Arte

La biografia di Carlo Levi
Carlo Levi e Roma. Il respiro della città
Carlo Levi pittore a Roma negli anni Trenta di Daniela Fonti
Il Realismo mitico di Carlo Levi. Uno scrittore più sperimentale del pittore di Filippo La Porta
Il Naturalismo essenziale della pittura di Carlo Levi Testo inedito di Carlo Levi firmato con lo pseudonimo di E. Sacerdoti e scritto nei primi anni Trenta
Paura della pittura di Carlo Levi e le paure di prospettive di Guido Sacerdoti
Carlo Levi e l'ambiente romano di Claudia Terenzi

Carlo Levi e l'ambiente romano

di Claudia Terenzi

Come era Roma tra la fine degli anni '20 e gli anni '30? Ce la rievoca Libero de Libero in un appassionato, acuto scritto del '521: le frequentazioni, le gallerie, i rapporti tra poeti ed artisti, nel sottofondo il clima politico, ma anche l'aspetto vitale di una città che preservò una propria autonomia culturale, e che quindi fu luogo di raccolta e di incontro di artisti che provenivano dalle diverse parti d'Italia. "Quando arrivai a Roma nel '27, il novecentismo, pur restando un argomento ufficiale nelle discussioni artistiche, andava smorzandosi cautamente"2; cominciavano ad apparire personalità, giovani che non avevano nulla a che fare con la retorica di un formale ritorno alle tradizioni italiche, ma che invece ricercavano nella pittura, e nella scultura, valori autentici, soggetti affrontati nella loro espressività più profonda. La critica, soprattutto quella svolta dai poeti e dagli scrittori, seppe presto cogliere questa novità, questo evidente desiderio di reagire ad un clima culturale, politico, che pretendeva di imporre tematiche e conformismo.
La Scuola Romana fu un insieme di tante diverse esperienze e di fasi alterne: dall'espressionismo al tonalismo, dalla ricerca di soggetti semplici, reali, alla composta bellezza dai toni classici di forme e colori. La comparsa di questi artisti certamente creò uno sconvolgimento nella più tradizionale, addomesticata critica, così come in coloro che si sentivano protetti dal regime o dalla consuetudine del mestiere. (…) La Roma di quegli anni è attraversata in compagnia di Scipione, romano per scelta, che della città sapeva cogliere gli aspetti più segreti e più affascinanti: i tramonti dai colori brucianti, i notturni, le piazze, le vie, i misteri di una città ricca di storia dove i monumenti sembrano animarsi nello spazio dilatato, solitario della città. "Senza Scipione non avremmo scoperto Roma nelle sue architetture più segrete, nelle pieghe dei suoi zampilli, neanche l'odore del suo fiato sciroccoso in certe notti a Fontana di Trevi, l'improvvisazione barocca della sua nuvolaglia mattutina... C'è un'ora in cui il sentimento della poesia diventa verbo, e per noi fu quella l'ora. Senza Roma io dico che non avremmo avuto ragione di essere"3.
Furono gli anni in cui per gli artisti era forte l'esigenza di recarsi a Parigi (…). Alcuni di loro fecero parte di quel gruppo che venne definito degli "Italiens de Paris"(…). Carlo Levi, il cui legame con la pittura francese risale agli anni del gruppo dei "Sei di Torino" (..) frequentemente si recava a Parigi, dati i suoi contatti con i fratelli Rosselli e la sua adesione al gruppo Giustizia e Libertà, come poi sarà, negli anni della guerra e del dopoguerra per il Partito d'Azione, così descrive anni dopo, ne L'Orologio la differenza tra Roma e Parigi: "Il cielo di Roma non è così alto come quello delle città del Nord, come quello grigio-azzurro di Parigi, che pare stendersi per infinite migliaia di leghe visibili in prospettiva sulle nostre teste"5.

