Design

Dieci domande a Virginio Briatore

di Ivana Riggi

Il mio incontro con Virginio Briatore avviene in via Tortona 32 in occasione del Fuori Salone 2010: Lavazza Design Machines. Si tratta di un' esposizione, da lui curata, che propone, in un percorso ludico e sensoriale, oltre venti anni di evoluzione della tecnologia e del design delle macchine simbolo della storia di Lavazza, dal 1989 ad oggi. C'è tanta gente, molti sono giovani e degustano sorridenti una tazza del Lavazza. Al centro c'è una pedana rotante con delle sedute, sembra una giostra, il pubblico là sopra sorseggia e chiacchiera divertito e interessato. Anche io sono abbastanza affascinata da tutto ciò che mi circonda e totalmente inebriata dal profumo della bevanda.

1 When I was 11, Varigotti, 1966

2 When I was 21, Ouarzazate, Morocco, 1976

3 Trullo del pruno, 1977-1997, foto Jhon Vink, Magnum, 1987

Prima poesia al mondo ad essere inserita su una scheda telefonica, Progetto Collettivo Theleme-Briatore, poesia di Una Gautam, Treviso, 1996


5 Copertina del primo numero di Aedo-ba, 1999, foto Rajis Whora, Bombay 1995

6 Il design salva la vita, Dainese, Editrice Abitare Segesta, 2004

7 Intervento convegno  Ministero Commercio Indiano. New Dheli ,2004

8 Lecture al Master Design Strategico del Politecnico di Milano, 2007


9 Lecture e presentazione del volume Lighting Design Europe, realizzato con Debora Curbi e Pietro Palladino, al Politecnico di Milano 2007

10 Workshop Lavazza Design Paradiso, Torino 2007

11 Prototipo di tomba della designer Ivanka, 2008

12 Balcone ad Ikaria

Briatore è un uomo asciutto dallo sguardo curioso, più alto di come lo immaginavo. É seduto in una postazione di questo affascinante "tragitto al caffé" e quando lo chiamo, per farmi riconoscere, apre un sorriso: <<Ecco la Riggi!>>. Guardiamo le macchine esposte poi si avvicina all'ingresso e mi regala il volume che racconta le scelte estetiche e tecnologiche di quanto proposto in questa sede. Sono contenta perché vi annota una dedica: "Per Ivana che scrive le storie". Si riferisce ad altro ma, in realtà, la storia che oggi sto cercando di tracciare è la sua. C'è musica ci spostiamo, sul retro, in una piccola saletta con dei comodi divani. Iniziamo a conversare e mi sembra di conoscerlo da tempo…

13 Creatività esistenziale, Mali

14 Sedia realizzata a Bamako, Mali,  progetto  generale di C.Diallo

15 Valentino e Luigi, Dalmazia 2006

16 Walter Bettens, editore di DAMn° in primo piano su bus di giornalisti, Singapore 2007


E_competition Citroen, realizzato con Aedo-to.com

18 Workshop di fotografia per la Onlus Crete for Life , condotto con Marino Ramazzotti, Creta 2009

19 Workshop di fotografia con 14 ragazzini della Bielorussia, Creta 2009

20 Presentazione del mio libro Setsu e Shinobu Ito, East -West designers, Aoyama Book Center Tokyo, 2009

Grazie per avere accolto il mio invito. Lei è un personaggio affascinante con una vita personale e professionale "piena". Mi piacerebbe che si presentasse: chi era Virginio Briatore, mi spiego meglio, cosa voleva fare "da grande" e chi è diventato?
Conoscere se stessi è una delle cose più difficili… Non so bene chi sono però, rispondendo a questa domanda, mi viene in mente quando nel 1959 ci trasferimmo ad abitare in una casa sulla spiaggia di Varigotti, oggi un posto per super ricchi e lì, era settembre, si trovava un relitto ossia una vecchia barca di pescatori. Trascorrevo tante ore seduto là a sognare; ricordo che c'era una canzone di allora: "Mamma mia, dammi cento lire che in America voglio andar (…)" e mia madre, che mi osservava realmente dalla finestra, mi rispondeva: <<Ci andrai! Ci andrai!>>. In effetti quando poi, dopo venticinque anni, sono salito sull'aereo che mi portava a Manhattan mi sono reso conto che quel componimento si era verificato...

