Arte

Trastevere. Società e trasformazioni urbane dall'Ottocento ad oggi
La storia di Trastevere. Una chiave di lettura essenziale per la comprensione dei caratteri e dell'evoluzione di Roma città tra Otto e Novecento di Carlo M. Travaglini
Un profilo di lungo periodo: eventi e modificazioni del tessuto urbano di Trastevere di Keti Lelo e Carla Mazzarelli

Un profilo di lungo periodo: eventi e modificazioni del tessuto urbano di Trastevere

di Keti Lelo e Carla Mazzarelli*

Panorama dal Gianicolo su Palazzo Corsini, 1870 ca.

Panorama dal Gianicolo su Palazzo Corsini, 1870 ca.
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Ceccarius

1. L'assetto urbanistico di Trastevere, così come ci appare nel 1748, al tempo della pianta di Giovan Battista Nolli, si era sostanzialmente definito nel corso del XVII secolo, in seguito agli interventi attuati da Paolo V Borghese prima e da Urbano VIII Barberini poi. Paolo V aveva avviato una serie di iniziative che avevano come scopo principale il miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti del rione: dalla costruzione dell'acquedotto sul Gianicolo, agli interventi su via della Lungara, alla realizzazione di nuove strade, come la via di San Francesco a Ripa, che doveva favorire il collegamento con il porto di Ripa Grande e con le altre parti della città. In seguito alla realizzazione, da parte di Urbano VIII, della cinta gianicolense, nella zona attorno a via della Lungara si era attestata un'edilizia popolare piuttosto peculiare di quest'area urbana, che andava diradandosi nei pressi del colle dove sorgevano essenzialmente ville e monasteri. A giudicare dalle parole di De Brosses, che soggiornò a Roma nel 1739, il problema del risanamento della zona sembrava a quell'epoca tutt'altro che risolto ed era avvertito come urgente: "catapecchie e depositi per il fieno sorgono accanto ai più bei monumenti […] non ci sono banchine lungo il Tevere […]. I quartieri vicino al fiume, che dovrebbero essere i più aperti e meglio areati, sono invece i più malsani" (C. De Brosses, Lettere all'Italia, cit. in L. Gigli, 1980, p.14). A tale esigenza di "risanamento" si rifece Pio IX, quando, negli anni Sessanta dell'Ottocento, avviò a Trastevere, intorno alla nuova Manifattura dei Tabacchi, la costruzione di un vero e proprio "quartiere" in due lotti di case popolari per gli operai. Fulcro del nuovo complesso divenne l'ampia piazza aperta di fronte alla fabbrica cui si accedeva da una strada rettilinea inquadrata da prospetti architettonici. Fu incaricato dell'apertura della nuova via, oltre che dei lavori nell'area, l'architetto Andrea Busiri Vici, il quale disegnò anche la fontana di piazza Mastai, alimentata con l'acqua proveniente dal "fontanone" gianicolense e chiusa da un cancellata in ferro. Gli interventi attuati da Pio IX nel rione - ampiamente illustrati nei volumi de Le Scienze e le Arti - includevano l'istituzione e la costruzione di complessi con vocazione assistenziale, dedicati all'educazione e ai poveri, ma anche la realizzazione di nuove infrastrutture come la stazione a Porta Portese e il ponte in ferro dei Fiorentini. Nella medesima politica di risanamento, si inseriscono sia l'ampliamento dell'Orto botanico nei giardini di Palazzo Salviati, sia gli importanti restauri condotti nelle chiese medievali del rione e gli scavi archeologici patrocinati sull'area. Infatti, proprio nel 1866, durante il pontificato Mastai, Giuseppe Gagliardi e Antonio Ciocci avviarono, sotto la direzione di Pietro E. Visconti, uno scavo nel giardino allora di proprietà dei signori De Romanis. Venne così alla luce una casa privata romana, dove, alla fine del II secolo, si era insediato il cosiddetto excubitorium, la caserma di un distaccamento della VII Coorte dei Vigili, milizia istituita da Augusto. Le foto dell'AFC, eseguite a pochi anni dal ritrovamento, documentano con precisione gli ambienti, con le pitture e i mosaici - come il pavimento, a tessere in bianco e nero, perduto durante l'ultima guerra - oggi quasi del tutto scomparsi. Gli interventi realizzati da Po IX, così ben documentati nella carta del Censo del 1866 e nella veduta panoramica degli anni Settanta conservata alla Biblioteca Nazionale, convissero, sino agli anni Ottanta del secolo, con l'edilizia preesistente. Il tessuto storico del rione compreso fra via della Lungaretta e via dei Vascellari fu quello che risentì maggiormente degli interventi avviati in attuazione al Piano Regolatore del 1883 redatto da Alessandro Viviani. Per l'apertura del nuovo viale del Re vennero demoliti interi blocchi di edilizia antica e anche