Arte

La biografia di Ettore Roesler Franz
Paesaggi della memoria: gli acquerelli romani di Ettore Roesler Franz dal 1876 al 1895
Legnaroli, pescatori e molinari: i mestieri fluviali nella Roma Pittoresca di Donatella Occhiuzzi
Ettore Roesler Franz "romano per nascita e per lingua" di Maria Elisa Tittoni
Acquerelli e fotografie di "Roma sparita". Tra memoria del passato e cronaca del presente di Federica Pirani

Acquerelli e fotografie di "Roma sparita"
Tra memoria del passato e cronaca del presente

di Federica Pirani

Nelle rappresentazioni cartografiche del XIX secolo gli sventramenti urbani o, più poeticamente, gli "abbellimenti" delle città, come erano spesso eufemisticamente chiamati dagli artefici dei piani regolatori, venivano rappresentati attraverso un particolare livello di lettura che comprendeva in una sola immagine il tempo presente e gli esiti futuri: generalmente in giallo erano le zone da demolire, che delimitavano case, strade, isolati e piazze, sulle quali, comunque, insistevano le grandi rettilinee che avrebbero tagliato le città1.

La via Rua, in fondo il Portico d'Ottavia

Ettore Roesler Franz (Roma 1845 - 1907)
La via Rua, in fondo il Portico d'Ottavia
Acquerello, Dim: 567x789 mm
In b.a.s. E. Roesler Franz - Roma 1888 Ghetto


Dai Prati di Castello

Ettore Roesler Franz (Roma 1845 - 1907)
Dai Prati di Castello - Il Tevere colle vecchie case della via di Monte Brianzo, a sinistra una delle posterule - Al fondo a destra la Torre detta della scimmia
Acquerello, Dim: 565x785 mm
In b.a s. E. Roesler Franz - Roma 1888

