Arte

La biografia di Ettore Roesler Franz
Paesaggi della memoria: gli acquerelli romani di Ettore Roesler Franz dal 1876 al 1895
Legnaroli, pescatori e molinari: i mestieri fluviali nella Roma Pittoresca di Donatella Occhiuzzi
Ettore Roesler Franz "romano per nascita e per lingua" di Maria Elisa Tittoni
Acquerelli e fotografie di "Roma sparita". Tra memoria del passato e cronaca del presente di Federica Pirani

Ettore Roesler Franz "romano per nascita e per lingua"

di Maria Elisa Tittoni

"Roma sparita": questa locuzione condensa nella sua sottesa vena nostalgica le diverse sensazioni di sgomento, turbamento e sconcerto che animarono i romani ed alcuni artisti e intellettuali europei di fronte alle rapide e febbrili trasformazioni che Roma andava subendo a seguito del suo nuovo status di capitale del Regno d'Italia.
Trasformazioni che in molti casi furono percepite come delle vere e proprie distruzioni, sia ad esempio dallo storico dell'arte tedesco Herman Grimm, che nel 1886 diede alle stampe il pamphlet La distruzione di Roma1, sia da un artista come Ernest Hébert, che a questo tema dedicò il dipinto Roma sdegnata per rendere omaggio a questa per lui perduta Roma.
La città mutata, caratterizzata da una nuova e straordinaria vitalità, aveva provocato in molti un amaro ed aspro rimpianto della città silente che avevano conosciuto ed amato, di quel luogo incantato dove le vestigia del passato e la grande tradizione classica avevano rappresentato una inesauribile fonte di ispirazione.

Piazza Barberini - La Via del Tritone al fondo

Ettore Roesler Franz (Roma 1845 - 1907)
Piazza Barberini - La Via del Tritone al fondo
Acquerello, Dim: 563x687 mm
In b.a.d. E. Roesler Franz Roma
Data presunta: 1885 ca.

La Porta S. Paolo o Ostiense

Ettore Roesler Franz (Roma 1845 - 1907)
La Porta S. Paolo o Ostiense
Acquerello, Dim: 549x770 mm
In b.a.s. E. Roesler Franz Roma 1887

