Conversazione con GianCarlo Montebello
di Ivana Riggi
Si contraddistingue per la gentilezza di chi ha “un sapere antico”; il suo
studio in via Niccolini a Milano ovatta un'atmosfera di ricerca garbata,
misurata, restia agli eventi modaioli che pervadono la contemporaneità. Si
respirano tre componenti essenziali:semplicità, ricerca,bellezza.
Sto parlando di GianCarlo Montebello, designer di vecchia data, segnato da una
conoscenza centellinata dal tempo.
Oggi dialogherò con lui.
Maestro, la ringrazio di essere qui con me.
La sua è una bella storia costellata da incontri interessanti, mi riferisco
anche ai primi anni della sua formazione. Ci racconterebbe delle sue esperienze
con Dino Gavina, Maria Simoncini, Carlo Scarpa, Achille e Pier Giacomo
Castiglioni, Ugo Mulas e Man Ray? In che modo l'hanno influenzata? Erano tempi
che portavano con sé una speciale“magia”?
La magia è la capacità di connettersi con gli altri, può essere più o meno
manifesta, un esempio pratico il nostro incontro al Poli: questa e' pur sempre
magia o coincidenza aurea!
Com'è avvenuto il passaggio dall'attività di editoria di gioielli d'artista
a designer?
Con uno shock come recita la mia biografia:
Nel 1978, accoglie il furto di tutto il lavoro fatto con gli artisti come un
cambiamento: smette l'attività di editore per presentare invece i propri
gioielli.
(Stralcio dalla biografia raccontata da Elisabetta Longari)
Com'è nato il “Punto colore” e che tipo di evoluzione progettuale e di
realizzazione ha seguito da lì agli altri ornamenti?
Il Punto colore sorge dalla necessità di prendere le dovute distanze dalle
straordinarie opere con le quali ho avuto a che fare per dodici intensi anni di
collaborazione con gli artisti, che fare! Necessitavo darmi un punto di
riferimento, però dinamico, tutto è stato così veloce il furto è avvenuto il 25
aprile del 1978, dovevo presentarmi con il mio lavoro quanto prima perchè avevo
avvertito che se mi prendevo tempi lunghi tra le due fasi, forse, mi sarei
ammalato, così nell'autunno dello stesso anno presentavo nel laboratorio studio
di Via Lamarmora15 il PUNTO COLORE la sua dimensione e forma una grassa
lenticchia perforata passante trasversalmente smaltata sui due lati
attraversata da una micro catena rollina; interprete era la persona che
decideva quale parte del corpo fosse toccato dal punto, orecchio - collo - dito
- attraversamento del busto (tracolla) - vita - polso - caviglia.
Qui di seguito uno stralcio dalla biografia raccontata da Elisabetta Longari:
Primo ornamento da lui concepito (progettato e realizzato) è il Punto Colore,
che ha come caratteristica principale la “mobilità”, vive completamente d/nella
scelta di chi lo “indossa”, prefigurando una delle inclinazioni più autentiche
di tutta la “produzione” a venire.
Il punto colore racchiudeva in se “la mia idea in embrione” di mantenere la
visione d'insieme del corpo e, non delle sue varie parti separate, immesso nel
suo spazio circostante, così a suo tempo, dopo lunga maturazione e auto
emancipazione professionale, avrebbero preso forma definita i body-ornaments;
qui di seguito stralcio dai mie personali appunti:
UNA MAPPA PER IL CORPO 1978/2008
Il risultato del mio lavoro è simile al baule del teatrante, capace di
contenere il necessario per la parte di chi l'indosserà.
Partendo da questo assunto definisco ciò che faccio “ornamenti”, che sta a
indicare che il monile è il risultato dell'interdipendenza tra l'artefice e il
soggetto del riconoscimento -“la dimensione del corpo e il suo movimento”- e
per conseguenza non sono più rappresentativi di uno status bensì la
rappresentazione di chi li indossa.
Qual è il suo concetto di ready- made e come lo applica?
Attenzione Ivana il concetto di ready-made non è mio bensì dei grandi
artisti e pensatori della seconda decade del ‘900- vedi il movimento DADA.
Personalmente ho avuto il privilegio di lavorare con Man Ray e per magia una
sintonia con il pensiero del Maestro che nel tempo ho acquisito come
un'esperienza rivelatrice. Non è un metodo ne una formula estetica applicabile
al momento opportuno, il ready-made rende manifesto il concetto che le cose non
solo sono come ci appaiano bensì sono anche altro da se, ecco quindi
l'apparente delocazione dei più diversi (per funzione) elementi esistenti , da
non confondersi con il collage. Non ti scordare Ivana che in quegli stessi anni
che gli artisti DADA scardinavano il concetto del bello accademico, un altro
essere stava formulando il concetto di RELATIVITA' Albert Einstein, che dire!
