Dieci domande a Olimpia Niglio
di Ivana Riggi
Il mio primo incontro con Olimpia Niglio avviene nella sede di Messina dell'Università degli studi eCampus; siamo sedute l'una di fronte all'altra in un'aula grandissima. All'inizio ho l'impressione di essere osservata da tutto: dalle sedie, dagli oggetti, dai muri e dalle finestre che ci circondano. Lentamente, però, quella sensazione si placa come se una telecamera stringesse un'inquadratura su di noi, rientro in un “clima familiare”. Oggi a distanza di qualche mese converserò con Lei.
Professoressa Olimpia Niglio, grazie per il suo contributo. Le posso chiedere, adesso, di tracciare brevemente la sua “storia”? Ci regalerebbe un'immagine della sua famiglia, della sua giovinezza, di qualche figura che l'abbia poi influenzata anche nelle scelte professionali? In prima battuta resto sempre affascinata dal profilo umano del mio interlocutore per poi arrivare gradualmente a quello professionale.
Salerno è la mia città natale. Mio padre è primario psichiatra oggi in
pensione, mia madre è sociologa ed è Direttore dell'ufficio comunicazione di
un'Azienda Sanitaria Locale. Ho frequentato la scuola primaria a Cava De'
Tirreni e sono stata particolarmente fortunata perché la mia maestra amava
viaggiare e conoscere il mondo e dai suoi continui e costruttivi stimoli ho
tratto molti insegnamenti che mi hanno aiutato soprattutto ad affrontare le
difficoltà della vita. All'età di sei anni ho iniziato parallelamente anche un
altro percorso formativo, per me molto importante, che ha riguardato la musica
ed in particolare lo studio del pianoforte. Un Bechstein a coda ha accompagnato
la mia infanzia ed adolescenza, fino ai primi anni universitari. Lo studio
della musica ha costituito un riferimento fondamentale nella mia formazione e
ha senz'altro contribuito nelle mie scelte professionali e principalmente nello
studio dell'architettura. Per questo devo molto anche al mio Maestro che mi ha
guidato costantemente nello studio del pianoforte, indirizzandomi e
incoraggiandomi anche nelle scelte che poi hanno condotto alla mia attuale
professione.
Dal 2000 al 2001 è stata ricercatore e coordinatore del progetto “Nuovi
strumenti di diagnostica nel campo del restauro architettonico”, Fondi
M.U.R.S.T. In cosa è consistito?
Ho avuto un'esperienza universitaria molto intensa ma allo stesso tempo
breve in quanto ho terminato il percorso formativo di base in poco più di
quattro anni. Mi sono laureata in architettura presso l'Università “Federico
II” di Napoli dove successivamente ho frequentato la scuola di specializzazione
in restauro dei monumenti e conseguito il Dottorato di Ricerca. Al termine di
quest'ultimo ho preso consapevolezza che la realtà che si prospettava davanti a
me era dura ed impervia perché le regole che sottintendevano l'accesso alla
carriera universitaria in Italia erano ben diverse da quelle che si
incontravano in altre realtà del mondo. Ho capito immediatamente che dovevo
darmi da fare da sola e trovare delle opportunità per non rinunciare a quanto
mi ero prefissata ed in questo lo studio della musica e la libertà
intellettuale, che tale studio mi ha garantito, mi hanno aiutato molto a
superare i continui sbarramenti. Il primo risultato di questo mio impegno è
stato proprio l'assegno di ricerca nell'ambito del progetto “Nuovi strumenti di
diagnostica nel campo del restauro architettonico” che Lei giustamente ha
ricordato e che per due anni mi ha consentito di continuare a fare ricerca
sugli argomenti già affrontati durante il dottorato e allo stesso tempo mi ha
consentito anche di iniziare la mia attività didattica presso l'Università di
Pisa dove ho insegnato Restauro Architettonico dal 2002 al 2009 ed ancora fino
al 2010 presso la Scuola di Specializzazione in Storia dell'Arte, al momento
purtroppo sospesa.
Dal 2006 è Visiting Professor presso l'Universidad de Ibagué (Colombia),
dove coordina un corso estivo di restauro architettonico presso la Escuela
International de Verano. Nel 2006 è stata Visiting Professor presso
l'Universidad Tecnologica de Bolivar di Cartagena de Indias in Colombia e
presso il Western Galilee College di Akko in Israele. Nel 2009 è stata Visiting
Professor presso la Kanto Gakuin University di Yokohama. Come sono organizzate le
università di questi paesi? Sono molto diverse da quelle italiane?
