Delvaux e il Surrealismo. Un enigma tra de Chirico, Magritte, Ernst, Man Ray
Mamiano di Traversetolo (Parma) - Fondazione Magnani Rocca
Dal 23 marzo al 30 giugno 2013
Tele dominate da baluginanti nudità, da scheletri implicati in scene religiose. Le mostre di Paul Delvaux hanno destato scandalo, come la retrospettiva di Ostenda del 1962, che consacrerà definitivamente l'artista sul piano internazionale, vietata ai minori di diciotto anni. Oppure la Biennale di Venezia del 1954, nella quale il patriarca, futuro papa Giovanni XXIII, proibì ai preti l'eccesso di una pittura che avrebbe potuto turbarli.
Affabulatore dell'inconscio, intrigante stratega di atmosfere da sogno, Delvaux trova fonte
d'ispirazione in quelli che lui considera i suoi due mentori, Giorgio De
Chirico, il metafisico “faro” per i surrealisti, e René Magritte, insieme a
Delvaux il più grande pittore belga del XX secolo: "Cercavo negli altri
l'alimento che mi permettesse di scoprire me stesso. Perciò ho fatto pittura
espressionista. Ho fatto pittura come quella di Ensor. C'era qualcos'altro che
volevo trovare: fu allora che scoprii Giorgio de Chirico, e fu lui, d'un
tratto, a mettermi sulla strada giusta". Si presenta con queste parole
Delvaux, protagonista della stagione del Surrealismo, il movimento
d'avanguardia nato nel 1924 col Manifesto di André Breton, che eleva il sonno a
stato di coscienza e realtà, con Sigmund Freud inconsapevole profeta:
“Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere il
funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato
dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.”
Questa dimensione artistica viene indagata dalla nuova mostra della Fondazione
Magnani Rocca dal titolo "DELVAUX E IL SURREALISMO” dal 23 marzo al 30
giugno 2013, a cura di Stefano Roffi insieme al Musée d'Ixelles-Bruxelles, dove
l'enigma, perfettamente surreale, sull'adesione o meno dell'artista al dettato
del movimento surrealista (egli la negava, contraddicendo una apparente
evidenza, definendosi un “realista poetico”) costituisce il tema della mostra
stessa che, con circa 80 opere scandite tematicamente (Il paesaggio, L'enigma
della ferrovia, Il mistero femminino, Le coppie, La classicità, Gli scheletri)
offre anche il confronto con i lavori di accertati surrealisti quali lo stesso
Magritte, Max Ernst, Man Ray, oltre al grande De Chirico; con loro Delvaux
partecipa a “L'Exposition Internationale du Surréalisme” nel 1938 a Parigi, in
un incontro artistico fra i più sorprendenti del Novecento, dopo essere rimasto
molto colpito dalle opere che aveva visto alla mostra “Minotaure”, tenutasi al
Palais des Beaux-Arts di Bruxelles nel 1934.
Nella “Villa dei Capolavori”, sede a Mamiano di Traversetolo (Parma) della
Fondazione Magnani Rocca, presieduta da Giancarlo Forestieri, accanto alle
celebri opere di Dürer, Rubens, Van Dyck, Goya, Canova, Monet, Renoir, Morandi
e molti altri, i lavori di Delvaux trovano dialoghi di raffinata suggestione.
La mostra, che si avvale del sostegno di Fondazione Cariparma e Cariparma
Crédit Agricole, è corredata da un ricco catalogo, contenente saggi di Arturo
Carlo Quintavalle, Stefano Roffi, Laura Neve, Mauro Carrera, Elisa Barili,
Pierre Ghêne.
A partire dal 1934, dopo un periodo improntato a interessanti riprese
impressioniste ed espressioniste in paesaggi e figure umane, l'artista
conferisce alla sua arte una fisionomia definitiva, costruendo una dimensione
onirica perfettamente plasmata, esito della fusione dello spazio metafisico di
De Chirico coi brani di spaesamento propri di Magritte. La risultante
emblematica che si impone nelle sue tele è un'immagine femminile dal corpo
infuso di mistero, diafano e spettrale nella sua nudità quasi fosforescente,
talora coinvolto in sorprendenti metamorfosi e collocato in luoghi irreali,
sospesi in una dimensione di scardinamento della logica temporale, dove
architetture dell'antichità classica convivono con reperti della modernità,
come treni e stazioni. Donne che diventano creature arcane, vestali di uno
sconfinamento tra il sogno e la mitologia, icone immote dai grandi occhi
sgranati sul vuoto, che ricordano i nudi dal cupo sguardo introflesso di
Modigliani; una sorta di sensualità “congelata” le rende simili ad
automi-femmina creati e programmati da un misterioso demiurgo per destini non
rivelati. Tra gli altri temi cari all'artista quello dello scheletro è presente
nelle sue opere dall'inizio degli anni Trenta, acquisendo lo “status” di
personaggio e divenendo il protagonista - assolutamente partecipe del mondo dei
vivi - di scene religiose quali crocifissioni o sepolture, di danze e duelli.
"Il vuoto è lo specchio che mi guarda", afferma il cavaliere Antonius
Block, sfidando a scacchi il signor Morte in una partita dagli evidenti
contenuti simbolici; è una celebre scena de Il settimo sigillo, il film di
Ingmar Bergman dall'atmosfera affine alle opere di Delvaux, dove l'annullamento
identitario rappresenta la cifra di una pittura all'insegna della sospensione,
dell'enigma poetico.