Le "nuove vie" tracciate dai piani regolatori della Roma postunitaria, che per alcuni avrebbero dovuto "spalancarsi ed allungarsi con giovialità meneghina, frescura ginevrina, dirizzura torinese e fasto parigino"2, per molti altri furono una vera e propria "distruzione di Roma"3.
La più attenta classe intellettuale italiana e straniera, artisti, scrittori e letterati, infatti, stigmatizzarono i piani regolatori del 1872 e del 1883, che cambiarono radicalmente l'aspetto millenario della città, come un vero e proprio "vento di barbarie"4.
Ingrandire la capitale era diventato uno dei più facili e redditizi affari economici e fu subito evidente l'impossibilità di mettere un freno all'incessante "febbre edilizia" che in nome della necessaria modernizzazione faceva tabula rasa di alcuni dei luoghi più ammirati del mondo. Se il presente e il futuro erano ormai definiti e l'irreversibilità delle scelte determinava il destino della città, non restava che rivolgersi con lo sguardo al passato cercando di rendere indelebile il ricordo e preservando l'immagine di ciò che andava scomparendo.
Il senso di abbandono e di sgomento che invase la popolazione di fronte alle profonde trasformazioni e la coscienza dell'imminenza della perdita fecero sì che lo stesso Comune di Roma si preoccupasse di documentare con un'ampia, ma discontinua e frammentaria, campagna fotografica i mutamenti urbanistici di alcuni luoghi della città che più di altri avrebbero subito modifiche e metamorfosi radicali: immagini di strade, piazze, edifici in demolizione, dettagli di cortili e di case, vicoli solitari inquadrati da diversi punti di vista, entrarono a far parte degli archivi dell'amministrazione comunale, lasciando ai posteri, immortalate dall'occhio di fotografi, per lo più non ancora identificati, le "scene del crimine" che si stava perpetrando5.
Parallelamente al lavoro dei fotografi si collocavano le esigenze degli archeologi impegnati in quegli anni a disegnare, misurare, fare rilievi di quello che sarebbe da lì a poco scomparso e delle vestigia che contemporaneamente emergevano - spesso solo provvisoriamente - durante gli scavi. Diversi artisti, come Luigi Serra e Filiberto Petiti, si dedicarono a ritrarre le demolizioni, e assai vasta fu la pubblicistica di denuncia contro la speculazione edilizia, dai roboanti interventi retorici di Gabriele D'Annunzio agli scritti di Cesare Pascarella e Matilde Serao.
La serie dei centoventi acquerelli di "Roma sparita" di Ettore Roesler Franz, eseguita dal 1876 al 1896, è stata però considerata, direi per antonomasia, da allora fino ad oggi, il lavoro più completo sull'immagine della città prima delle demolizioni della fine dell'Ottocento. Le Memorie di un'era che passa - così chiamate dallo stesso artista - rappresentano infatti, con sentita partecipazione, la documentazione visiva di quelle zone - quartieri e rioni - dove maggiore
sarebbe stato il mutamento: dalla costruzione degli argini del Tevere, che avrebbe profondamente modificato la vita e le attività intorno al fiume, alla distruzione del tessuto urbano medievale del Ghetto, di Trastevere e di Borgo, all'espansione della città verso i Prati di Castello.
Ad apprezzarne il risultato fu, tra i primi, l'amico e ispiratore Ferdinand Gregorovius, illustre storico della Roma medievale, che in una lettera al presidente dell'Accademia di San Luca, Francesco Azzurri, si compiacque che un artista romano dal nome straniero avesse così bene interpretato il suo pensiero dedicandosi a un'opera "non solo artisticamente piacevolissima, ma anche storicamente necessaria"6. Peraltro l'impresa di Roesler Franz, sin dal suo esordio, non ebbe unanimi consensi, e anzi critiche anche pungenti accompagnarono le vicende di quest'opera: dalla sua "istituzionalizzazione", quando parte del lavoro entrò nelle raccolte del Comune di Roma7, all'uso che ne diede la politica culturale fascista, esaltandone gli aspetti stereotipati, sentimentali e bozzettistici, attraverso i quali si voleva rappresentare la vita popolare nel secolo appena trascorso8, fino al paradosso degli ultimi decenni, durante i quali la serie di acquerelli di Roesler Franz, pur riscontrando una straordinaria fortuna iconografica con la riproduzione delle immagini di "Roma sparita" su calendari, cartoline e souvenir di ogni genere, è stata al contempo considerata, nel suo complesso, una produzione artisticamente minore seppur interessante dal punto di vista storico-documentario.
Per la realizzazione della serie "Roma sparita" il pittore si avvalse di un'ampia documentazione fotografica.
Analogamente al metodo di lavoro di numerosi artisti degli ultimi decenni dell'Ottocento anche Roesler Franz, infatti, utilizzò la fotografia come efficace supporto all'elaborazione dell'immagine dipinta e condivise con molti altri pittori l'interesse per le sperimentazioni del nuovo mezzo di riproduzione.
Si conoscono, tra le altre, le produzioni fotografiche di Federico Faruffini e di Pio Joris, di Aurelio Tiratelli e di Vincenzo Cabianca, di Giulio Aristide Sartorio e di Francesco Paolo Michetti9, per non nominarne che alcuni, e sono note le modalità attraverso le quali la ripresa meccanica divenne un efficace strumento di lavoro, arrivando a configurarsi quasi come un sostituto del disegno e del bozzetto10.
