Arte

Ugo Riva. Un artista contemporaneo e la classicità

di Fernando Noris, curatore della mostra

Ugo Riva - I ricordi, 2007 - Bronzo

Ugo Riva -  I ricordi, 2007 - Bronzo

Ugo Riva - Attesa, 2007 - Bronzo

Ugo Riva - I miei giorni, 2007 - Bronzo

Ugo Riva - Con il tuo aiuto, 2000 - Bronzo

Come ogni realtà vivente, anche i materiali dell'arte seguono le vicende e le traversie temporali della nascita, della crescita e della consunzione. Quando l'artista li sceglie, sa già che l'atto della sua creazione non li conserverà in eterno nella condizione che lui riesce a fissare, per ora, in questo istante, in quella data forma. Molti saranno i frangenti che concorreranno a trasformarli in semplici memorie di quello che fu l'atto iniziale di una genesi progressiva e mai per sempre definita. Nella bellezza di questa precarietà consiste il mistero soprattutto della scultura, la più in apparenza consistente delle forme artistiche, e in realtà tra le più fragili per la lievità delle terrecotte, le tarlature dei legni, la corrosione dei metalli, la friabilità delle pietre, lo squamarsi delle patine colorate. Il ridursi spesso a frammenti fa assumere, a questi segni artistici del divenire, il linguaggio interrotto dei sussulti e degli strappi dello scorrere del tempo. A ben guardare, sino al recente Fauno ripescato nelle acque di Sicilia, questo è il destino di quanti capolavori ancora ogni giorno ammiriamo. Scalfiti e levigati da intense assenze materiche essi ci si consegnano come testimoni frammentati e sublimemente episodici di una ricorrente allegoria del Tempo. Prima infatti di qualsiasi altro significato tematico o storico o estetico, essi si fanno portatori di questa perenne dialettica tra presente e futuro, orientando le nostre letture a una riflessione pazientemente e intimamente esistenziale. A qualcosa di ciò sembra ricondurre l'osservazione del lavoro di Ugo Riva. Il presente delle sue realizzazioni, pregnanti di densa e materiale consistenza, sembra tutto teso a precorrere le scansioni di un tempo-oltre, con cui esse saranno chiamate, prima o poi, a fare i conti, per essere, da questa futura dimensione, assunte, inglobate, metabolizzate. E anziché lasciare alla casualità degli eventi l'insieme di queste trasformazioni, è lo stesso scultore ad intervenire con modificazioni espressive, che enunciano dichiaratamente la sua intenzionalità di porle come studiati filtri temporali; al domani delle sue opere lo sculture intende essere presente fin d'ora, con interventi stilistici che mirano a togliere al Tempo la sua intransigente, e ormai non più sostenibile dopo Einstein, presunta assolutezza e il suo ineluttabile dominio. I Signori del Tempo, Il Tempo del Tempo e Imperturbabili Dei raccontano l'orgoglio di questa semplice, e insieme titanica, intuizione. Figure pacate, di classica serenità, stanno immobili di fronte al perenne scorrere del tutto, condensandolo, e come raffrenandolo, in una affermazione di lirica sospensione. La coscienza che coglie se stessa è la vera misura del reale. Il resto è pura contingenza. Inutile all'arte, come forse è inutile alla Vita. Sarà anche per questo che le citazioni irrompono come bagliori di luce del presente nel presente: una Nike di Samotracia che sostituisce l'Angelo dell'Annunciazione, La Beata Ludovica Albertoni di Bernini, sempre più vivida nella sensualità di Estasi, gli Amanti di Manzù in Non si può sfidare il cielo, le plastiche figure di Piero della Francesca in I segreti di Piero, le cariatidi sacrali di Angeli. E' in questa contemporaneità del tutto che l'invenzione di Ugo Riva si esercita, senza sentirsi ospite di nulla, ma tutto ospitando all'interno di un crogiolo alchemico e purificatore. Così è per le forme, cosiddette naturali, di alberi, cortecce, lancinanti rami, lastre arrugginite e borchiate, cui viene lasciata l'intrinseca scultoreità del tratto e dell'apparire. Tutto concorre a creare ogni singolo frammento d'arte, perché tutto è consapevolmente, e umilmente, parte di una totalità più vasta, non tangibile e non consumabile mai per intero da chicchessia. Ma il Tempo, nel mistero del suo volerci condizionare inchiodandoci alla sua continua misurazione, non è raccontabile direttamente; può soltanto essere còlto e decodificato attraverso un sistema di simboli legati allo spazio. “Nella concezione del mondo di qualsiasi nuovo sistema di pensiero che si faccia avanti- ha scritto Pavel Florenskij - il problema dello spazio è proprio centrale e prefigura la formazione di tutto il sistema. Con determinate riserve e spiegazioni si potrebbe persino considerare lo spazio come l'oggetto proprio e originario della filosofia, in rapporto al quale tutti gli altri temi