Architettura

A Roma "Zaha Hadid. Opere e Progetti"

di Marcello Silvestro

È stata inaugurata il 10 maggio 2002 la mostra, dal titolo 'Zaha Hadid. Opere e progetti', dedicata all'architetto anglo-irachena che, nel 1998, ha vinto il concorso internazionale per la progettazione del Centro Nazionale per le Arti Contemporanee a Roma , nelle ex caserme Montello di via Guido Reni, al quartiere Flaminio di Roma.

Zaha Hadid fotografata da Steve Double

Zaha Hadid fotografata da Steve Double

Alla presenza della stessa Hadid e del Ministro Giuliano Urbani si è inaugurata l'attività del "Centro prima del Centro", dove fino al 2005, data per la quale è prevista la realizzazione del Centro, si alterneranno mostre d'arte contemporanea, attività teatrali e cinematografiche, tutte sotto la direzione di Paolo Colombo, curatore del centro.

Il Ministero per i beni e le attività culturali ha intrapreso il recupero parziale di uno dei due edifici delle ex caserme che verranno conservati anche nel progetto della Hadid, con l'obiettivo di avviare subito attività di promozione dell'arte contemporanea, ormai parte integrante delle attività istituzionali del Ministero, e di iniziare da subito la programmazione artistica e culturale del futuro Centro.

Zaha Hadid all'inaugurazione della mostra

Zaha Hadid all'inaugurazione della mostra

Zaha Hadid all'inaugurazione della mostra

Zaha Hadid all'inaugurazione della mostra
© archimagazine

Il recupero dell'edificio come spazio espositivo temporaneo ha interessato una superficie di circa 1300 mq. di cui 800 destinati a due grandi sale espositive (Sala dei lucernai e Sala delle quattro colonne), circa 120 mq ad una sala polivalente (Sala delle due colonne) e la rimanente parte a deposito delle opere e servizi per il pubblico. L'intervento di manutenzione straordinaria ha consentito di liberare le vecchie strutture da muri divisori e superfetazioni restituendo allo spazio il suo carattere originario. Gli spazi recuperati nell'edificio di via Guido Reni, che sarà conservato anche nel nuovo progetto di Zaha Hadid, saranno utilizzati per attività espositive e culturali legate alla promozione del contemporaneo.

Si prevedono mostre di arte e di architettura, incontri e manifestazioni per anticipare quella che sarà la futura attività del Centro nazionale, che sarà caratterizzata dalla presenza dei due poli museali dell'arte del XXI secolo e dell'architettura contemporanea e di spazi dedicati agli eventi dal vivo e alla sperimentazione.

Ad oggi, il "Centro prima del Centro" ha ospitato le mostre Migrazioni e multiculturalità - Premio per la giovane arte italiana e Città Architettura Edilizia pubblica. Il piano INA Casa 1949-1963, sorta di anteprima di quella che è l'attività espositiva vera e propria, che ha preso il via, appunto, con la mostra dedicata a Zaha Hadid.

Al di là dell'occasione celebrativa dell'abbrivo dell'attività espositiva del centro, la mostra e il bel catalogo, edito da Umberto Allemandi & C., offrono la possibilità di far conoscere l'attività progettuale di una delle più grandi interpreti dell'architettura del nostro tempo.

L'architettura di Zaha Hadid è caratterizzata da una fluida spazialità che si conforma in modo intimo con il paesaggio, naturale o costruito, attraverso una geometria espressa dall'elaborazione digitale e dal sapiente e innovativo uso dei modelli in resina, legno e cartoncino e dai dipinti.

La mostra, il cui allestimento è curato dalla stessa Hadid, è stata organizzata dalla Direzione generale per l'architettura e l'arte contemporanee (DARC) del Ministero per i beni e le attività culturali e dal Centro nazionale stesso.

"Si tratta di un ritratto a 360 gradi di questa artista così complessa e poliedrica - spiega il Direttore generale della DARC, Pio Baldi - approdata all'architettura dopo aver studiato matematica pura a Beirut, e dopo aver frequentato la prestigiosa Architectural Association di Londra. Con questa mostra, omaggio alla genialità della Hadid, prende il via in maniera definitiva l'attività espositiva del Centro, che continuerà anche durante la fase costruttiva dei nuovi edifici.


