Arte

La biografia di Amico Aspertini
Amico Aspertini 1474-1552. Artista bizzarro nell'età di Dürer e Raffaello
Aspertini ritrovato
Spunti per approfondire l'opera e l'artista Amico Aspertini: i saggi del catalogo della mostra
I duecento anni della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Le Biennali d'Arte Antica di Andrea Emiliani

Spunti per approfondire l'opera e l'artista Amico Aspertini: i saggi del catalogo della mostra Amico Aspertini 1474-1552. Artista bizzarro nell'età di Dürer e Raffaello

Particolare da: Amico Aspertini, Madonna col bambino e i Santi Giorgio, Giuseppe, Giovanni Evangelista e Sebastiano - Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi

INTRODUZIONE
In Amico Aspertini, nel suo eclettismo bizzarro e anticlassicista, nelle sue figure che riecheggiano un certo espressionismo tedesco e fiammingo, la storia dell'arte scorge un percorso estetico e personale profondamente intrecciato con gli accadimenti storici, politici e culturali del ‘500 bolognese ed europeo.

La mostra, allestita dalla Pinacoteca Nazionale per celebrare i suoi 200 anni, affianca l'opera di Aspertini a quella degli artisti coevi, per mettere in luce quel carattere di dissonanza rispetto "all'umanesimo dolce dei bolognesi" (cfr. saggio Andrea Emiliani), ponendo inoltre l'accento sui diversi aspetti della sua opera e delle tecniche artistiche attraverso cui ha espresso il suo estro. Incisore (cfr. saggio Silvia Urbini), miniaturista (cfr. saggio Massimo Medica), profondamente attratto dall'antico (cfr. saggio Elena Rossoni), Aspertini incarna gli aspetti più tumultuosi del ‘500, caratterizzandosi per un atteggiamento "scatenatamene antiraffaellesco", in netta contrapposizione con "la linearità e la serenità di Francesco Francia" (entrambe citazioni dal saggio di Eugenio Riccomini). Spinto dal suo carattere irrequieto e dalla vivace curiosità intellettuale, l'artista Aspertini è entrato in contatto con stimoli e modelli artistici sempre nuovi, spostandosi tra Bologna, la Toscana e Roma, e costruendo la sua personale lingua pittorica, diversa dai dialetti artistici italiani dell'epoca, con accenti nordeuropei, e forti inflessioni espressioniste, che spogliano le sue figure di qualsiasi abbellimento (cfr. saggio Eugenio Riccomini).

Tra gli aspetti legati alla complessa personalità artistica di Amico Aspertini, quello che ha maggiormente catalizzato l'attenzione degli storici dell'arte è senza dubbio la natura estremamente sfaccettata del suo genio, frutto di un'articolata rete di contatti con "personalità analogamente interessate a contrastare gli ideali di classicismo equilibrato e impeccabile diffuso nell'Italia centro-settentrionale…" (cfr. saggio Angelo Mazza), e con gli artisti che hanno caratterizzato la temperie culturale bolognese dalla fine del ‘400 fino alla metà del secolo successivo, quando la città è diventata crocevia della politica internazionale (cfr. saggio Carla Bernardini).

Alle molteplici chiavi di lettura che la mostra fornisce rispetto al Rinascimento bolognese va poi aggiunto un altro interessante spunto di riflessione: la vicenda collezionistica delle opere dell'Aspertini corre parallela alla storia della Pinacoteca da quando, nel 1808, il museo ha inaugurato la sua prima stagione con due pale del "pittore bizzarro" (cfr. saggio Gian Piero Cammarota).


Abstract parziale dei saggi presenti in catalogo
(riportati in ordine di inserimento nel volume)
Non vengono ora riportati gli abstract dei saggi di Vera Fortunati e Daniele Benati.