Probabilmente l'entusiasmo e l'interesse di Roesler Franz per la fotografia, testimoniato dalla vastità e dalla varietà dei soggetti conservati, è il risultato della confluenza di diversi elementi: dalle vicende biografiche alla formazione culturale.
La conoscenza della cultura anglosassone e, in particolare, la fascinazione per i testi di John Ruskin, del quale lesse con passione Le pietre di Venezia, portò, tra l'altro, l'artista a condividere l'assunto del teorico-pittore inglese che si compiaceva della "quasi servile rassomiglianza" della fotografia quale strumento efficacissimo per la conservazione di ciò che inevitabilmente si sarebbe perduto.
Se il suo primo vate ispiratore fu Ruskin, a far nascere in Roesler Franz il desiderio di fotografare contribuì certamente la frequentazione della Società degli Acquarellisti, di cui fu fondatore nel 1875 insieme a Nazzareno Cipriani. La prima esposizione dell'associazione si tenne nel 1876 nel negozio di materiali per artisti del fotografo Pietro Dovizielli, che ospitò anche alcune delle successive mostre nel proprio studio, quasi a voler perpetuare quello stretto legame che aveva unito pittori e fotografi dai tempi di Nadar11.
In effetti il pittore divenne amico di fotografi quali Augusto Castellani e i fratelli D'Alessandri, Pio Tedeschi12 e Federico Filoni13, aderì all'Associazione Amatori di Fotografia in Roma14, collezionò calotipie e albumine di diversi maestri come Giacomo Caneva, Gustave Eugène Chauffourier, i fratelli Alinari, Francis Frith, George Washington Wilson, Anselm Schmitz, i fratelli Abdullah e altri ancora e, soprattutto, realizzò nel decennio tra il 1880 e il 1890 più di mille fotografie "per suo uso esclusivo"15.
Si tratta di una serie di originali in un'unica copia, albumine stampate a contatto di diversi formati, per lo più 12 × 17, incollate quattro per pagina, a coppie o singolarmente a seconda del formato su diversi album16.
Solo una parte del corpus fotografico, circa settecento immagini17, è direttamente relazionabile alla serie di acquerelli di "Roma sparita", trattandosi perlopiù di vedute del Ghetto, di Campo de' Fiori, di piazza Montanara18 e della zona del Campidoglio, delle rive del Tevere, dei Prati di Castello con i Borghi, di Testaccio e della Marmorata e di altre zone di Roma. A questo insieme occorre comunque aggiungere una buona parte delle fotografie con modelli in posa, eseguite generalmente nello studio del pittore ma anche all'aperto, che venivano realizzate per studiare i gesti e i costumi dei personaggi che avrebbero animato la scena dipinta19.
In verità, però, l'interesse di Roesler Franz per l'immagine fotografica ha orizzonti più ampi e complessi di quelli finora scandagliati, configurandosi come una ricerca composita, una vera e propria assimilazione di un nuovo linguaggio, non solo funzionale a "immortalare il tempo che passa", ma anche a riflettere sul rapporto dell'uomo col paesaggio naturale, a studiare le vibrazioni e i riflessi della luce attraverso le chiome degli alberi o il rispecchiarsi del cielo nell'acqua delle paludi e dei fiumi20, a comprendere il sapere architettonico della spazialità gotica ma anche a compiacersi del fascino di sapore tardoromantico che suscitano le rovine delle chiese medievali21.
Accanto a questi temi, sempre tramite la fotografia, Roesler Franz, da uomo del suo tempo, assorbe quell'affannosa attitudine di matrice positivista verso la catalogazione, la classificazione, la schedatura di tutto quello che può trasformarsi in un insieme sistematico e preciso: dalle immagini dei monumenti ai costumi popolari, dai mestieri alle razze umane22.
È probabile che Roesler Franz, come altri artisti e critici del periodo, ritenesse che la visione fotografica offrisse una possibilità di meditazione sulla realtà in grado di coadiuvare, ma certo non sostituire, la più complessa elaborazione dell'opera pittorica. Effettivamente in alcune fotografie degli album è riportata sull'immagine la quadrettatura in modo da facilitarne la trasposizione sull'acquerello di dimensioni molto più ampie. In un caso, certamente significativo, di una veduta di Tivoli la stampa fotografica è posta al centro del foglio quadrettato mentre tutti e quattro i lati sono completati e ampliati dall'intervento pittorico123. Come è stato notato, quindi, rispetto all'immagine fotografica di riferimento l'acquerello presenta una maggiore dilatazione laterale dello spazio, trasformando in effetto "pittoresco" un possibile eccesso di realismo24.
Spesso, per poter ritrarre con estrema precisione i diversi particolari, l'artista fotografava nel suo studio alcuni "protagonisti" dei dipinti fissando, nella rigidità della posa, i gesti, le movenze e i costumi del "ragazzo che porta le fascine", della "donna che cuce", del "bambino che gioca" che andranno ad animare la pittura. Il passaggio dal realismo della visione diretta alla tipizzazione del dipinto avviene anche attraverso l'artificiosa giustapposizione delle figure di alcune comparse - in genere lavoratori - tratte da diverse immagini fotografiche e riunite nella scena unica dell'acquerello, quasi che la densità bozzettistica delle "scenette" ricomposte potesse rendere più interessante e significativa l'immagine finale. Analogamente vedute fotografiche semideserte, come i Prati di Castello o di Testaccio, si popolano nella loro trasposizione dipinta di carri e di romani in gita fuori porta.
