Car Design

Design dell'auto: misurarci con il passato
Misurarci con il passato ed il futuro: la struttura, la personalizzazione, l'innovazione tecnologica e stilistica

Seconda parte

Misurarci con il passato ed il futuro:
la struttura, la personalizzazione, l'innovazione tecnologica e stilistica

di Umberto Panarella

L'elemento base di un autovettura è il pianale e da esso dipendono alcuni parametri di economicità e di resistenza. Prima della nascita delle auto a carrozzeria portante, le auto erano composte da un telaio sul quale erano montate tutte le componenti meccaniche. Alcune aziende si limitavano a produrre telai svestiti che poi erano vestiti da carrozzieri più o meno famosi. I costi erano notevoli. Quando la Lancia, nel 1923 con il modello Lambda, introdusse la prima auto con struttura autoportante, iniziò una lenta rivoluzione che solo nel secondo dopoguerra vide la diffusione totale delle carrozzerie a struttura portante. Dopo la Lancia Lambda, anche la Citroen con il modello 15 Legère o 7 CV adottò tale tipo di telaio. Nella Citroen la struttura era composta quasi interamente da stampati, pannelli con elementi di rinforzo; il pavimento veniva irrigidito stampandovi un tunnel poco profondo e pozzetti per i piedi dei passeggeri, oltre che con soglie scatolate e altri rinforzi inferiori. La parte principale della scatola era composta dal pavimento, dalla robusta paratia anteriore, dai montanti del parabrezza e delle porte, dai fianchi posteriori e dal tetto, realizzando quest'ultimo con una notevole bombatura per resistere alla compressione causata dalle sollecitazioni flessionali e torsionali. Tensioni in grado di far cedere il veicolo al centro. La Lancia nel 1935 lanciò la prima "utilitaria" seppure di classe superiore completamente a struttura portante. Negli anni successivi nasceva con la Volkswagen una variante alla carrozzeria portante. Lo schema introdotto dalla Volkswagen si basava su una struttura formata da carrozzeria e telaio separato, ma il secondo era composto da una piattaforma di acciaio stampato abbastanza geniale. Essa era formata da un tunnel centrale longitudinale di buona profondità, da un rialzo posteriore triangolare, dai longheroni scatolati e da una traversa centrale. Mentre la piattaforma possedeva già una notevole rigidezza, sia flessionale che torsionale, la carrozzeria veniva imbullonata in una molteplicità di punti e grazie alla sua forma a uovo, sopportava carichi notevoli, irrigidendo di molto il veicolo.

Sia la struttura a scocca portante che a piattaforma superavano entrambe le precedenti soluzioni, con telaio separato dal corpo vettura, risultando inoltre più leggere, più resistenti, nonché più economiche. Il risparmio era dato prima per la riduzione della quantità di materiale impiegato poi per una maggiore facilità nella loro produzione in serie. La struttura a scocca portante risultava più rigida a parità di peso, o più leggera a parità di rigidezza, mentre nel caso della piattaforma tutto era legato alla validità del progetto e alla capacità di collaborazione strutturale della carrozzeria. Dal punto di vista estetico, le auto con scocca a piattaforma con carrozzeria separata si prestavano di più a trasformazioni stilistiche. La soluzione a piattaforma presentava anche altri vantaggi, dal punto di vista della produzione: la costruzione degli elementi separati risultava infatti molto semplificata nei confronti di una scocca portante ed era possibile allestire tutti i gruppi meccanici su un telaio autosufficiente, mentre la carrozzeria veniva allestita altrove.

Nel secondo dopoguerra ebbero ancora differenti sviluppi tutti i tipi di telai.

Negli Stati Uniti si continuarono ad avere telai separati dalla carrozzeria, e questo per vari motivi. In media le vetture americane erano di dimensioni decisamente maggiori rispetto alle europee, per cui il problema tecnico delle costruzioni a scocca portante diventava, con l'aumento delle dimensioni, più difficoltoso; inoltre la raffinatezza e la silenziosità avevano un peso decisamente più importante. Inoltre gli automobilisti americani pretendevano che ogni anno venissero immessi sul mercato modelli diversi da quello dell'anno precedente, ( i modelli oltre a distinguersi con il nome si distinguevano per anno di presentazione ) il che sarebbe stato troppo costoso nel caso di strutture a scocca portante.