SAGGIO INTRODUTTIVO
Andrea Emiliani - Presidente del Comitato Scientifico - Già Soprintendente per i Beni Artistici e Storici di Bologna
La Pinacoteca Nazionale, insieme all'Accademia di Belle Arti, saluta quest'anno il suo duecentesimo anniversario, e dà inizio alle celebrazioni con l'esposizione del grande scenografo e ornatista Antonio Basoli nelle Sale dette degli Incamminati (marzo-giugno 2008) per poi proseguire in autunno, dal 27 settembre 2008 all'11 gennaio 2009, esponendo nella sezione del Rinascimento - completamente rinnovata - l'opera completa del grande Amico Aspertini, vissuto tra il 1477 ed il 1552. Una personalità davvero fortissima e sapiente, di una bellezza umana aggressiva intrisa di straordinarie passioni sentimentali.
Una mostra di Aspertini immersa e accompagnata da Raffaello e da Perugino, da Filippino Lippi e da Lorenzo Lotto, e per non dire dei Costa e dei Francia che faranno corona ai grandi ospiti forestieri. Una mostra nella mostra, per il pittore che si atteggiava a nemico o avversario del Rinascimento, che si richiami alla vitalità di "natura ed espressione" e che nei suoi disegni meravigliosi tiene il diario di un patetico classicismo romanzesco.
Se il riconoscimento artistico dell'Aspertini aveva avuto già nel "romanzo storico" di Carlo Malvasia dedicato, nell'anno 1678, a Bologna città dei pittori, una rimarcata valutazione, tuttavia la figura di Amico - dissonante più che avversario dell'umanesimo dolce dei bolognesi - dal Francia al Costa e a Innocenzo da Imola- costituì una testa di ponte per il grande ritorno dell'arte bolognese condotta negli anni '30 da Roberto Longhi. Il grande storico dedicò ad Aspertini pagine di stile e modelli critici di indimenticabile ed elevatissima misura storica europea. E ne saldò per sempre il ruolo per molti versi antirinascimentale in Bologna, nel momento stesso della crisi delle oligarchie dei Bentivoglio.
Dalla pur straordinaria "tranche de vie historique" tracciata dal Longhi, il suo allievo più vicino ed appassionato, scrittore d'arte incomparabile, Francesco Arcangeli, ha ricavato un'ulteriore, acre ed insieme sentimentale ritratto. Egli lo ha inserito nella famiglia spirituale che, lungo il corso dei secoli bolognesi, accomuna al di là del tempo stesso artisti come Vitale e appunto Aspertini, e dopo di questi Ludovico Carracci e Giuseppe M.Crespi: la famiglia per la quale, scriveva, ogni norma rischia di essere costrizione curiale e religiosa, ed è così costretta a reperire forti espressioni e umanità coinvolta, di grado popolaresco e di cultura frequentemente difforme e dissonante. ‘Maestro' Amico che si oppone, progressivamente nel tempo o alle puntate stilistiche e classistiche degli artisti provenienti da Firenze e dall'area toscana ed umbra - dal Pinturicchio a Raffaello e al Perugino - e risolve di accendere la sua fantasia nella luce di flussi germanici, come quello stesso del giovane Dürer (anch'egli in Bologna nel secondo decennio del ‘500), nonché di esaltare una dimensione malinconica e decadente dell'Antico, che tutto l'umanesimo estremo teneva alla mano come un'inseparabile idea della storia.