A volte l'artista arriva, addirittura, a cancellare dalla veduta dipinta alcuni edifici che appaiono nelle foto ma che avrebbero potuto ostruire una più ampia visione prospettica; in altri casi rende artificiosamente "più antica" la scena raffigurata negli acquerelli eliminando le rotaie e i lampioni che compaiono nella fotografia o prendendo a modello, piuttosto che le coeve fotografie, le immagini dell'archeologo inglese John Henry Parker eseguite decenni prima25.
Senza tradire il motto sulla porta del suo studio, "La sincerità fa l'artista grande", Roesler Franz sentiva quindi la necessità di intrecciare il realismo della veduta fotografica al ricordo e all'emozione vissuta, credendo che solo nell'intensificazione e nella sedimentazione del tempo interiore potesse svilupparsi la creazione artistica. Attraverso il processo pittorico l'immagine acquisiva una dimensione individuale, una propria unicità che sola poteva giustificare il senso assoluto della perdita mentre, al contempo, la fotografia, di per sé riproducibile e da cui, comunque, prendeva avvio il processo creativo, presentava soltanto la propria evidente adesione alla realtà del tempo presente.
Se non si può, quindi, disconoscere l'uso "strumentale" che la fotografia assunse per Roesler Franz rispetto perlomeno alla serie degli acquerelli di "Roma sparita", è altrettanto vero che l'interezza della sua produzione fotografica non si esaurisce nella finalità propedeutica alla pittura. Il pittore si trovò infatti a vivere in un periodo complesso, forse confuso, ma estremamente vitale per la storia della fotografia italiana26.
Durante gli anni successivi all'Unità d'Italia27, mentre da un lato si moltiplicarono i fotografi professionisti e gli studi con poltrone, velluti e oggetti di arredamento accolsero una nuova classe sociale ansiosa di farsi ritrarre in pose adeguate al nuovo status raggiunto, dall'altro la ripresa fotografica divenne il principale e più attendibile strumento di documentazione esatta.
È in questo momento, peraltro, che nasce la figura dell'amateur photographer, categoria alla quale appartenne anche Roesler Franz. Il pittore, infatti, faceva parte di quella élite di fotoamatori libera dagli schemi triti e tradizionali del genere vedutistico monumentale e dai condizionamenti del mercato tipici dei fotografi professionisti. "Irregolari", come sono stati definiti28, questi aristocratici - intellettuali e artisti - seppero, come Giuseppe Primoli29, scrivere il romanzo visivo della nobiltà della Roma umbertina, colta con naturalezza e senza pose prefissate e far emergere il nuovo contesto urbano dandone una "visione trasformata"30.
"Questi fotografi", scrive Zannier, "nella loro disinvoltura operativa, propongono … una nuova immagine della città, della vita di strada e domestica, sia per il loro disimpegno professionale, che consente trasgressioni altrimenti impossibili, sia per la [loro] formazione intellettuale"31.
Come già ricordato, solo una porzione del materiale del fondo fotografico di Roesler Franz è direttamente collegabile alle esigenze compositive della serie degli acquerelli di "Roma sparita" e, peraltro, molte vedute della capitale non hanno un rapporto diretto con i dipinti. Per la maggior parte, infatti, si tratta di riprese fotografiche della popolazione nei contesti abitativi del proprio vivere quotidiano e della documentazione delle diverse fasi delle demolizioni.
È probabile che il Piano Regolatore del 1883 abbia, di fatto, accelerato un processo di profonda trasformazione dell'immagine fotografica della città fino a quel momento indissolubilmente legata ad una veduta monumentale o archeologica essenzialmente statica che mutuava il più delle volte la tecnica compositiva e i soggetti prescelti dalla tradizione pittorica ed incisoria. Solo a partire dalle demolizioni, infatti, irruppe prepotente la necessità di documentare la realtà delle trasformazioni urbane, fotografare aree e zone mai ritratte prima, inventare un nuovo modo di ripresa a fronte di una serie di soggetti - comprese le dinamiche del vivere quotidiano della popolazione - estranei alle consuetudini formali e ai contenuti codificati dalla tradizione.
Diversamente dagli acquerelli, dove traspare sempre la tensione verso il pittoresco e l'aneddotico, in molte fotografie al centro dell'interesse è il rapporto tra architettura, vita urbana e società. Non si tratta solo di straordinari documenti delle perdute strutture urbanistiche o della testimonianza visiva dell'attonito stupore delle persone di fronte ai cumuli di macerie accatastati ma anche, in alcuni casi, della drammatica espressione di una realtà sociale vissuta dalla popolazione in quegli anni.
I braccianti in attesa di lavoro a piazza Montanara, i bambini e le donne seduti per terra e vestiti di stracci si trasformavano in colore locale nei dipinti mentre nelle fotografie rappresentavano il crudo ritratto del mercato della mano d'opera32. I contadini che pochi anni prima arrivavano a piazza Farnese per vendere i prodotti della terra o per offrire il proprio lavoro nelle raccolte stagionali si sono convertiti nei muratori-clochards al servizio dell'industria edilizia33.