molti dei complessi del recente quartiere Mastai. Case, palazzi, vie furono cancellati nel corso dei lavori. È il caso della chiesetta di Santa Bonosa. Nelle foto scattate poco prima della demolizione si nota il prospetto tardo barocco dell'edificio, scandito da paraste includenti ai lati nicchie con fregi in stucco e, al centro, un portale con timpano curvilineo. Come è noto anche la costruzione dei muraglioni del Tevere alterò e spazzò via molti degli edifici che sorgevano lungo il fiume. Poco conosciuto è il caso del Teatro Politeama che sorgeva a valle di ponte Sisto, alla Renella, come documenta con chiarezza sia la pianta del Censo del 1866 sia una delle foto dei fratelli D'Alessandri, antecedente la sistemazione del Tevere. Il complesso era stato costruito nel 1862 da Luigi Venier in legno; era stato però ingrandito e rinnovato nel 1866, e l'ampia sala, anch'essa documentata da una rara fotografia dell'AFC, poteva ospitare sino a 3500 persone. Alterata dalle demolizioni per il Lungotevere fu anche l'area compresa fra via della Lungarina e Ponte Rotto. Era parte integrante del minuto tessuto medievale di questa zona la Torre degli Aberteschi, del cui ricordo è oggi rimasta traccia solo nella toponomastica. Ubicata alla testata trasteverina di Ponte Rotto, l'alta torre guelfa di mattoni a cortina fu demolita contestualmente alla chiesa di San Salvatore, fra le più antiche del rione. Danneggiata nell'assedio del 1849 e restaurata nel 1852, quest'ultima ci è documentata nel suo aspetto ottocentesco non solo da un acquerello di Roesler Franz e da una foto ripresa dal medesimo punto di vista, ma anche dagli scatti dei fratelli D'Alessandri eseguiti prima dei lavori per i muraglioni. Se ne può descrivere, così, la veduta absidale, di epoca medievale, e la semplice facciata, scandita da due coppie di paraste con un campaniletto sulla destra. Anche il Casino di Donna Olimpia, parte del seicentesco giardino Pamphilj, venne demolito per i lavori di arginatura, nel 1888. In quell'occasione venne espropriata una fascia prospiciente il fiume, comprendente parte del giardino, dell'orto e lo stesso Casino. Il giardino fu recintato con un muro ad archetti ciechi con un grande portone centrale. Al posto dell'elegante Casino seicentesco fu costruito un edificio a cinque piani, facente parte del complesso della Casa d Riposo S. Francesca Romana, poi ulteriormente ampliato negli anni Novanta dell'Ottocento. Con le demolizioni, al tessuto storico andò sostituendosi una nuova tipologia architettonica mentre alcune zone chiave di Trastevere si modificarono per sempre: diviso il rione in due settori, venne meno anche la continuità di alcuni tracciati stradali come via della Lungaretta e via di San Francesco a Ripa. Parallelamente il tessuto urbano cominciò ad estendersi nell'area dei prati di San Cosimato oltre che sulle pendici del Gianicolo: all'edilizia popolare si affiancò una espansione più contenuta, di edifici di carattere elegante e signorile. Le immagini dell'AFC documentano l'aspetto originario, completamente alterato dagli interventi di questi anni, di via della Lungara, della Lungaretta e dell'Arco dell'Annunziata. A lavori ormai già da qualche anno avviati, "Il Messaggero" del 1888 tuonava: "Bisogna vedere per credere"; il malcontento era dovuto, ancora una volta, al problema del "risanamento", tutt'altro che risolto, a giudizio del cronista, dagli interventi di demolizione. "Si è fatto, o meglio si è disegnato un piano regolatore pel Trastevere, si è messo mano a qualche lavoro di demolizione, si è aperta qualche nuova via; ma questi lavori malamente incominciati e poi lasciati a mezzo, non hanno fatto che aggravare le tristissime condizioni di questi abitanti. Là la popolazione, anziché allargarsi in nuovi ambienti igienici, si è pel rincaro delle pigioni agglomerata nelle vecchie catapecchie; le comunicazioni sono interrotte dalle demolizioni; le vie sono senza selciato". All'epoca in cui l'adirato cronista descriveva Trastevere come una "regione cenerentola", e lo paragonava a uno dei "più sudici sobborghi d'una città turca", nonostante la costruzione del nuovo ponte Garibaldi fosse quasi conclusa, erano, infatti, ancora irrisolti sia il collegamento con la nuova stazione di Trastevere sia la sistemazione urbanistica del quartiere. Bisognerà, infatti, attendere la fine del secolo per vedere realizzata la nuova piazza d'Italia (poi piazza G.G. Belli) con i contestuali interventi di isolamento del palazzo degli Anguillara, mentre solo nei primi decenni del Novecento potranno dirsi conclusi i lavori per il Lungotevere.