AMICO ASPERTINI, PROTAGONISTA DELLA CULTURA ARTISTICA BOLOGNESE DELLA PRIMA METÀ DEL CINQUECENTO
Daniela Scaglietti Kelescian - Curatrice della mostra
"Uomo capriccioso e fantastico, che alla maniera di nissuno mai volle soggettarsi, studiando bensì da tutti, e le più belle cose nei suoi viaggi per tutta l'Italia disegnando in certe vacchettine di carta pecora, anch'oggi in essere, ma componendosene poscia una particolare e a suo modo": le parole di Carlo Cesare Malvasia nella Felsina Pittrice (1678) restituiscono un ritratto del pittore, il migliore che sia mai stato scritto, illuminando la fisionomia particolarissima di questo grande eccentrico e fornendo la chiave per intenderne lo stile ed il linguaggio così personale da lui creato.
Nella sua storia critica, un termine ricorre con insistenza per definirne lo stile: esso è "bizzarro".
La fortuna critica di Aspertini, prima delle fondamentali aperture di Longhi (1934), è insomma la storia di una "sfortuna": l'esiguo catalogo esistente (solo una cinquantina di opere) è lì a testimoniarlo, mentre lunga è la lista delle opere ricordate nelle fonti con descrizioni particolareggiate, ma distrutte a causa dei cambiamenti nel gusto o delle ingiurie del tempo, come gli affreschi che ornavano tante facciate dei palazzi nobiliari bolognesi.
Aspertini è pronto a cogliere ogni novità, rivelando una forte autonomia espressiva, che si palesa principalmente nell'accentuare il suo interesse verso la rappresentazione dei sentimenti, sull'onda delle innovative interpretazioni della psicologia umana che Leonardo andava conducendo. Questo lo accredita come un artista capace di inventare canoni e modelli atti ad interpretare le aspirazioni intellettuali della corte bentivolesca.
Due ingredienti ne decretano il successo: alla corte e alle grandi famiglie bolognesi la sua erudizione antiquaria, incentivata dall'esperienza di Roma, dovette presentare l'immagine di un giovane artista colto ed erudito, che conosce la cultura d'Oltralpe, tanto più perché le sue sperimentazioni spaziavano dalla pittura fiamminga e alle incisioni tedesche, da Schongauer a Dürer. Ancora, l'interesse per la rappresentazione dei sentimenti e dei caratteri sostenuto dalla icasticità nordica nella rappresentazione del volto umano, e lo "sfrenato emozionalismo della sua pittura" lo rendono gradito ad una società nella quale questi nuovi fermenti erano suggestionati dalla poesia contemporanea.
Il successo professionale è accortamente sostenuto da un'attenta politica di rapporti sociali e il pittore gode di frequentazioni piuttosto altolocate. La mostra, che riunisce praticamente l'intero catalogo del pittore, vuole essere dedicata al recupero della "sua" storia e della "storia" delle sue opere.


ANTIRAPHAEL. TRE CONTRASTI CIRCA LA LINGUA ITALIANA DELL'ARTE
Eugenio Riccomini - Storico dell'Arte
Questa mia relazione è un breve panorama della situazione culturale in cui Aspertini si trovava ed è maturato. Rievoca il clima a Bologna nel momento in cui si diffonde la polemica sulla lingua italiana scritta e parlata. Fu una polemica lunga e molto vivace e che vedeva da un lato i sostenitori dei linguaggi locali e dall'altro, soprattutto Pietro Bembo, paladino del toscano trecentesco usato dal Petrarca e dal Boccaccio. In quel frangente, che nel campo artistico è caratterizzato da una grande disparità di linguaggi ognuno di sapore locale, la tesi del Bembo è alla fine vincente e da allora infatti l'italiano ufficiale che usiamo nei nostri documenti è un italiano arcaico e latineggiante nella struttura; mentre però, ogni città d'Italia, e ogni paese, continuava nella attività quotidiana ad usare il proprio dialetto, come si è fatto fino a pochi decenni fa. L'azzardo di questo breve saggio consiste nel paragonare la molteplicità dei dialetti alla pari molteplicità delle maniere pittoriche, che infatti ancor oggi noi distinguiamo in base alla loro regione, senza pericolo di confondere un dipinto veneto da uno fiorentino, un dipinto bolognese da uno lombardo e così via. Nel testo si tenta anche un paragone fra il nuovo e antico italiano proposto dal Bembo e la "lingua" artistica di Raffaello, che del Bembo era amico e ritrattista. In questo contesto l'Aspertini si distingue fra tutti, e molto chiaramente, per il proprio estremismo scatenatamene antiraffaellesco. Egli conosceva direttamente cose di Raffaello e di Michelangelo; e tuttavia prende tutt'altra strada. Rinuncia ben presto a perseguire l'idea e il fantasma della bellezza antica e classica, e dipinge figure fortemente espressive, senza curarsi di alcun abbellimento. E così farà fino al termine della vita, giungendo persino ad ispirarsi non solo alla contemporanea pittura tedesca ma addirittura agli artisti medievali, trecenteschi. Nel testo si tenta anche un paragone con filosofi e letterati attivi a Bologna al tempo dell'Aspertini, e che anch'essi si oppongono al predominio stilistico della curia romana.