In Europa si ebbero invece affermazioni differenti di auto a scocca portante o a piattaforma. La scelta dell'una o dell'altra dipendevano da esigenza di produzione e caratteristiche. In particolare per le auto, la cui produzione era prevista in numero limitato o in varie tipologie (berlina, coupè , spider) si optava per una struttura a piattaforma mentre in altri casi per una scocca portante.

Tra queste tre tipologie si inserirono di volta in volta tipologie completamente nuove e originali, che in qualche caso portarono a vere rivoluzioni.

Insieme degli elementi (scocca e carrozzeria) della Renault 12 (1970)

Insieme degli elementi (scocca e carrozzeria) della Renault 12 (1970)

La B.M.C. introdusse per la serie 1100 la scocca portante con un sottotelaio anteriore ed uno posteriore per il montaggio delle parti meccaniche.

Nel 1957 Colin Chapman l'allora patron della Lotus, inventò per il modello Elan, un robustissimo telaio a X con trave centrale sul quale veniva montata una carrozzeria in vetroresina.

Un altro tecnico che rivoluzionò il telaio, con l'uso di nuovi materiali fu Frank Costin che, tra il 1960 e il 1971, disegnò cinque auto la cui struttura di base era il legno compensato di pipo marino, incollato con resine sintetiche. (L'uso del compensato per un telaio risaliva alla metà degli anni trenta quando fu utilizzato il compensato di frassino per il telaio delle Morgan ; esse lo adottano ancora oggi).

Allestimento di un telaio in legno della Morgan

Allestimento di un telaio in legno della Morgan

La prima auto costruita da Costin con la collaborazione di Jem Marsch fu l'originale Marcos e l'ultima la Costin Amigo. La Marcos fu la più vicina al concetto di scocca, in quanto gran parte del corpo vettura apparteneva alla struttura di forza in legno. Costin scelse il legno, ritenendolo il materiale più adatto per vetture sportive prodotte in piccolissima serie; esso presenta una buona rigidezza in rapporto al peso, una buona elasticità ed il vantaggio che in caso d'incidente i danni sono più localizzati. Inoltre alle doti di buona durata abbina costi contenuti per la realizzazione delle maschere di fabbricazione.

Marcos 1800 Gt del 1964

Marcos 1800 Gt del 1964

Sezione della Marcos 1800 Gt del 1964

Sezione della Marcos 1800 Gt del 1964

La struttura delle Marcos in compensato era composta da due elementi longitudinali e da due paratie trasversali, tutti scatolati e con diaframmi interni di rinforzo; la prima paratia formava la struttura di supporto del cruscotto mentre la seconda era posta dietro l'abitacolo. I longheroni si prolungavano in avanti per sopportare motori e sospensioni. anteriori. La rigidezza torsionale di una Marcos era paragonabile a quella di una berlina convenzionale a scocca portante in acciaio, che pure fruisce dell'irrigidimento del tetto.

Nelle auto in piccola serie ad alte prestazioni come le Lamborghini o le Ferrari per molti anni si è utilizzato il telaio a tralicci o tubi o di lamiera su cui veniva assemblata la carrozzeria che aveva la sola funzione di "Pelle". Il numero limitato di esemplari e l'esclusività delle vetture ne giustificava l'uso. Questa tipologia trova nel brevetto "superleggera" della carrozzeria Touring la sua massima espressione tecnica.

Oggi secondo le occasioni il progettista sceglie la tipologia di telaio o di scocca da adottare. Negli ultimi anni un grande contributo è venuto dalla Formula 1 che ha visto le case automobilistiche introdurre il telai in fibra di carbonio prima per le vetture impegnate nel campionato e poi nei modelli stradali. Le fibre di carbonio hanno dimostrato di resistere bene a tutti i tipi di carico nonché alla sicurezza passiva in caso d'incidente. Purtroppo gli alti costi dei materiali e delle tecniche di lavorazione non ne permettono il loro utilizzo nella grande produzione. Esse però hanno permesso di sostituire i telai a traliccio delle Ferrari o Lamborghini con scocche integrate in detto materiale. (es. Ferrari F 40).