Durante gli anni trascorsi presso l'Università di Pisa ho avuto molti
allievi stranieri di diversi paesi europei ed in particolare del Belgio e della
Spagna. E' stato proprio un allievo belga-colombiano, oggi architetto affermato
in Bruxelles, attraverso il quale ha avuto inizio la mia esperienza in
Colombia. Nell'estate del 2006 ho fatto il mio primo viaggio in Colombia
invitata dall'allora Rettore dell'Universidad de Ibagué (capoluogo della
Regione del Tolima nel cuore della Colombia a circa 300 km da Bogotá). La prima
esperienza è stata per me molto formativa, non parlavo ancora bene lo spagnolo
e quindi non mi esprimevo correttamente ma i colleghi e gli studenti mi hanno
aiutato molto. Da allora ogni anno sono stata incaricata dall'Universidad de
Ibagué per il corso di Restauro presso la Escuela Internacional de Verano dove
proprio nel 2006 abbiamo dato inizio al primo corso di restauro dei monumenti
che quest'anno (2011) è alla sua sesta edizione. Durante le mie lunghe
permanenze estive ho viaggiato molto per la Colombia grazie ai professori che
mi hanno ospitato contribuendo a stabilire anche altri contatti molto
produttivi e costruttivi. Da qualche anno abbiamo dato inizio anche a piccole
attività progettuali con risultati per me straordinari e che stanno insegnando
molto anche a me.
Sempre con l'Università di Pisa ho avuto modo di confrontami anche con un'altra
realtà molto interessante: Israele. Qui nel 2006 abbiamo partecipato ad un
campo scuola (in collaborazione con il Western Galilee College di Acri e
l'Università di Haifa) con alcuni miei allievi e per due settimane abbiamo
lavorato presso il centro storico di San Giovanni d'Acri, città particolarmente
legata a Pisa per preesistenze che risalgono alla fine del XII secolo e quindi
all'età dell'antica Repubblica Marinara. Su questo abbiamo prodotto anche
contributi scientifici.
Ancora nel 2008 un incontro fortunato a Firenze. Ero a Santa Verdiana il
complesso didattico della Facoltà di Architettura (dove ho svolto alcune
attività formative tra il 2004 ed il 2005). Un incontro fortuito ma che ha
avuto dei risvolti molto costruttivi con un giovane professore della Kanto
Gakuin University di Yokohama, Taisuke Kuroda, a quei giorni in Italia per
completare alcune attività di ricerca durante il suo anno sabatico e con cui
oggi condivido molte collaborazioni scientifiche. Subito è nata un'intesa
culturale di alto rilievo; abbiamo iniziato a lavorare alla traduzione in
italiano di un libro che riguarda la città nella quale vivo da oltre undici
anni. Ho così intrapreso viaggi studio in Giappone alla scoperta di un mondo
fino a quei giorni a me del tutto sconosciuto se non per il riso, il sushi ed
il sake. Ho lavorato molto alla scoperta delle tradizioni di questo
straordinario paese ma ho ancora tantissimo da studiare e da imparare. In
questi anni abbiamo anche prodotto dei risultati scientifici che ci hanno dato
grandi soddisfazioni e a breve uscirà un volume in cui abbiamo voluto mettere e
confronto architetti giapponesi ed italiani sul tema del restauro
dell'architettura. E' certamente un settore da tenere in seria considerazione
perché anche noi abbiamo molto da apprendere dal Sol Levante. Comprende da
tutto ciò che proprio perché le università straniere fondano le loro scelte su
altri principi ho avuto l'opportunità di fare queste importanti esperienze. Ma
mi sento di affermare che oggi devo tutto questo proprio a quella libertà di
pensiero e rispetto di me e del mio prossimo, tutti valori recepiti dalla mia
famiglia, dalle persone oggi a me più vicine e non per ultima dalla conoscenza
della musica, mia compagna di viaggio da sempre.
Come vive il legame con gli studenti nel rapportare le sue materie?
Un giorno un allievo mi ha chiesto di spiegargli che cosa si prova a stare
dietro una cattedra. Gli ho semplicemente fatto notare che durante le lezioni è
la cattedra che sta dietro di me ed io sono davanti agli studenti e tra di
loro. Gli allievi sono i miei principali giudici, io cerco solo di fare del mio
meglio e trasmettergli quanto io ho ricevuto e ricevo tuttora dai miei maestri,
cercando di avvicinarli alla disciplina che insegno. Ma io stessa ho modo di
imparare molto dai miei studenti.
È più difficile insegnare o imparare?
Sono due azioni che avvvengono simultaneamente. Si impara per insegnare e
si insegna per imparare, ma tutto avviene attraverso una reciproca condivisione
di questi due momenti. Tutti, insegnanti ed allievi, siamo attori e registri di
questo straordinario percorso formativo all'interno del quale non si finisce
mai di imparare e di insegnare.