ARTE BOLOGNESE E APPORTI ESTERNI LUNGO IL PERCORSO DI AMICO ASPERTINI
Carla Bernardini - Curatrice delle Collezioni Comunali d'Arte.
Attraverso l'apporto degli studi più recenti, verranno ripercorsi sinteticamente i momenti salienti di quanto caratterizza l'ambiente artistico bolognese negli anni dell'attività di Amico Aspertini, dalla fine del Quattrocento alla metà del secolo successivo. Come seconda città dello Stato Pontificio a seguito della conquista da parte di Giulio II, Bologna diviene crocevia della politica internazionale, luogo di incontri politici e culturali. Verranno richiamati artisti e opere particolarmente significativi per l'artista attraverso il momento della cultura di corte e i rapporti con altri centri artistici prima e dopo la caduta della signoria bentivolesca; inoltre presenze esterne legate alla commitenza ecclesiastica, pubblica, privata, anche in occasione di eventi storici di portata internazionale, come l'incoronazione di Carlo V (1530). Filippino Lippi, Giovanni Antonio Boltraffio, Michelangelo, Raffaello, Correggio, Parmigianino, sono alcuni esempi.


PITTORI VAGANTI E STRAVAGANTI DELL'ANTICLASSICISMO PADANO
Angelo Mazza -Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Modena.
Artista eccentrico con speciale propensione al grottesco, Amico Aspertini è attratto a Roma dalla passione per l'antico, affresca a Lucca in San Frediano con foga anticlassica, dipinge monocromi nella rocca di Gradara con sottigliezze grafiche degne del fiorentino Filippino Lippi, ed è in rapporto di sintonia con altre personalità analogamente interessate a contrastare gli ideali di classicismo equilibrato e impeccabile diffuso nell'Italia centro-settentrionale da Pietro Perugino prima e da Raffaello poi, oltre che dai loro fedeli interpreti e imitatori.
Con Aspertini sono altre figure autonome e altrettanto indipendenti della cultura figurativa padana, quali Bernardino e Francesco Zaganelli, i due fratelli di Cotignola che in Romagna stravolgono i modelli di Perugino nell'adesione alla visione nordicizzante di Dürer, Altobello Melone a Cremona accompagnato da Gian Francesco Bembo, ma anche Girolamo Romanino a Brescia che contesta i modelli sereni di Giorgione e del giovane Tiziano, e altri artisti inquieti, da Lorenzo Lotto, pittore errante tra Veneto, Lombardia, Roma e le Marche, a Marcello Fogolino attivo a Trento come ad Ascoli Piceno, fino a Pellegrino da San Daniele che si muove tra Friuli e Ferrara dove Dosso Dossi dà vita a paesaggi e figure dal cromatismo pirotecnico.
A rendere quanto mai variegata ed eterodossa la cultura figurativa dei primi decenni del Cinquecento contribuiscono figure singolari di artisti spagnoli di passaggio nella pianura padana nelle scorribande da Milano a Napoli, come Pedro Fernandez, un tempo denominato Pseudo-Bramantino, o il misterioso Johannes Hispanus che ha lasciato tracce del suo passaggio in Lombardia, in Toscana, nelle Marche; ma il pittore che più singolarmente mescola le diverse esperienze sembra essere quel Filippo da Verona che mostra di dialogare con le opere di Aspertini a Lucca e frequenta nel contempo le città dell'Emilia (Modena, ma anche Ravenna e probabilmente Bologna).
Un manipolo di pittori vagabondi e inquieti, sensibili alle forzature espressionistiche dei tedeschi e dei fiamminghi, ai quali si devono le più bizzarre ed eccentriche testimonianze figurative del tempo.


