Arte

Gioiello contemporaneo: Premio Internazionale Mario Pinton a Padova

di Roberto Zanon

Con lo scopo dichiarato di offrire nuovi stimoli e opportunità allo studio e alla ricerca nell'ambito della gioielleria contemporanea, forma di espressione artistica che vanta una particolare tradizione nell'area padovana, è stata istituita la prima edizione del Premio Internazionale Mario Pinton.

Marchetti Stefano, Omaggio a Dondi dell'Orologio, spilla

Visintin Graziano, spilla

Vista dell'esposizione

Vista dell'esposizione

Vista dell'esposizione


Vista dell'esposizione, in primo piano l'opera di Annamaria Zanella

Vista dell'esposizione, in primo piano l'opera di Bruno Martinazzi

Vista dell'esposizione, in primo piano l'opera di Lisa Grassivaro

Vista dell'esposizione, in primo piano l'opera di Simonetta Giacometti e Sonia Strukul

Vista dell'esposizione, in primo piano l'opera di Stefano Marchetti

“Castelli, miniature, astri ed alchimia; la Padova carrarrese nel gioiello contemporaneo” è stato il titolo ispiratore per i sessanta artisti orafi che nello spazio patavino dell'Oratorio di San Rocco hanno esposto la loro opera.
Il gioiello contemporaneo di ricerca è, nel composito comparto dell'”oreficeria”, l'ambito più avanzato nella sperimentazione, dove la concettualità diventa espressione tridimensionale attraverso la tecnica. Tecnica che nella maggioranza dei casi non dovrebbe diventare un vincolo ma - e questo è anche uno degli insegnamenti lasciati dal professore Mario Pinton, capostipite della “Scuola Orafa Padovana” - elemento da valorizzare.
In occasione di questa mostra-concorso (che ha visto vincitrice l'opera di Graziano Visintin), l'articolato e strutturato tema che era stato individuato ha permesso a tutti gli artisti partecipanti di sviluppare delle logiche compositive, talvolta sofisticate ed oscure altre volte più esplicite, in cui comunque e sempre si è attivata una riflessione sulla Padova del Trecento. Speculazioni cui il pubblico viene sollecitato nell'interpretazione percettiva che ogni opera restituisce. Certo, il legame significante, molte volte, deve essere attivato dalla spiegazione dello stesso progettista, caratteristica questa, del resto, di molta arte contemporanea. Un approccio che diventa quindi più difficoltoso, ma che permette di uscire dalla superficialità che esprime un “bello “ o un “brutto” arbitrario e restituisce, alla fine, un'accresciuta conoscenza al pubblico, che in questa operazione di lettura diventa protagonista. Un esempio di come l'operazione di trasmissione del messaggio composito data dall'oggetto in quanto tale accoppiato all'autografa descrizione dell'Autore, arriva da Stefano Marchetti che così introduce il suo lavoro: «Nell'opera di Giovanni Dondi dell'Orologio è possibile intravvedere, chiaramente, lo spirito che ha traghettato l'occidente medievale verso la modernità. Da orafo ho ritenuto che l'astrario potesse essere un contenitore perfetto per il mio racconto, un legante tra l'estetica orafa della Padova del '300 e quella contemporanea. L'affascinante e superato modello Tolemaico che sta alla base della progettazione dell'astrario, diventa nel lavoro di Giovanni Dondi un espediente per la sperimentazione di nuove idee, come ad esempio l'adozione della misura dei secondi negli orologi meccanici. Da un modello “inesatto” viene originato un pensiero ancora oggi in funzione.
Nella costruzione del mio lavoro, ho immaginato più un'idea confusa, uno schizzo primitivo ed ancora surreale, alla Magritte, piuttosto che il risultato finale. Ho utilizzato leghe la cui composizione deriva dalle monete padovane del tempo: dalla “mistura” dai primi conii Carraresi del 1328, alle leghe più ricche di argento del 1390. Ho giocato con le sfumature ottenute, perché la Storia, come l'Arte, è anche frutto della continuità non solo delle violente mutazioni. Le leghe delle prime monete coniate dai Carraresi erano le stesse utilizzate dai loro predecessori. L'orologio di Dondi ha in fondo un debito nei confronti del mondo arabo come il telescopio Hubble lo ha, del resto, nei confronti degli olandesi o di Galileo. Mi è piaciuto pensare a Giovanni intento ad ideare qualcosa di grande, ma con pensieri rivolti anche alla semplicità del quotidiano. I pensieri di un uomo che la leggenda vuole aver importato a Padova la famosa gallina.
E allora penso che se chi ha inventato la lancetta dei secondi ha anche importato il gallo, non può che essere un signore assoluto del suo tempo».

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