Magnificenza e Progetto. Cinquecento anni di grandi mobili italiani a confronto
di Roberto Zanon
Allestire una mostra usando le tecniche ed il linguaggio della scenografia teatrale, sembra essere l'ultima frontiera nell'organizzazione spaziale di eventi espositivi importanti. Ne sono esempi recenti la monografica su Sebastiano del Piombo con l'allestimento di Luca Ronconi a Palazzo Venezia di Roma e l'esposizione inaugurale per l'apertura della Venaria Reale di Torino con la regia scenica di Peter Greenaway.
Il risultato è stato di assoluto valore per le mostre sopraccitate grazie alle conoscenze sceniche dei registi provenienti dal mondo teatrale e cinematografico; ma la sapienza di tali linguaggi e tecniche non può certo essere inventata, anche se si possiede una lunga esperienza nel campo dell'architettura degli interni e dell'allestimento.
Prova lampante di questo è l'apparato (etichettato nel colophon addirittura come "architettura e messa in scena"!) progettato da Mario Bellini, con la collaborazione di Giovanni Cappelletti, per la mostra "Magnificenza e Progetto" a Palazzo Reale di Milano.
Mobili classici e contemporanei sono stati disposti, rispettivamente, su pedane con fondali metallici e dentro "campane" (o, alternativamente, schermi) di tulle. Ma mentre l'idea di usare dei supporti grezzi e minimali (forse un po' troppo brutalisti e, chissà perché, montati su ruote a vista) ben ha messo in rilievo l'eccezionale successione di capolavori di ebanisteria appartenenti al meglio della storia del mobile italiano, il modo in cui sono stati esibiti i pezzi appartenenti al moderno è apparsa devastante. Non solo i vari oggetti sono stati spesso accatastati spazialmente in modo del tutto anomalo ed improbabile, ma anche sono sempre stati filtrati alla vista da una garza scenica, rendendo la lettura percettiva gravosa e talvolta impossibile. Non bastasse è stato scelto di programmare il dosaggio di intensità della luce con una cadenza di sovrailluminazione e penombra insopportabile che ha reso praticamente inguardabile una sequenza di mobili invece assolutamente degna di nota, anche con pezzi pochissimo noti appartenenti ai migliori progettisti del design italiano. L'idea di usare il tulle come a teatro per illuminare o oscurare la scena, è risultata una scelta che, se sulla carta poteva funzionare (anche con le premesse concettuali che Bellini descrive nella spiegazione delle sue scelte allestitive), è stata invece fatale nella fase realizzativa, denunciando una evidente carenza museotecnica. Anche l'apparato didascalico, ad opera di Italo Lupi, che ricercava un'inedita, seppure enigmatica, sequenziale modulazione cromatica, è stato ucciso non solo dalla scarsa illuminazione, ma anche da un posizionamento troppo basso rispetto al punto di vista del visitatore, e addirittura, in alcuni casi, collocato dietro la rete, e quindi praticamente illeggibile.
Una mostra dalle premesse museologiche interessanti bruciata da un allestimento assolutamente inappropriato che il catalogo fortunatamente riesce, quanto meno, a testimoniare e a riscattare. Se non altro nella veste tipografica i vari pezzi hanno potuto trovare un parziale riabilitazione, rivelando l'interessante e forse inedito tentativo di ufficializzare, con una matrice storica, certuni tra gli oggetti di arredo, con i loro dei progettisti, prodotti in Italia a partire dagli anni Cinquanta. Il saggio di Manolo de Giorgi, in particolare, offre una lucida scomposizione delle circostanze che hanno reso il design italiano protagonista nel mondo; è simboleggiata anche la ricetta dell'oggetto d'arredo attuale il quale, con i suoi ingredienti "contemporanei", rivela quella labilità che, invece, il mobile del dopoguerra con la forza del suo "sistema muscolare" proteso verso il futuro, certamente non aveva.
Magnificenza e Progetto. Cinquecento anni di grandi mobili italiani a confronto
Milano - Palazzo Reale
22 aprile - 21 giugno 2009
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