2. All'inizio del Novecento la città deve ancora fare i conti con gli effetti della crisi edilizia occorsa nel periodo 1887-1894. Tuttavia, la ripresa dell'economia comportò un risveglio dell'attività edilizia, mentre l'ascesa alla guida del Campidoglio di Ernesto Nathan (1907-1912), rappresentante del Blocco Popolare, segnò un cambiamento di tendenza nella politica urbanistica. La prima amministrazione laica e progressista di Roma lasciò in eredità un nuovo Piano Regolatore basato sul principio che lo sviluppo urbano doveva obbedire agli interessi della collettività. Il Piano, redatto dall'ing. Edmondo Sanjust di Teulada, venne adottato il 29 agosto 1909 e rimase in vigore fino al 1931. Le trasformazioni furono però esito, in prevalenza, di "varianti" urbanistiche. Per il rione Trastevere il Piano prevedeva diversi sventramenti "per apertura ed ampliamento di strade", tra cui la demolizione del manicomio alla Lungara (1728-1910) necessaria per completare uno degli ultimi tratti ancora incompiuti dei muraglioni del Tevere, l'ampliamento delle vie della Lungaretta (con la creazione di una piazza di raccordo con viale Trastevere) e di S. Michele, il collegamento diretto tra piazza di S. Maria in Trastevere e piazza di Ponte Sisto (odierna piazza Trilussa) e tra piazza dei Mercanti e piazza in Piscinula. Venivano inoltre indicati i nuovi quartieri di
espansione edilizia fuori dalla cinta muraria: S. Maria delle Fornaci, Gianicolo-Monteverde e Portuense e previste costruzioni a bassa densità, secondo la tipologia del villino.
Il fotopiano di Roma del 1919 mette in mostra le maggiori trasformazioni post-unitarie di Trastevere, tra cui i lungotevere con i nuovi ponti - Garibaldi (1888), Palatino (1890), Mazzini (1904), dell'Industria (1911) e Sublicio (1919) -, la stazione ferroviaria dismessa in piazza Ippolito Nievo (1889-1890) e la nuova stazione in piazza Flavio Biondo (1911), il viale del Re (1888, attuale viale Trastevere) con il Ministero della Pubblica Istruzione in costruzione (1914-1928), il viale del Gianicolo (1884) con il monumento a Garibaldi (1895). I villini previsti dal Piano del 1909 per le zone di Villa Sciarra e di Monteverde si trasformarono, complice la guerra, in palazzine, mentre il tessuto medievale del rione cedeva sempre di più il passo alle nuove costruzioni sui lungotevere e a ridosso di viale del Re; esso continuava a sopravvivere, a volte adattandosi ad usi alternativi, nelle aree centrali del rione, grazie anche all'azzeramento, nel frattempo, di molti degli sventramenti previsti dal Piano. Il nuovo Piano Regolatore di Roma, redatto dall'architetto Marcello Piacentini ed altri, venne approvato nove anni dopo la marcia su Roma, il 6 luglio 1931. Dimensionato per due milioni di abitanti, prevedeva una forte espansione con quartieri periferici. I pesanti interventi di demolizione nel centro storico erano giustificati con la sterminata dimensione della Roma Barocca e Rinascimentale, che postulava una pluralità di centri tra loro concatenati. Nonostante Trastevere fosse considerato da conservare nella sua unità architettonica, il piano prevedeva la formazione di alcuni slarghi lungo le vie della Lungara e della Lungaretta, la rettifica di via Morosini sul fianco del Ministero dell'Educazione Nazionale, il riassetto dell'area prospiciente il lungotevere Alberteschi, con la demolizione e ricostruzione, fra l'altro, di un antiestetico "casone" sul lungotevere Ripa. Come nel precedente Piano, venne riproposto lo sventramento per favorire l'accesso a S. Maria in Trastevere da Ponte Sisto (questa volta con un intervento apparentemente meno invasivo), e altre minori sistemazioni. Erano programmati anche ritocchi edilizi di carattere "igienico-estetico-morale": piccoli diradamenti, ripristino di portici e di terrazze per restituire il "gaio caratteristico aspetto" del rione ("Il Giornale d'Italia", 28 gennaio 1931). Nel decennio che separò l'approvazione del Piano dall'entrata dell'Italia in Guerra, Trastevere subì numerose trasformazioni: mentre