Arte

Il Museo delle Ceramiche di Castelli (Te)

Il Museo è stato istituito nel 1984, per promuovere la cultura e l'arte della maiolica, per salvaguardare la storia e le tradizioni locali, per garantire la conservazione e l'esposizione delle opere che testimoniano le produzioni ceramiche castellane succedutesi nei secoli e quelle degli altri centri di analoga, antica tradizione.

Sala espositiva Museo delle Ceramiche di Castelli (Te)

Orazio Pompei, Madonna con Bambino, prima metà del '500 - Collezione Museo delle Ceramiche di Castelli

Pompeo di Brunamonte - Vaso biansato, prima metà del '500 - Collezione Museo delle Ceramiche di Castelli

Antonio Lollo il Giovane (attribuzione) - Flora, prima metà del '600 - Collezione Museo delle Ceramiche di Castelli

Il Museo, ospitato nella suggestiva sede di un antico convento francescano con un bellissimo Chiostro affrescato da Ubaldo Ricci (1669-1731) e Natale Ricci (1677-1754), è situato sopra l'abitato di Castelli in una località che, per l'insieme delle istituzioni che ospita, costituisce un vero parco della ceramica. Nelle vicinanze, infatti, si trova la Chiesa di San Donato, con il suo soffitto maiolicato realizzato negli anni 1615-1617, unico in Italia, e l'Istituto Statale d'Arte per la Ceramica, nei cui locali sono esposti il Presepe Monumentale, realizzato dall'Istituto negli anni settanta del Novecento e composto da circa sessanta statue a grandezza naturale, e la Raccolta Internazionale di Ceramica Moderna con opere di oltre trecento artisti di più di cinquanta nazioni.

La quasi totalità del materiale esposto documenta l'evoluzione delle manifatture castellane dal Medioevo attraverso il Cinquecento, il Compendiario e l'Istoriato Castellano, con opere dei maggiori esponenti di questo lungo percorso artistico che hanno reso famoso il nome di Castelli. Per adempiere, poi, alla funzione didattica nei confronti degli alunni dell'Istituto d'Arte, sono esposti anche reperti archeologici di matrice prevalentemente apula, corinzia, attica, dauna, etrusca e romana non provenienti dal territorio di Castelli, che consentono di comprendere meglio l'evoluzione delle tecniche ceramiche. 

Il nucleo originario delle collezioni appartiene alla “Raccolta Civica”, promossa da Gian Carlo Polidori negli anni 1930-1940, quando era direttore della Scuola d'Arte, via via arricchito da importanti depositi di Enti pubblici (Museo Nazionale d'Abruzzo e Regione Abruzzo) e di collezionisti privati (Collezioni Fuschi e Nardini) e dalle acquisizioni effettuate periodicamente, grazie anche alle donazioni di generosi estimatori.

Il percorso espositivo si svolge in ordine cronologico.

Nella prima sala sono esposti frammenti di scavo raccolti sul territorio castellano e una piccola testimonianza di piastrelle da pavimento e da rivestimento di epoche diverse.
Nella seconda sala sono esposti due piatti medioevali di ceramica ingobbiata graffita recuperati nella Grotta di Sant'Angelo, in provincia di Teramo, e un boccale frammentato appartenente alle produzioni della prima metà del Cinquecento. Essa è dominata dagli oltre 200 mattoni provenienti dalla primitiva Cona cinquecentesca di San Donato, che si possono ammirare solo presso il Museo di Castelli, e che sono messi a diretto raffronto con i due vasi farmaceutici della tipologia Orsini-Colonna, posseduti dal Museo, a testimonianza delle analogie stilistiche che hanno consentito, negli anni ottanta del secolo scorso, di attribuire alle manifatture della bottega Pompei questa importantissima produzione cinquecentesca.

Si tratta di un corredo farmaceutico la cui produzione era assegnata di volta in volta ai più noti centri italiani di produzione ceramica fino a quando non furono reperiti frammenti di scavo nella discarica della fabbrica Pompei che misero termine alla disputa. I vasi superstiti sono oggetto di un ricercato collezionismo fin dall'Ottocento e sono presenti in tutti i più importanti Musei del mondo: Louvre, British, Metropolitan, Ermitage, Bargello, Palazzo Venezia, Floridiana, per citare i più grandi.

