Arte

La biografia di Fortunato Depero
Depero. Opere della collezione Fedrizzi
Intervista a Maurizio Scudiero, curatore della mostra Depero futurista

Intervista a Maurizio Scudiero, curatore della mostra Depero futurista

Torino - Palazzo Bricherasio
Via Lagrange, 20 - 10123 Torino
Dal 19 febbraio 2004 al 30 maggio 2004
tel. 011 5711811 - Fax 011 5711850

Dopo le grandi mostre del 2000 a Londra, Tokyo, ecco di nuovo un’antologica su Depero, questa volta a Torino.
Perché proprio Torino?
Verrebbe da dire perché a Torino c’è... Palazzo Bricherasio che ha tanta voglia di ritagliarsi uno spazio nell’Artdom. Ma anche soprattutto perché tra Depero e Torino vi sono delle "corrispondenze" che datano alla fine degli anni ’60 quando proprio da Torino, con un vero e proprio progetto filologico (cioè non come solo episodio espositivo) fu avviata la rivalutazione dell’opera del maestro. A Torino, ad opera di quel gallerista "illuminato" che fu Giuliano Martano, nel giro di 5 anni tra il 1969 ed il 1975 furono tenute due mostre sull’artista ed editi due cataloghi e due studi monografici. L’opera di Depero fu affrontata in un’ottica multidisciplinare, dunque non solo pitturo-centrica, e quindi da quel momento si cominciò a capire il suo ruolo effettivo nell’ambito dell’avanguardia italiana nel ‘900.

Il MART è senza dubbio l’istituzione che raccoglie il maggior numero di opere importanti di Depero, ma questa mostra ne conta solo otto. Come mai?
Anche il Mart, che tra le sue entità comprende lo storico Museo Depero, quando organizza mostre di Depero difficilmente supera una soglia del 20-25% di opere proprie per realizzare il percorso espositivo, mentre la gran parte proviene invece da collezioni private. Questo perché la donazione che Depero fece alla città (circa 3500 opere, per la gran parte disegni) non è, da sola, rappresentativa della sua opera in quanto si trattava del corpus che gli era rimasto dopo tutta una carriera nel corso della quale aveva venduto e molto. E dunque, partendo da un nucleo di opere fondamentali del museo, queste poi vanno, di volta in volta, integrate con tutte quelle opere "chiave" che ne completano una lettura chiara e lineare.
Va detto, inoltre, che per quanto riguarda le integrazioni dei privati, per evitare di fare il "verso" alle mostre degli ultimi anni (usando cioè le stesse opere) si è cercato (fatte salve alcune opere insostituibili) di diversificare la proposta con un gruppo di opere inedite (da anni all’estero o in collezioni sino ad ora inaccessibili) e di allargare decisamente l’indagine anche agli anni Quaranta, solitamente snobbati. Si tratta di un periodo che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, vede un Depero ancora "agguerrito", certo con modalità espressive adeguate ai nuovi tempi.

Si sottolinea a più riprese l’importanza di Depero non solo come pittore futurista, ma soprattutto come anticipatore del graphic design e della "polivalenza" dell’artista. Come viene evidenziato questo discorso in mostra?
Soprattutto con due "generi": la pubblicità e la cosiddetta arte decorativa. Nel primo caso si potranno ammirare una serie di coloratissimi collage con accostamenti cromatici che in certi casi sembrano azzardati anche ai giorni nostri: figuratevi 70 anni fa!
Poi, non bisogna dimenticare che Depero nel 1929 (mentre era a New York) aveva cominciato la stesura del "Manifesto dell’Arte Pubblicitaria" (che pubblicherà poi nel 1931) dove affermava che "l’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria...". Al di là della profezia che si è avverata (ma era in realtà una convinzione "teorica", e cioè il concepire pittura, pubblicità, arte decorativa sullo stesso piano creativo e di merito) c’è da chiedersi se Andy Warhol & Co. fossero a conoscenza di questi testi!
Per quanto concerne l’arte decorativa, vedremo soprattutto i cosiddetti "arazzi", che in realtà sono dei "mosaici" di stoffe coloratissime. Sono sempre stati intesi come una manifestazione di "arte decorativa", quindi di serie "B". In realtà Depero li chiamava "quadri in stoffa": perché? Ma proprio perché erano la logica prosecuzione delle sue formulazioni teoriche del 1915, in "Ricostruzione futurista dell’universo" (firmato con Balla) dove si propugnava l’intervento dell’artista a 360 gradi: globale e senza gerarchie. Questo significava che non vi erano più priorità nell’uso dei materiali. Infatti già nel 1916 Depero realizza "sculture" che sono dei "montage" con pezzi di sedia, cartone, stagnole: figurazioni pre-Dada a tutti gli effetti. In seguito, penserà ai "quadri in stoffa" proprio a significare che il quadro dipinto era finito! Che era irrilevante con quale materia si realizzasse l’opera d’arte. E si era all’inizio degli anni Venti! Certo per la critica, quella del secondo dopoguerra, non era possibile cogliere queste sfumature: troppo occupata a trinciare giudizi ideologici.