Scocca in abs di una city car prodotta intorno al 1970

Scocca in abs di una city car prodotta intorno al 1970

Negli ultimi anni si è avuto un incremento della city auto; per queste ultime si sono utilizzati, in alcuni casi telai a tralicci su cui è stata montata una carrozzeria in vetroresina mentre nella Smart, nata dalla collaborazione della Mercedes e della Swach si è utilizzato un originale pianale a sandwich sul quale viene montata una rigida cellulla in acciaio per i passeggeri.

Tale cellula è a vista nella zona dei montanti posteriori e anteriori, nelle cornici del tetto e nei sottoporta.

Interno della Smart

Interno della Smart

Dimensioni planimetriche e laterali della Smart

Dimensioni planimetriche e laterali della Smart

Frontale, coda, parafanghi e portiere sono rivestiti di pannelli in materiale sintetico deformabile e resistente ai graffi. Lo studio accurato della Smart ha permesso di mettere a punto, in poco tempo, una piccola serie di modelli che dalle microcar si è ampliata con la Roadster e con la cinque porte Tridion. L'ampliamento della gamma, il cui filone concettuale è univoco, permetterà alla Mercedes di superare quelle difficoltà che una marca monoprodotto incontra nel crescere.

Rimanendo nel campo dei telai delle citycar è importante ricordare la struttura delle Ligier Nova 500 e Nova 500 Pack. Queste minivetture, rientranti nella categoria dei quadricicli leggeri, vengono prodotti da un'azienda che balzò agli onori della cronache sportive per la sua partecipazione, con successo, ad alcuni campionati di Formula 1. Dalle esperienze sportive nasce la tecnologia di queste microvetture che utilizzano un telaio costituito da profilati in lega di alluminio con elementi di giunzione in fusione di alluminio. La carrozzeria costituita, da pannelli di policarbonato ed abs, fissata al telaio in alluminio, con un sistema di incollaggio strutturale, collabora all'irrigidimento strutturale.

Nel modello Nova 500 pack disegnata da Giugiaro sono stati introdotti i concetti che il designer ha anticipato con la Tuareg e consistenti nella messa in vista della struttura e della parte meccanicaca.

E' importante ricordare che per l'irrigidimento di una scocca, in alcuni casi, si è ricorso all'incollaggio sulla carrozzeria, del parabrezza e del lunotto; ne sono l'esempio le Fiat 124 sport ( 1966) e le Fiat 131 (1974) le cui linee di cintura molto basse ed i montanti molto sottili potevano mettere in crisi la struttura del padiglione.

 

Misurarci con il passato: la personalizzazione

Negli anni '60 il simbolo del boom economico fu la Fiat 600 però tale modello non offriva varianti o optional particolari, se non l'autoradio o i pneumatici a fianco bianco, e l'italiano che voleva distinguersi si affidava a tutta una serie di accessori offerti da infinite aziende. L'auto si personalizzava con la verniciatura bicolore, offerta da piccoli carrozzerie, da accessori quali i tappeti (le aziende Everest gomma di Fusignano e la Valentini gomma di Torino li reclamizzavano a pagina intera sul mensile Quattroruote), le calandre, i fendinebbia, i doppi tubi di scarico e le infinite aquile stilizzate da collocarsi all'estremità del cofano.





Personalizzazione intorno al 1962 : la Fiat 600, di sinistra, presenta una mascherina after-market,, mentre quella di destra una palpebra frangisole; l'Autobianchi Bianchina i pneumatici con fascia bianca e sul cofano un uccello stilizzato

Successivamente, le stesse case produttrici iniziarono ad offrire di uno stesso modello vari tipi di allestimento e accessori da ridimensionare il fenomeno della personalizzazione after-market.

In Gran Bretagna, invece, uno stesso modello era prodotto con leggere varianti di linea e di rifinitura da case diverse pur appartenenti ad uno stesso gruppo. Esempi importanti sono le Austin 1100 prodotte con il marchio Princess 1100, con il marchio Morris 1100 ed MG 1100. Esse si presentavano con calandre diverse ed in particolare la Princess ne presentava una tipo Rolls-Roice e gli interni erano in radica con tavolini dietro lo schienale dei sedili anteriori.