filosofici devono essere considerati. (Pavel Florenskij, Lo spazio e il tempo nell'arte, Adelphi 1995) E se ciò è ritenuto valido per la filosofia, non può non esserlo per l'estetica che ne deriva. Nella scultura di Ugo Riva le ambientazioni spaziali sono un tutt'uno con la creazione stessa. Il vuoto che preesisteva attorno alle sue figure nascenti, non è più tale appena esse hanno finito per prendere vita: lo stampo, per così dire, di un pieno artistico entra in dialogo con la rarefazione circostante, assumendo su di sé la responsabilità di divenire unità di misura di tutte le cose e del tempo che le travaglia. Ogni scultura dell'artista interrompe l'ovvietà e la pigrizia di luoghi e di tempi scontati. Anzi, proprio con la forza della sua dominanza spaziale autorevole, ogni opera diviene clessidra e meridiana di un racconto sempre presente, perché integralmente e inevitabilmente attuale, e pure, nuovo. In tutto ciò il ricorso, sempre più frequente, alla rappresentazione della figura umana diviene spazio di per se stesso: architetture, prima ancora che corpi, uomini e donne, angeli e danzatrici veleggiano verso un rigore costruttivo con la lievità di archi e colonne dagli inafferrabili ritmi musicali, che s'intrecciano spesso su panneggi gonfi d'esuberante ventosità. Anche il vento è come il tempo: lo si coglie sono attraverso i suoi effetti. E sono questi dialoghi tra il piano modellato carnale delle anatomie e i flutti rigogliosi delle vesti, che ripropongono questa sospensione del tempo nello spazio, folgorando attimi per sempre sospesi. La materia è quasi sempre fratta e graffiata, lacerata; e gli scorci d'ambientazione si rivelano impudichi di verità, come nelle loro storie di strada, costruite rasentando muri di striscianti malinconie notturne. Dalla ruggine e dalla patina dei metalli discende, o s'innalza, un distillato cromatico che asseconda l'intento espressivo del gesto dell'artista, quasi ad ammorbidire in pacatezza la perentorietà dell'assunto. Raramente vien dato di vedere come veramente un artista riesca, con i soli mezzi del proprio lavoro, a identificarsi nel pensiero, così semplice e così sublime, che l'uomo è la misura e la sintesi del tempo. Non perché a sua volta egli si illuda, nella superbia già narrata dalla Genesi, di volersi fare lui stesso eterno, ma per continuare a respirare con pienezza la realtà di quell'unico presente che ci è dato cogliere e vivere. E proprio per evitare la tentazione, subdolamente instillata dal serpente, le forme di Ugo Riva nei tratti e nei segni di una inarrestabile caduta, cantano l'elegia della propria fragilità, consapevoli di essere deboli canne incrinabili al soffio di qualsiasi refolo di vento, ma, come diceva Pascal, di ben essere canne pensanti. In questa scelta stilistica e formale non c'è chi non veda il profondo richiamo a un umanesimo perenne, frutto della intelligenza di secoli di tradizione, sgranata attorno a pensieri mai sopiti e , per fortuna, ricorrenti : dai grumi contorti di Skopas, ai resti dilavati e corrosi del Partenone, alla ruvidezza uncinata di Wiligelmo, alle Pietà mai finite, su su, fino ai cilindri, alle sfere, ai cubi di Piero della Francesca e di Cézanne e al grandioso grafismo plastico di Manzù. Forse l'anima di ogni pensiero veramente classico, a ben guardare, è stata, ed é, proprio quella di individuare il presente come esaltazione di ogni possibile ideale, senza tradire niente della contingenza del momento fuggente, ma assumendolo anzi, come unica ricchezza che, nella nostra imperfezione, ci è dato sperimentare. Se tutto ciò costituisca anche una interpretazione religiosa del vivere, lasciamo agli esegeti. Di sicuro non lasciarsi naufragare nelle secche del passato o evitare di ardere parossisticamente nell'attesa di un futuro, che rimane sempre tale, può aiutare ad avvicinarsi a Colui che per definizione “ E' colui che è”. Assumere il punto di vista di Dio sulla relatività del Tempo può costituire un grande rischio, ma può anche aiutare, almeno qualche volta, a conferire unità e senso ai frammenti di ciascuno dei nostri giorni. Intanto, nell'antologica che la Provincia di Bergamo gli dedica, proveremo a mettere a confronto qualcosa del lavoro di Ugo Riva con alcune testimonianze esemplari di una classicità “ classica”, che dalla pienezza dell'umanesimo pittorico ci fa pervenire segnali di persistenza di un dialogo ininterrotto tra la precarietà del vivere e gli slanci di una tensione volta a raccontare il tentativo dell'uomo di convivere consapevolmente con i limiti, ma anche con le risorse, del Tempo.


Ugo Riva. Un artista contemporaneo e la classicità
Bergamo - Palazzo della Provincia di Bergamo
Dal 12 aprile al 31 agosto 2008