Per concludere lavoro cercando di lasciarmi libero dagli schemi e convenzioni,
almeno mi ci provo e qualche volta ottengo dei risultati perseguendo il mio
PUNTO guida.
Considerando la società attuale: gli apparati burocratici, i gruppi
religiosi e politici, il sistema economico, le forme di élite e quant'altro… Le
chiedo qual è, secondo lei, il destino della “forma” nel nostro tempo? Esiste
ancora dell'humus che permane sottoterra da cui potere attingere? Se sì quale?
Più che mai oggi è necessario andare nel fondo del bosco della nostra mente
e sfogliarla delle sue molte sovrastrutture, deve essere svestita come si fa
con la cipolla per poter arrivare al nucleo
Concludendo: come si equilibra l'oggettività delle regole estetiche con la
libertà di chi è artefice?
L'oggettività fisica è opera dell'uomo quindi a noi decidere la via da prendere,
per quanto mi riguarda ho intrapreso l' EST-ETICA auspicandomi di farcela,
anche per questa mi ci provo.
NOTE BIOGRAFICHE
GianCarlo Montebello nasce a Milano il 15 Marzo del 1941 dove frequenta la
scuola d'Arte del Castello. Dopo essersi avvicinato al settore
dell'arredamento, conosce nel 1964 Dino Gavina e Mario Simoncini con cui collaborerà
attivamente per un triennio. In questo periodo si confronta con gli architetti
Carlo Scarpa, Achille e Pier Giacomo Castiglioni che lo stimoleranno nella
conoscenza di altri settori. Nel 1967, insieme a Teresa Pomodoro, dà vita ad un
laboratorio di metallurgia preziosa in cui confluiranno numerosi artisti;
successivamente nascerà GEM che si occuperà di editoria di gioielli d'artista.
Tra i rapporti si ricordano quelli instaurati con Cesar, Sonia Delaunay, Piero
Dorazio, Lucio Fontana, Hans Richter, Larry Rivers, Niki de Saint Phalle, Jesus
Soto e Alex Kattz. Al 1968 risale l'incontro con Ugo Mulas che fotograferà i
gioielli GEM, al 1970 quello con Man Ray che diventerà suo Maestro fino alla
morte dello stesso. È il periodo parigino che segnerà profondamente e
sensibilmente Montebello nella percezione delle cose che lo circondano.
Nel 1978 la svolta: un furto spazza via il lavoro costruito negli anni con i
numerosi artisti conosciuti. Ciò che poteva essere la fine diventa, invece, un
punto d'inizio, un nuovo stimolante percorso che porterà con sé le esperienze
acquisite: GianCarlo diviene progettista dei propri ornamenti.
Contestualmente, nel 1984, nascono collaborazioni con aziende orafe sia
italiane che estere.
Tra i progetti se ne ricordano alcuni che non appartengono strettamente
all'oreficeria: un servizio di posate del 1985 per una compagnia giapponese, la
realizzazione di alcuni ornamenti- souvenirs in vetro e raggi d'oro per
l'evento “Zeffiro: le possibilità dell'arte muranese” supportata dai grandi
magazzini COIN di Venezia nel 1986; le lampade per l'azienda Auras di Mestre
del 1992; i pezzi d'argenteria da tavola per Sawaia e Moroni.
Nel 1987 realizza monili per privati e collabora con la Sociétè des Amis du
Musée National d'Art Moderne Centre d'Art et Culture Georges Pompidou curando i
gioielli di Niki de Saint Phalle e i prodotti di James Brown.
Al 1993-94 risale lo studio di oggetti d'uso di differente tradizione culturale
con particolare attenzione verso quelli realizzati in terracotta.
Tra le collezioni più significative dell'opera di GianCarlo Montebello si
evidenziano: “Ornamenti per Bradamante” - 1985 - frammenti in maglia d'acciaio
inox tratti da un abito dell'immaginario; “Fiches” - 1997 - un sistema di
aggregazione variabile per materiali e dimensioni: dal rodoid all'acciaio,
dall'oro alle pietre dure;“Superleggeri” - 2000 - caratterizzati da un' estrema
leggerezza dovuta alla vibrazione di sottili lamine traforate in acciaio inox.
Tra le esposizioni più importanti vanno menzionate: The Italian Metamorphosis,
curata da Germano Celant per il Guggenheim Museum di New York (1993-1994) e a
New Times, New Thinking: Jewellery in Europe and America, curata da Rulph
Turner, tenutasi alla Craft Council Gallery di Londra (1995-96).
Fonte bibliografica: Biografia raccontata da Elisabetta Longari