Foto del modello Centro Nazionale per le Arti Contemporanee a Roma

"Ci proponiamo inoltre - continua Baldi - di avvicinare il pubblico al lavoro della Hadid, che con il progetto del Centro (26mila mq!) ridisegna e riqualifica urbanisticamente un pezzo di città, restituendolo alla fruizione e alla vita. Ci piacerebbe, allora, che le persone prendessero confidenza con questa architettura fluida, dinamica, asimmetrica, insieme di forze centrifughe e centripete, tutta linee spezzate, oblique, angoli acuti, curve e sinuosità. Decisamente un modo nuovo di concepire lo spazio e la sua fruizione..."

L'allestimento, curato da Zaha Hadid, è parte integrante della mostra. Si tratta di uno spazio fluido, in divenire, dove grandi pannelli sinuosi e asimmetrici, emergono dal pavimento o calano dal soffitto, si intersecano, si schivano, si incrociano, destrutturano lo spazio e suggeriscono un percorso labirintico.

Modello in resina del Centro Nazionale per le Arti Contemporanee a Roma

Modello in resina del Centro Nazionale per le Arti Contemporanee a Roma
© archimagazine

Foto del modello Centro Nazionale per le Arti Contemporanee a Roma

Foto del modello Centro Nazionale per le Arti Contemporanee a Roma



All'interno del percorso, disegni, quadri, modelli in scala di progetti architettonici, ed anche video, libri, postazioni multimediali, costumi teatrali, oggetti di design e mobili.

I progetti architettonici in mostra sono 13, raccontati nel loro farsi: dallidea ini'ziale nei primi schizzi, ai disegni, ai quadri, all'elaborazione al computer, ai plastici. Sono progetti diversi per soggetto, tipologia, soluzioni adottate, ma sono accomunati da una sorta di denominatore comune: si tratta sempre, infatti, di spazi "pubblici", luoghi di socialità, di incontro e contatto, pensati per essere vissuti e fruiti, in sintonia con la concezione che Zaha Hadid ha dello spazio pubblico: "Si tratta di dar vita a uno spazio che - ha dichiarato in un'intervista Hadid -, in una molteplicità di modi, offra alla gente piacere, divertimento, comodità e benessere simili a quelli provati in un paesaggio. L'idea è quella di fornire spazi pubblici potenzialmente in grado di dare piacere".

Questo vale per i progetti architettonici che riguardano luoghi di cultura (come il Centro per le arti contemporanee di Roma, pensato per diventare parte integrante della città; il Rosenthal Center for Contemporary Art di Cincinnati, Ohio; La Grande Bibliothèque du Québec, a Montréal, Canada; il Temporary Guggenheim Museum di Tokyo, tra i più recenti progetti di Zaha); per i progetti più propriamente urbanistici come il nuovo Terminal marittimo di Salerno; per i progetti più svariati come il trampolino per il salto con gli sci a Bergisel o lo spazio espositivo "Mind Zone" al Millennium Dome di Londra.

Oltre ai progetti architettonici, sono esposti a Roma prototipi di oggetti di design progettati da Zaha Hadid, come i servizi da tè e da caffè, e prototipi di mobili, come i due tavoli in legno "Stalactite" e "Stalagmite" e i due divani "Glacier" e "Moraine". Ci sono anche i costumi del balletto Metapolis, di cui Zaha Hadid ha realizzato anche la scenografia, nel 1999, per la coreografia di Frédéric Elamand. Infine, una sezione dedicata al mondo di Zaha, con i libri, i film, ecc. Insomma, uno spaccato dei suoi interessi e dei suoi riferimenti nel campo della cultura visiva, per imparare a conoscere e capire il personaggio e la sua opera.


Il Centro nazionale per le arti contemporanee: una nuova istituzione
Gli spazi che ospitano la mostra su Zaha Hadid costituiscono il primo nucleo del Centro nazionale per le arti contemporanee e ne anticipano l'attività in attesa della realizzazione del progetto della stessa Hadid, prevista per il 2005.
Il preliminare ha sviluppato con coerenza la prima idea progettuale che riprende la specificità del linguaggio architettonico di Hadid: l'idea di una forma architettonica ad andamento orizzontale composta da elementi seriali intrecciati in cui prevale uno spettacolare uso della luce zenitale, con un campus delimitato da edifici semi-indipendenti ed aperto alla circolazione pubblica.