Nel 2010 esce il libro da lei scritto e curato insieme a Koji Kuwakino
Giappone. Tutela e conservazione di antiche tradizioni, Edizioni Plus. Il
testo ripartito nelle tre sezioni Arte e cultura, Paesaggio culturale,
Architettura e restauro si apre con una premessa da lei scritta che riporta
quanto scrivo: “Il tentativo di interpretare in termini occidentali la cultura
orientale conduce facilmente verso percorsi accidentati ed imprevedibili. Ogni
ragionamento analitico di stampo cartesiano induce a ricercare spiegazioni di
natura razionale, a noi familiari, che giustifichino azioni e situazioni. Non è
questo però un metodo appropriato per intraprendere un viaggio conoscitivo
nell'interessante mondo dell'architettura del Sol Levante.”
Come avvicinarsi allora e perché?
Ho necessità di dichiarare che la mia formazione risente molto delle
letture sulle teorie illuministe. Nel dicembre 1784 Immanuel Kant pubblicò un
articolo sulla rivista Berlinische Monatsschrift nel tentativo di chiarire le
ragioni dell'Illuminismo sottolineando il concetto: Sapere aude! Abbi il
coraggio di servirti del tuo proprio intelletto! (questo è anche il motto della
mia Università).
Se non si è disponibili ad usufruire della libertà che ci viene garantita anche
dalla nostra formazione culturale, svincolati da perimetrazioni che hanno il
più delle volte rallentato lo sviluppo del pensiero umano, allora è difficile
spiegare le ragioni che sono alla base delle analisi che con Koji Kuwakino
abbiamo tentato di descrivere nel nostro libro sul Giappone. Per avvicinarsi a
realtà diverse da quelle che abitualmente frequentiamo è necessario essere
disponibili ad affrontare percorsi impervi e non necessariamente tracciati ma è
solo da queste particolari condizioni che possono svilupparsi nuovi ed
interessanti itinerari di ricerca. Al riguardo vorrei ricordare quanto uno
studioso ben più autorevole di me, Werner Heisenberg (premio Nobel per la
Fisica nel 1932 alla giovane età di 31 anni), affermava:
"...E' probabilmente vero, in linea di massima, che nella storia del
pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso nei punti
d'interferenza tra diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le
loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in diversi
tempi ed in ambienti culturali diversi o di diversi tradizioni religiose;
perciò, se esse veramente si incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in
rapporti sufficientemente stretti da dare origine ad un'effettiva interazione,
si può allora sperare che possano seguire nuovi ed interessanti sviluppi".
Potrebbe sintetizzarci, so che non è semplice, il significato emblematico
del MA?
E' fondamentale analizzare la realtà oltre il limite della forma.
Quest'ultima definisce dei contenitori i cui contenuti si trovano là dove c'è
il vuoto. Forse riesco a sintetizzare e chiarire questo concetto avvalendomi
delle parole di Lao-Tzu che nel Tao-teh-ching, cap. IX (VI sec. a.C.) scrive:
S'impasta l'argilla per fare un vaso: nel suo non-essere sta l'utilità del
vaso. S'aprono porte e finestre per fare una casa: e nel suo non-essere sta
l'utilità della casa.
L'essere costituisce l'oggetto, nel non-essere sta l'utilità.
Il MA insegna a percepire il valore ed il significato del vuoto che esiste fra
e nelle cose.
La sua attività di ricerca è rivolta ai metodi e ai criteri che
caratterizzano l'atteggiamento dell'uomo nei confronti della conservazione del
proprio patrimonio. Nel 2011 esce un altro suo libro Esperiencias y métodos de
restauracion en Colombia (con Rubén Hernandez Molina), Aracne Editrice 2011.
Come ci si avvicina invece alla cultura di un paese sud-americano come la
Colombia?
Le lunghe permanenze in Colombia negli ultimi sei anni mi hanno consentito
di studiare molto, di approfondire le tematiche che sono alla base dei metodi
di intervento sul patrimonio storico del paese e di confrontarmi costantemente
con professionisti e docenti universitari impegnati su questi temi. Così nel
2009 è nata la volontà di realizzare un primo volume finalizzato ad illustrare
alcuni restauri eseguiti o in corso su importanti monumenti del paese. Sono
stata affiancata in questo interessante lavoro da un collega, l'architetto
Rubén Hernandez Molina, direttore di una rivista scientifica di Architettura
nell'ambito dell'Asociacion Colombiana Facultades de Arquitectura. Se non
avessi la mia vena “illuminista” difficilmente riuscirei a pormi in termini
positivi nei confronti delle diversità culturali che per me costituiscono la
vera ricchezza della nostra esistenza. Ed è proprio questo che mi aiuta ad
analizzare l'atteggiamento delle differenti realtà culturali nei confronti
della conservazione del patrimonio. Negli ultimi anni ho indirizzato la mia
attività di ricerca verso la definizione di un'appropriata sensibilità
intellettuale che, rispettando le esigenze culturali delle differenti
collettività e le specificità proprie dell'ambiente di appartenenza, favorisca
in ogni luogo la definizione di una corretta politica per la difesa del
patrimonio architettonico.