ASPERTINI NEI DUE SECOLI DELLA PINACOTECA NAZIONALE DI BOLOGNA
Gian Piero Cammarota - Direttore della Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Un excursus attraverso i 200 anni della Pinacoteca Nazionale di Bologna (1808- 2008), seguendo le orme di Amico Aspertini e della sua vicenda collezionistica all'interno del museo, per rendere conto di come al suo interno sia stata connotata la presenza del pittore "bizzarro" del Cinquecento bolognese. Queste le linee guida del saggio di Cammarota che, in occasione del bicentenario del museo, propone un "insolito" percorso museografico che scorre parallelo tra il pittore e la Pinacoteca.
Definito eccentrico, capriccioso e fantastico, Amico Aspertini si contrappone alla linearità e alla serenità di Francesco Francia, incarnando gli aspetti più tumultuosi dell'arte del ‘500. La storia delle sue opere si intreccia con quella della Pinacoteca Nazionale a partire dal 1808, anno di apertura del museo, quando i responsabili accademici del tempo curarono il primo allestimento con l'idea di dare vita tanto a uno strumento didattico per gli studenti dell'Accademia dei Belle Arti, quanto a un'antologia completa della pittura bolognese. La Pinacoteca inaugura così la sua prima stagione con due pale dell'Aspertini: L'adorazione dei Magi, donata nel 1762 dal nobile Francesco Zambeccari all'Accademia Clementina(l'attuale Accademia di Belle Arti), e la Pala del Tirocinio, arrivata nel 1798, durante le soppressioni napoleoniche. Nel 1866, poi, una legge del nuovo governo unitario prescriveva la chiusura dei conventi e di prelevarne le opere d'arte: in seguito a questa ordinanza dal Convento di San Filippo Neri giunse un piccolo affresco che contribuì ad incrementare la collezione della Pinacoteca. L'allestimento iniziale comprendeva anche una quarta opera di Aspertini, che tuttavia venne in principio attribuita a un anonimo tedesco. L'opera recava la firma di Amico Aspertini, ma a causa dello stato di conservazione del quadro, fu notata solo successivamente. Venduta ad un mercante romano dopo un breve periodo di esposizione è oggi conservata a Berlino. Proprio in virtù della sua attribuzione problematica il dipinto svela l'eccentrico eclettismo di Amico Aspertini, sottolineandone la vicinanza allo stile pittorico tedesco.


LA GRAFICA DI ASPERTINI
Elena Rossoni - Direttrice Gabinetto dei Disegni e delle Stampe Pinacoteca Nazionale di Bologna
L'attività disegnativa di Amico Aspertini, di cui si conoscono quattro taccuini di disegni e circa un centinaio di fogli a lui attribuiti, costituisce una parte determinante della sua produzione artistica. Attraverso questa, possiamo percorrere la grande passione per l'antico maturata in particolare a partire dal soggiorno romano del 1496, quando l'artista si confrontò con le principali vestigia dell'antica Roma (la colonna Traiana, l'Arco di Costantino, l'Arco di Tito, la Domus Aurea, i sarcofagi, le statue e via dicendo), ma anche i suoi rapporti con l'arte nordica e con i principali artisti del Rinascimento italiano, sempre vissuti ed interpretati in maniera assolutamente autonoma.
In mostra saranno presenti il giovanile codice della Biblioteca Palatina di Parma e 35 disegni provenienti da musei europei e statunitensi, che testimoniano sia i diversi periodi che le differenti tecniche disegnative utilizzate da Aspertini nel corso della sua attività.


