Il Cenacolo di San Giorgio Maggiore a Venezia restaurato
di Roberto Zanon
Andrea Palladio realizza alla fine del Cinquecento il fabbricato del Cenacolo
di San Giorgio Maggiore a Venezia all’interno del quale troverà spazio il
dipinto “Le nozze di Cana” di Paolo Caliari detto il Veronese nel 1963.
Dopo gli interventi di ristrutturazione degli anni Cinquanta, il fabbricato è
stato ora di nuovo completamente restaurato nelle strutture, negli impianti e
nel suo “apparire” con l’introduzione di una boiserie perimetrale e di un nuovo
pavimento ligneo ideati da Michele De Lucchi. Un progetto contemporaneo che,
sapientemente, il progettista riassume in tre parole chiave: “proporzioni”,
“prospettiva” e “proprietà”.
Le proporzioni sono quelle del Palladio; la regola del tre, in questo caso, sta
alla base della modularità generante il rettangolo perimetrale della grande
aula, dove il lato corto (a sua volta pari all’altezza all’attacco della volta)
è un terzo del lato lungo. Rapporti dimensionali sottolineati, nel progetto di
De Lucchi, dalla divisione in campi rettangolari demarcati in legni differenti
che assecondano la scansione forometrica del volume architettonico e la
intrecciano con una tripartizione longitudinale.
La prospettiva è quella evocata dall’immensa tela del Veronese che le campiture
regolari dell’intervento a pavimento e dell’alta fasciatura, fatte vibrare
dalla sempre differente ventura del legno, accompagnano e favoriscono alla
percezione.
Le proprietà sono quelle del legno, materiale caro a De Lucchi, qui utilizzato
nelle essenze del noce e del rovere, lasciato naturale e tagliato con
orientamenti diversi alla ricerca di un valore superficiale che integri il
sapore del passato con quello della contemporaneità.
Un intervento attento (per la serie di riflessioni che ha innescato sul valore
dello spazio), duttile (perché lascia aperte le funzioni d’uso future),
efficiente (poiché nasconde tutto l’apparato degli impianti tecnologici) che,
entrando nella sala, effettivamente celebra il grande dipinto posto nella
parete di fondo. L’indecisione di giudizio (certamente personale!) nasce però
quando si è dentro il volume architettonico; l’apparente uniformità del legno,
percepita a distanza ravvicinata, acquista una forza superiore all’attesa
mostrando fiammature e contrastanti effetti chiaroscurali, che, seppur pregevoli,
nell’insieme generano una ridondanza non ridimensionata dalla palese modularità
di taglio e posa in opera utilizzata.
Una geometrizzazione che ha però l’inconsapevole funzione di svelare come le
misure che il Palladio teorizzava, poi nella realtà della costruzione fossero
molte volte negate, impedendo la monotonia di uno spazio perfetto, immutabile
ma forsanche banale. E questo ben è evidenziato dalle precise (queste sì!)
partizioni volute da De Lucchi che implicitamente mostrano come il rigoroso allineamento
tra le palladiane finestre laterali sia solo apparente, offrendo la percezione
dello scollamento (non si sa se voluto) tra l’architettura idealizzata e quella
costruita.
Il Cenacolo Palladiano è aperto al pubblico dal 12 Aprile 2012 tutti i giorni
tramite visite guidate
Fondazione Giorgio Cini onlus, www.cini.it