Italia, Giappone, Colombia: tre territori differenti, tre esperienze diverse
da lei affrontate. Che tipo di insegnamento ha ricevuto da ciascuna di esse?
Ovviamente insegnamenti ed esperienze del tutto differenti che hanno
favorito ad arricchire il bagaglio di viaggio della mia vita che spero mi
fornirà ancora molte opportunità di esplorazione e di conoscenza. L'Italia
certamente mi ha fornito le basi culturali per poter esplorare al di là dai
confini; il Giappone, la Colombia e le altre realtà geografiche dove ho avuto
modo di soggiornare mi hanno consentito di conoscere e di confrontarmi con ciò
che è oltre i confini. Anche il mio impegno nell'ICOMOS (International Council
on Monuments and Sites) è fortemente dettato dalle motivazioni di cui abbiamo
parlato finora.
Salutandoci, cosa sono il ricordo, la memoria e come interagiscono sul
futuro?
Le rispondo citando un'affermazione di Sigfried Giedion in “Spazio, Tempo,
Architettura” un testo fondamentale nel mio percorso formativo e tuttora sempre
sul mio tavolo di lavoro: (…) Il passato non e' una compilazione di fatti, ma
la comprensione di uno sviluppo della vita in atto. E tali sono per me la
memoria ed il ricordo null'altro che un ricco bagaglio di conoscenze ed esperienze
fondamentali che porto sempre con me per vivere al meglio il presente e per
costruire qualcosa di buono da lasciare nel futuro. Per pianificare bene il
futuro dobbiamo avvalerci del nostro passato e da qui la stretta correlazione
tra memoria, ricordi e ciò che verrà.
Olimpia Niglio (1970) architetto e docente universitario, laureata nel
1995 presso l'Università di Napoli “Federico II”, frequenta la Scuola di
Specializzazione in Restauro dei Monumenti e nel 2000 consegue il titolo di
Dottore di Ricerca in Conservazione Beni Architettonici presso l'Università di
Napoli “Federico II”. Dal 2000 al 2001 è ricercatore e coordinatore del
progetto “Nuovi strumenti di diagnostica nel campo del restauro
architettonico”, Fondi M.U.R.S.T. Dal 2002 al 2009 ha insegnato Restauro Architettonico
presso il Corso di laurea in Storia dell'Arte dell'Università di Pisa. Dal 2006
al 2008 ha insegnato Storia e Tecnica del restauro presso la Scuola di
Specializzazione in Storia dell'Arte del medesimo Ateneo. Dal 2010 è
strutturata presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università degli studi eCampus
(Novedrate - Como) dove è titolare della cattedra di Restauro Architettonico.
Dal 2006 è Visiting Profesor presso l'Universidad de Ibagué (Colombia), dove
coordina un corso estivo di restauro architettonico presso la Escuela
International de verano. Nel 2006 è stata Visiting Profesor presso
l'Universidad Tecnologica de Bolivar di Cartagena de Indias in Colombia e
presso il Western Galilee College di Akko in Israele. Nel 2009 è stata Visiting
Profesor presso la Kanto Gakuin University di Yokohama. Nel 2011 è curatore
insieme a Taisuke Kuroda della mostra dedicata a Giorgio Vasari che sarà
inaugurata a Tokyo in settembre presso l'Istituto Italiano di Cultura. Nel 2004
ha fondato il progetto editoriale EdA, Esempi di Architettura riunendo giovani
competenze scientifiche interdisciplinari impegnate nella ricerca sia
nell'ambito dell'architettura che dell'ingegneria. E' autore di pubblicazioni
nel settore della Storia e del Restauro dell'architettura. Tra le ultime si
annotano: Dall'ingegneria empirica verso l'ingegneria della scienza. La perizia
di tre matematici del 1742 per la Cupola di San Pietro (Padova 2007); Il
convento di San Matteo in Pisa. Storia e Restauri (Pisa 2008); O. Niglio, La
restauracion de la arquitetura metodos y tecnicas de analisis, (Universidad de
Ibagué, Colombia, 2009); O. Niglio, K. Kuwakino (a cura di), Giappone. Tutela e
conservazione di antiche tradizioni, Pisa 2010; R. Hernandez Molina, O. Niglio,
Experiencias y métodos de Restauración en Colombia, Roma 2011, O. Niglio, T.
Kuroda, Twelve houses restored in Japan and Italy (in corso, Roma 2011).