In Francia, la personalizzazione era offerta dalle stesse case come diverso tipo di allestimento come nel caso della SIMCA 1000 che nel 1965 presentava le varianti LS, GL e GLS. Sempre in Francia, fu trovata dalla Renault una soluzione molto particolare per personalizzare il modello Renault 4 che consisteva nell'applicare, già in fabbrica, una adesivo stampato con il disegno della paglia viennese per la variante "4 Parisienne". Tale soluzione fu ripresa anche dalla Citroen per personalizzare prima e poi rilanciare il modello 2CV (2CV Charleston).

Oggi le auto possono essere personalizzate con tutta una serie di optional con scarse possibilità di differenziazione delle parti esterne ad eccezione della SMART che è stata pensata proprio per essere personalizzata con tutta una serie di pannelli intercambiabili e di decalcomanie .

 

Misurarci con il futuro : innovazione tecnologica

Il 31 ottobre 1968 si tenne a Torino promossa dall'ISAM e sotto l'egidia del mensile Quattroruote una tavola rotonda con i maggiori esperti mondiali nel campo automobilistico. Vi parteciparono personaggi di calibro internazionale come l' ing Alec Issigonis per la British Leyland Mtor Corporation, l'ing. Giulio Alfieri per la Maserati, l'ing. Dante Giocosa per la Fiat nonché i tecnici di Renault, General Motors, Mercedes, BMW, Jaguar.

Varie domande furono poste ai relatori ma oggi a circa quaranta anni di distanza sono degne di riflessioni le seguenti:

1. Oltre l'iniezione di benzina, indubbiamente costosa, sono oggi disponibili, o lo saranno a breve termine, sistemi più economici per superare gli attuali limiti imposti dalle leggi sull'inquinamento atmosferico? E' inoltre, economicamente realizzabile, con un cervello elettronico, un sistema di regolazione continuo che permetta di adeguare esattamente la carburazione al variare delle condizioni atmosferiche ed operative del motore?

2. Poiché sembra dimostrato che i motori a ciclo Diesel sono meno dannosi per l'inquinamento, è prevedibile forse una più estesa applicazione di tali motori su autovetture, visti i livelli tecnici e tecnologici raggiunti? Quali possibilità di reale competitività hanno, in questo quadro, il motore a vapore, di cui si torna a parlare, e l'auto elettrica? In particolare per quest'ultima, vi sono possibilità di avere delle celle combustibili economicamente e tecnicamente valide?

Alla prima domanda gli esperti risposero in maniera controversa. Alcuni manifestarono una grossa fiducia sulle ricerche che si stavano conducendo, convinti che quello che al momento poteva essere un utopia un giorno poteva diventare realtà . Altri negarono in assoluto la possibilità di grossi sviluppi dell'elettronica come mezzo per la riduzione dell'inquinamento. Tra i fiduciosi troviamo l'ing. Giulio Alfieri della Maserati il quale ebbe a dichiarare: "….credo che l'iniettore meccanico, o elettromeccanico, possa costituire in futuro, anche prossimo, l'unica via per giungere alla soluzione del problema.

Per quanto riguarda la seconda parte della domanda sono del parere che i risultati finora raggiunti con l'ausilio dell'elettronica sono tali da farci guardare dal futuro con fiducia."

Con le affermazioni di Alfieri furono concordi i delegati B.M.W, Renault, Fiat, Jaguar .

Più pessimistico si dichiarò l'ing. Rudolf Uhlenhaut della Mercedes con questa affermazione:

"La carburazione può fare ancora un lavoro così buono che non è necessario sostituirla con l'iniezione per soddisfare le norme sull'inquinamento dell'aria... Problema alquanto difficile da risolvere sarà il controllo dell'ossido di azoto."

L'affermazione di Uhlenhaut trovò la sottoscrizione dell'ing. Zora della General Motors.