21 Segnavento dalmata di Enrico Azzimonti

22 Conferenza sul mio Viaggio Venezia Bisanzio, all'Nanhyang Technological University di Singapore, 2009

23 Solitudin esul mar di Imabari, Giappone, 2009

24, Intervento Working a Living in a design era- Looking for a meaning;  Design Talk  Istanbul, 2010


25 Bosphorus Night with Melike  and Utku, Istanbul 2010

26 Conferenza Venezia Bisanzio alla galleria Design Transfer della Universitat fur Kunst Berlin, 2010

27 Manifesto Lavazza Design Machines, 2010-05-12

28 Mostra Lavazza Design Machine, Fuori Salone Milano 2010

Da ragazzo, concluse le scuole superiori, ho abitato per un periodo a Genova in una casa di Tullio Solenghi, era un posto che i fratelli Solenghi prestavano agli artisti, ai teatranti; ci fu un momento in cui l'abitazione fu vuota e la consegnarono a me che ero uno studente squattrinato. Studiavo filosofia, avrei voluto frequentare psicologia a Ginevra ma non avevo i soldi, non possedevo le risorse, non era come oggi che puoi andare a studiare a Boston o Helsinki o alla Design Accademy di Eindhoven. Il vicolo, in cui si trovava quella dimora, si chiamava "Vicolo della Stampa": è stato, anche quello, un passaggio premonitore… Oggi scrivo e, attraverso le parole, mi guadagno da vivere cercando di capire alcune cose che appartengono alla grande famiglia del design. Ho iniziato ad occuparmi di design casualmente, ma è un strumento bello perché, attraverso esso, cerco di leggere la vita, l'esistenza degli esseri umani. Quando vado a casa di una persona, gli oggetti che ha scelto mi raccontano di lui. Ad esempio Denis Santachiara, che è un mio caro amico, che stimo in assoluto e su cui ho scritto un libro, ogni tanto fa una cosa molto intelligente: presta per una settimana la sua casa ad un altro che fa la stessa cosa con lui. Il patto è che, prima di uscire, si lasci tutto come se si dovesse ritornare tra un'ora in modo che chi vi subentrerà trovi ogni cosa nella sua esistenza reale. In questo modo si vive veramente la vita dell'altro… Il Design, così come il Cinema e la Fotografia, è uno strumento molto ricco: tutti hanno una grattugia, una macchina del caffè, una sedia, una lampada, in base al tipo di scelte tu capisci tante cose anche la memoria, le epoche, la classe sociale. Per mia fortuna, quindi, ho trovato uno mezzo molto interessante che spiega la vita dell'uomo, esiste infatti da quando c'è lui anche se oggi si è arrivato a un eccesso. Quindi lei è diventato critico di design "per caso" non è stata una scelta voluta, non aveva le idee chiare? No, non avevo le idee chiare. Sono entrato nel design a trentadue, trentatré anni, a Lecce dove un gruppo di giovani, figli ideali di Mendini, di Memphis e di Alchimia, si erano messi assieme per fare delle cose fondando lo studio Atlantide. Erano fotografi, architetti, interior designer, scultori, grafici… Io non sapevo fare niente e mi mandarono a vendere ciò che realizzavano.