Le Quadriennali romane: 1931 - 1935 - 1948
Nel 1931 Carlo Levi è a Roma, prende parte alla prima Quadriennale, dove espone, nella sala XIX, tre dipinti: Daniele, Natura morta, Figura. La figura di donna (riprodotta nel catalogo), ha una compostezza e soprattutto una stilizzazione, nella fissità dello sguardo, assente, nel modello allungato oltre le proporzioni naturali che certamente ricordano Modigliani, e al tempo stesso, sia pur con un segno diverso, meno preciso, nella composizione racchiusa in una volumetria compatta, lo stesso Casorati. (…) Carlo Levi deve aver subito colto il mutamento che era in atto nella cultura romana, il segno inquieto, drammatico di Scipione, la veduta così limpida del Foro Traiano di Mafai (1930), prima della demolizione delle case attorno, così come Composizione, dove luce e colore si fondono, le figure sono create dalla stessa materia cromatica (…). In quegli stessi anni la pittura di Levi cambia il registro cromatico, lo arricchisce, nelle nature morte dove i frutti e gli oggetti si distaccano dalle limpide trasparenze dei fondi (anche qui il colore dà forma alle cose). Come non vedere, per esempio, nel Paesaggio romano con archi rossi una qualche vicinanza alle contemporanee vedute della città di Mafai e di Scipione? Ma i rapporti di Levi con gli artisti della Scuola Romana sono scarsamente documentati, da lettere o da altri contatti diretti, almeno per quanto ho potuto verificare. (…)
Alla Scuola Romana lo legano coincidenze di tematiche, molti ritratti, nature morte, vedute, una ricerca di autenticità, di realismo non illustrativo, ma affidato al sentimento e all'efficacia della pittura, alla semplicità e all'incanto della percezione. Poco dopo, i suoi tratti diventano più nervosi, più dinamici, i colori si distribuiscono secondo precise corrispondenze, a volte chiari, altre più cupi, nella ricerca anche di una nuova consistenza plastica delle immagini.
Nella seconda Quadriennale romana (1935) Carlo Levi espone cinque opere: Giovane donna (riprodotta nel catalogo), Figura, Donna e frutta, Natura morta, Paesaggio; le pennellate sono ampie e mosse, il ritratto ha una stesura ricca, pastosa, una immagine sensuale. Durante il corso della esposizione, Levi viene arrestato per la seconda volta per attività antifascista. (…) In questa seconda Quadriennale viene dato ampio spazio al gruppo romano, con la mostra personale di Mario Mafai, 29 opere (…) e con la mostra postuma di Scipione (…) . Nel 1948 alla V Quadriennale (…) Carlo Levi espone Uomo, Sogno, Pollo spennato, i tratti si fanno sempre più forti, realistici. Già era scoppiata la guerra tra astrattisti e neorealisti (…). Carlo Levi, senza entrare direttamente nel conflitto, attraverso la sua pittura da quegli anni in poi e attraverso le dichiarazioni esprime le proprie scelte in campo neorealista. Ma i primi paesaggi romani degli anni del dopoguerra, un tema che sviluppa soprattutto dopo il '45, quando si stabilisce definitivamente a Roma, non presagiscono ancora quella eccessiva descrittività narrativa delle sue opere dopo l'inizio degli anni '50. (…)

La poetica degli artisti: realismo e trasfigurazione
(…) Artisti del presente, questo era lo spirito che animava anche coloro che più osavano tra la fine
degli anni Venti e i primi anni Quaranta, senza cedere alla retorica o ad ambigui ritorni al passato. Alcuni decenni dopo Levi, in una riflessione su un suo scritto del '42 dal titolo Paura della pittura (…) dichiarava: "Ma questa, di dare realtà, di aggiungere agli aspetti del mondo la categoria della realtà e dell'esistenza, il loro nome, la loro forma, è sempre stata la natura stessa dell'arte: la sua necessità; il suo valore esistenziale"6. (…) Il vero come realtà profonda delle cose, come essenza ed esistenza: era ciò che accomunava la ricerca degli artisti che si proponevano di rinnovare la cultura a Roma in quegli anni, contro accademismi o vacui ritorni al passato, non solo attraverso il raggiungimento di valori estetici, ma anche esprimendo nelle opere un profondo sentimento umano. (…) In questa mostra si è voluto in certo modo confrontare le opere di Levi, partendo dagli anni precedenti, con quelle degli artisti che ha incontrato a Roma negli anni '30, sia pure nella sua vita travagliata di carcerato e poi di confinato. Non è possibile, a mio parere, un confronto diretto, anche allinterno de'lla cosiddetta Scuola Romana le posizioni si differenziano, ma qualche accenno di contiguità è evidente. Quello che è certo, a Roma la sua pittura si modifica, supera l'esperienza francese, le schiariture delicate, la pacata composizione delle immagini. A Roma i suoi colori si accendono, le prospettive si scompaginano, fino a una sorta di contenuto espressionismo. Ma nelle dichiarazioni di poetica, nel continuo richiamo al vero, troviamo una sorte comune, quel richiamo che è a fondamento delle poetiche di questi artisti, e che Carlo Levi spingerà dopo la guerra verso un troppo esplicito neorealismo.


Note
1 L. de Libero, Roma 1935, Roma 1981.
2 L. de Libero, idem, p. 18.
3 L. de Libero, idem, p. 26.
4 I Mafai. Vite parallele, a cura di M. Fagiolo dell'Arco, Edizioni N. Vespignani, Roma 1994, p. 86.
5 C. Levi, L'Orologio, Verona 1960, p. 28.
6 C. Levi, Lo specchio. Scritti di critica d'arte, a cura di Pia Vivarelli, Roma 2001, p. 29.