Oggi, invece, crea grande meraviglia la dichiarazione che fece Alec Issigonis. L'ing. della B.L.M.C. che aveva dimostrato con la sua Mini grande ingegno e lungimiranza si dimostrava poco aperto ai possibili sviluppi della tecnica e dell'elettronica infatti dichiarò: "... Stiamo lavorando su una corda tesa. L'atto fisico di regolare lo scarico dei motori delle vetture di medie e grandi dimensioni è impossibile."

Analizzando gli sviluppi tecnici avutisi possiamo dire che le dichiarazioni di Alfieri erano giuste; quasi presagio di quello che sarebbe accaduto, non a caso proprio nel gruppo Magneti Marelli-Centro Ricerche Fiat, con la messa a punto del sistema Common-Rail per i motori Diesel . Tale sistema , messo a punto dal team guidato dall'ing. Rinaldo Rinolfi, è oggi diffuso tra quasi tutte le casi costruttrici. Il sistema ha dimostrato come l'elettronica può portare alla soluzione dei problemi connessi all'inquinamento ed alla riduzione dei consumi. Purtroppo la lungimiranza e l'ingegno dei progettisti Fiat non si sposò con la lungimiranza e la fiducia dei dirigenti dell'azienda. La Fiat infatti si accontentò dei miliardi (circa 60 secondo la rivista Quattroruote) offerti dalla Bosch per l'acquisizione dei diritti e delle tecnologie per lo sfruttamento del common-rail.

In merito alla seconda domanda l'ing. Giulio Alfieri è ancora il profeta in fatto di previsioni. Egli dichiarò:….. Per quanto riguarda il Diesel sono un sostenitore di tale motore e penso che sviluppando i problemi connessi alla combustione si possa arrivare ad una soluzione dell'inquinamento atmosferico. " ed ancora "… per le vetture elettriche credo ci sia qualche possibilità per una vettura ibrida in cui, cioè , ad un motore elettrico di trazione sia affiancato un motore a combustione interna …"

Le dichiarazioni di Alfieri trovarono consenso in Dante Giocosa anche se non convinto della possibilità di utilizzare un Diesel per l'auto.

De Castelet della Renault e Issigonis della B.L.M.C. si dimostrarono invece ancora poco aperti all'innovazione tecnologica infatti il primo ebbe a dichiarare:"…. Non penso perciò che vi sia un grande futuro per il Diesel sulle autovetture." . Il secondo invece non si pronunciò affatto sul Diesel limitandosi con questa dichiarazione: "… Sulla scorta della mia esperienza, direi che non si avrà nè l'auto elettrica né quella a vapore."

Le dichiarazioni del tecnico B.M.W mettono in evidenza come la casa in quel momento era lontana dalle ricerche su motori alternativi e sul Diesel : "….nessun commento sono in grado di fare per i motori Diesel".

Anche alla seconda domanda l'ing. Alfieri dimostra di avere una grande lungimiranza infatti sia il motore Diesel e sia le vetture ibride da utopia sono diventate realtà.

E' importante considerare che nel 1968, anno dell'incontro all'ISAM, le auto Diesel prodotte in Europa e vendute sul mercato italiano erano le Mercedes 200 D e 220 D e le Peugeot 204 e 404.

Oggi le auto Diesel sono ampiamente diffuse e oltre ad essere poco inquinanti e parche nei consumi offrono, a parità di cilindrata, prestazioni uguali o superiori a quelle a benzina. L'auto ibrida, che immagina l'ing. Alfieri, ha oggi un esempio nella Toyota Prius 1,5 16 VVt-I .

 