L'idea principale che informa il progetto è legata alla finalità dell'edificio come espositore di arti visive. Il sito è 'solcato' da spazi espositivi e pareti che lo attraversano. Il visitatore è invitato in uno spazio denso e continuo piuttosto che in un singolo volume compatto. Gli interni sono coperti da un tetto in vetro che inonda lo spazio di luce naturale filtrata dalle orditure strutturali del solaio.

A livello urbano la volumetria si pone in continuità con l'orientamento orizzontale dell'area, contrapposto agli edifici più alti che la circondano e crea nuove connessioni collegando via Guido Reni con via Masaccio e via Poletti, sfociando in piazza Mancini. Il percorso pedonale che attraversa il sito segue la morbida sagoma del museo, scivolando sotto gli elementi in aggetto degli edifici. Gli interni si mostrano attraverso numerosi scorci. Di sera, sia il percorso che le pareti esterne degli edifici saranno illuminate dal basso, creando nuovi e suggestivi scorci.

L'appalto dei lavori è previsto entro il 2002 e l'apertura del cantiere per i primi mesi del 2003.


Zaha Hadid: i progetti in mostra

Centro nazionale per le arti contemporanee, Roma

Architectural Design: Zaha Hadid con Patrik Schumacher
Project Architect: Gianluca Racana
Team di progettazione: Barbara Pfenningstorff, Ana M.Cajiao, Lars Teichmann, Raza Zahid, Adriano De Gioannis, Keneth Bostok, Gernot Finselbach, Dillon Lin, Carolin Voet
Committente: Ministero per i beni e le attività culturali, Italia
Cronologia: 1998 - 2005
Programma funzionale: spazi per le esposizioni temporanee e per performance, spazi didattici, biblioteca, uffici, laboratori, magazzini, caffè e aree pubbliche

La progettazione del Centro nazionale per le arti contemporanee è stata oggetto di un concorso di idee che ha visto vincere la proposta di Zaha Hadid.

Il programma funzionale prevede: museo per le arti del XXI secolo, museo di architettura, spazi per la produzione sperimentale, biblioteca, auditorium e altri spazi pubblici (accoglienza, caffetteria, negozi), spazi per servizi ed uffici.

Le varie funzioni del centro sono ospitate in edifici differenti che insieme compongono una sorta di ‘campus' urbano aperto alla circolazione pubblica, una città nella città.

L'idea architettonica principale è direttamente legata alla finalità del centro come luogo di esposizione e produzione di arti visive: il sito è solcato da spazi espositivi, pareti che attraversano lo spazio. L'intersezione delle pareti definisce spazio interno e spazio esterno.

Il percorso pedonale all'interno del campus segue le morbide sagome dei vari blocchi, scivolando sotto gli elementi in aggetto degli edifici. L'interno del museo si mostra al visitatore attraverso numerosi scorci e larghe superfici vetrate al piano terra.

Gli ambienti interni, definiti dalle pareti, sono coperti da un tetto in vetro che inonda lo spazio di luce naturale, filtrata dalle orditure lineari del solaio che sottolineano la linearità del sistema spaziale.



Vitra Fire Station, Weil am Rhein, Germania

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Patrik Schumaker
Team di progettazione: Voon Yee-Wong, kar Wha Ho, Nicola Cousins, David Gomersal, Maria Rossi, Cristina Verissimo, Simon Koumjian, Olaf Wein Shaupt, Craig Kiner, Edgar González
Committente: Vitra lnternational AG,
SvizzeraCronologia:1991-1993
Programma funzionale: Stazione dei vigili del fuoco

Il progetto nasce da un approfondito studio del contesto industriale e dall'esigenza di non far scomparire il nuovo volume in mezzo ai padiglioni industriali presenti nel sito.

L'edificio, situato in un'area ai margini del campus Vitra, non è un oggetto isolato, ma è stato progettato come se fosse l'angolo più esterno del paesaggio. È definito da superfici e piani inclinati, ciascuno dei quali saetta lungo autonome linee di fuga. I setti murari sembrano scivolare gli uni sugli altri, mentre le grandi pareti scorrevoli sono letteralmente muri mobili. Interamente realizzato in cemento armato utilizza un linguaggio asciutto che, nell'assenza di ogni ornamentazione, esalta ancor di più il gioco spaziale. L'assenza di dettagli rende più eloquente l'affastellarsi e lo stratificarsi dei volumi, disposti e riordinati in modo tale da rendere immediatamente evidente la destinazione d'uso dell'edificio. "L'edificio - ha dichiarato Zaha Hadid - è movimento congelato. Esprime la tensione dello stato di allarme che da un momento all'altro può esplodere in azione".



