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Ogni mattina Ogni dove

Di Flavio Arensi

Ogni mattina, ogni singola alba di vita, dischiudere gli occhi per imbattersi nel mondo e, col mondo, nella realtà con la sua piena bellezza. Ogni mattina risveglio per gli occhi di Andrea, e Maurizio Bottoni per quelli di Tiziana, come John Donne in offerta di un buongiorno al suo "ognidove":

"[…] And now good morrow to our waking souls,
Which watch not one another out of fear;
For love, all love of other sights controls,
And makes one little room, an everywhere.
Let sea-discoverers to new worlds have gone,
Let maps to other, worlds on worlds have shown,
Let us possess one world, each hath one, and is one[…]"1.

Quale istante più eterno di quello vero speso nell’amore, fra i sensi dischiusi, come il fiore nel prato, senza chiedere, solo per dare; e nel darsi scoprire di aver già ghermito l'infinito di cui siamo parte. Quando Maurizio Bottoni entra nel suo atelier s’accompagna dell’esistenza compiuta, e poi d’improvviso sembra tutto svanire, lasciando alla pittura il suo spazio d’impresa. Ma non è vero che il pittore si comunica di solitudine nell’atto di creare; pur concentrato nella invenzione, in lui accadono migliaia di esplosioni d’universi, e le galassie tutte scoppiano, crescono e muoiono in punta del suo pennello; schiantano anche le grida furibonde della gelosia domestica, che è una passione portata all’eccesso, eppure una costante denuncia di amore totale. Se Tiziana Bottoni non fosse gelosa non scriverei questa breve prolusione, preso dall’interesse per la sua furia d’amante che è un colore fra i tanti della tavolozza del marito. Credo sia la stessa furia impressa ai quadri nell’atto pratico d’incominciarli, lasciando che crescano e camminino con le proprie gambe, però col senso stretto di non poterli e volerli mai perdere. E quando si racconta di un quadro, lo si fa con la tenerezza di chi calca l’impronta sulla sabbia bagnata pensando non dissolva alla prima risacca. Il destino dell’uomo non è certo durare, dunque questo lascito al mondo diviene un piccolo rimedio al sapore aspro della scomparsa; piccolo se paragonato all’età della terra, ed enorme perché supera qualsiasi storia personale per assurgere a simbolo comune di speranza. Ogni mattina, allora, Maurizio Bottoni si appresta a lasciare un segno d’auspicio all’umanità, e col suo umorismo sottile lo intende alla stregua di un teschio, di un porcello pasciuto, di una grossa vacca disillusa, un petalo candido che stringe la sua ghirlanda. Persino il dramma di una corona di spine si ammanta di pace serena, che non distoglie l’attenzione dall’ansia talvolta arrecata della prova quotidiana, né dalla paura che il mistero di questa nostra esperienza terrena adduce, come la testuggine il suo guscio. Sarebbe molto più semplice cedere all’eclatanza dell’orrore; la gente è più disposta ad ascoltare i profeti di sventura che non i cantori di un gesto rassicurante e tranquillo. L’esistenza è una nuvola che passa sul bosco prima di rincorrere i declivi della valle, non soltanto l’occhio irritato e strabuzzante di un cadavere provocatorio. Maurizio Bottoni ha in sé la calma di colui che conoscendosi vuole conoscere, con tutte le maldestre vicende degli uomini sinceri. Nel suo studio lascia che l’aria impregni di episodi biografici, gusti la realtà: si può errare e si può anche cambiare, il passato esiste soltanto nella mente se mai si voglia ritorni, altrimenti resta polvere ed illusione. La sua fermezza è proseguire: sbaglia chi confonde il prezioso uso della saggezza antica per una inattualità della visione: egli difatti non racconta ciò che è stato, bensì il futuro, raccogliendolo e fermandolo in un istante di presente.
In questo modo inizia la ricerca della verità (la sua o l’assoluta poco importa), e il vero non dipende soltanto dai fenomeni rivelati tangibilmente, ma è quel impetuoso ribollire dentro il profondo delle viscere. Non esiste verità senza tempo, dunque fornire all’oggetto ritratto una scappatoia temporale significa effondergli un senso preciso di verità. Ugualmente declamare i versi di John Keats