Misurarci con il futuro: innovazione stilistica

Uno dei maggiori problemi che deve affrontare un designer sta nel prevedere con anticipo di circa 4/5 anni quelli che saranno i gusti del pubblico e delle mode affinché la vettura pensata 4/5 anni prima sia attuale al momento della messa in produzione. Alla fine degli anni '70 del secolo scorso, la crisi energetica del 1973, aveva portato all'esasperazione dei canoni aerodinamici come unico mezzo per la riduzione dei consumi. La ricerca forzata verso vetture con il più basso CX stava portando le carrozzerie verso quote generose in lunghezza e contenimento delle masse in altezza. Questo concetto, se valido per il raggiungimento di un buon CX, non si sposa bene con il confort e l'abitabilità. Un auto bassa porta gli occupanti ad una posizione leggeremente sdraiata che necessita di un maggiore spazio longitudinale e quindi aumento della lunghezza della vettura. Giugiaro quando progettò la VW Golf, poi la Panda e la Uno intuì che si doveva risolvere il binomio aerodinamicità e confort. Egli conoscendo bene i principi dell'aerodinamica, secondo i quali, una sezione maestra più grande oppone maggior resistenza all'aria capì che bisognava lavorare su vetture più alte per ottenere una maggiore abitabilità e agire con accortezza sulle superfici (togliendo i fruscii, le asperità causa di turbolenza). Introdusse forme generali correttive ed efficaci ( tetti lunghi, spoilers, carenature del motore e ridisegno dei pianali) per concedere all'interno misure vitali più generose. Giugiaro capì per primo che l'innalzamento del corpo vettura si poteva tradurre in una migliore abitabilità ed un migliore confort.

Con una quota più alta da pianale a tetto si poteva recuperare non solo più spazio sopra il capo dei passeggeri, ma si poteva posizionare più in alto i sedili e di conseguenza il " punto H " (che si riferisce alla intersezione, su un piano verticale longitudinale, dell'asse teorico di rotazione tra le gambe e il tronco ).

In questo modo nelle manovre di affondamento del bacino durante la seduta e di sollevamento nell'atto di uscire l'uomo incontrando più in alto il "punto H" e dunque, specie se anziano, diminuivano le flessioni dell'intero busto ed i conseguenti disagi.

L'innalzamento dell'altezza portava, secondo Giugiaro, a cinque vantaggi: impugnatura del volante più ergonomica; gambe in posizione meno affaticante e più efficace nel caso di manovre improvvise di emergenza ; accorciamento in senso longitudinale della zona riservata al guidatore con un guadagno di almeno 30-40 mm. da riservare al passeggero posteriore oppure a una riduzione della lunghezza totale della vettura con risparmi di pesi e consumi; appiattimento del pianale con l'eliminazione delle vaschette che ospitavano i piedi ma che ne condizionavano anche i movimenti nelle manovre di entrata ed uscita.

L'entrata e l'uscita della vettura, con gli accorgimenti menzionati, si semplificava in : rotazione del busto di 45° gradi, posizionamento delle gambe su suolo e sollevamento del corpo con minimo sforzo trovandosi gamba e coscia a 90° tra loro; il tutto come quando ci si alza dalla sedia.

Ai vantaggi di abitabilità offerti dall'innalzamento del tetto e dal pianale piatti se ne aggiungevano indirettamente altri di tipo economico e pratico. Alla moquette di rivestimento del pianale, grazie al pianale piatto, poteva essere evitato il trattamento di preformatura con risparmio economico e la posizione più alta del guidatore poteva accrescere di molto la visibilità in tutte le direzioni, aumentadone la sicurezza.

Questi concetti formulati da Giugiaro intorno al 1983 con la presentazione della Fiat Uno sono diventati canoni di base della moderna progettazione automobilistica . La Fiat Uno aveva un'altezza maggiore di 40 mm rispetto alla precedente Fiat 127 ed ora tutte le auto, dell'ultima generazione dei segmenti B e C tendono ad avvicinarsi ai 150 cm di altezza.

Fino alla metà degli anni '70 le linee delle auto si sono differenziate per esigenze meccaniche e stilistiche. Con la ricerca per l'abbassamento dello CX e la scomparsa delle auto a motore e trazione posteriore, le linee hanno cominciato ad assomigliarsi. Iniziava quasi a diventare difficile distinguere un modello da un ‘altro.

Nei primi anni '90 questa somiglianza si fa più accentuata nella parte anteriore, tale somiglianza era molto evidente nei così detti frontali a "freccia" . Il frontale a freccia era la logica conseguenza dell'esasperata stilizzazione dei fari anteriori, a sua volta resa possibile dall'evoluzione della tecnologia costruttiva : il fatto di disporre di fari sempre più sottili (grazie a nuovi materiali ed a parabole più complesse ) consentivano di abbassare sempre più il cofano. Con questo frontale nascevano le Alfa 145 e 146 molto simili alle Renault 19 Megane e 21

Oggi le linee e gli stili sono ritornati a differenziarsi e possono essere riassunti in tre categorie :

La prima che chiamerei neoclassica ed anche analitica perché interessata ai particolari dell'immagine, del contenuto storico del marchio, a modelli di successo del passato ed in particolare al periodo del boom economico (es.: Alfa Romeo 156 e 157, Rover 75, Lancia Thesis, Jaguar X-Type e S-Type, BMW Mini ) .