Nella stessa sala è esposta, inoltre, la Madonna che allatta il Bambino, l'opera di Orazio Pompei che reca la datazione più antica della ceramica castellana (1551), rubata negli anni settanta dalla sala consiliare del Comune di Castelli dove era esposta, ritrovata sul mercato antiquario dal Nucleo di tutela del patrimonio artistico all'inizio degli anni novanta, purtroppo rotta e manomessa in modo irreversibile, e di recente restaurata per riportarla al primitivo splendore (la data, purtroppo, è stata modificata in 1550).

Il periodo a cavallo tra il Cinquecento ed il Seicento, in cui domina lo stile Compendiario - una pittura semplice, di sintesi come denuncia lo stesso nome, nei toni languidi del giallo, dell'arancio, del verde e del blu della tavolozza castellana non ancora arricchita dal bruno di manganese - è documentato da un pannello, che ricompone un campione del soffitto seicentesco di S. Donato (1615-17), ancora in situ, realizzato con i mattoni non ricollocati sul soffitto dopo il restauro del (1969-70), dai mattoni mutili già appartenuti al soffitto stesso, dal Paliotto di Colledoro e dal pannello con L'Arcangelo Gabriele, da una serie di piatti da pompa, che venivano utilizzati per ornare le case nobiliari, da contenitori farmaceutici e targhe devozionali (sala terza).

La quarta e la quinta sala contengono una significativa documentazione dell'Istoriato castellano con una serie di opere di pittori appartenuti alle varie dinastie di maiolicari: i Grue, i Gentili, i Cappelletti, i De Martinis ed i Fuina, che dal Seicento all'Ottocento hanno mantenuto alto il prestigio delle produzioni ceramiche castellane.

Nel corridoio intorno al Chiostro è esposta una selezione degli “spolveri” settecenteschi provenienti dalla fabbrica dei Gentili - sono disegni su carta bucherellati per trasportare il disegno sul supporto ceramico troppo tenero per sopportare il segno della matita - e un deposito a vista con materiale non incluso nel percorso ordinario.

Al piano terra si possono ammirare trenta opere donate dal maestro Giorgio Saturni, che, per tanti anni, è stato docente dell'Istituto d'Arte di Castelli, prima di andare a dirigere gli Istituti di Isernia e Chieti, e le opere che artisti contemporanei come Palmieri, Marotta, Mingotti, Artias e Fieschi hanno lasciato recentemente al Museo dopo aver esposto nei locali del museo stesso..

Inoltre, in un percorso che ricompone una vecchia bottega maiolicara con i diversi cicli lavorativi della produzione della creta e degli smalti, della foggiatura, della smaltatura e della pittura, sono esposti anche strumenti per la lavorazione della ceramica provenienti dalle antiche botteghe e un modello del forno a respiro, di invenzione castellana.

Il Museo persegue il duplice obiettivo di ampliare le collezioni con opere di qualità per quanto attiene ai periodi di maggiore splendore e di arricchire le testimonianze ottocentesche, soprattutto quelle a carattere popolare, che fino ad oggi hanno avuto scarsa attenzione. Analogo interesse è rivolto anche alle produzioni del secolo scorso, quando, anche grazie all'azione dell'Istituto Statale d'Arte per la Ceramica, si è assistito ad un rifiorire delle attività artistiche ed economiche.

In questa logica sono stati recentemente acquistati un importante vaso farmaceutico della fabbrica di Gesualdo Fuina (1755-1813) e un servizio da tavola in porcellana prodotto a Castelli dalla SIMAC all'inizio degli anni '30 del secolo scorso.

Castelli è stato per secoli all'avanguardia delle produzioni ceramiche per la capacità di seguire l'evoluzione delle tendenze artistiche e del gusto, garantendo, nello stesso tempo, l'introduzione di produzioni innovative e di tecniche di produzione più aggiornate.