""Beauty is truth, truth beauty,"- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know" 2

consci che tutto è assegnato secondo le possibilità discernitive, e la verità si mostra a chiunque, ma non perciò costoro vogliono vederla. Questo è tutto quello che sulla terra sappiamo: e ci deve bastare. Ecco perché pare la verità sfugga o sia imprendibile, e se qualcuno intrappola sulla tela uno scampo di realtà già si freme, quasi davvero abbia ingabbiato la verità, o quella ritenuta tale. Intanto l’opera di Maurizio Bottoni ci rammenta la bellezza infinita che vivifica ogni singolo fremito del Creato, dichiarandosi senza sgomento; la bellezza è l’infinito, perché non vive la paura della fine, che per taluni incombe come una sconfitta. Quando il panico attanaglia il petto, lasciando la fronte e il collo sudare, non esiste confronto con la bellezza, e l’ansia della morte fa tacere ogni sentimento; lui, Maurizio Bottoni, non cancella nelle sue opere un tremore tanto sconvolgente, benché utilizzi una sorta di distacco placido, da osservatore in attesa. Di fronte alla complessa metodologia tecnica e di pensiero dei suoi quadri, persino di un semplice piatto d’aringhe dipinte, viene quasi da pensare la bellezza sia un lavoro difficile, o quantomeno qui sia condotta ai suoi esiti estremi, nella zona rarefatta delle parole che divengono soltanto immagini, e le immagini simboli, ideogrammi, come gli ultimi Canti di Ezra Pound; allora la bellezza è difficile.

"[…] Beauty is difficult, Yeats' said Aubrey Beardsley
when Yeats asked why he drew horrors
or at least not Burne-Jones
and Beardsley knew he was dying and had to
make his hit quickly . . .
So very difficult, Yeats, beauty so difficult […]"3.

Lo è intendendola tale; semmai si abbandona lo sguardo sincero dell’investigatore, che tutto osserva, tutto raccoglie. Che difficoltà serba il tramonto, in cui già principia l’alba, e quale orizzonte non può imprimere al nostro corpo la piacevole sensazione di essere noi i suoi stessi artefici? Se tramonti simili replicano (da ere ed ere) dipende da uomini come Maurizio Bottoni, da artisti che non rinunciano a creare il loro (e nostro) crepuscolo. Costoro fanno sopravvivere il mondo, decidendo di brevettare la realtà, e la loro verità. La incrociano con leggerezza, come i bambini che gustano l’intorno. Ciò che produciamo nel nostro intimo si trasforma esternamente in quello che vediamo, tocchiamo, abbracciamo, dipingiamo. Dio ama la bellezza; lo proclama il profeta Maometto:

"Înna Âllâh jamîl, îuhibbu âlJamâl" 4

D’altra parte, chi meglio di un Creatore ravvisa il bello nell’elemento creato? Il pittore discerne ogni millimetro della sua opera, poiché in ciascun segmento si consacra come un dio artefice e amante, figlio e padre insieme del suo genio. Sintetizza il cosmo intero, congiunge la vita alla morte. Certo non di meno. Maurizio Bottoni utilizza l’occorrenza dei giorni normali, delle strade di Milano, dei pasti in famiglia, degli amici – anche quelli che talvolta spariscono come me pur senza dimenticare e voler bene – per costruire la sospensione silenziosa dei suoi lavori, il loro oceano di silenzio. Quel "ognidove" che unisce senza fragore tutte le direzioni, gli emisferi, i poli: un punto che non esiste eppure esiste perché oltre la comprensione mentale. Soltanto chi ama può scoprirlo. E l’artista ama più di chiunque.

