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Il cielo è un teatro di nuvole e destini

di Flavio Arensi

[…]
Ma toglie
e dà memoria il mare,
e anche l'amore fissa occhi attenti.
Ma ciò che resta, lo istituiscono i poeti.
Friedrich Holderlin

In tedesco, il termine destino può tradursi con due vocaboli: il primo è Verhängnis, ed indica la fatalità, l’inaspettato in grado di sorprendere, l’occorrenza speciale e nascosta ai sensi oppure all’abitudine, in cui tuttavia risuona l’infinito Verhängen, tra le accezioni del quale vi è il coprire, il rendere nascosto, senza però una pregiudiziale negativa. In Max Klinger (1857 - 1920) un concetto preciso di Verhängnis si trova nel foglio 40 delle Brahmsphantasie (Der Bauer dessen Saat in un Heil aufght [Contadino la cui semina genera sventura], cat. 17) dove rasoi aguzzi nascono al passo del bracciante che tanto più interra sementi tanto più miete dolori, nell’ineluttabile sconfitta delle vicende umane, e soprattutto delle classi povere: un tema di molta arte di fine Ottocento, da Segantini alla Kollwitz. Poi il termine Schicksal che esprime l’impotenza di agire nei confronti degli accadimenti, con quel suono duro e scivoloso come la lama del boia, non soltanto è occulto ma pesa come il macigno al collo del suicida, e pesa maggiormente per l’uomo che per gli dei, definiti ragionevolmente da Friedrich Holderlin (1770–1843) Schicksallos, senza destino. Agli esseri viventi - "la gente sofferente, alla cieca, ora dopo ora, come acqua gettata da scoglio a scoglio" del Schicksalslied – per converso tocca invece vivere "per anni giù nell’Incerto". La libertà è dunque vivere senza destino, senza sottoporsi alle maglie delle tre Moire, che in verità dominano persino l’Olimpo. Nelle liriche la differenza, tra il piano divino e quello terreno si definisce intorno al concetto di beatitudine (il vocabolo ripetuto due volte è Selig), intimamente offerta dall’opportunità di essere di fatto emancipati, ed è in fondo quel saliente corale dell’omonima musica di Johannes Brahms (1833-1897) tesa a spiegare da una parte l’irreparabilità della condizione umana, e dall’altro la ribellione che sempre muove gli animi contro questa assurda legge fatalista. Brahms, e così il foglio 41 della Brahmsphantasie (Der befreit Prometheus [Prometeo liberato], cat.18), spingono il segno poetico in direzione dell’affrancamento, sviando dal testo originale del poeta pur tuttavia inserendosi nel più ampio contesto mitologico dell’Hyperion. Questo multipli rinvii di sguardi, che cominciano con la parola di Hölderlin (e specificamente con le lettere di Iperione a Bellarmino) divengono musica per trascendere le limitazioni del dire, ed infine disegno per offrire un corpo al suono, rivelando ognuno un aspetto diverso del mistero dell’esistenza senza tuttavia mai chiarirlo.