Appena un mese dopo la breccia di Porta Pia, il 30 ottobre 1870 Ferdinand Gregorovius commentava l'avvenuta annessione di Roma scrivendo nei suoi Diari: "Roma perderà l'aria di repubblica mondiale, che ho respirato diciotto anni. Essa discende al grado di capitale degli italiani … Il medio evo è stato spazzato via dalla tramontana con tutto lo spirito storico del passato. Roma ha perduto il suo incanto". Di nuovo l'anno successivo egli tornava ad annotare che "questo trasformarsi della città santa in una città moderna è il rovescio di quel tempo in cui Roma pagana fu con pari passione tramutata in Roma spirituale"2.
Seguendo con appassionato interesse le vicende edilizie romane il Gregorovius, divenuto dal marzo 1876 "cittadino di Roma", intervenne nel dibattito sulla costruzione dei muraglioni del Tevere a seguito della drammatica inondazione del dicembre 1870. Di fronte alla radicale proposta di Garibaldi del 1875 di deviare fuori della città il corso del fiume egli affermò che "togliere il Tevere a Roma sarebbe più che togliere gli occhi a un volto umano"3.
La scelta definitiva fu per il progetto dell'architetto Raffaele Canevari e i lavori iniziati nel 1876 troncarono definitivamente il secolare rapporto fra il fiume e la città; come giustamente sottolineava il Bellinzoni nel suo articolo Il Tevere e le sue trasformazioni, pubblicato sul Popolo Romano nel 18814: "Tutto l'interesse che s'attaccava alle fabbricazioni svolgentesi sulle rive del nostro Tevere o è già sparito, o andrà per inevitabile destino cancellandosi. Di qui a 10 anni, nessuno, romano o no, saprà ricordarsi della forma che avevano i limiti del Tevere, tanto accidentali e tanto sublimi nella loro bruttezza. Forse nessun filosofo si sentirà ispirato, guardando i nuovi quais ed i nuovi argini di pietra bianchiccia a scrivere un'opera impareggiabile su Roma come è avvenuto a Gregorovius, il quale passando dal ponte Cestio e mirando gli strati di creta pantanosi, le rosse muraglie rivestite d'edera e d'erica, i dirupi sassosi dell'isola Tiberina flagellati dalla corrente e le nere mole piantate sull'acqua gialla, concepì il pensiero di scrivere auree pagine sulla Roma medievale".
Nello stesso articolo l'autore loda il "giovane acquerellista" Roesler Franz che "abbandonato le vie del commercio … ha compreso che la sua città natale andava a perdere per le esigenze della vita moderna e de' suoi nuovi destini, la caratteristica sua più impressa di romanticismo, che oltre al formare l'incanto dei touristes ed adescare le voglie del pittore, serve di delucidazione storica ai tempi bui del medio-evo". Opera dunque meritoria quella dell'artista: infatti egli nella sua previdenza è venuto a "rimpiazzare tanto a proposito l'opera rinnovatrice del progresso".
Il corpus dei suoi acquerelli costituirebbe quindi "un documento prezioso" nel quale si rivelano "con più evidenza della parola le fasi della sua città attraverso l'avvicendarsi dei tempi".
Al 1881 risale anche la lettera al presidente dell'Accademia di San Luca, l'architetto Francesco Azzurri, nella quale Gregorovius, lamentando le pesanti trasformazioni che andavano "spogliando rapidamente della sua vecchia fisionomia" Roma, "in guisa che questa tra non molto, sarà cancellata persino dalla memoria degli stessi romani", mette in risalto come l'opera di Roesler Franz possa contribuire a salvare la memoria e l'immagine della sua tanto amata città: "Ciò sarà, più tardi, causa di non lieve rammarico, se non è venuto a tempo, per rimediare il danno, l'Arte, facendo, nelle sue opere, deposito dei ricordi monumentali romani. È tempo davvero, anzi, già ci stringe l'ultima ora, di salvare, per via di riproduzioni a pennello e a fotografia, i più importanti prospetti della città medioevali, prima che essi siano distrutti per sempre"5.
Nel prosieguo della lettera l'illustre storico tedesco, che si firma "Cittadino Romano", riconosce ad "un giovane pittore che, quantunque porti cognome straniero, tuttavia, è Romano per nascita e per lingua" la benemerenza di aver voluto "raccogliere e conservare con la sua arte, le più caratteristiche vedute della vecchia Roma" che andava scomparendo.
Ricordando la visita allo studio dell'artista, sollecitato probabilmente proprio dallarticolo del' Bellinzoni, Gregorovius trova parole di commossa ammirazione per i suoi acquerelli affermando: "Perciò mi gode l'animo di accorgermi che, spontaneamente, è nato, nell'immaginazione di un artista Romano, un concetto di tanta importanza, e che costui, per ispirazione, ha indovinato essere una tale opera, non solo artisticamente piacevolissima, ma anche storicamente necessaria, perché compito imposto agli artisti viventi dalla pietà verso il passato".
L'apprezzamento per l'impegno di Roesler Franz spinse Gregorovius ad invocare linteressamento 'dell'Accademia di San Luca per favorire "un progetto così ben ideato, che avrebbe, per fine, di salvare, col mezzo dell'arte, dall'oblivione le memorie locali le più importanti di Roma medio-evali".
Incisa della Rocchetta, che a suo tempo pubblicò questa lettera di Gregorovius, non trovò nei carteggi dell'Accademia di San Luca la minuta della risposta di Azzurri a "questo scritto tanto pieno di passione per le memorie romane". Tuttavia egli rintracciò un'altra minuta dell'Azzurri, all'epoca presidente dell'Accademia, nella quale, ringraziando lo storico per una conferenza tenuta nell'aula accademica nel maggio 1881, si afferma: "l'utile e la necessità di conservare memoria di quanto in Roma sta per cangiarsi e sparire non può, da nessuno che abbia senno, essere messo in forse: e la parola autorevolissima della S.V. gioverà, senza fallo, a maggiormente imprimerla nella mente di chi più di tutti deve averlo a cuore"6.
L'Azzurri prosegue asserendo che l'Accademia si è già assunta l'impegno di farsi "avvocata e sostenitrice della nobile idea della S.V." presso "la competente autorità comunale".
Ancora Gregorovius replica all'Azzurri nel giugno dichiarando la sua soddisfazione per "l'accoglienza favorevole" alla sua proposta, ma soprattutto per la consapevolezza raggiunta che i "Romani" hanno "perdonato la parte attiva presa alle lor cose cittadine, in merito delle lunghe fatiche da me dedicate alla storia romana".
In effetti la nuova Roma che si andava configurando con la costruzione dei muraglioni, dei nuovi quartieri, con la distruzione di villa Ludovisi era oggetto di dibattiti e discussioni fin nei salotti intellettuali della giovane capitale quale quello di Giulia Roccagiovine, dove "Hébert a beaucoup parlé contre la vente ou pour mieux dire, la destruction de la villa Ludovisi à Rome. Le Maître a fini par dire que dans vingt ans Rome serait une ville dans le genre de Francfort. Il approuve beaucoup les lettres de Grimm, Gregorovius et Bonghi à propos des démolition (sic) et surtout des constructions horribles que l'on fait à Rome actuellement"7.
Il favore di Gregorovius per l'opera di Roesler Franz affonda le sue radici nella sintonia di sensazioni e percezioni della città che entrambi, ognuno a suo modo, avevano elaborato. La descrizione del Ghetto e della veduta da ponte Quattro Capi delle rive di Trastevere che lo storico tedesco aveva affidato ai suoi Ricordi storici e pittorici dItalia, 'pubblicati in Italia dopo il 1865, è sufficiente per comprendere come gli acquerelli dell'artista riflettano e traducano in immagini lo stesso sentimento di affascinata melanconia che suscitava in loro la vista di questa Roma antica e medievale.
Si trattava, infatti, secondo le parole di Gregorovius, di "una vista originale ed attraente quale non esiste forse la seconda in questa città delle memorie. Di là si scorge il pittorico Trastevere, colle sue antiche architetture, colle sue torri rovinate … in faccia le file delle case del Ghetto costruzioni quasi a foggia di torri, e bizzarre colle finestre ornate di vasi di fiori, e dalle mura delle quali pende ogni sorta di masserizie, la quale fila di case scende fino al fiume le cui onde torbide ne lambiscono le mura. Allorquando lo visitai per la prima volta il Tevere era straripato e le sue acque scorrevano per la strada più bassa detta la Fiumara"8.
Al di là del giudizio di valore sulla qualità dell'opera di Roesler Franz, rimane indubbiamente significativa la sua coerenza con la temperie culturale di opposizione alla radicale modernizzazione della città che aveva animato gli scritti di Gregorovius e aveva fatto affermare al Bellinzoni a proposito della "prima serie di acquerelli del Sig. Roesler-Franz": "Alcune opere d'arte non vanno osservate dal solo lato plastico. Volendo assolutamente ricercarne il pregio nelle qualità tecniche, si verrebbe a disconoscerne il valore più intrinseco dell'artista, che risiede nell'elevatezza del concetto e nella felice organizzazione d'una idea o d'un sentimento"9.
Proprio nel riconoscimento di questa coerenza l'Amministrazione comunale volle procedere all'acquisto delle vedute di "Roma sparita" che ora, nella loro delicata grazia di forme e colore, ci affidano il vivo ricordo di luoghi, ambienti e atmosfere scomparse.