Alla freddezza della veduta architettonica, tecnicamente perfetta, Roesler Franz antepone l'interesse per lo spazio urbano quale luogo di incontro e di socialità ma, soprattutto, la sua ricerca si concentra sugli effetti della ripresa istantanea e del movimento che soli possono rendere la vita animata dei luoghi ritratti. Forse non è stato fino ad oggi sottolineato che, molto significativamente, l'artista adoperò come titolo di uno degli album dedicati alla città la definizione "Roma istantanee. Ghetto, Campo di Fiori, Piazza Montanara e adiacenze"34, ed effettivamente, perlomeno in qualche caso, il dinamismo delle riprese e il taglio innovativo di alcune immagini sembrano anticipare le ricerche fotografiche degli anni successivi.
Nelle numerose vedute del mercato a Campo de' Fiori o a piazza Montanara né le massaie né i vignaroli sembrano dare molta importanza al fotografo che li sta ritraendo, anche se questi mantiene spesso una particolare attenzione e sensibilità all'efficacia dell'inquadratura. Attraverso calibrati tagli diagonali il pittore-fotografo riesce ad ottenere adeguate rappresentazioni del movimento come, ad esempio, nell'irrompere del carro sulla destra che entra prepotentemente nella scena del mercato a via dei Cerchi e nei bambini che si rincorrono o si azzuffano negli stretti vicoli del Ghetto.
Nella serie dedicata al Ghetto, forse la più numerosa, Franz ritrae la vita di strada in luoghi destinati a scomparire come via delle Azimelle o via Rua. Se coatto era stato per secoli quel domicilio, ugualmente obbligato sarebbe stato il trasferimento della popolazione. La completezza e l'aderenza al soggetto rappresentato, unitamente all'interesse verso la dimensione sociale che si rivela in queste immagini, possono facilmente prefigurare la moderna concezione del reportage, dove il fotografo perviene a un'attenta analisi dell'argomento ispirato dall'attualità e si fa guidare intuitivamente da ciò che vede piuttosto che da quello che si era prefissato di ritrarre.
L'attualità giornalistica filtrata attraverso le capacità compositive dell'artista si rivela anche in immagini di cronaca quali l'ultimo traffico di pedoni e carrozze e il successivo sbarramento di ponte Rotto prima della demolizione delle arcate.
In alcune immagini - in special modo quelle che direttamente precedono la trasposizione all'acquerello - Roesler Franz accentua l'elemento scenografico giustapponendo due o addirittura tre scatti successivi, quasi a voler creare un effetto panoramico. È questo il caso di diverse vedute delle rive del Tevere, ma anche di quelle del porto di Ripetta.
Altrettanto presente è l'interesse a scandagliare le capacità del mezzo fotografico nella resa dei particolari e dei diversi materiali, sampietrini, mattoni, conci, lastre di marmo più o meno lavorate, su cui si deposita e stratifica quella preziosa "patina del tempo" fatta di crepe, anfratti, macchie e linee, evidenziata dalla luce e tratteggiata dall'ombra, che compone il ritratto di un edificio al di là degli elementi strutturali. Sorprendente, tra le altre, è l'immagine di un muro di una casa a Trastevere: il soggetto, quasi geometrico, è di fatto rappresentato dall'intonaco sgretolato, dall'affiorare dei mattoni, dai barattoli di latta, dagli stracci e dagli spaghi stesi da una finestra senza vetri all'altra, quasi una prefigurazione della pittura sociale dei primi quadri di Giacomo Balla.
Nelle numerose immagini delle sponde del Tevere, da ponte Milvio al porto di Ripa Grande, Roesler Franz fotografa la stratificazione continua di casupole e palazzi, giardini, teatri, chiese e cortili che si affacciavano sulle rive e documenta, al contempo, le attività lavorative che si svolgevano intorno al fiume, dai commerci al trasporto di materiali, alla pesca, e il dissesto provocato dalle demolizioni e dai lavori per la costruzione delle fondamenta dei nuovi argini. Spesso per raggiungere una visione continua e allargare l'orizzonte dello sguardo accosta diversi fotogrammi, quasi a voler conservare l'idea dell'ininterrotta cortina urbana che si riflette nell'acqua e che, da lì a poco, con la costruzione degli argini, sarebbe scomparsa; altre volte colloca in primo piano elementi naturali, quasi ad alludere ad una potenziale dicotomia tra città e paesaggio nella quale il fiume rappresenta il simbolico confine. Soprattutto in questa serie di fotografie affiora la propensione di Roesler Franz per gli aspetti agresti delle sponde e gli effetti pittorici - dal tronco di pioppo che si staglia sull'acqua attraverso il quale si intravede la riva sinistra del Tevere alla famosa immagine dell'uomo disteso lungo il sentiero alberato che costeggia il fiume ai Prati di Castello35 - che accomuna indissolubilmente gran parte della sua migliore produzione pittorica alla ricerca fotografica sul paesaggio naturale, finora non sufficientemente analizzata.
Lasciando la memoria del passato agli acquerelli Roesler Franz ha potuto liberamente servirsi della fotografia come cronaca partecipe del presente, racconto per immagini ma anche straordinario documento nel quale la consapevolezza del valore storico-sociale è interrelata allo spessore della ricerca formale tipica dell'artista. Ancora oggi, infatti, possiamo completamente aderire all'intuizione di Carlo Pietrangeli, che definì "autentico artista il pittore-fotografo Ettore Roesler Franz"36.