Mentre Brahms costruisce un’architettura di timbri e conglomerati armonici per toccare il centro emotivi dell’anima, Klinger impiega la persuasività della musica, le dedica un costante omaggio, a cominciare dai due fogli 1 e 19, (Accord [Accordi], Evocation [Evocazione], cat. 1, 7) che, dividendo le due parti principali della cartella, assurgono - iconograficamente - gli ingressi per penetrare nel cuore della opera grafica. Il percorso che offrono Brahms e Klinger risulta sinestetico e prende in considerazione anche la facoltà mnemonica, nell’alveo tracciato dallo stesso poeta che, in un celebre componimento, esprime tutto il senso della rammemorazione come scelta ontologica, ossia concernente all’essere. L’uomo, nello Schicksalslied, prende coscienza del distacco che lo divide dal mondo superiore del cielo, e così Klinger desidera comprendere, ricordare, da quali momenti arcaici deriva questo iato insanabile, riconducendo alle traversie dei Titani e di Prometeo l’avvio del dramma separativo. Questo il centro della Brahmsphantasie, pur non rispettando l’ordine diacronico degli avvenimenti che in alcuni fogli sono invertiti rispetto alla trama mitologica. Nel mito Prometeo è un Titano, figlio di Giapeto e di Climene, desideroso d’aiutare l’umanità fino a favorirla nell’atto dei sacrifici, consegnando agli uomini le parti migliori delle vittime ed alle divinità le peggiori: ciò scatena l'ira di Zeus che per vendetta priva la congerie terrena del fuoco; ancora una volta Prometeo è impietosito e ruba il fuoco agli dei nascondendolo in una canna. Per punire gli esseri umani, Zeus invia loro la donna, considerata causa di tutti i mali, e – rapitolo – fa incatenare Prometeo ad una roccia del Caucaso mentre un'aquila gli divorava il fegato (che ogni notte si rigenera per essere di nuovo roso). L’afflizione finisce con l’uccisione da parte di Eracle del rapace e la riconciliazione col padre degli dei. Nella cartella incisoria Brahmsphantasie il foglio 21 Nacht (Notte) (cat. 9), il foglio 22 Raub des Lichtes (Il rapimento della luce) (cat. 10) ed il foglio 24 Entfuhrung des Prometheus (Rapimento di Prometeo) (cat. 12) precedono il foglio 25 Opfer (Sacrificio) (cat. 13) che invece dovrebbe anticipare per logica narrativa tutti gli altri, essendone la cagione. Infine, il riscatto di Prometeo (cat. 18), chiude l’epopea col pianto gioioso del protagonista, sotto l’occhio compassionevole di Eracle, e il cielo infuso di luce e di nuvole quasi antropomorfe che si aprono in sollievo, come i fumi dell’Ultima cena di Tintoretto (1518 circa - 1594). Il contesto epico trova nel foglio 26 Homer (Omero) (cat. 14) il suo vertice, quale omaggio ad il più illustre fra i cantori, Omero, riportando in questa occasione, a fianco del corpo vecchio del poeta e di alcuni elementi icastici dell’Iliade e dell’Odissea, l’opera di Holderlin Schicksalslied, quale metaforica continuazione di spirito fra i due autori. Il foglio funge pure da spartiacque fra una sottosezione ampiamente mitologica, ed una che invece consta di meno grandi immagini e di più fregi, sopratutto dedicati alla fisicità e all’amore, riprendo in parte il contesto iniziale. Afrodite, (Die Schonheit - Aphrodite [La bellezza – Afrodite], foglio 31 – cat. 15) è in questo caso la dea di riferimento, come Zeus lo è stato nella precedente, mentre il tenore dei fregi muove dalla sensualità alla caduca e disgraziata condizione umana, fino appunto alla sventura seminata dal contadino del foglio 40 (cat. 17), con l’intermezzo di una bella meditazione sulla morte nel foglio 38 Ritter Tod (La morte a cavallo) (cat. 16), immaginata in un contesto cavalleresco nuovo rispetto alle altre atmosfere della cartella (eccetto per la torre diroccata che compare nel settimo foglio non in mostra). Si tenga anche presente che tale vortice emotivo conclude con il foglio 41 relativo alla liberazione di Prometeo, piegato nel pianto gioioso della libertà; all’opposto troviamo il misto di dolore e contentezza che caratterizza la vita di ognuno e soprattutto i protagonisti del foglio 13 Liebespaar im Gemach (Coppia di amanti nella stanza) (cat. 5), nel continuo conflitto amoroso degli amanti che è ebbrezza ed incubo. Tuttavia, è con il foglio 16 Im Grase (Sull'erba) (cat. 6) che si arriva, nella prima sezione dell’opera, a toccare con mano il significato di libertà poetica, tutto racchiuso nell’abbandono sereno dell’uomo nel campo d’erba schiacciato dal cielo. Come Omero serve da cardine fra la parte di centro (o sottosezione) e l’ultima parte, questo poeta romantico funge da porta fra le prime immagini della Brahmsphantasie e il racconto mitologico della sezione centrale: essa alleggerisce il contesto languido e nostalgico di certe soluzioni iconografiche - su tutte il foglio 8 (Nackte Frau am Baum/Die Ferngeliebte [Donna nuda appoggiata all’albero/L'amata lontana], cat. 3) - proiettando l’osservatore verso un’ottica trasognata ai limiti appunto del mito, subito susseguente. Im Grase è il manifesto di un modo di concepire la musica come frammento figurale, totalmente abbandonati al proprio essere, o al destino, aperti come si apre un fiore senza alcuna paura, semplicemente per darsi e ricevere. Così il trasognato personaggio del foglio 16 scruta l’orizzonte iniziando quelle meditazioni sulla sorte degli dei e degli uomini che ha ispirato Holderlin e di riflesso Brahms. Potrebbe dunque trattarsi di un gioco illusorio di scatole cinesi, di pensieri nei pensieri, come una infinita geometria frattale.

Il cielo certo recita un ruolo saliente nell’opera di Klinger, e accompagna tutte le vicende come parte in causa, coro drammatico che sottolinea gli avvenimenti della storia. Il primo cielo è quello del foglio 1 Accord (cat. 1), che come quello dell’ultimo foglio (cat. 18) occupa i due terzi della scena, mischiandosi al profilo delle montagne e all’oceano, in un tutt’uno che è esemplificazione dei sentimenti in burrasca. Che sia dipinto di notte o di luce, terra di battaglia fra titani oppure mensa cui alzare i sacrifici, l’orizzonte alto è comunque attore di una parte precisa e condivisa con le altri entità raccontate nella Brahmsphantasie. Soltanto in un foglio il cielo sparisce lasciando il posto ad una selva di alberi, portando così l’orizzonte su un piano affatto diverso da quello numinoso, ed è il foglio 23 (Fest/Reigen [Festa/girotondo] (cat. 11), dove le danze (misteriche) di donne e uomini sostituiscono coll’incoscienza festosa qualsiasi ragionamento sulla natura della vita e del destino. Il ballo, che segue il rapimento della luce operato da Prometeo, in una delle acqueforti più intense e scure dell’intera cartella (cat. 10), fa spazio alla dimenticanza, proprio in antitesi a quella rammemorazione che Holderlin propone nel suo Hyperion; una dimenticanza che è oblio cognitivo, ed al contempo liberazione (momentanea) dal peso sopportato nell’atto stesso di ricordarsi della natura umana. La ritualità del ballo, il perdere momentaneamente le coordinate esistenziali, significano per l’umanità mettere fra parentesi la propria natura di esseri destinati all’Incerto. Non è dunque casuale l’incipit e la chiusura della Brahmsphantasie accadano in controluce ad un panorama che contempla il mare ai piedi di una scogliera, ricalcando gli ultimi versi della Schicksalslied di Holderlin che recitano: "Come acqua gettata/da scoglio a scoglio,/Per anni giù nell’Incerto". Questo è il destino dell’esser vivente che, tuttavia, attraverso la poesia e la musica riesce a trascendere la paura della sua condizione, in pace dentro un campo d’era, e lì, come uno dei tanti fili riversi, contemplare il cielo, le sue storie, le sue leggende, i suoi destini. E finalmente, come gli dei, sapere che questi destini sono una grande cogente illusione. Ciò che resta lo intuiscono i poeti.


Articolo pubblicato il 12 aprile 2006