le propaggini dell'edificato continuavano a spingersi verso i binari della Ferrovia a sud e verso Villa Pamphilij ad est, l'area centrale veniva coinvolta in una serie di modifiche e di riscritture del tessuto urbano. Così, la costruzione nel periodo 1937-1939 della sede centrale dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia in via dei Vascellari comportò ampie perdite del tessuto medievale, mentre lo spazio creato dalla demolizione nel 1933 di un isolato, tra viale del Re e via di Monte Fiore, venne riutilizzato nel 1939 per la costruzione del cinema Reale. Nel 1936, in un'area libera, adiacente a Porta Portese, all'interno della cinta muraria, vennero costruiti la Casa della Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.), opera giovanile dell'arch. Luigi Moretti, e il Dopolavoro dei Monopoli di Stato. Nello stesso anno, subito fuori Porta Portese, venne demolita Villa Rodiani. Le trasformazioni legate alle previsioni del Piano Regolatore del 1931 (o di sue varianti) proseguirono ben oltre la fine della Guerra. È il caso dei lavori eseguiti nel 1960 a piazza in Piscinula dove, tra le polemiche, l'arch. Alberto Tonelli ricostruì l'edificio d'angolo tra via della Lungaretta e piazza della Mensola. Tra gli interventi di maggior impatto previsti dal Piano Regolatore del 1931, ed effettivamente realizzati, vi fu l'apertura di una galleria sotto il colle Gianicolo, necessaria per collegare le nuove zone di espansione lungo via Aurelia con il centro di Roma. Alla galleria, con un tracciato che si sviluppava tra la porta Cavalleggeri e la porta di Santo Spirito, seguiva un'ampia arteria che tagliava la Salita di S. Onofrio e via della Lungara, e raggiungeva corso Vittorio Emanuele grazie ad un nuovo ponte. I lavori furono eseguiti nel periodo 1938-1942 e comportarono massicce demolizioni, tra cui quella dei Granari di S. Spirito (1618), situati in piazza della Rovere. Nel 1942 venne inaugurato anche il Ponte principe Amedeo di Savoia Aosta, posto in asse con la nuova galleria, mentre l'anno precedente era stato demolito il ponte sospeso dei Fiorentini collocato 100 metri più a valle. Non fu invece mai realizzata la previsione del Piano per un nuovo accesso monumentale al Gianicolo che comprendeva la demolizione del carcere di Regina Coeli e la risistemazione di una vasta area a ridosso di via della Lungara. L'idea della demolizione del carcere e del ripristino dell'area, considerata un angolo di Roma di particolare fascino ed autenticità, circolava già qualche anno prima del 1931. Fu questo un periodo fertile di idee e progetti, molti dei quali elaborati in occasione di una Variante generale del Piano Regolatore (1925-26), mai diventata legge, altri in occasione della mostra dell'Urbanistica e dell'Edilizia organizzata nel 1929 in concomitanza con il Congresso Internazionale della "Federation for Housing and Town Planning" svolto a Roma. Durante gli anni successivi all'approvazione del Piano Regolatore, l'architetto Eugenio Fuselli, autore del piano particolareggiato della zona della Lungara, aveva, a più riprese, predisposto studi e progetti che fecero oggetto di una raccolta datata giugno 1939. Sempre nel 1939 la questione passò nelle mani della Reale Accademia d'Italia, dopo che l'anno prima il suo Ufficio Tecnico aveva denunciato al Governatorato le condizioni di degrado e isolamento dell'area della Lungara. Il progetto, elaborato con la partecipazione dell'arch. Marcello Piacentini e in collaborazione con il Governatorato, aveva come obiettivo il collegamento diretto, nonché visivo, tra il colle gianicolense e la Chiesa Nuova. Si prevedeva l'insediamento nell'area dell'Accademia di Santa Cecilia, del Conservatorio musicale e dell'Auditorium, e la costruzione di un teatro all'aperto a ridosso del colle con una capienza tra i quattro e i cinque mila spettatori. Erano rivisti anche gli accessi all'Orto botanico ed i collegamenti tra il Palazzo Corsini e la Farnesina. L'accesso al Gianicolo era assicurato da due rampe che si congiungevano a