Kunst Media Centre, Düsseldorf

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Brett Steele e Brian Ma Siy
Team di progettazione: Paul Brislin, Cathleen Chua, John Comparelli, Elden Croy, Craig Kiner, Graeme Little, Yousif Albustani, Danie Oakley, Patrik Schumacher, Alistair Standing, Tuta Barbosa, David Gomersall, C.J. Lim
Committente: Kunst und Medienzentrum Rheinhafen GmbH, Germania
Cronologia: 1989-1993
Programma funzionale: sviluppo dell'area portuale: uffici, studios, negozi, ristoranti, servizi culturali e per il tempo libero (cinema da 320 posti)

Il progetto per la trasformazione del vecchio porto di Düsseldorf in area direzionale e commerciale propone una sorta di paesaggio artificiale per prolungare le attività del porto, con un edificio per uffici simile ad un muro lungo 90 metri che isoli l'area dal rumore del traffico della città.

Dal fiume, si accede all'edificio tramite una rampa collocata all'interno di un enorme triangolo metallico. Aperture nel terreno circostante rivelano studi, negozi e ristoranti: tutti i servizi sono stati collocati sottoterra mentre la parte di edificio che si eleva in superficie si curva per formare un cinema con 320 posti. Il lato prospiciente la strada presenta piccole incisioni nel cemento, mentre in quello verso il fiume, le diverse altezze sono rese da travi a sbalzo di varie profondità. Visivamente la costruzione sembra ricoperta da uno strato di "ghiaccio vetrato", ottenuto per mezzo di una serie di lastre perpendicolari alla strada che sembrano schegge staccate dalla parete.

Nel vuoto creato dal punto di convergenza delle lastre trovano posto la sala conferenze e la sala esposizioni. L'atrio offre scorci sia sulla riva del fiume che sulla strada unendo i due diversi contesti in un'unica immagine.



Landesgartenschau (LF One), Weil am Rhein, Germania

Architectural Design: Zaha Hadid con Patrik Schumacher e Mayer Bährle
Project Architect: Markus Dochantschi
Team di progettazione: O. Domeisen, W. Halabi, G. O' Avazian, B. Pfenningsdorf, J. Lim
Committente: Landesgartenschau Weil am Rhein 1999 GmbH, Germania
Cronologia: 1997 progetto, 1999 fine lavori
Programma funzionale: spazi per mostre ed eventi nell'ambito dellesposizione Gr&'uuml;n 99 di giardinaggio paesaggistico

È il progetto per uno spazio espositivo e per un centro per la ricerca ambientale nell'ambito del Festival di giardinaggio paesistico del 1999.

La costruzione, formata da quattro corpi paralleli e parzialmente sovrapposti, emerge dalla fluida geometria dei percorsi circostanti. Uno di questi percorsi sale lungo il lato sud dell'edificio; un altro ne segue il retro; il terzo attraversa in diagonale l'interno. Lo spazio principale comprende la sala espositiva e la caffetteria e si sviluppa lungo queste direttrici, caratterizzandosi per la luce naturale e la vista dall'esterno. Gli spazi secondari spariscono nel sottosuolo. A sud della caffetteria si trova un terrazzo con uno spazio per performance coperto.

Il centro per la ricerca ambientale, situato a nord della sala espositiva, è interrato per metà per sfruttare l'isolamento atmosferico. Dall'altro lato la sala espositiva serve come zona di tamponamento, che permette l'uso passivo dell'energia solare in inverno. La travatura che attraversa il centro di ricerca ambientale si trasforma in un piano intermedio aperto sulla sala espositiva.



