Tintoretto. “Tristizia e pazzia”
Roma - Scuderie del Quirinale
Dal 25 febbraio al 10 giugno 2012
Articolo di Paola De Rosa - www.paoladerosa.com
Alle Scuderie del Quirinale “vanno in scena”, dal 25 febbraio al 10 giugno 2012, i
grandi teleri religiosi, le scene mitologiche e i ritratti eseguiti da Jacopo
Robusti, detto il Tintoretto, (nato e morto a Venezia 1518-1594) lungo un
cinquantennio della sua attività: dallo spettacolare Miracolo dello schiavo
al Trafugamento del corpo di San Marco; dal Gesù tra i dottori ai
celebri capolavori come la Madonna dei Tesorieri, la Santa Maria
Egiziaca e la Santa Maria Maddalena, oltre all'Ultima Cena
della chiesa di San Travaso e quella della chiesa di San Polo. Accanto a queste
grandi opere religiose, troviamo dipinti come la splendida Susanna fra i
vecchioni, Venere, Vulcano e Marte, oltre a vari ritratti.
La rassegna gode di notevoli prestiti: dall'Alte Pinakothek di Monaco al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal Louvre di Parigi, alle
opere provenienti dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, per citarne alcuni.
L'esposizione è curata da Vittorio Sgarbi e si sviluppa secondo una narrazione
biografica accompagnata dai testi della scrittrice Melania G. Mazzucco, autrice
del libro biografico Jacomo Tintoretto e i suoi figli. Biografia di una famiglia veneziana.
Dopo quanto dichiarato dal Prof. Vittorio Sgarbi in conclusione della visita
alla mostra per la stampa, riguardo la doppia interpretazione del dipinto, La deposizione
di Cristo nel sepolcro, quella sua: ”… una elevazione nella speranza che la
notte finisca” e quella della Mazzucco: “… un movimento discendente … la luce
lontana non è una promessa di resurrezione ma un tramonto”, mi sono decisa a
ripercorrere e trascrivere brevemente il tracciato della mostra in senso
inverso, discendente, dalla sala del Congedo a quella del Miracolo,
evitando così di dare una qualsiasi conclusione allo spettacolare ciclo di
opere in esposizione.
Inizio quindi dalla sala del Congedo. Dopo il completamento della Scuola di San Rocco risalente al 1588, Tintoretto dipinge pochissimo. In questo periodo esegue un Autoritratto “spietato e antiretorico” e per la Chiesa di San Giorgio Maggiore lavora alla Deposizione di Cristo nel sepolcro parzialmente dipinta da suo figlio Domenico; il pittore morirà pochi mesi dopo averla consegnata.
Proseguo nella sala dell'Impresa Tintoretto. Siamo negli anni Ottanta e
Tintoretto, ormai anziano e sovraccarico di commissioni, delega l'esecuzione materiale
delle sue opere, ai suoi assistenti, tra i quali il validissimo figlio
Domenico.
Una pausa è rappresentata dalla sala del Tintoretto e la maniera. Questa
sezione racconta il mondo artistico con cui Tintoretto si confronta. Qui sono
esposte opere di maestri di area veneta e non solo a partire da Tiziano,
Parmigianino, Jacopo Bassano, Paolo Veronese, El Greco.
Segue la sala della Bellezza Femminile. Tintoretto non ha dipinto molti soggetti profani, fino a quando, dopo la morte di Tiziano (1576), committenti come i Gonzaga, l'imperatore Rodolfo II e vari cortigiani stranieri, gli richiedono soggetti allegorici e mitologici.
Arrivo alla sala dei Ritratti: sono soprattutto ritratti di
aristocratici, scrittori e personaggi di spicco del mondo veneziano. “…Per
Tintoretto i suoi soggetti sono solo uomini - e più raramente donne - nel cui
volto, … cerca … la verità intima, disadorna: la stessa che (come
nell'autoritratto della sala del Congedo) cerca in se stesso.” M. G. Mazzucco
Non era dello stesso avviso Roberto Longhi che non amava molto il pittore e descriveva la sua
ritrattistica nel Viatico (1946) in questo modo: ”Ricordo i roboni dei
procuratori a massa bruna e i ventisette - sfregazzi - di lacca o di carminio;
ricordo il fiotto d'ombra sotto ogni naso e molte barbe bianche e farinose; le
solite mani spioventi: a stento ricordo un uomo”.
