Considerazioni spaziali sulla Biennale d'Arte 2015 di Venezia
di Roberto Zanon
La 56. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo "All the World's Futures" ha avuto come direttore Okwui Enwezor. Nella complessità di un evento, com'è questo della Biennale di Venezia, molte sono le letture e le considerazioni che si potrebbero fare, ma in termini generali, emerge una rigorosa e chiara scansione nella sequenza delle opere alle Corderie dell'Arsenale che si contrappone ad una “confusione” e frammentazione del Padiglione Centrale ai Giardini. Qui l'occupazione di parte del volume, generalmente dedicato alle esposizioni, con la costruzione di una grande “arena” dotata palco e tribune nel mezzo dell'edificio, non aiuta a fare chiarezza. Un’articolazione spaziale comunque inedita che ha permesso di inserire, nel cuore dell’esposizione, un luogo pulsante aperto a performance, rappresentazioni, incontri e discussioni. Altre insolite ed emozionanti decodificazioni dello spazio sembrano essere state un espediente impiegato da molti artisti delle rappresentazioni nazionali. Un rinnovato interesse per l'utilizzo delle superfici espositive, in parallelo al messaggio artistico, che fornisce lo spunto per alcune analisi.
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Il Giappone con il lavoro, di Chiharu Shiota, “The Key in the Hand”, identifica
nella complessità spaziale dell'intreccio di fili, costruito all'interno del
padiglione, tenuti in tensione da una sequenza interminabile di chiavi,
quell'eleganza e poeticità che da sempre contraddistingue questo Paese.
L'interpretazione dinamica e compressa dello spazio della Repubblica Ceca e
Repubblica Slovacca, di Jiri David con "Apotheosis", svuota
l'edificio e costringe la fruizione dell’unica opera esposta in uno stretto
corridoio fronteggiato da un grande specchio dal quale è suggerita la visione.
La Germania con "Fabrik" obbliga ai visitatori, per mezzo di una
scala interna alla costruzione, ad accedere alla parte soppalcata del proprio
padiglione. Sono così suggerite nuove viste ed eccentriche prospettive
sull'esterno, proponendo uno sconosciuto rapporto con l'austero volume
dell'architettura.
Il Canada, con "Canadassimo" del BGL art collective costruisce una
vera superfetazione volumetrica alla propria architettura, interessante lavoro
del gruppo BBPR del 1956-57. Nascondendo e mimetizzando l’edificio, è stato
creato un frammentato e disorientante percorso interno, introducendo, con una
finestra sopraelevata, un inedito affaccio sui giardini.
L'Australia con il suo nuovissimo padiglione, progettato da Denton Corker Marshall,
propone un volume dalle stereometriche geometrie, ma flessibile alle esigenze
che si presenteranno nelle future esposizioni, grazie ad una modulabile
variabilità del sistema di aperture.
Con il lavoro "So much that it doesn't fit here" di Antonio Manuel,
nello spazio del Brasile, delle semplici partizioni murarie colorate e forate
riescono a sollecitare delle complessità percettive accattivanti ed efficaci.
La natura gestita, con l'opera "Rêvolutions" di Céleste
Boursier-Mougenot, trasfigura il sito espositivo francese in luogo di relax e
di isola ecologica e onirica con un'improbabile albero semovente sul pavimento
sotto il lucernario della sala centrale.
Heimo Zobernig per l'Austria interpreta in modo sofisticato, minimalista e
assoluto lo spazio del padiglione. L'artista rettifica il livello di calpestio
e posiziona un apparente fluttuante monile nero in prossimità del soffitto
sovrastante, creando contemporaneamente una calibrata relazione tra gli interni
e il riorganizzato giardino retrostante.
E lo spazio, seppur evocato nel suo annullamento temporale, lo troviamo
protagonista anche all'interno del Padiglione Coreano con Moon Kyungwon &
Jeon Joonho dove è allestita la loro nuova raffinata, suggestiva e imperdibile
installazione cinematografica "The Ways of Folding Space &
Flying".
Uscendo dai Giardini e arrivando all'Arsenale un'ultima considerazione può
essere riservata alla partecipazione nazionale dell'Italia. Con la curatela di
Vincenzo Trione, il padiglione ospita opere anche interessanti, organizzate
però come in una sequenza di stand fieristici. Solo le didascalie sono chiare e
ben disposte, ma lo spazio è ucciso e reso uniforme affogato in un anonimo
quanto scontato grigio, creando disturbo nell'orientamento e omogenizzando il
lavoro degli artisti.