DEPERO. ATTRAVERSO IL FUTURISMO
Maurizio Scudiero
Premessa
Questa mostra (Depero futurista, Palazzo Bricherasio, Via Lagrange 20 - 10123 Torino Dal 19 febbraio 2004 al 30 maggio 2004, ndr) vede il ritorno a Torino di una vasta antologica su Depero a poco più di trent’anni da quella fondamentale tenuta alla Galleria Martano nel marzo-aprile del 1969, a cura di Luigi Lambertini. L’iniziativa promossa da Giuliano Martano non era certo la prima in assoluto sull’artista. Già nel 1962 la Galleria Toninelli, a soli due anni dalla morte, aveva allestito una mostra con i capolavori (in gran parte della Collezione Mattioli) curata da Guido Ballo. E nel 1965 Peppino Palazzoli gli aveva dedicato alla Galleria Blu di Milano una retrospettiva che includeva anche opere degli anni Quaranta, mentre l’anno seguente Agnoldomenico Pica, alla Villa Reale di Monza, aveva allestito una vasta rassegna non solo di opere pittoriche ma anche di arte applicata. Ma la mostra alla Galleria Martano va ritenuta fondamentale perché non fu "solo" un’esposizione, ma un vero e proprio progetto filologico di recupero critico dell’artista. Infatti, oltre al catalogo vero e proprio della mostra, curato da Lambertini e ricco di regesti e informazioni (certo "limitato" per lo standard di oggi, ma già molto per allora) Martano vi affiancò un altro volumetto, a cura questa volta di Bruno Passamani, con un’analisi ulteriore e più mirata agli anni cruciali della formazione di Depero (dal 1907 al 1919) e con un’indagine sulla "questione" del manifesto "Ricostruzione futurista dell’universo" firmato a quattro mani con Giacomo Balla nel 1915 ma preceduto da un manifesto manoscritto di Depero del 1914. A ciò si aggiunga che nel dicembre dell’anno seguente, nell’ambito della collana "Nadar", allora diretta da Maurizio Fagiolo, Martano pubblicò un altro studio di Passamani dedicato specificamente al Teatro di Depero (dal 1916 al 1930), e, infine, nel febbraio del 1974 organizzava una seconda mostra su Depero, questa volta più limitata, cioè ad alcune costruzioni di legno degli anni Dieci e ad una serie di lavori pubblicitari degli anni Venti più alcuni dipinti importanti, come La Casa del Mago, del 1920.
Si può quindi ben comprendere come il ruolo di Torino, grazie a questo suo gallerista illuminato, sia stato centrale per l’avvio di quella rilettura critica dell’opera di Depero, cioè aperta a 360 gradi, che ne permise in seguito la comprensione a più livelli del suo lavoro, e che altrimenti, se visto da un’angolazione solo pitturo-centrica, l’avrebbe (e, di fatto, per anni lo ha) penalizzato al ruolo di uno dei tanti epigoni del Futurismo.

Dopo le mostre degli anni Sessanta, di cui s’è detto più sopra, nel 1970 con la mostra di Bassano del Grappa, a cura di Bruno Passamani, avvenne il definitivo "lancio" dell’artista. Da questo momento, e per tutto il decennio, Passamani fu indubbiamente il grande artefice della crescita deperiana, grazie ad una serie di saggi, presentazioni e studi critici che culminarono nella monografia del 1981. Seguirono poi una serie di miei interventi su aree specifiche: sul periodo newyorkese (1986), sui capolavori pittorici (1987), sulla "Casa d’Arte" (1988), sull’arte pubblicitaria (1989), sugli scritti inediti (1992) e sull’arte del tessuto (1995). A questi si aggiungono, con la fine degli anni Ottanta, varie pubblicazioni "istituzionali", vale ma dire i cataloghi delle mostre organizzate dal Mart, sia in Italia (Rovereto e Milano 1989; Roma, 1994) che all’estero, (Parigi, 1991; Miami, 1995; Tokyo, 1998) mentre ad esempio sul complessivo delle sue attività anche extrapittoriche va segnalato il catalogo della mostra La casa del Mago, a cura di Gabriella Belli, del 1992. Fuori dal giro degli specialisti deperiani vanno ancora ricordati il testo Fortunato Depero e il mobile futurista di Mario Universo (1990), un interessante documentazione sul settore, peraltro con un taglio critico del tutto personale; un Epistolario relativo alla realizzazione della Sala del Consiglio Provinciale di Trento, a cura di Talieno Manfrini ed Elena Albertini (1991); e infine l’interessantissimo Pestavo anch’io sul palcoscenico dei ribelli, un’antologia (copiosamente commentata) degli scritti editi ed inediti, a cura di Michele Ruele (1992).

In quest’ottica, cioè di una bibliografia ormai quasi esaustiva, le ragioni di questa mostra potevano dunque risiedere nella "puntualizzazione" di alcune interpretazioni critiche (apparentemente marginali, ma che potrebbero divenire di maggior peso in un più vasto contesto critico) così come in un ventaglio di opere inedite, nel senso di "non più esposte" da parecchie decine di anni ed in alcuni casi assolutamente mai pubblicate a colori, e, infine, in un deciso "allargamento" dell’indagine anche agli anni Quaranta, usualmente lasciati in disparte, che crediamo possa portare nuovi apporti di conoscenza sull’arte di Fortunato Depero.