Scendo al piano inferiore e mi introduco nella sala del Pittore dei Dogi. Negli anni Settanta e Ottanta, Tintoretto ottiene prestigiose commissioni dalla Repubblica di Venezia, ma per la sua visione trasfigurata del Paradiso, destinata alla sala del Maggior Consiglio, dovrà attendere la morte del prescelto Paolo Veronese (1588). In mostra è esposto il modello che nel 1582 Tintoretto presentò per il concorso bandito dalla Repubblica, “… ma Tintoretto non può - o non vuole - dipingere il Paradiso che aveva immaginato, e la gigantesca tela finale, eseguita dal figlio, sarà molto diversa.” M. G. Mazzucco
Proseguo nella sala del Pittore di tutti, dove sono esposte oltre all'Ultima Cena delle chiese di San Polo e di San Travaso per le Scuole Piccole, i due dipinti restaurati in occasione di questa mostra: la Santa Maria Maddalena e la Santa Maria Egiziaca per la Scuola Grande di San Rocco: “… Si tratta delle più libere interpretazioni del paesaggio dopo La Tempesta di Giorgione … Le due sante meditano immerse nella natura… Tintoretto dipinge paesaggi come emozioni e stati d'animo di una lunga solitudine. Perfetti equivalenti del Verklärte Nacht di Arnold Schönberg.” V. Sgarbi
Poi arrivo alla sala delle Scuole Grandi, i committenti più ambiti dai pittori veneziani. Nel 1562 vengono commissionati al pittore tre quadri con i miracoli del santo patrono per la sala capitolare della Scuola Grande di San Marco. Nei due capolavori che concepirà, Il Trafugamento del corpo di San Marco e il Ritrovamento del corpo di San Marco, Tintoretto “… entra in uno spazio onirico, in una dimensione visionaria, … l'intuizione nel Trafugamento … è di inventare un'architettura fantasmatica, evanescente, nella luce spettrale di un temporale, che rende elettriche le architetture.” V. Sgarbi
E sono giunta alla sala degli Inizi: gli anni della formazione di
Tintoretto corrispondono a quelli della riflessione sulla grande “maniera” a
Roma e Firenze. I suoi primi maestri furono quasi certamente i pittori veneti
della generazione precedente, poi il Parmigianino, Michelangelo, Raffaello e
Giulio Romano.
Ma come evidenziava Rodolfo Pallucchini: “.. A differenza dell'atteggiamento
astratto che assume spesso, altrove, il Manierismo, l'opera del Tintoretto è
continuamente generata dall'entusiasmo del suo sentimento, …” nello svolgimento
del suo stile, “… ben presto il colore perde quella smagliante ricchezza della
tradizione veneta, non più subordinandosi alla legge del tono atmosferico,
conquista di Tiziano, ma ad una realtà nuova e prepotente: la luce. Le figure,
mediante tensioni di movimenti serpentinati e di contrapposti, si raggruppano
in calcolati schemi compositivi che generano una spazialità complessa,
tendente al molteplice ed all'illimitato. La luce, attraverso i risalti
chiaroscurali e l'ambientazione prospettica, diviene l'organizzatrice e quindi
la protagonista del linguaggio figurativo tintorettiano.”
Infine mi ritrovo nella sala del Miracolo: “figure in volo, belle dal togliere il respiro”.
Tintoretto ottiene, a neanche trent'anni, la prima commissione importante: un grande telero destinato alla sala capitolare della Scuola di San Marco. Il tema richiestogli è uno dei miracoli di San Marco, protettore sia della Scuola che di Venezia. “… Tintoretto realizza un quadro che è insieme un provocatorio manifesto artistico e una scena di teatro, raffigurandovi personaggi riconoscibili dai contemporanei. … Rivoluzionario in tutti quelli che venivano considerati i fondamenti della pittura… suscita scandalo e polemiche, ma anche consensi entusiastici e ammirazione, imponendosi come il pittore più talentuoso della sua generazione e il più accreditato rivale di Tiziano.” M. G. Mazzucco