Rosenthal Center for Contemporary Art, Cincinnati

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Markus Dochantschi

Team di progettazione: Ed Gaskin, Ana Sotrel, Jan Hübener, David Gerber, Christos Passas, Sonia Villaseca, James Lim, Jee-Eun Lee, Oliver Domeisen, Helmut Kinzler, Patrik Schumacher, Michael Wolfson, David Gomersall
Committente: Rosenthal Center for Contemporary Art, Cincinnati, Ohio
Cronologia: 1997 - 2003
Programma funzionale: spazi per le esposizioni temporanee e per performance, spazi didattici, uffici, laboratori, magazzini, caffè e aree pubbliche

Il nuovo edificio del Rosenthal Center for Contemporary Art prevede spazi per ospitare mostre temporanee, installazioni e performance ma non spazi per una collezione permanente. L'ingresso, la zona d'accesso e l'atrio sono state concepite come una sorta di "tappeto urbano" che convoglia il flusso dei visitatori dalle zone limitrofe creando una dimensione di spazio pubblico dinamico.

Le gallerie sono scolpite in un unico blocco di cemento che sembra galleggiare sopra l'atrio, in contrasto con il tappeto urbano formato da superfici lucide e ondulate. Gli spazi espositivi variano per forma e dimensione per poter assecondare le più svariate esigenze dell'arte contemporanea. Gli scorci sull'interno delle gallerie sono imprevedibili: la rampa sale a zigzag attraverso una stretta fessura sul retro dell'edificio e le gallerie si incastrano come tessere di un puzzle tridimensionale composto di pieni e di vuoti.

La posizione d'angolo dell'edificio ha portato allo sviluppo di due facciate diverse ma complementari. Quella sud, lungo Sixth Street, forma una superficie ondeggiante, traslucida, attraverso la quale si può guardare all'interno del centro. Quella est, lungo Walnut Street, è espressa come un rilievo scultoreo, come l'impronta in negativo degli interni della galleria.



Terminai Intermodale Hoenheim-Nord, Strasburgo

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Stephane Hof
Team di progettazione: Sara Klomps, Silvia Forlati, Patrik Schumacher, Markus Dochantschi, David Salazar, Caroline Voet, Eddie Can, Stanley Lau, David Gerber, Chris Dopheide
Committente: C.U.S [Communaute Urbaine de Strasbourg]; C.T.S. (Compagnie des Transports Strasbourgeois), Strasburgo (Francia)
Cronologia:1998 - 2001
Programma funzionale: stazione e parcheggio per 800 posti, spazi per auto e biciclette, biglietteria, negozi, attrezzature pubbliche

Nel quadro dei nuovi interventi previsti a Strasburgo in concomitanza con lo sviluppo di una nuova rete tranviaria, Zaha Hadid è stata invitata a progettare il capolinea nord della linea B ed un parcheggio per 800 automobili.

Il progetto prevede inoltre la costruzione di una sala d'attesa, di un deposito biciclette, con servizi e negozi.

Il concetto architettonico propone una sovrapposizione di campi e assi che, intrecciandosi, determinano un insieme sempre mutevole. I ‘campi' sono matrici di movimento generate dalle auto, dai tram, dalle biciclette e dai pedoni. Ogni campo ha una traiettoria, una traccia e un caposaldo statico.

Questo andamento di vettori tridimensionali è esaltato nel trattamento dello spazio: il gioco delle linee prosegue nelle tracce illuminate sulla pavimentazione, nell'arredo e nei tagli d'illuminazione del soffitto. Le linee bianche sull'asfalto nero delineano ogni lotto del parcheggio, incurvandosi dolcemente secondo la linea del perimetro del sito. Il ‘campo' dei lampioni mantiene un'altezza costante che dialoga con il pendio del suolo.

Articolando i momenti di transizione fra paesaggio aperto e spazi interni pubblici, la proposta vuole offrire una nuova ‘natura artificiale' capace di spezzare le barriere fra ambiente naturale e artificiale per migliorare la vita civica di Strasburgo.



Bergisel Ski Jump (lnnsbruck)

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Jan Hubener
Team di progettazione: Matthias Frei, Cedric Libert, Sara Noel Costa de Araujo, Sylvia Forlati, Jim Heverin, Garin O'Aivazian, Ed Gaskin, Eddie Can, Yoash Oster, Stanley Lau, Janne Westermann
Committente: Federazione Austriaca di Sci, Austria
Cronologia:1999 - 2002
Programma funzionale: trampolino da salto, caffè, terrazza panoramica

La nuova struttura del trampolino da salto sul Monte Bergisel presso Innsbruck, nasce dal progetto di Zaha Hadid vincitore del concorso internazionale del 1999. A picco sul centro della città, il nuovo trampolino costituisce un importante segno nel paesaggio.

