Arte

Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito
Gli “amori” di Cesare
Il mito di Giulio Cesare e due “tifosi” d'eccezione: Napoleone I e Napoleone III
Cesare costruttore
Giulio Cesare e il suo tempo: gli avvenimenti principali
Il dado è tratto. Cesare, eroe in solitudine
Tutti non sanno che…: le ceneri di Cesare
Veni, vidi, vici. Cesare autore letterario

Veni, vidi, vici. Cesare autore letterario

Testa bronzea di Augusto, ca 25 aC - Londra, British Museum

La fortuna di Cesare nella storia, si deve non solo alle sue strepitose vittorie riportate come condottiero e alla nuova concezione del potere da lui instaurata, ma anche alle opere letterarie da lui  composte e che da subito hanno contribuito ad incrementarne la statura e la fama.
Le opere principali sono costituite dai resoconti delle grandi campagne militari da lui sostenute: i Commentarii de bello Gallico, che trattano delle imprese in Gallia tra il 58 e il 52 a.C., e i Commentarii de bello civili, che si riferiscono alla guerra combattuta contro Pompeo tra 49 e 48.
La loro composizione, nella modalità e nei tempi, rivela immediatamente il fine politico di tali opere, a partire dai titoli, frutto di una scelta certo meditata.
La scelta di redigere dei Commentarii indica una redazione veloce e priva dell'utilizzo di formule artistiche e retoriche che avrebbero reso migliore il testo, ma anche suggerito una prospettiva più distaccata e personale degli avvenimenti. L'intento cesariano è evidente: la pretesa semplicità e oggettività, sottolineata anche dalla scelta di non usare la prima persona ma di presentarsi come un personaggio come gli altri, inducono il lettore a seguire e immedesimarsi nelle scelte e nelle azioni operate dal comandante, soprattutto nei momenti di maggior contrasto con le autorità istituzionali, in primis il Senato.
La scaltrezza di Cesare lo porta a realizzare opere che “sembrano” oggettive e imparziali, dove non compaiono ad esempio espliciti, rudi attacchi o giudizi sull'avversario, ma dove volute omissioni o meditate scelte di parole circoscrivono e descrivono fatti altrimenti imbarazzanti. Anche Cicerone elogia i Commentarii, “nudi, schietti e pieni di grazia, spogliati di ogni abbellimento oratorio come un corpo senz'abito”.
Il De bello Gallico è stato scritto in sette libri, forse a partire dallo stesso anno 52 al quale poi giunge la narrazione. L'opera è coerente col genere dei Commentarii: secondo Aulo Irzio, luogotenente, aiutante e continuatore di Cesare (questi è l'autore dell'ottavo libro dell'opera), il proconsole scrisse quest'opera molto rapidamente, come si deduce anche  da alcune contraddizioni interne, nonché da certe cadute di stile e differenze tra i singoli. È possibile che il lavoro finale sia stato abbastanza veloce (considerando anche l'attività politica ed istituzionale di Cesare) e forse proprio per questo l'autore non ha rielaborato e uniformato tutti gli appunti e gli scritti frammentari accumulati negli anni precedenti. L'altro importante Commentarius è noto come De bello civili: in tre libri, racconta lo scontro con Pompeo e venne pubblicato nel 46, mentre Cesare stava consolidando il potere conquistato sul campo contro i rappresentanti della classe senatoriale più intransigente. L'asciuttezza e la pretesa oggettività sono ancora più nette in quest'opera, composta  dal dittatore per illustrare le ragioni che lo hanno portato ad un'azione che, di fatto, è un tradimento contro la patria.
Meno notevoli ma degne di interesse dovevano essere le opere purtroppo perdute, sia perché mostravano l'assorbimento della cultura greca da parte di Cesare, sia perché ne mettevano in luce le qualità artistiche di poeta, grammatico ed oratore. La perdita principale riguarda l'orazione composta in onore della zia Giulia, sia per il contenuto - la discendenza mitica da Enea e Venere -  che per l'oratoria, lodata a distanza di oltre un secolo da Quintiliano.
Lo stile, l'abilità letteraria e l'autostima di Cesare - nonché la loro importanza nel complesso della sua personalità - sono riassunti in un'iscrizione che egli dettò per il corteo trionfale del settembre del 46, un motto divenuto proverbiale: “Veni, vidi, vici”.

Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito
Roma - Chiostro del Bramante
Dal 24 ottobre 2008 al 5 aprile 2009