Paul Delvaux (Antheit les Huy, 1897 – Furnes, 1994), dopo studi di architettura
e pittura a Bruxelles, dagli anni del raggiungimento della sua maturità
d'artista pratica una specie di paradossale surrealismo classico. Non ci sono,
nelle sue opere, quelle deformazioni "mostruose" prodotte dagli
incubi propri di tanta pittura surrealista, non vi è traccia di quel
proliferare di anatomie stravolte, derivate alla lontana dall'eredità di un
Medio Evo fantastico, che popolano i quadri di Bosch, l'antenato fiammingo. Il
surrealismo, per Delvaux, si manifesta piuttosto col tono di una fiaba, con un
senso di placida normalità che riguarda corpi, spazi, prospettiva. Si avverte
però qualche incongruità, qualche falla nel tessuto logico del visibile; un
vento lieve di follia si alza ad agitare questo mondo e tutto diventa strano e
straniante, irraggiungibilmente estraneo. Quella che a prima vista poteva
sembrare una realtà riconoscibile si trasforma in un pacato enigma, senza
punizioni terribili per chi non lo risolverà; resta l'impossibilità di
comprendere il senso autentico delle messe in scena dell'artista, ma anche di
capirne il nonsenso, distinguere il punto in cui la narrazione si fa prima
ambigua e poi incontrollabile. Forse, il senso - o il nonsenso - del mondo di
Delvaux si rivela proprio nell'incrinatura stridente che si apre tra una
lettura "realistica" delle sue figure e una lettura invece
abbandonata alla meravigliosa discrezione delle sue invenzioni. Come se lo spettatore
si trovasse al cospetto di una serie di oscure allegorie sprovvisto del codice
per decifrarle, come se una scena di normalità si trasformasse nell'allegoria
di un significato perduto. Il quadro si pone così come intercapedine fra noi e
un mondo sconosciuto; la sua funzione non sembra essere quella di stabilire una
comunicazione con quel mondo, piuttosto quella di manifestare un'impossibilità
di comunicazione. La visione di ogni quadro di Delvaux lascia il senso di una
mancanza, quasi una piccola nostalgia, senza ansia, una specie di distratta
serenità; come se questa visione giungesse a confermare una conoscenza rimossa.
Le donne imperversano nei dipinti di Delvaux, quasi sempre portatrici caste (?)
di nudità; narrano mute le storie di un mondo al femminile, l'inazione tornisce
le loro forme di lucente levigatezza, che mostrano con noncurante
consapevolezza. Un codice di posture manierate rende astratta la loro presenza,
sospesa in un rigoroso linguaggio di sottrazione, in una condotta di verità
simbolica, criptogrammi di una vita vagamente metafisica, certamente proiezioni
dell'impegnativa figura materna. Il luogo è l'altrove, il tempo è il futuro
anteriore. Il riferimento certo è De Chirico; tutto il Surrealismo, del resto,
gli deve tanto: con i suoi quadri dei primi anni Dieci, egli non inventa
soltanto un modo di dipingere, inventa un modo di immaginare che prima non
esisteva. I più famosi pittori surrealisti, da Tanguy a Magritte a Ernst allo
stesso Delvaux, hanno ammesso che i quadri di De Chirico sono stati per loro
una vera rivelazione. Delvaux deve a De Chirico la "classicità" del
suo personale surrealismo; la presenza costante di edifici classici e
rinascimentali, di archi e colonne testimonia questo debito. Ancor più
importante è la derivazione da De Chirico della sua poetica dell'incongruo,
dello straniamento, secondo la quale nel dipinto tutto appare normalizzato, ma
l'esame attento delle relazioni tra i personaggi e le cose smaschera una realtà
diversa, la traccia di un enigma che resterà tale, per dare corpo a un teorema
di insensatezza, a un sogno sostitutivo. Un paradosso, ma forse per Delvaux
l'unica via di fuga da verità inconfessabili, alle quali preferì il mistero.
Informazioni
Delvaux e il Surrealismo. Un enigma tra de Chirico, Magritte, Ernst, Man Ray
Luogo: Mamiano di Traversetolo (Parma) - Fondazione Magnani Rocca
Via Fondazione Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma)
Periodo: dal 23 marzo al 30 giugno 2013
Orario mostra: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) - sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Lunedì chiuso, aperto il lunedì di Pasqua. Aperto anche tutti i festivi
Biglietti: euro 9,00 valido anche per le raccolte permanenti - euro 5,00 per le
scuole
Il martedì ore 15.30 viene organizzata una visita alla mostra con guida specializzata; non occorre prenotare, basta presentarsi alla biglietteria; costo euro 12,00 (ingresso e guida). Ristorante nella corte del museo tel. 0521 848135
Mostra a cura di: Stefano Roffi insieme al Musée d'Ixelles-Bruxelles, col patrocinio dell'Ambasciata Belga in Italia
Catalogo a cura di: Stefano Roffi con saggi di Arturo Carlo Quintavalle, Stefano Roffi, Laura Neve, Mauro Carrera, Elisa Barili, Pierre Ghêne (Silvana Editoriale)
La mostra è realizzata grazie a: Fondazione Cariparma, Cariparma Crédit Agricole
Sponsor tecnici: Angeli Cornici, Aon Artscope Fine Art Insurance Brokers, Gazzetta di Parma, Kreativehouse, Hotel Palace Maria Luigia, SINA Fine Italian Hotels, TEP, Società per la Mobilità e il Trasporto Pubblico
Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521 848327 / 848148 Fax 0521 848337 info@magnanirocca.it www.magnanirocca.it