Esso rimpiazza il vecchio trampolino - non più conforme agli standard internazionali - nell'ambito del più ampio progetto di riqualificazione dell'Arena Olimpica.

La costruzione combina spazi per lo sport con attrezzature altamente specializzate e spazi pubblici, come il caffè e la terrazza panoramica. Questi elementi si integrano in una forma nuova e unica, che proietta nel cielo la topografia del pendio.

Alta 50 metri e lunga 90, la struttura è la combinazione di una torre e di un ponte; è suddivisa in una torre in cemento e una struttura spaziale in acciaio che unifica la rampa di salto e il caffè. Due ascensori portano i visitatori al caffè, a 40 metri sopra la vetta del Bergisel. Da qui si può godere del panorama alpino e al tempo stesso guardare il volo degli atleti sopra lo skyline della città.



Phaeno Science Centre, Wolfsburg

Architectural Design: Zaha Hadid con Mayer Baehrle
Project Architect: Christos Passas
Team di progettazione: Sara Klomps, David Salazar, Helmut Kinzler, Günter Barczik, Gernot Finselbach, Silvia Forlati, kenneth Bostock, Enrico Kleinke, Liam Young, Lida Charsouli, Barbara Kuit; with Patrik Schumacher and Markus Dochantschi, Christos Passas, Janne Westermann, Chris Dopheide, Stanley Lau, Eddie Can, Yoash Oster, Jan Huebener, Caroline Voet
Committente: Città di Wolfsburg, Germania
Cronologia: 1999 - 2003
Programma funzionale: centro scientifico, spazi espositivi, ristorante, caffetteria, edicola, spazi accessori, auditorium

L'edificio dello Science Centre appare come un oggetto misterioso che suscita curiosità e desiderio di scoperta. È situato in un luogo molto particolare della città: da un lato chiude una serie di architetture significative (di Aalto, Scharoun e Schweger) dall'altro costituisce una connessione con la nuova "Volkswagen Car Town". Molteplici flussi di pedoni e veicoli convergono verso il sito, componendo una fitta rete di percorsi.

Il piano terra è trasparente e permeabile. Il volume principale - lo spazio espositivo - è invece rialzato e copre una sorta di ‘piazza' adibita a funzioni commerciali e culturali all'interno di coni di cemento. Un paesaggio artificiale, a forma di cratere, si sviluppa all'interno dello spazio espositivo e consente scorci diagonali ai vari livelli, mentre volumi aggettanti ospitano le altre funzioni del centro.

Un prolungamento del ponte preesistente si insinua nell'edificio come un cunicolo, consentendo, grazie alla superficie trasparente, un nuovo scambio di scorci sullo spazio espositivo. Le principali chiavi della progettazione del centro sono la flessibilità, l'efficienza e il comfort in vista delle diverse funzioni che vi verranno ospitate.



Mmd Zone, Millennium Dome, Londra

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Jim Heverin
Team di progettazione: Ana Sotrel, Graham Modlen, Christos Passas, Jon Richards, Paul Butler, Barbara Kuit, Patrik Schumacher, Woody K. T. Yao, Oliver Domeisen, Garin O'Avazian, Simon Yu, Wassim Halabi, Jim Heverin, Jon
RichardsCommittente: New Millennium Experience Company, Londra, Regno Unito
Cronologia:1998 - 2000
Programma funzionale: padiglione espositivo

Il progetto della ‘Mind Zone' - uno dei quattordici spazi espositivi del Millennium Dome - si ispira alla complessità strutturale della mente umana.

Esso accorpa in un'unica struttura tre volumi differenti che, sovrapponendosi, compongono una superficie continua che è insieme pavimento, parete o soffitto e che permette di percepire lo spazio in maniera fluida.

I tre volumi, che simboleggiano le principali attività mentali (ricezione - elaborazione - esternazione) sono rappresentati attraverso distorsioni prospettiche, mostre didattiche, sculture, computer e installazioni audiovisive, con un approccio prevalentemente interattivo e di stimolo intellettuale più che didattico.