La seconda è quella delle auto che hanno risentito dell'arte pop e del contro-design e allora sono volutamente allegre o goffe, tendono ad assomigliare sia a dei giocattoli che a degli oggetti da Luna-park. Sono quelle auto che vogliono dichiarare la loro presenza tanto nel caos urbano delle grandi città che nel verde di un parco naturale. (es.: Renault Tingo, Ford Ka, nuova Nissan Micra)

La terza è data da un tipo di automobile che vuole rimanere legata all'immagine del modello precedente e pur rinnovandosi pienamente mantiene legami stilistici tali da far credere che l'auto sia la naturale evoluzione genetica di una specie. (BMW, Mercedes, Saab ).

Anche in questo quadro si hanno comunque dei casi in cui un nuovo modello somiglia a quello di un'altra casa sia nuovo che vecchio. Infatti possiamo notare come la Seat Cordoba versione 2003 assomigli all'Alfa Romeo 156, in particolare nelle proporzioni e nel disegno della parte posteriore. In questo caso la somiglianza è data dalla mano del direttore del Centro Stile SEAT che è stato precedentemente il creatore della linea Alfa 156.

Oggi comunque l'innovazione stilistica più che mai è legata alle concept car. Queste vetture realizzate in esemplari unici per questo o quel salone tendono a carpire i gusti del pubblico in fatto di stile , di esigenze pratiche e sia per innovazione tecnologica.

La fusione delle soluzioni, adottate in varie concept car, creano la linea dell'auto del futuro. Sostituire la Panda non è stato facile, il nuovo modello che entro il 2003 prenderà il suo posto nasce proprio da una concept come è nata la Citroen C3 nelle sue varie versioni. Da una concept car sportiva è molto più semplice arrivare, eventualmente, ad un modello di serie in quanto tali vetture sono riservate ad una nicchia di clienti amanti delle novità sia tecniche che stilistiche che possono cambiare auto anche più frequentemente. L'auto media in grande serie invece è indirizzata ad un pubblico più vasto non eterogeneo. Essa dovrà sfidare le mode ed accontentare per economicità, funzionalità, tecnologia e stile per un periodo più lungo.

La concept car sarà il mezzo di sondaggio per che sempre più in futuro determinerà la nascita di un nuovo modello.

Concept car Citroen Crosser

Concept car Citroen Crosser

Alfa Romeo Brera di Giugiaro

Alfa Romeo Brera di Giugiaro




Alfa Romeo Kamal

Alfa Romeo Kamalr

Audi Nuvolari

Audi Nuvolari




Nissan Evalia

Nissan Evalia

Bertone Birusa

Bertone Birusa


Quello di Ginevra è notoriamente il salone più internazionle dell'anno, perchè non essendoci nessun marchio automobilistico svizzero tutte le altre realtà automobilistiche partono alla pari.

Quest'anno però a farla da padrone con tutte le novità esposte è il marchio Fiat. In cerca di un rilancio internazionale il gruppo torinese ha portato, tra prototipi e vetture di prossima produzione, un bel quantitativo di novità molto interessanti.

L'Alfa Romeo ha presentato la Kamal, un prototipo a metà strada tra una SUV ed una Station Wagon sportiva che se entrerà in produzione darà filo da torcere alle varie BMW e Mercedes.

La Fiat, per pubblicizzare la sua nuova citycar, il progetto 169, ha proposto due varianti a livello di prototipi, la Simba (già vista al Motorshow di Bologna) un mini-fuoristrada che prosegue il discorso iniziato con la Panda 4x4 e la Marrakesh, un versione open-air dedicata soprattutto a chi vuole divertirsi all'aria aperta.

