Dalì. Un artista, un genio
Roma - Complesso del Vittoriano
Dal 9 marzo all'1 luglio 2012
di Ellen Cancian
Dopo sessanta anni dall'ultima retrospettiva a Roma vengono rappresentati in
questa esposizione, la genialità delle creazioni di Dalì e la sua visione
dell'arte fatta di sogni, incubi e ossessioni. L'artista ricerca sempre il
“meraviglioso” che André Breton, teorico del Surrealismo, considerava il fine
dell'arte.
Qui è esposta la vita di Dalì, rappresentata come un'opera d'arte, ogni
fotografia, ogni evento erano vissuti come una performance, ogni viaggio una
fonte di ispirazione.
In occasione di questa mostra è stato realizzato un inedito contributo
scientifico sul rapporto tra Dalì e l'Italia. Un rapporto fondamentale quasi
del tutto sconosciuto e inesplorato fino ad oggi.
Il percorso espositivo inizia con un'intervista fotografica “Dali's mustache” del fotografo russo-americano Philippe Halsman, scatti ironici che delineano il personaggio, l'artista stesso dice “la divisa è essenziale per vincere, (..) e io vesto sempre l'uniforme Dalì”. Dal corridoio si passa ad una sala oscura dove sono presentati i video delle performance, che si materializzano in modo alternato nella parete, introducono al personaggio e alle sue teatralizzazioni. I video allestiti in modo “surrealista”, suscitano meraviglia ma creano anche un senso di confusione nel visitatore.
L'incipit è la biografia dell'artista catalano, c'è da subito un interesse per la sua vita, una correlazione molto forte tra l'arte e il vissuto, la verità e la finzione si confondono come nelle sue opere e nell' autobiografia “la vita segreta di Salvador Dalì”, la concezione dell'”arte totale” è parte della sua ricerca di artista e di uomo.
Nella prima sezione si indaga l'influenza dell'arte italiana sulla sua arte e
quanto il Rinascimento italiano sia stato fondamentale per la sua opera. E'
Gala, la sua compagna e musa che stimola il suo interesse per l'Italia. Guarda
alla classicità, ma il suo sguardo non è mai passivo, è una ricerca, una sfida.
L'opera giovanile “Autoritratto con il collo di Raffaello” del 1921, documenta
la sua volontà di immedesimarsi in Raffaello, vuole ardentemente essere il
pittore italiano, per lui maestro per eccellenza. Inoltre vengono esposte tre
tele più recenti in cui Dalì rivisita Michelangelo, queste immagini si
ispirano alla Pietà Vaticana e al Giorno e alla Notte delle Cappelle Medicee di
Firenze e testimoniano il suo lato visionario e la scoperta di elementi
misteriosi.
A Barcellona entra in contatto con l'ambiente dell'avanguardia catalana e si fa
cacciare dall'accademia di Madrid perché non considera i suoi professori degni
di giudicarlo. Scopre la pittura francese e si confronta con il divisionismo in
un quadro come “Bagnanti” ma l'universo di Cézanne viene ribaltato e la tecnica
realista viene utilizzata per descrivere il mondo immaginario, il suo mondo
onirico inquietante. “Ritratto di ragazza” del 1925 appartiene alla fase
realista, poco dopo conosce a Parigi Picasso e in l'“Omaggio a Satie” si
ispira al cubismo.
Nella seconda sezione che comprende tutto il salone balconato ci sono i
capolavori celebri dell'artista.
Gala, la sua compagna, diventa un'ossessione artistica, musa di innumerevoli
studi sull'immagine e sull'atomo, da “Spettro del sex-appeal”, dipinto con le
lente di ingrandimento come un'antica miniatura dall'effetto monumentale, ai
dipinti stereoscopici.
Nel 1929 presenta a Parigi insieme a Luis Bunuel il film “Le chien Andalou”,
che lo fa conoscere e lo introduce nel gruppo dei surrealisti. Il gruppo che
indagava i sogni e i fenomeno del subconscio, e scandagliava la profondità
dello spirito, influenzò da subito la sua visione. Ma dopo una lite per ragioni
politiche con Breton e i Surrealisti, alla domanda di un giornalista su che
cosa fosse il Surrealismo, risponde convinto: “Il Surrealismo sono io”.
Qui esposta una carrellata di capolavori Surrealisti, dall' “Autoritratto molle
con pancetta fritta” a
“Figura e drappeggio in un paesaggio”, in cui rappresenta l'estasi, il senso e
il suo contrario, i misteri in spazi deserti, con le ombre allungate, cita
Boecklin in “Cortile Ovest dell'isola dei morti”, Millet nell'Angelus, le perle
gigantesche si rifanno a Vermeer. Sono pagine di storia dell'arte delirante,
accanto ad orologi che non segnano il tempo reale, apparizioni, figure del
sogno e rocce metamorfizzate frutto della sua immaginazione.
Ne 1940 Dalì e Gala si trasferiscono negli Stati Uniti in seguito
all'occupazione tedesca di Parigi. E' una fase di innovazione e cambiamento
dominata dal desiderio di partecipare a diversi progetti per entrare in
relazione con la cultura di massa. In mostra alcuni esempi di lavori creati per
il cinema, dalle scenografie oniriche per il film “Spellbound” di Alfred
Hitchcock e per “Destino” della Walt Disney, realizzato solo nel 2003.
Nella terza sezione viene approfondita per la prima volta la relazione tra Dalì
e l'Italia, tramite fotografie dei suoi viaggi a Roma, a Venezia e ai giardini
di Bomarzo. Si relaziona con registi, attori e industriali italiani. Collabora
con Luchino Visconti a una messa in scena di “Rosalinda o come vi piace” di
Shakespeare, qui vengono esposti l'album di fotografie di Visconti, i costumi
originali e la loro corrispondenza; è scenografo per alcuni balletti al Teatro
La Fenice di Venezia; contatta Anna Magnani per fare un film che non fu mai
realizzato “La carrettila de carne”; illustra per la rivista il “Tempo” disegni
per il Don Chisciotte di Chervantes; con la casa di produzione Alessi progetta
un “oggetto inutile”; esposti anche i costumi da lui progettati per un ballo in
maschera a palazzo Labia a Venezia e confezionati da Dior.
Sono documentate le prime mostre italiane, in occasione delle sue esposizioni
Dalì creava delle vere e proprie performance teatrali. Per la mostra romana a
Palazzo Rospigliosi per simboleggiare la nascita, si fa portare in giro per la
città in un cubo metafisico da degli uomini incappucciati, per poi uscirne in
occasione della conferenza stampa.
Gli oggetti a lui appartenuti, le corrispondenze, le lettere, le fotografie e
l'attività pubblicitaria, tutto ci parla di Dalì, uomo e artista geniale,
raccontano “surrealisticamente” la sua vita. Non a caso la mostra termina con
il libro dei sogni di Federico Fellini, a cui Gala propone di fare un film su
Dalì. Il regista disegnava i suoi sogni, fonte inesauribile di ispirazione per
i suoi film e che stimolano la sua fantasia, Dalì fa parte proprio di uno di
questi sogni, entra nell'inconscio felliniano, come nel nostro immaginario
rientrano i suoi paesaggi surreali e la sua personalità.
Attraverso dipinti, disegni, fotografie, filmati, lettere e oggetti questa
mostra vuole tessere il filo tra l'artista e il genio.