I materiali impiegati sono tutti tecnologicamente molto avanzati: la superficie consiste in un pannello leggero e trasparente come fosse un'epidermide in fibra di vetro con una struttura a nido d'ape in alluminio; la struttura metallica alla base è stata invece realizzata stratificando materiali traslucidi.



Terminal marittimo, Salerno

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Paola Cattarin
Team di progettazione: Cedric Libert, Paolo Zilli, Eric Tong, Paola Cattarin, Sonia Villaseca, Chris
DopheideCommittente: Comune di Salerno, Italia
Cronologia: 2000 - 2003
Programma funzionale: Terminal marittimo per traghetti e navi da crociera, uffici, spazi accessori

Il TerminaI traghetti è composto da tre elementi che si intrecciano per offrire funzioni e esperienze spaziali diversificate: gli uffici amministrativi, il terminal per i traghetti e il terminal per le navi da crociera. Come un'ostrica, esso ha una conchiglia dura che racchiude all'interno elementi morbidi e fluidi. Un tetto a nervature protegge dall'intenso sole Mediterraneo.

Quando i passeggeri arrivano al Terminal, il viaggio già iniziato continua attraverso una sequenza di spazi dinamici, organizzati intorno ad alcuni punti focali, come il ristorante e la sala d'aspetto.

Il terreno è scolpito come una collina, sulla quale inizia un percorso inclinato. L'intera area è illuminata in modo da ‘accompagnare' i passeggeri attraverso l'edificio. La soluzione illuminotecnica adottata fa percepire dall'esterno la luce del Terminal come un faro per il porto, un segnale simbolico delle complesse tracce normanne e saracene della città.

I movimenti quotidiani dei passeggeri del traghetto sono veloci e intensi. L'organizzazione planimetrica enfatizza la velocità e l'efficienza del transito. Il Terminal opererà visualmente e funzionalmente per ottenere un graduale passaggio tra la terra e il mare: una terraferma artificiale come elemento solido in corso di fusione verso il liquido delle acque del mare.



Grande Bibliothèque du Québec, Montréal

Architectural Design: Zaha Hadid con Patrik Schumacher
Team di progettazione: Boutin Ramoisy Tremblay Architectes - Quebec, Canada; Sonia Villaseca, Stephane Hof, Chris Dopheide, Djordje Stojanovic, Dillon Lin, Lida Charsouli, Garin O'Aivazian, David Gerber, Andreas Durkin, Liam Young, Christos Passas, Sara Klomps
Committente: Grande Bibliotheque du Quebec, Montreal (Canada)
Cronologia: 2000
Programma funzionale: Biblioteca nazionale

L'idea alla base del progetto è quella di uno spazio continuo che conduce attraverso i rami del sapere contenuti nelle diverse collezioni della biblioteca. La struttura sottolinea la logica della biblioteca con un sistema di percorsi che si divide come i rami del sapere umano.

Le collezioni principali sono disposte su valli terrazzate: i libri ne occupano i lati mentre al centro lo spazio è lasciato libero per la lettura.

Le sale di lettura all'ultimo piano utilizzano la luce zenitale e il materiale che predomina è il legno, che invita al raccoglimento e al silenzio.

Il sistema dei percorsi utilizza il modello di ramificazione della classificazione e l'organizzazione spaziale generale è trattata come un progetto informativo tridimensionale. Lo spazio di navigazione è costituito da "vene" che erodono la massa solida dell'edificio.

Esternamente, la volumetria riempie l'isolato urbano, pur lasciando un'ampia piazza all'angolo di Boulevard Maisonneuve e Rue Berri.

La massa dell'edificio è strutturata in modo ritmico, per evitare la monotonia dei suoi 270 metri di lunghezza.



Temporary Guggenheim Museum, Tokyo

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Patrik Schumacher
Team di progettazione: Giuanluca Racana, Kenneth Bostock, Vivek V. Shankar
Committente: Guggenheim Foundation
Cronologia: 2001
Programma funzionale: spazio espositivo temporaneo

Odasiba Island è uno spazio urbano molto dinamico, costruito su un terreno artificiale. La presenza del Guggenheim - che avrà durata di dieci anni - costituirà un punto di riferimento culturale e anche un fattore trainante per l'identità architettonica della zona. Il progetto, come un oggetto del desiderio, apparirà misterioso, un territorio sconosciuto che aspetta di essere scoperto e esplorato.

