possono, in vario modo, aver agito anche nelle concezioni di Wildt. Potrebbero essergli arrivate attraverso la mediazione di Franz Rose, che come sappiamo lo aveva anche messo in rapporto con lo stesso Simmel. Ma così credo che si possa anche spiegare meglio perché Wildt sembra essere all'incrocio di esperienze tanto diverse quanto tra loro apparentemente inconciliabili: il gotico e il barocco, il classicismo e il manierismo, l'espressionismo e il simbolismo, il simbolismo visionario e la metafisica. Potremmo considerare Wildt uno sperimentatore ossessionato dal rapporto tra vita e forme, e spinto dal desiderio di realizzare opere che di volta in volta cercano una soluzione diversa, ma coerente, all'interno di questo rapporto.


Wildt anticipa Avatar e Guerre Stellari
È sorprendente e del tutto innovativo guardare oggi alle opere di Wildt e scoprire analogie con certi corpi e volti presenti nei grandi film fantasy e fantascientifici, nelle saghe popolari di Guerre Stellari, de Il Signore degli Anelli o nel più recente Avatar. Se sentiamo nel monumento funebre a Cesare Sarfatti il fantasma di Darth Vader, o nel Rosario i corpi filiformi degli alieni; e se vediamo nella testa della Concezione una nobilitata Madre di E.T. ci rendiamo conto della straordinaria post-modernità di Wildt.
Le sculture realizzate nel 1921 per Carmela ed Ezio Boschi sono uno stupefacente trasferimento moderno della Pietà Rondanini, ma la donna nella navetta a lato è anche l'antenata d'oro di Neytiri, modellata in 3D dagli effetti speciali di James Cameron.
Si tratta di forme che nascono tutte dall'immaginazione di altri mondi poste più avanti e più vicino alle origini del nostro, così che in Wildt il medioevo gotico si salda misteriosamente a quel medioevo prossimo venturo che sentiamo imminente.


Il Parco del Novecento
Non c'è etica senza luoghi. Il luogo (ethos) è lo spazio della memoria. La sua rivisitazione consente di dare una interpretazione al nostro presente. Agli interventi che la Fondazione ha messo in cantiere per Forlì si aggiungono quelli già predisposti per Predappio (ex Casa del Fascio), Castrocaro Terme e Terra del Sole (Palazzo Pretorio) e Rocca delle Caminate.
A partire proprio dalle mostre al San Domenico, dagli interventi sui manufatti novecenteschi  in atto, nonché dalle forme di collaborazione culturale con le città di Faenza, Cesena, Cervia, Modigliana, Tredozio, la Fondazione, d'intesa con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia Romagna, propone la realizzazione di un Parco del Novecento che coinvolga le località dove il secolo trascorso, per la diffusione di movimenti artistici e letterari, per le trasformazioni ambientali intervenute, ha inciso profondamente.
Indagare in profondità i luoghi, studiarne e reinterpretarne le memorie, segnalarli nuovamente collegandoli in un percorso coordinato che, anche grazie alle recenti applicazioni informatiche, consenta di incentivarne la conoscenza e la visitazione: questo è l'obiettivo del parco culturale.
Se guardiamo ai luoghi e ai protagonisti, per dire dei maggiori, possiamo annoverare la Marradi di Dino Campana, San Mauro Pascoli con Giovanni Pascoli, Cervia con Grazia Deledda, Giuseppe Ungaretti e Guareschi, la Casa Rossa (Bellaria) di Alfredo Panzini, il Cardello (Casola Valsenio) di Alfredo Oriani, passando per Marino Moretti (Cesenatico) e Renato Serra (Cesena). Vi sono poi le città di fondazione come Predappio, o i paesaggi urbani come quello forlivese o faentino, il circuito delle terme (da Castrocaro a Bagno) fino alle colonie marittime.