My face in thine eye, thine in mine appears,
And true plain hearts do in the faces rest;
Where can we find two better hemispheres,
Without sharp north, without declining west?
Whatever dies, was not mix'd equally;
If our two loves be one, or, thou and I
Love so alike, that none do slacken, none can die". 5

La sua pittura intelligente e amorevole recita come una preghiera dolce di ringraziamento all’esistenza, in tutte le sue molteplici sfaccettature. Un canto di lode per chi intende ascoltare: gli altri restino nel loro oblio. C’è chi si fissa sulla qualità del tessuto pittorico, la maestria della tecnica, la veridicità dei colori, l’intensità della visione. Io mi commuovo sempre e solo perché in quei quadri vedo Maurizio Bottoni, ed Edoardo Bottoni, e Tiziana Bottoni, ci incontro i loro amici raccontati o conosciuti, Giorgio Soavi, Almerina Buzzati, la famiglia Longanesi, gli Zuppelli, insieme alle loro cene con Vittorio Sgarbi, Carlo Castanedda e Marco Bona Castellotti (dove neppure c’ero), negli ultimi anni ci trovo anche me stesso. Mi commuovo perché in quei colori ci sono le stagioni del lago Maggiore e quelle della Lombardia, i lutti e i piaceri, dunque dimentico facilmente le velature o le altre misteriose magie del suo artificio. Vedo Maurizio Bottoni e il mondo intero: insomma quel che ogni opera d’arte dovrebbe offrire al suo ammiratore. È un dialogo fra amanti da cui la storia rimane fuori; poiché il tempo dilata all’infinito, come il tempo – appunto – degli amanti, nel letto, al risveglio dalla notte, quando appena appena gli occhi si aprono e indugiano sull’altro, riconoscendosi non come due, ma uno, uno solo: la verità è unità. È vita.

"I wonder by my troth, what thou and I
Did, till we lov'd? Were we not wean'd till then,
But suck'd on country pleasures, childishly?
Or snorted we in the seven sleepers' den?
'Twas so; but this, all pleasures fancies be.
If ever any beauty I did see,
Which I desir'd, and got, 'twas but a dream of thee[…]".6

1. da Good morrow di John Done, seconda strofa
"[…] Ora buongiorno alle anime nostre in risveglio,
che non spiano l'un l'altra per timore;
perché l'amore controlla ogni altro amore
e una piccola stanza diventa un ognidove.
fa che scoprano nuovi mondi gli esploratori dei mari,
fa che mondi e mondi le mappe possan mostrare:
fa che ci basti un mondo, ciascuno uno ne abbia e uno sia […]".

2. da Ode on a Grecian Urn di John Keats
""Bellezza è verità, verità bellezza," - questo solo
Sulla terra sapete, ed è quanto basta".

3. da The Pisan Cantos (80.525) di Ezra Pound
"[…]La bellezza è difficile, dice Yeats a Aubrey Beardsley
Quando Yeats gli chiese perché disegnava orrori
O almeno non Burne-Jones
E Beardsley sapeva che stava per morire
E che doveva colpire rapidamente…
Così tanto difficile, Yeats, così tanto difficile è la bellezza […]" (80.525).

4. detto (hadith) del Profeta Maometto, traslitterazione dall’arabo
"Certo, Dio è bello e ama la bellezza"

5. da Good morrow di John Done, terza strofa
"[…] Negli occhi tuoi il mio volto il tuo nel mio,
e nei volti riposano cuori leali e puri.
dove due emisferi migliori troveremmo
senza pungenti Nord, senza Occidente calanti?
Non fu unito equamente ciò che muore;
se i nostri amori sono un solo amore
o uguali durano, dei due nessuno muore[…]".

6. da Good morrow di John Done, prima strofa
"Io mi domando in verità, che facevamo
Noi due prima di amarci? Eravamo ancora bambini?
E godevamo di piaceri ingenui, infantilmente?
O sognavamo nell'antro dei sette dormienti?
Fu così. Ma questi non erano che ombre di piaceri.
Se mai bellezza vidi, che io desiderassi e avessi
altro non fu che un sogno della tua […]".


Articolo pubblicato il 28 ottobre 2005