In linea con la natura temporanea della struttura è stato scelto un rivestimento leggero: due piani- come fogli di carta piegati - poggiano uno sull'altro racchiudendo un ampio spazio.

La fessura diagonale in cima, con la luce che scende lungo il piano inclinato, genera un drammatico senso di vertigine. L'interno è strutturato da un terzo piano che ospita un'ampia zona espositiva.

Un altro aspetto notevole è la qualità dell'involucro: un'epidermide "pixelizzata" come quella di un serpente, che consente l'integrazione di varie superfici. Il principale materiale di rivestimento è costituito da grandi piastrelle di ceramica, alternate con lucernari. Internamente il rivestimento si sviluppa seguendo lo stesso criterio, ma qui l'aspetto estetico è ancor più variabile. L'illuminazione, l'aria condizionata e il riscaldamento sono inglobati nella stessa logica dei pixel.



BMW Central Plant Building, Lipsia

Architectural Design: Zaha Hadid
Project Architect: Lars Teichman
Team di progettazione: Eva Pfannes, Kenneth Bostock, Stephane Hof, Djordje Stojanovic, Leyre Villoria, Liam Young, Christiane Fashek, Manuela Gatto, Tina Gregoric, Cesare Griffa, Yasha Jacob Grobman, Filippo Innocenti, Zetta Kotsioni, Debora Laub, Sarah Manning, Maurizio Meossi, Robert Sedlak, Niki Neerpasch, Eric Tong
Committente: BMW Bayerische Motorenwerke, Germania
Cronologia: 2002 concorso, 2004 fine lavori
Programma funzionale: uffici e spazi di rappresentanza

Nel progetto per l'edificio centrale, punto nevralgico di tutte le attività dell'impianto BMW, Zaha Hadid ha previsto la collocazione dell'amministrazione al centro dell'edificio, in mezzo a due officine di produzione. Secondo questo schema, gli uffici si trovano nel cuore di una catena di montaggio, con le automobili in fase di assemblaggio che scorrono sui nastri trasportatori davanti alle scrivanie degli impiegati. L'ampio atrio principale è arioso e luminoso ed offre molteplici scorci sugli interni dell'edificio caratterizzato da trasparenza e fluidità. La flessibilità degli spazi e l'integrazione in un unico corpo di funzioni diverse agevolano l'interazione tra operai e impiegati.

Il parcheggio, che costituisce una parte integrante del progetto, prende spunto dal movimento intrinseco all'automobile per dare origine ad un senso di fluidità nel suo insieme con l'edificio.



Milano, Z-Scape: Furniture

In uno spazio di 5 metri per 2, sono fusi insieme il diversi pezzi in un puzzle che può essere scomposto e ricomposto in altre configurazioni. Questo spazio, definito lounging box, ritaglia un momento statico in un flusso di spazi duri e soffici. Lo spazio soffice, muovendosi dal basso verso l'alto, si ricompone in elementi comodi per sedersi, mentre lo spazio rigido ha sempre - all'interno della sua struttura - superfici verticali dalla cima piatta. Ma anche superfici orizzontali, che creano tavoli, scrivanie, elementi per bar e scaffalature.

Ad oggi, quattro pezzi sono già prototipi a grandezza naturale. "Glacier" e "Moraine" sono una coppia di divani in lattice. I divani sono accompagnati da "Stalactite" e "Stalagmite", due tavoli complementari in legno.



Metapolis, Belgio, 1999

"Metapolis", per Charlero Danses, evoca i diversi ritmi della città. La struttura scenica è una topologia intrecciata di diversi strati, fatti di materiali diversi che permettono uno spazio fluido, ibrido, che coincide con i movimenti dei danzatori. I danzatori sono avvolti in una complessità spaziale che li cattura e li libera allo stesso tempo. La coreografia di Flamand segue e provoca la trasformazione morfologica dello spazio, tracciando un doppio movimento di fluidità e rottura. Le frequenze e i ritmi, come i codici rigidi di comportamento, sono spezzati in episodi emozionali. La struttura è come "uno spazio che respira" attraverso compressione e rilassamento costantemente in transizione. Tre ponti traslucidi larghi 10 metri scivolano in diverse configurazioni, guidati dai ballerini. I costumi sono visti come strati intermedi, con una struttura flessibile che estende la danza in matrici quadridimensionali. In mostra il video del balletto.

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