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I Polittici di Ugo Poli

Di Mimmo Grasso

Polittici. E’ questo, credo, il dato compositivo di Ugo Poli. Un polittico è tale sia per la suddivisione spaziale che per la consecutio temporale degli avvenimenti esemplari che si vogliono rappresentare: scene simboliche, riconoscibili, episodi memorabili. Le didascalie usate da Poli , originali e di derivazione surrealista, hanno una funzione importante per completare il lavoro espressivo e di per sé costituiscono elemento "commemorativo" della memoria , messe lì come epigrafi, note a piè pagina a futura memoria:aforismi, calembours, brevi versi che integrano il senso e che, letti uno dietro l’altro, possono costituire un lavoro a parte come altrettante tavole di polittici poetici, frammenti di frasi di cui si intuisce con chiarezza il significato e che l’artista non sutura tra loro, non li organizza discorsivamente così come non lo sono le immagini.

Reperti, tecnica mista

Ugo Poli
Reperti, tecnica mista

Non solo nei sogni del giallo muro

Ugo Poli
Non solo nei sogni del giallo muro


Questa è infatti un’operazione della volontà logica da cui Poli sembra voler stare lontano:gli interessa molto di più il dato immediato, l’istinto, il suo saper essere prensile. Non saprei dire se la didascalia (quello che voglio dirti) "apre" la visione o avviene il contrario.Ma questo è poco importante. E’ invece importante che, per la tecnicalità compositiva e percettiva dell’ artista (noto adesso che forse ho cominciato questo lavoro per la suggestione sonora Poli-polittico) i dati compositivi nelle singole scene siano a loro volta ulteriori significanti da collocare nelle caselle dell’analogia, quella particolare di ogni singolo quadro e quella generale rilevabile dalla dispositio dei lavori, come in una specie di gioco dell’oca.

La gratuità (intesa come grazia) del gioco è ciò che rende gioiosi questi lavori. C’è sempre, mi pare, un’aura di serenità anche se si è prigionieri di regole del gioco e di strutture geometriche, anche se i pezzi di memoria vengono tagliati a misura di sguardo, calcolati con il palmo, anche se decantano una nostalgia che, a tratti e all’improvviso, senza che l’artista se ne accorga, si acutizza in certi elementi da punteruolo, triangolari come frantumi di specchi. Il gioco allora diventa serio perché, come si sa, l’uomo è serio solo quando gioca.

Provo a fare un bussiribussi come a tressette con Ugo Poli, a capire che carte o tarocchi del fantastico ha in mano.

Ci sono, innanzitutto ( nel senso che si presentano per primi, davanti a tutti gli altri elementi) i colori. Questi colori sono maccchiati d’infanzia. Poli ha sostato per molti anni a Capri e vive nei Campi Flegrei, territori noti per le loro particolarità ambientali e penso sia corretto parlare, per l’intensa carica di fisicità del suo colore, di cromasoma .Domina il giallo-arancione, accostato (pochissime volte amalgamato) ai colori più lontani da lui nella scala cromatica, con effetti suggestivi. Che vorrà dire questo? Che lettura darne soprattutto per un artista che ha a lungo studiato la teoria dei colori di Goethe e che, in alcune mostre, ha utilizzato sottofondi musicali selezionati in funzione del colore?

Abbiamo scelto come ouverture di una interpretazione il tema del polittico ed è giusto continuare a sviluppare questa analogia (noi non conosciamo le cose se non per differenza con altre cose). Polittico è anche polifonia, insieme di voci strumentali, ognuna con il suo spartito sonoro, secondo la geniale lezione di Kandinskij e, per altri aspetti, secondo la cultura dei chakra. Se osserviamo (ci facciamo osservare) dai lavori di Poli con questi parametri, il giallo acquisterà una funzione diversa, preludio tra il bianco e l’arancione, e osserveremo , ascoltandolo, la sua intonazione, i suoi acuti, i suoi bassi, il suo mischiarsi e misturarsi in svariate gradazioni con quel che ne consegue in termini di comunicazione e di senso.

Per esempio, alcuni quadri eseguiti con un tratto veloce, quasi da fumetto, che esplodono con vivacità pirotecnica, fanno pensare alle bande musicali piene d’ottoni e palloni colorati dell’infanzia; altri dipinti mantengono la struttura della classicità, della sinfonia quadripartita e dei suoi movimenti. Va tuttavia notato che anche quando Poli utilizza materiali classici, austeri, c’è sempre un sottofondo ironico, euristico, che comunica gioia, la felicità della scoperta.Se poi un visitatore individua in questi lavori la sapienziale improvvisazione del jazz e le tonalità dei suoi strumenti, dal clarino lunare al sassofono solare, comprende certo meglio di noi lo stile di Ugo Poli e farà bene a chiedergli l’iindirizzo del fantastico.

Un altro elemento, modulare per natura e struttura, è il collage e il suo omologo, il dècollage, con i quali vengono prelevati frammenti e frantumi appartenenti a mondi diversi, organizzati cioè concettualmente in modo differente, e si cerca di studiarne le interazioni. Qualche critico ha voluto individuare in questa frantumazione qualcosa di tragico. Posso sostenere che ciò fa parte di una modalità tecnica consapevole di Poli e non vi osservo un sentimento di contrapposizione drammatica o, per maggiore precisione, c’è si dramma (azione) ma non tragedia: le contrapposizioni hanno anche in questo caso la funzione del contrappunto. Non si capisce perché contagiare di pregiudizi trappisti l’espressione luminosa, e solare, di Poli: per lui le regole non sono "la regola". D’altra parte, un artista che ha scelto come sua dimora Capri e, per vivere, i Campi Flegrei è "biologicamente" orientato agli aspetti apollinei, alla psicofisica del colore. Certo: Apollo e Dioniso sono complementari e in ogni pomeriggio di luce c’è il fauno; vi prego tuttavia di socchiudere un po’ gli occhi e lasciare che la materia e i suoi pigmenti entrino nel vostro sguardo:

le cose riconoscibili scompaiono. Rimangono volumi giallo-rosso-blu a dirvi qualcosa. Essi sono lo sfondo della nostra memoria. Aprendo gli occhi, emergeranno su questo sfondo molte cose, messe lì quasi a caso. Questi sono i ricordi così come si presentano. Siamo poi noi a doverli "sistemare" in sequenza significante, a individuarne i collegamenti, le sinapsi. E ciò vale sia per i paesaggi, dove il blu ci dice "io sono il blu", sia per le figure umane, per le citazioni di figure umane, tra le quali quelle "classiche" della statuaria greca o le bellissime immagini femminili sono "in posa" , si esibiscono. Non è che Poli gli dica di mettersi in posa: sono loro che si presentano così perché così avviene con il vissuto. Tra i vari corpora, viene fuori anche il corpus del ciclope ossessivo, rappresentato con un’unica linea grezza, con stile da fumetto triste e cieco, un babau nocivo ma, appunto, un babau. Il fatto è che Poli vorrebbe buttarlo nel mare di mnemosyne ma, come si sa, i ciclopi sanno nuotare.

Articolo pubblicato il 7 luglio 2004