Lei è un grande viaggiatore, ha conosciuto tanta gente… Cosa hanno rappresentato per lei Norman Mommens e Patience Gray? Che traccia hanno lasciato, perché li ha definiti "i miei Maestri"?
Nella vita ci sono tante persone, a partire dai genitori, che ti stupiscono, ti influenzano, ti aiutano, ti insegnano. Nel lavoro ho avuto alcune importanti ‘guide' come Evelina Bazzo e Cristina Morozzi, che mi hanno aiutato a capire i fondamenti della comunicazione del design. Nella vita ho incontrato persone, anche "senza nome", che mi hanno trasmesso insegnamenti che non ho più dimenticato. Con il tempo ho imparato a capire la differenza tra coloro che sanno veramente e quelli che pretendono o credono di sapere. Un giorno, nel sud del Salento, mentre tentavo di vendere dei bidoni della spazzatura ai campeggi, mi sono perso e ho visto una casa tutta colorata e due individui in un campo: erano Norman Mommens e Patience Gray. Pian piano mi hanno onorato della loro amicizia e, conoscendoli, mi sono accorto che nella mia esistenza sono state, sono, le persone più sapienti, più equilibrate, ma anche più ironiche e divertenti che abbia conosciuto. In loro ho trovato tante cose insieme. Erano dei sapienti: Norman era uno scultore, un astronomo, un fisico, un matematico… Patience disegnava gioielli, era un'archeologa, una letterata (aveva conosciuto Thomas Eliot, Virginia Woolf, Vita Sackville-West); dopo la guerra, con due bambini piccoli, cercando lavoro, volendo scrivere, dal 1956 al 1960, viaggiò ripetutamente in Italia, con Carlo Scarpa, Ettore Sottsass ( che le scrisse una lettera con disegni che ho avuto modo di vedere), Franco Albini ( che le regalò la celebre poltrona di vimini da cui lei non si separò più!) Belgiojoso, Peressutti, che la portarono a vedere il nuovo design italiano; teneva una rubrica sul design e scriveva di queste cose sull'Observer.
Era una coppia che non faceva pesare il suo sapere, le cose accadevano in via naturale; ad esempio citavo uno scrittore e Patience tirava fuori un libro, poi si veniva a sapere che, possibilmente, lo avevano scritto insieme … Vivevano in quella casa, senza elettricità, con un campo che coltivavano; li venivano a trovare da fuori in tanti. Un giorno arrivò un americano che discusse con Norman di un problema di matematica, un altro giorno un australiano che si confrontò con Patience sull'archeologia. Possedevano, nel giro di pochi chilometri attorno a casa, degli oggetti dell'era neolitica: punte di frecce, asce … Era un'archeologia di superficie, tutto affiorava, Patience scavava con le mani e aveva collezionato una buona quantità di reperti.
Quando ho iniziato a scrivere per i giornali mi correggeva: una cosa scritta, anche se stampata su un ciclostile, doveva essere fatta bene! Sono stati loro due a incoraggiarmi, il fatto di essere stato indirizzato da una scrittrice mi ha rassicurato nel farlo. Patience divenne nota scrivendo di cibo, ricordo Plats Du Jour, poi scrisse un libro adattando la cucina mediterranea per i cuochi sulle navi in viaggio tra l'Asia e l'America, poi il bellissimo ‘Honey from a weed' che è un misto di filosofia, antropologia e cucina del mediterraneo... Stando a contatto con loro si imparavano molte cose. Cos'è un insegnamento? È ciò che ti viene trasferito, ricollegandomi a quanto detto prima, già dal modo in cui qualcuno mangia, parla, veste, vive, mettendoti nelle condizioni di crederci e farlo tuo. È quel qualcosa che risulta facile, perché lo capisci e puoi prenderlo per utilizzarlo. Ciò che mi è stato insegnato mi ha aiutato ad avere fiducia, a credere, a lottare, a non accettare la banalità, l'ignoranza e a soffrire il giusto. È un po' come hanno fatto Normann e Patience che sono riusciti a fronteggiare anche la sofferenza, causata dalla loro lotta alla mafia dei rifiuti e alle altre, perché sorretti dalla cultura, dall'arte. Ricordo che ella, alla fine della sua vita, mi chiese di ritrovarle un pezzo, mi pare scritto da Pirandello, che aveva a che fare con l'"oltre", un modo per lei di prepararsi ad un nuovo passaggio. Perfino per morire scelse una poesia, un brano …

Cos'è il design e quando "non invecchia"? Il progettista contemporaneo che relazioni dovrebbe tenere con quelli del passato, ossia, come dovrebbe metabolizzare e mettere a frutto il loro insegnamento?
Il design è il linguaggio con cui le cose ci parlano. Una collana di vetro ritrovata a Creta o un'armatura ferrarese o una sedia di Alvar Aalto sono oggetti che Invecchiano bene perché sono stati pensati e costruiti con materiali durevoli e con delle estetiche equilibrate. I designer devono dapprima studiare e conoscere bene il passato e poi, se ci riescono, provare a modificarlo per piccoli aggiustamenti…come fanno molti celebri designer contemporanei. Ogni tanto poi il designer può impastare la massa caotica e invincibile del passato e fare lievitare qualcosa di nuovo!