1 - H. Grimm, La distruzione di Roma, tradotta da C.V. Giusti, Torino-Roma-Firenze, Loescher, 1886.

2 - F. Gregorovius, Diari Romani. 1852-1874, a cura di A.M. Arpino, 2 voll., Roma, Avanzini e Torraca, 1967, II, pp. 528, 545.

3 - Cit. in A. Muñoz, Roma sparita, Roma, Danesi, 1931-1936, s. I, fasc. I.

4 - L. Bellinzoni, Il Tevere e le sue trasformazioni (Prima serie d'acquerelli del Sig. E. Roesler-Franz), Il Popolo Romano, 20 marzo 1881.

5 - La lettera è pubblicata in G. Incisa della Rocchetta, Gregorovius, Roesler Franz e il Museo di Roma, "Bollettino dei Musei Comunali di Roma", XXII, 1975, pp. 40-44.

6 - Ibid.

7 - Cfr. M.E. Tittoni, La Roma sdegnata di Ernest Hébert, in Scritti in onore di Gianna Piantoni. Testimonianze e contributi, a cura di S. Frezzotti e P. Rosazza Ferraris, Roma, De Luca, 2007, pp. 103-108.

8 - F. Gregorovius, Ricordi storici e pittorici d'Italia, traduzione dal tedesco di A. di Cossilla, 2 voll., Milano, Manini, post 1865, I, pp. 87-89.

9 - Bellinzoni 1881, cit.