La Lancia è presente con la Ypsilon nuova versione della citycar di lusso che tanto successo a portato al marchio torinese. Questa versione si distingue per il frontale completamente nuovo (quasi in stile Thesis) e la ricca dotazione di accessori di serie.

Notevole e di gran qualità anche la presenza dei carrozzieri italiani. La Carrozzeria Bertone ha presentato la Birusa, un aggressivo coupè su meccanica BMW, mentre la Pininfarina ha realizzato la Enjoy, una barchetta biposto che propone il tema della sportività, idealmente pensata per i giovani con un occhio però anche alle competizioni.

Giugiaro ha invece voluto celebrare uno dei miti americani, la Chevrolet Corvette, rivisitandola in chiave moderna, ma senza stravolgere gli aspetti che hanno reso famosa quest'auto.

Molto interessante anche l'Audi Nuvolari, una coupè molto aggressiva con la quale la casa tedesca ha voluto mostrare le linee guida lungo le quali si svilupperanno i futuri modelli. Dal punto di vista dello stile, i modelli sono aumentati in una tale proporzione che è difficile trovare criteri generali di classificazione. L'opinione del grande pubblico è che con l'avvento della progettazione computerizzata molte vetture siano simili, se non uguali. Ma gli effetti dell'apparente uniformità, più che al computer, sono da attribuire ad altri fattori.

Il primo è quello di una sempre maggiore gabbia di prescrizioni legislative che impongono molti punti fermi nel design. Ma non sono indifferenti neppure i condizionamenti imposti dalla progettazione per piattaforme, alla quale abbiamo accennato in precedenza.

Certo che si vede tutto e il contrario di tutto anche nell'ambito interno di molte Case costruttrici, alla faccia di quel "family feeling" che dovrebbe far pensare immediatamente, al primo colpo d'occhio su una vettura, alla Casa costruttrice.

 

Essere all'altezza delle profezie

Le microcar sono auto relativamente giovani se si vogliono annoverare tra queste i tricicli e qualche rara eccezione. La Gran Bretagna è stata una delle nazioni che grazie a normative più permissime ha prodotto in piccola serie molte di queste vetture. All'inizio della loro storia esse nascevano solo per rispondere a precise esigenze di economicità. Tali esigenze erano soddisfatte anche con la vendita a domicilio in scatola di montaggio.

In Italia nacque invece la prima vera microcar: la ISO Isetta ed il buon numero di esemplari prodotti sotto vari marchi ne è la testimonianza di un successo sia di costume che commerciale.

Attualmente la normativa automobilistica italiana essendo cambiata ha creato due categorie di microcar: i quadricicli e le vere e proprie auto da città.

All'inizio sia le une che le altre hanno avuto difficoltà ad affermarsi oggi sono in ampia espansione. Di sicuro il loro successo non è legato al costo che è ben lontano da essere basso. Sia per le une che per le altre il costo medio si attesta tra gli 8.000 e i 13.000 Euro.

Le prime stanno trovando successo tra una particolare clientela composta dai senza patente in particolare: giovanissimi (quattordicenni di media alta borghesia) come sostituta del motorino, anziani che non hanno mai preso la patente e si muovono nella sola cerchia cittadina, e per finire tra quelli che la patente l'hanno avuta ritirata per provvedimento disciplinare sia sanzionatorio che penale. (questa circostanza è molto diffusa in città con alto indice di criminalità, Napoli)

La seconda categoria, di Citycar nella quale rientra la Smart trova mercato tra coloro che, esasperati dal fatto di non trovare parcheggio, sperano di risolvere il problema con una macchina piccola. La Smart è una di queste vetture, ma avendo solo due posti è di fatto una vettura edonistica per chi ne ha già due o tre. Il successo di queste auto non è stato affatto immediato, Agli inizi esse sembravano destinate al fallimento e la stessa Smart ebbe difficoltà notevoli di vendita tanto che l'accordo Mercedes Swach vide la fuoriuscita di quest'ultima che aveva per prima creduto nel progetto.

Il gusto, la moda e le esigenze spesso cambiano e quello che si annuncia come un fallimento alla fine diventa un successo.

La BMW Isetta del 1955

La BMW Isetta del 1955