1 - I. Insolera, Roma: immagini e realtà dal X al XX secolo, Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 373-374.

2 - Così parla un giornalista piemontese, Roberto Sacchetti, emigrato a Roma nel 1881 (in I. Insolera, Roma moderna. Un secolo di storia urbanistica, Torino, Einaudi, 1962, ed. 1971, p. 44).

3 - La distruzione di Roma è il titolo di una lettera di Herman Grimm, professore di Storia dell'Arte all'Università di Berlino, tradotta e pubblicata a cura di C.V. Giusti da Loescher nel 1886.

4 - Di "vento di barbarie" riferito alle trasformazioni urbanistiche di Roma parla Gabriele D'Annunzio nel romanzo Le vergini delle rocce.

5 - Cfr. F. Del Prete, Il fondo fotografico del Piano Regolatore di Roma 1883. La visione trasformata, Roma, Gangemi, 2002.

6 - C. Bernoni, R. Mammucari, Roma sparita nelle fotografie di Ettore Roesler Franz, Roma, Newton & Compton, 2001, p. 10.

7 - La decisione del Comune di Roma di acquistare la prima serie degli acquerelli di Ettore Roesler Franz esposta al Palazzo delle Esposizioni nel 1883 suscitò vivaci reazioni anche da parte di importanti artisti dell'epoca come Nino Costa, che commentando l'acquisto scrisse che l'opera era tale "da non far rimpiangere la Roma che se ne va sotto il piccone municipale" (cit. in P.A. De Rosa, Ettore Roesler Franz, per una rilettura, in P.A. De Rosa, P.E. Trastulli, Roma sparita e dintorni negli acquerelli di Ettore Roesler Franz, Roma, Newton Compton, 1994, p. 11); si vedano anche il saggio di Paolo Emilio Trastulli in questo stesso volume e G. Bonasegale, Ettore Roesler Franz e l'ambiente culturale romano, in Riletture del vero: gli acquerelli di Ettore Roesler Franz, catalogo della mostra (Roma, Museo del Folklore, dicembre 1993-gennaio 1994), a cura di G. Bonasegale e M.C. Biagi, Roma, Palombi, 1993, pp. 7-12.

8 - Sull'immagine di Franz durante il fascismo, specialmente attraverso la figura di Antonio Muñoz, si veda R. Leone, Roma sparita e Roma che sparisce. Iconografia delle demolizioni nelle raccolte del Museo di Roma, in Fori Imperiali. Demolizioni e scavi. Fotografie 1924/1940, a cura di R. Leone e A. Margiotta, con la collaborazione di F. Betti e A.M. D'Amelio, Milano, Electa, 2007, pp. 27-45.

9 - Per i rapporti tra pittori e fotografia in Italia si vedano i numerosi contributi che Marina Miraglia ha dedicato all'argomento in generale e ai singoli artisti; tra i più recenti si ricorda M. Miraglia, Modernità della fotografia, in Italie 1880-1910. Arte alla prova della modernità, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, 22 dicembre 2000-11 marzo 2001, Parigi, Musée d'Orsay, 9 aprile-15 luglio 2001), a cura di G. Piantoni e A. Pingeot, Torino, Allemandi, 2000, pp. 69-75, con bibliografia di riferimento. Si veda anche G. Bonasegale, Immagini riflesse tra pittura e fotografia, in La poesia del vero. Pittura di paesaggio a Roma tra Ottocento e Novecento da Costa a Parisani, catalogo della mostra (Macerata, Palazzo Ricci, 20 luglio-15 settembre 2001, Camerino, convento di San Domenico, 21 luglio-15 settembre 2001), a cura di G. Piantoni, Roma, De Luca, 2001, pp. 20-28.