FUORIBIENNALE
Molti gli eventi che fanno da corollario e alla 56. Esposizione Internazionale
d’Arte di Venezia. Innanzitutto le mostre dei Musei Civici Veneziani:
l’esposizione di Jenny Holzer, “War painting” posta proprio nel cuore del Museo
Correr, è un luogo di pausa e di riflessione. Sono delle "pitture di
guerra" in cui attraverso un esercizio di riscrittura e di ingigantimento
pittorico di alcuni documenti secretati dal governo americano, la Holzer evoca
e ci ricorda che la guerra accompagna anche i giorni nostri ed è sempre
latente.
Negli alti, ampli e magnificentemente vuoti spazi di Ca' Pesaro le opere di Cy
Twombly respirano ed esalano la poesia dell’artista statunitense. La serie di
grandi tele [Untitled (Camino Real II, V, VI, VIII)], realizzate poco prima della
sua scomparsa nel 2011 ed esposte qui in sequenza, restituiscono, con il loro
fondo verde acceso, un sentimento di positività difficilmente riscontrabile nel
panorama artistico contemporaneo.
Palazzo Fortuny, con il coinvolgente e affascinante tema Proportio, dimentica
completamente di essere luogo espositivo convenzionale. In continuità con le
mostre dei precedenti anni, e con ancor maggior e rinnovato vigore, offre
un'esperienza globale di immersione nel ricco e composito corpus artistico di
opere selezionate: tra i vari autori troviamo: Anish Kapoor, Carl André,
Luciano Fabro, Alberto Giacometti, Ellsworth Kelly, Sol Lewitt, Fausto Melotti,
Mario Merz e anche Sandro Botticelli con Antonio Canova. Un'operazione che
sovverte ogni principio espositivo canonico e che, se da un lato rende
difficile il rapporto tra la singola opera e il visitatore, offre però nuove e
non scontate sensazioni di integrale coinvolgimento. Il supporto del poderoso
catalogo che è stato editato per l’occasione diventa strumento necessario per
approfondire e anche per capire cosa realmente è esposto. Un testo di raffinata
gestione editoriale delle immagini e dei testi che aiuta a riiniziare un
colloquio contemporaneo attorno alle perse conoscenze sulle proporzioni e le
sacre geometrie.
A Ca' Corner della Regina la Fondazione Prada allestisce un'inaspettata
esposizione, “Portable Classic”, di statue, sculture e modelli della
classicità. Lo studio OMA di Rem Koolhaas gestisce in modo sapientemente
raffinato l'impianto allestitivo nel quale i materiali contemporanei dei
policarbonati traslucidi e gli acrilici trasparenti colloquiano con modelli e
statue del mondo classico. L'introduzione di una pedana, accessibile per mezzo
di qualche gradino, posta in fondo al salone centrale, offre una vista
sopraelevata inedita e inaspettata del piano nobile del palazzo. Peccato che
l'apparato didascalico sia tanto raffinato quanto illeggibile nel carattere e
nella tonalità di grigio chiaro adottato.
I meravigliosi, ampi, compositi, nuovi spazi all'interno delle appena
restaurate Gallerie dell’Accademia, ospitano la mostra “Mario Merz - Città
irreale”. Nuovi volumi espositivi importanti – spazi una volta destinati alla
didattica dell’Accademia di Belle Arti - che prendono possesso anche dell'ampio
cortile dove le opere dell'artista, esponente della corrente dell'arte povera
scomparso nel 2003, con fluida quanto scontata facilità trovano nuova carica
comunicativa.
A Palazzo Franchetti si rinnova l’esposizione sul vetro contemporaneo con
Glasstress 2015 Gotika promossa congiuntamente tra lo State Hermitage Museum di
San Pietroburgo, Russia e Berengo Studio, Venezia. La mostra intende esplorare
l'effetto che il Gotico e i concetti medievali hanno avuto sulla coscienza e
sull'arte contemporanea. Un appuntamento importante questo perché permette di
continuare quella ricerca sulle infinite potenzialità espressive del vetro che
le visionarietà degli artisti associate alla maestria e capacità interpretativa
dei Maestri vetrai muranesi riescono, proprio grazie a Berengo Studio, a
mettere in opera.