mezza costa su una terrazza, dinanzi alla quale sarebbe stata posta la mostra dell'Acqua Felice, eretta da Sisto V in piazza S. Bernardo "che sarà trasferita sul Gianicolo, per arricchire il verde scenario dello storico colle [...] dell'ornamento dei giochi d'acqua, secondo una tradizione classicamente romana" ("Il Popolo di Roma", 16 dicembre 1939). La nuova terrazza-belvedere sulla sommità del Gianicolo sarebbe risultata spostata a nordovest del monumento a Garibaldi. Il progetto, oltre all'approvazione del Duce e alle lodi della stampa di regime, ricevette anche esplicite critiche, soprattutto per quanto riguarda le dimensioni dei "casoni" destinati ad uso residenziale e l'inopportunità dello spostamento della mostra dell'Acqua Felice; esso nel gennaio del 1941 sembrò
arrivare sul punto di essere realizzato: il Ministro dei Lavori Pubblici, invitato dal Presidente dell'Accademia d'Italia ad un colloquio per uno scambio di idee sulla prossima sistemazione delle pendici del Gianicolo, si recò subito dopo a Rebibbia per rendersi conto di persona dello stato di avanzamento dei lavori per la costruzione degli edifici degli Istituti di Prevenzione e di Pena dell'Urbe, il cui primo lotto era già stato appaltato ed in corso di costruzione. Lo spostamento dei detenuti dalle carceri di Regina Coeli e delle Mantellate a Rebibbia avrebbe finalmente permesso l'inizio dei lavori di demolizione e la trasformazione dell'area. Frantumatosi il sogno della Guerra Lampo, i tragici eventi bellici portarono al definitivo abbandono del progetto. Roma, capitale di una nazione appena entrata in guerra, diventò in poco tempo luogo d'elezione per il raduno delle truppe e palcoscenico per le parate militari: Trastevere fu parte integrante dell'impianto logistico messo in piedi dal Regime. Nel periodo tra l'8 settembre 1943, data dell'Armistizio tra l'Italia e gli Alleati, e il 4 giugno1944, data della liberazione di Roma, la città subì diversi bombardamenti. Il 15 febbraio 1944, a Trastevere, le bombe colpirono nelle vicinanze della stazione ferroviaria in piazza Flavio Biondo, in via Portuense e in via Ettore Rolli, distruggendo capannoni industriali, case di abitazione e causando decine di morti. Le ferite lasciate dalla guerra nel tessuto del rione verranno a mano a mano rimarginate nel corso dei decenni successivi alla fine della Guerra, complice la nuova ondata di espansione edilizia che travolse la Capitale. A Trastevere si riprese a costruire con ritmi elevatissimi: in pochi anni i lotti rimasti ancora liberi nelle zone di Villa Sciarra e di Villa Spada al Gianicolo e, soprattutto, a Monteverde vennero riempiti. L'espansione residenziale ad alta densità si spinse verso l'esterno, saturando in breve tempo l'area a ridosso di Villa Pamphili e della Circonvallazione Gianicolense, proseguendo verso Sud in un processo di saldatura con l'EUR. Rimasta a lungo incompiuta sotto il profilo urbanistico, la vasta area una volta occupata da un imponente sistema di insediamenti ferroviari (compresa tra Porta Portese e piazza Flavio Biondo, a sinistra di viale Trastevere) fu edificata nel corso degli anni Settanta, seguendo le previsioni di cambio di destinazione d'uso del Piano regolatore del 1931. Malgrado le numerose trasformazioni subite, Trastevere continua a conservare ancora oggi, nella disarmonica successione degli edifici che popolano il nucleo antico, il fascino di un quartiere dalla storia millenaria, che i Piani Regolatori dell'era repubblicana (1962 e 2003) si sono impegnati a conservare attraverso la previsione di azioni di tutela e risanamento dei tessuti storici. Ciò nonostante, molti problemi del quartiere continuano a permanere. Il progressivo trasformarsi degli autentici scenari della vita trasteverina in attrattiva turistica si accompagna al degrado e all'isolamento di aree che, seppur centralissime, non fanno parte dei percorsi più battuti.

*Il testo è stato redatto per la parte relativa al paragrafo 1 da Carla Mazzarelli e per la parte relativa al paragrafo 2 da Keti Lelo