Nota delle differenze tra il panorama progettuale italiano e quello estero? In caso affermativo quali sono?
Farei una distinzione tra il design dei paesi cosiddetti "ricchi", quello dei paesi "di mezzo", e quello dei paesi "poveri" più che tra quello italiano o francese o tedesco... Certamente ci sono delle peculiarità: quello italiano, che è caratterizzato da una grande industria manifatturiera, ha certi modi di esprimersi, quello di Singapore, che utilizza le tecnologie, ne ha altri, quello tedesco, dove ci sono tante scuole, ne ha degli altri ancora. Ciò nonostante tutti questi paesi, che hanno la possibilità di studiare e di "giocare" con il design, alla fine producono cose che, secondo me, si rassomigliano molto. Pur avendo gli Olandesi, i Belgi, gli Scandinavi, gli Inglesi una loro identità, provengono tutti da scuole che sono matrici molto simili. C'è un po' il rischio che tutti facciano un Iphone, con l'Ipod, con i led… Per fortuna, poi, c'è sempre qualcuno che, magari, riesce ad innovare creando un colino di vimini, o un cappello differente, o interpretando diversamente un oggetto che sembrerebbe scontato come un bicchiere. Quello che ho imparato con questo lavoro è che, per fortuna, le idee sono veramente inesauribili.

Per il magazine Interni redige la rubrica Giovani designer. Chi sono e che spazio meritano o meriterebbero?
Scrivo per Interni da tanti anni e questa rubrica me la sono inventata. In realtà avevo iniziato a scrivere di questo su Modo, nel 1993-94-95, poi Gilda Boiardi mi ha dato l'opportunità di renderla istituzionale e periodica su Interni. Come tutte le cose l'importante e cercare di creare una continuità, un contadino non coltiva la vigna per tre anni ma per venti almeno! Sto portando avanti Giovani Designer oramai da quindici anni e credo che sarà una delle ultime cose che smetterò di fare. Ho iniziato a occuparmi di giovani perché era un segmento che non dava fastidio, di cui non fregava a nessuno in quanto non c'era assolutamente alcuna fonte di denaro, ma aveva una certa freschezza e innovazione. Per capire cosa intendessi per "giovani" mi sono dato un limite che è quello dei quarant'anni. Ciò significa che quella del designer non è una professione veloce ma che richiede una lunga attesa, un lungo apprendistato; sono pochissimi i designer under35 affermati o che hanno realmente una consistenza; certuni vengono precocemente mediatizzati e poi si sgonfiano, altri poi si perdono e cambiano proprio vita. Penso che la gioventù sia un'età molto difficile perché "non sei più e non sei ancora" e questo guado, in cui il designer sta per dieci anni, mi ha incuriosito. Un'altra regola che mi sono dato e che i designer avessero dei prodotti veri di cui qualcun altro potesse chiedere e comprare perché, se parliamo di prototipo, parliamo di studenti. Un designer è colui sul quale qualcuno ha investito per mettere in circolo dei prodotti, altrimenti sei un'artista o un'altra cosa. Il design è costituito da tre realtà: qualcuno che lo pensa, qualcuno che lo fa, qualcuno che lo vende!

Spostiamoci su Dossier Compomobili, trimestrale del gruppo Maggioli, su cui scrive dal 2005. Le cito i nomi dei personaggi che ha intervistato ad oggi per questa rivista: Rodolfo Dordoni, Piero Lissoni, Setsu e Shinobu Ito, Denis Santachiara, Enzo Berti, Paolo Rossi, Aldo Cibic, Tobia Scarpa, Frida Doveil, Claudio Caramel, Giulio Iachetti, Matteo Rani, Lorenzo Damiani. Brevemente, ognuno di loro cosa le ha trasmesso e cosa crede abbia trasferito al lettore?
Compomobili è una rivista di settore, di nicchia, che comunica tutto il lavoro di coloro che fabbricano tutte le componenti dei mobili e ha un pubblico di lettori addetto ai lavori. Il gruppo Habitat prima e il Maggioli adesso mi hanno chiesto di portare un po' di vivacità, di know-how, di pensiero a una rivista che tratta molto di aspetti pratici. Così ho deciso di dare spazio a delle interviste. Per questo motivo, decidendo di parlare di arredo per esterni, sono andato a conversare con Rodolfo Dordoni perché so che ha molto sviluppato in quel settore e sicuramente ne ho approfittato per allargare il tema anche alle altre cose che sa fare; volendo trattare di alberghi ho dialogato con Piero Lissoni perché ne ha realizzati alcuni in situazioni molto interessanti, così come molti mobili e arredi; optando per la scienza e il design ho chiacchierato con Denise Santachiara perché sperimenta materiali e tecnologie in continuazione; esponendo materiali, surface, colour finish material (SFM) ho discusso con Frida Doveil perché è proprio il suo mestiere… Lavorando in questa maniera contribuisco a fare in modo che anche coloro che si occupano di dettagli, quale è il componente del mobile, abbiano informazioni su dei sistemi più grandi come quello del colore, ad esempio, che è molto importante. Con Lorenzo Damiani che è uno giovane, che è stato bambino sino a poco tempo fa e che ha progettato molti oggetti piacevoli e giocosi, abbiamo parlato, invece, di una grande complessità come la stanza dei bambini che sembra non essere risolta bene. L'argomento genera chi vado a intervistare; devo dire che sono persone che già conosco, di cui so quello che fanno, con cui ho anche un rapporto di stima, a volte di amicizia come con Santachiara e con Caramel. Sicuramente parlando di barche ho discusso con Paolo Rossi perché è il designer della nautica: le barche sono un esercizio straordinario perché ti obbligano a fare benissimo delle cose in un piccolo spazio dove tutto deve resistere al mare, al tempo, agli uomini…