10 - Si ricordano qui alcuni testi nei quali è stata trattata l'attività di Roesler Franz fotografo: C. Bernoni, L. Cavazzi, Ettore Roe­sler Franz a Tivoli, "Atti e memorie della società Tiburtina", XLI, 1968, pp. 145-153; B. Brizzi, Roma fine secolo nelle fotografie di Ettore Roesler Franz, Roma, Quasar, 1978; M. Miraglia, Ettore Roesler Franz, in Fotografia italiana dell'Ottocento, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, ottobre-dicembre 1979, Venezia, Ala Napoleonica, gennaio-marzo 1980), Milano, Electa-Firenze, Alinari, 1979, p. 175; P. Becchetti, La fotografia a Roma dalle origini al 1915, Roma, Colombo, 1983, p. 339; Roma: paesaggi, figure negli acquerelli inediti di Ettore Roesler Franz, a cura di C. Bernoni e B. Brizzi, Roma, Colombo, 1986; Roma: paesaggi, figure nelle fotografie inedite di Ettore Roesler Franz, a cura di C. Bernoni e B. Brizzi, con un testo di M. Barberito, Roma, Colombo, 1987; M. Miraglia, Ettore Roesler Franz fotografo tra veduta e paesaggio, in Bonasegale-Biagi 1993, cit., pp. 13-21.

11 - R. Mammucari, Ettore Roesler Franz e la Società degli Acquerellisti, in Ettore Roesler Franz: un vedutista di fine '800 a Tivoli e nel Lazio, catalogo della mostra (Tivoli, Villa d'Este, 13 maggio-26 settembre 2004), a cura di M. Testi, Roma, De Luca, 2004, pp. 44-46.

12 - C. Bernoni, Ettore Roesler Franz: la ricerca assoluta della verità, in Testi 2004, cit., pp. 47-49 e M. Barberito, Il tempo, i luoghi, la memoria, in Bernoni-Brizzi 1987, cit., pp. 12-21.

13 - P.E. Trastulli, Roesleriana, in De Rosa-Trastulli 1994, cit., pp. 19-49.

14 - L'Associazione Amatori di Fotografia in Roma fu fondata, prima in Italia, nel marzo del 1888 da un piccolo gruppo di dilettanti tra cui il principe Ruffo della Scaletta, Enrico Valenziani e Giovanni Gargiolli. Alla società appartenevano "Chiarissimi scienziati, artisti, distinti e provetti cultori dell'arte fotografica", come si legge nel resoconto dell'Assemblea generale del 10 marzo del 1889. Cfr. Becchetti 1983, cit., p. 46.

15 - Nel suo testamento Ettore Roesler Franz cita gli album di fotografie insieme ai bozzetti, i calchi e le attrezzature di studio che avrebbe lasciato in eredità al suo allievo Adolfo Scalpelli. Sul retro di una fotografia (Archivio Alinari, rea f 1091) c'è scritto "proprietà esclusiva ed assoluta e per solo uso di Ettore Roesler Franz". L'unica foto pubblicata, raffigurante un contadino ciociaro, si trova nel libro di Giuseppe Tomassetti La campagna romana in genere (Roma, Loescher, 1910, primo volume dell'opera La campagna romana antica, medioevale e moderna), comparso tre anni dopo la morte dell'artista.

16 - Il fondo fotografico di Ettore Roesler Franz è conservato nella collezione del Museo Nazionale Alinari della Fotografia (MNAF), Firenze. Consultando il materiale ho potuto identificare gli autori di alcune delle stampe contenute negli album dell'artista, che peraltro rappresentano una delle testimonianze più significative dell'interesse di Roesler Franz per le ricerche fotografiche coeve e degli intrecci e delle interrelazioni anche tematiche tra produzione pittorica e immagine fotografica. Desidero ringraziare per i preziosi suggerimenti nella stesura del testo Anita Margiotta; ringrazio inoltre per la disponibilità mostrata Ilaria Del Secco Cappelli, Monica Maffioli e Angela Barbetti di Fratelli Alinari, oltre a Mara Minasi, Gloria Raimondi e Simonetta Tozzi.

17 - Il numero, solo indicativo, risulta dalla consultazione del Fondo Roesler Franz.

18 - Una copertina sciolta appartenente ad un album reca il titolo Roma istantanee. Ghetto, Campo di Fiori, Piazza Montanara e adiacenze (Archivio Alinari, rea doc 1).

19 - Si tratta di circa duecento scatti, probabilmente in origine riuniti in un unico album "di lavoro" che avrebbe dovuto recare la copertina intitolata "Figure in azione. Modelli" (Archivio Alinari, da rea f 1023 a rea f 1217).