Il Museo, nell'intento di mantenere viva l'attenzione degli operatori non solo verso l'antica tradizione ma anche alle manifestazioni più avanzate dell'arte contemporanea, ha organizzato in questi ultimi anni numerose mostre personali (Artias, Marotta, Sciannella, Mingotti, Birotti, Fieschi e Pulsoni)  ed una collettiva (Carrino, Cascella, Di Pede, Ligi, Nannicola, Palasti, Palmieri, Santoro, Sciannella, Tito, Visca) di artisti contemporanei chiamati, spesso, a realizzare le loro opere nei laboratori artigiani di Castelli.

Nello stesso tempo ha continuato a farsi promotore, come è suo compito, della valorizzazione e della diffusione della secolare tradizione e del grande patrimonio culturale che Castelli rappresenta per l'Abruzzo intero.

Sono state, così, realizzate in collaborazione con un apposito Comitato, costituitosi a Teramo sotto gli auspici del Comune e del Museo di Castelli, la mostra L'Antica Ceramica da Farmacia di Castelli, una rassegna delle produzioni di contenitori farmaceutici dal Cinquecento all'Ottocento svoltasi a Teramo, Roma e Castelli dell'estate del 2004; la mostra Da Castelli all'Ermitage, una rassegna eccellente delle produzioni castellane dal Cinquecento all'Ottocento svoltasi all'Ermitage di San Pietroburgo, dal 20 dicembre 2005 al 12 febbraio 2006 e la mostra Le Maioliche di Castelli - Capolavori d'Abruzzo dall'Ermitage svoltasi a Roma a Palazzo di Venezia, a Castelli ed a Teramo nell'estate del 2007 con la quale è stata riportata in Italia per la prima volta una intera collezione di maioliche di Castelli di proprietà dell'Ermitage, di grande valore qualitativo e che costituisce la più grande  raccolta di maioliche castellane all'estero.

Esposizioni temporanee si errano svolte già in passato presso istituzioni di grande prestigio come il Palazzo Reale di Napoli, il Museo San Martino di Napoli ed il Museo di Palazzo Venezia a Roma. Ma è stata questa la prima volta, che una significativa testimonianza di un'arte che dal Cinquecento si è sempre mantenuta ad altissimi livelli, raggiungendo il massimo fulgore nel periodo barocco, ha valicato i confini nazionali per essere accolta in una delle più grandi e prestigiose istituzioni culturali del mondo, con la quale è stato poi organizzato nel 2007 il ritorno in Italia delle circa ottanta maioliche di Castelli, moltissime inedite, che fanno parte delle collezioni dell'Ermitage.

Infine, in collaborazione con il Museo delle Genti d'Abruzzo di Pescara è stata organizzata nel 2005 la mostra La Straordinaria Fucina dell'Arte, una mostra antologica delle produzioni castellane dal Rinascimento al Neoclassicismo, esposte a Pescara e Castelli, di grande valore scientifico perché ha consentito di fare il punto della ricerca che in questi ultimi anni ha avuto grande sviluppo, presentando al grande pubblico le opere di artisti riemersi dall'oblio del tempo ed i progressi raggiunti nella ricostruzione dei repertori di quelli già noti.

La donazione al Museo di Castelli delle duecento opere in ceramica di Aligi Sassu, grazie al generoso gesto del dr. Alfredo Paglione, si colloca quindi a coronamento di una intensa attività del Museo e della politica condotta in questi anni per arricchire le collezioni anche con la documentazione delle espressioni artistiche contemporanee.

La presenza così importante per il numero delle opere di uno degli artisti più significativi del Novecento costituisce un avvenimento di grande orgoglio per la città di Castelli, che accanto alla tutela ed alla promozione del suo glorioso passato guarda con entusiasmo alle manifestazioni dell'arte contemporanea, ed un motivo in più per i tanti appassionati dell'arte ceramica per venire a conoscere le bellezze artistiche, ma anche naturali ed ambientali, di questo territorio la cui vocazione al bello è documentata dai secoli della sua storia.

La esposizione definitiva delle opere di Aligi Sassu sarà realizzata nella Chiesa della Madonna degli Angeli, in stile barocco a suo tempo annessa al Convento, che completa e arricchisce il Museo delle Ceramiche di Castelli.