Quale è il giornale più divertente, vivace, innovativo con cui ha collaborato?
Virus, diretto da Francesca Alfano Miglietti (FAM) è stato tra il 1994 e il 1998 un giornale d'arte, moda, e mutazioni che ha fatto epoca, raccontando ed esibendo il corpo quale strumento di arte, sperimentazione e conoscenza. In questo periodo invece la testata che più mi dà soddisfazione è DAMn°, edita in Belgio, in lingua inglese, da quattro o cinque persone che vivono ad Anversa, Bruxelles e Berlino. È un giornale libero, non servo del marketing, fatto con poche risorse eppure distribuito in tutte le metropoli design oriented del mondo; ed è l'unica rivista che quando la apri ti porta a conoscenza di architetture, fenomeni, luoghi, prodotti di cui altrove non si parla.

Lei ha scritto e scrive anche per altre importanti testate: D la Repubblica delle Donne, Case da abitare, DAMn°, Designweek, Florense, Graphis, Impackt, il sistema di Interni, Modo, Surface, at.casacorriere.it … Che responsabilità ha l'informazione di questo tipo?
Grazie ai buoni Maestri, a cominciare da mio padre e da mia madre, che mi hanno insegnato quando sia prezioso essere libero (pensiamo alla storia dell'Italia dove non siamo stati sempre liberi anche se ce ne siamo dimenticati in fretta), ho speso tutta la mia vita per esserlo. Innanzi tutto non scrivo mai quello che non voglio, per fortuna non mi occupo di politica o di mafia dove sarebbe molto più difficile essere svincolato. Ho molto rispetto, quindi, per tutti quei giornalisti che hanno rischiato e rischiano anche con la vita, mi vengono in mente tutte quelle donne che nel Salento scrivono contro i rifiuti tossici, contro le mafie … Nel Sud, oggi, in pochi osano se non le donne, qualche prete, gli emigranti e qualche artista, gli altri sono tutti d'accordo pur di speculare…
Io scrivo di design però, nel mio settore, cerco di essere corretto, di non dire fesserie, di non umiliare nessuno, di non elaborare cose in cui non credo, che non mi interessano e di mantenere una certa onestà. Quelle volte in cui ho capito che non sarei riuscito a fare tutto questo, ho desistito. Un'altra cosa che mi piace fare è andare dalle persone che intervisto perché si capiscono tantissime cose che rendono la scrittura più vera; è sempre la persona che va quella che impara…

Com'è la società di oggi? Secondo lei come influenza la progettazione?
La società è l'insieme che gli umani formano. Oggi, diversamente da ieri. Ha senso parlare della societa? Una società, mille società, dieci milioni di società? Le reti, i viaggi, l'influenza reciproca, il tempo reale e miliardi di individui che vivono contemporaneamnte hanno aumentato in modo esponenziale la complessità dell'esistenza e degli intrecci che formano la vita comune. La progettazione ha chance inedite perché oggi un buon progetto - penso al paraschiena di Marc Sadler e Lino dainese - può influenzare milioni di individui. Al tempo stesso un cattivo progetto - come un automobile esagerata ed energivora - può danneggiare il presente e compromettere il futuro.