20 - Centinaia di immagini fotografiche sono dedicate a studi di alberi di varie specie - platani, faggi, sambuchi, querce - ma anche a vedute di boschi, foreste, paesaggi lagunari di Venezia e delle paludi a Maccarese.

21 - In un ricco album decorato a motivi animali e floreali fabbricato a Londra Roesler Franz riunì una preziosa serie di albumine di autori diversi. Vi raccolse diverse vedute dell'abbazia di Glastonbury, la piccola città del Somerset identificata nel mito arturiano con la leggendaria isola di Avalon, e dell'abbazia di Fountains. Nelle immagini compare il timbro a secco "Frith's series" del celebre fotografo inglese Francis Frith. Vi sono, inoltre, vedute di città e paesaggi scozzesi, dell'Isola di Wight, di Bath, del Castello di Windsor, di Oxford, di Edimburgo (alcune delle quali del fotografo scozzese George Washington Wilson), Colonia (di Anselm Schmitz) e Parigi. Insieme a queste è una serie di straordinari paesaggi della Tasmania, di Ceylon e perfino di Broadway (Archivio Alinari, rea a 2).

22 - Vi è un intero album intitolato dall'artista "Album per Paesi - fotografie fatte col kinegrafo di figure, animali, architetture di Ettore Roesler Franz" che raccoglie piccole immagini - sei per foglio - con la puntuale documentazione di feste popolari e processioni. Si tratta, probabilmente, della processione dell'Inchinata che si celebra ad agosto a Tivoli e di un'analoga festa religiosa che si svolge a Castel Madama (cfr. Archivio Alinari, rea a 1). In un altro album ci sono serie fotografiche di tipi umani orientali: "indo girl", "tamil", "singales", "maldive's people" ecc. (Archivio Alinari, rea a 2).

23 - Cfr. Archivio Alinari, rea f 562.

24 - Miraglia 1993, cit.

25 - Cfr. Brizzi 1978, cit., part. pp. 210 sgg.

26 - M. Miraglia, Note per una storia della fotografia italiana, (1839-1911), in Storia dell'arte italiana. Situazioni, momenti, indagini. II. Grafica e immagine. 2. Illustrazione e fotografia, a cura di F. Zeri, Torino, Einaudi, 1981, pp. 421-543.

27 - G. Bollati, Note su fotografia e storia, in C. Bertelli, G. Bollati, Storia d'Italia. Annali. 2. L'immagine fotografica, 1845-1945, Torino, Einaudi, 1979, pp. 3-55.

28 - L. Vitali, La fotografia italiana dell'Ottocento, in P. Pollack, Storia della fotografia dalle origini a oggi, trad. di A. Boscu, Milano, Garzanti, 1959, pp. 266-272; I. Zannier, in Fotografia italiana dell'Ottocento 1978, cit., p. 88; A. Margiotta, Fotografi dilettanti tra Ottocento e Novecento: il fondo Conrado, in Una città di pagina in pagina. Fotografie e illustrazioni, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Braschi, gennaio-marzo 1984), Venezia, Marsilio, 1984, pp. 87-88, 109.

29 - C. Bertelli, La fedeltà incostante. Schede per la fotografia nella storia d'Italia fino al 1945, in Bertelli-Bollati 1979, cit., p. 101.

30 - Si riprende qui il sottotitolo del citato volume di Federico Del Prete (2002).

31 - I. Zannier, La fotografia italiana, critica e storia, Milano, Jaca Book, 1994, p. 31.

32 - De Rosa, Ettore Roesler Franz, per una rilettura 1994, cit., pp. 7-16.

33 - Sulla crisi successiva alla "febbre edilizia" e sulla storia urbanistica di Roma resta essenziale il già citato testo di Italo Insolera, Roma moderna. Un secolo di storia urbanistica (1962).

34 - Cfr. Archivio Alinari, rea doc 1.

35 - La predilezione di Rosler Franz per il paesaggio, gli effetti della luce, le vibrazioni dell'acqua, le indagini naturalistiche sulla vegetazione e sulle diverse specie di alberi accomuna la produzione fotografica agli esiti pittorici di maggior rilievo e trova significativi paralleli con analoghe ricerche di pittori quali Carlandi e Coleman e maestri della fotografia come Caneva. Sulla rilettura di Roesler Franz paesista si vedano De Rosa-Trastulli 1994, cit. e Testi 2004, cit.

36 - C. Pietrangeli, Presentazione, in Brizzi 1978, cit., p. 7.