Nel salutarla, un ultima domanda: come dovremmo osservare i linguaggi contemporanei?
È un po' la storia che andrò a raccontare i primi di maggio a Berlino, con mio figlio Valentino, ossia il mio viaggio Venezia - Bisanzio, oro, incenso, mirra, mare e design, sottotitolo, Alle radici dell'estetica occidentale. Viaggiare per le isole, viaggiare per il mondo per capirne i linguaggi: oggi dovremmo partire dalla natura e dovremmo renderci conto che sono diecimila anni che ci dimeniamo su questa terra, cinquemila anni che facciamo degli scarabocchi e cinquanta che abbiamo delle tastiere su cui scriviamo. La terra è un fenomeno cosmico ed è esistita per milioni di anni senza di noi. Noi siamo la quarta, quinta estinzione che si sta verificando; siamo una specie fortunata che si spegnerà, quindi dovremmo partire sempre dalla natura. Non siamo i primi esseri viventi che hanno ragionato sulla vita e sulle cose. Prima di noi, anzi, ci sono stati dei signori che si sedevano all'aperto di sera, al tramonto, in un teatro greco, con quel clima e quella luce, su una collina oltre la quale si vedevano il mare, sedici isole e dall'altra parte c'era l'Asia Minore. L'attore si recava lì e metteva in scena la tragedia che andava avanti per ore… Poi arrivava la notte, le nuvole, allora quello era veramente il tempo di pensare … Noi oggi vediamo tutto attraverso dei piccoli schermi, dovremmo tornare alla natura, alla storia, a quelle cose a cui hanno pensato gli esseri umani prima di noi. Essi si sono seduti, hanno osservato, mangiato, letto, camminato, amato, esprimendosi con vari strumenti: dipingendo, disegnando, suonando. Molte creazioni dell'essere umano sono fenomenali, ma restano, in fondo, una piccola parte del tutto: ancora oggi non riusciamo, ad esempio, a fare una foglia! Siamo parte della natura, una geografia di carne, nativi di certi luoghi, ci esprimiamo con dei linguaggi meravigliosi: se pensiamo alla pasta alla Norma della Sicilia, al baccalà cotto nel latte della Finlandia, a un antico sarcofago egizio, al gallo di vetro di murano di Toni Zuccheri, che ha fatto animali in questo materiale per tutta la vita, ci commoviamo. Bisogna essere consapevoli che prima c'è la natura, poi la storia e che si deve, continuamente, studiare. Dopo tutto questo, saranno i linguaggi a venire da noi perché saremo in grado di conoscerli: se prima eri una scimmia, entrando nella Cappella Sistina, pensavi che lì non ci sarebbe stata nemmeno una banana e che non avevi ragione di restarci, se poi, però, studiando ci ritornavi riuscivi a vedere il Giudizio Universale…


Note Biografiche
Virginio Briatore
, 1955, Piemonte, è cresciuto a Varigotti, sulla Riviera di Ponente, ed ha studiato filosofia all'Università di Genova.
Per undici anni, tra il 1976 e il 1986 ha lavorato e vagabondato in Italia, Europa, Africa e Nordamerica.
In quegli anni, e fino al 1990, la sua residenza ufficiale era un piccolo trullo situato in Tratturo Selvaggi, nell'agro di Ceglie Messapica.
Nel 1986 si è fermato a Lecce dove è stato fra i fondatori dello studio Atlantide e del mensile 'For You'.
Dal 1990 al 1995 ha lavorato come copywriter a Treviso.
Negli inverni del 1993, 1995, 2002, 2004 ha viaggiato attraverso i sette stati dell'India Centro Meridionale per raggiungere infine Varanasi.
Nel 2005 ha viaggiato per sei mesi sulla rotta Venezia Bisanzio con navi e traghetti pubblici, camminando in 24 isole.
Dal 1995 lavora a Milano e risiede a Ravenna, con la moglie Rita e i figli Luigi, 1996, e Valentino, 1998.
Col suo lavoro di filosofo del design cerca di capire e raccontare l'influenza che il design esercita nell'esistenza degli esseri umani.
Su questi temi ha tenuto seminari e workshop in Italia e all'estero, pubblicato 11 libri, 450 articoli, coordinato ricerche ed e-competition per Lavazza, Epson, Samsung, Citroën, Martini&Rossi, JVC, Dainese, Guzzini, Safilo, Panasonic.
Scrive per Interni, D.La Repubblica delle Donne, DAMn° (Bruxelles), atcasa.corriere.it
www.virginiobriatore.it