ASPERTINI E L'INCISIONE
Silvia Urbini - Università degli Studi di Bologna
Tra le molte pratiche artistiche alle quali si è dedicato Aspertini c'è anche l'incisione.
Amico fu sia incisore in prima persona che collaboratore di importanti artisti del settore, come Giovanni Antonio da Brescia, Agostino Veneziano e Francesco De Nanto, ai quali consegnò i propri disegni da riprodurre tramite diverse tecniche.
Oltre ai soggetti religiosi e a quelli antiquari, a volte trasfigurati allegoricamente, Amico si ispirò a scene conviviali e di vita quotidiana, ispirandosi spesso agli amati artisti d'oltralpe.
In mostra saranno esposti eterogenei materiali che ricostruiscono il suo rapporto con il mondo della grafica di riproduzione: oltre alle incisioni su fogli sciolti, le xilografie che ornano alcuni libri a stampa bolognesi, una matrice lignea sulla quale sono stati intagliati suoi disegni, preziose maioliche decorate con i soggetti delle sue incisioni.


AMICO ASPERTINI E LA MINIATURA A BOLOGNA ALL'INIZIO DEL CINQUECENTO
Massimo Medica - Direttore Musei Civici d'Arte Antica di Bologna
Il prezioso libro d'ore di Bonaparte Ghisilieri (Londra British Library) si presenta come una delle più alte creazioni rinascimentali compiute a Bologna nell'ambito della decorazione libraria, come del resto conferma il coinvolgimento per la sua decorazione, come era allora prassi, di alcuni dei più celebrati artisti del momento (Lorenzo Costa, Francesco Francia) due dei quali, Pietro Perugino e Amico Aspertini, impegnati a sottoscrivere a chiare lettere la loro opera. Nel caso di Maestro Amico la sua firma assume un significato particolare, rivelandosi probabilmente un espediente adottato dall'artista per farsi conoscere ed apprezzare in città, considerato che al momento della sua collaborazione all'interno del libro d'ore, egli doveva essere ancora giovane e appena rientrato dalla sua proficua esperienza romana, che lo aveva portato a maturare un entusiastico interesse nei confronti dell'antico, e al tempo stesso a confrontarsi con i più moderni esiti della équipe pinturicchiesca e di Filippino Lippi di cui ancora si coglie un chiaro eco nella stessa Adorazione dei pastori delle Ore Ghisilieri, tutta rifinita da sottili lumeggiature dorate, come appare nel più sontuoso Pinturicchio. A Roma inoltre aveva conosciuto i nuovi esiti della "civiltà della grottesca", cresciuta fin dai primi anni novanta sull'esempio dell'appena riscoperta Domus Aurea neroniana , da cui Aspertini deriva alcuni motivi della ricca bordura che cinge la miniatura. Al momento del suo rientro a Bologna l'artista doveva quindi presentarsi con una cultura del tutto rinnovata rispetto a quella degli altri pittori locali, tale da motivare un suo inserimento nella rosa dei "miniatori" chiamati dall'importante famiglia Ghisilieri a decorare il sontuoso libro d'ore. Tuttavia quello che, fino a poco tempo fa si era supposto fosse stato nell'ambito della miniatura da parte di Maestro Amico un impegno del tutto occasionale, si è rivelato essere in realtà una consuetudine perseguita dall'artista per tutto il corso della sua lunga carriera. E' quanto dimostrano sia la miniatura con le Stimmate di S.Francesco, 1510-15 (Riforma degli Statuti dell'Oratorio di San Francesco, Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio) che le miniature dei rotuli degli Artisti e dei Legisti del 1525 (Bologna, Archivio di Stato), a lui recentemente restituite. Anche in virtù di questa non secondaria attività l'Aspertini fu in grado di influenzare la produzione dei miniatori locali come testimonia il caso del Maestro delle ore Barbazza, le cui opere in passato sono state attribuite allo stesso Aspertini o di Scipione Cavalletto, figlio del più noto Giovanni Battista, in grado di recepire le tarde esperienze aspertiniane, riproposte con veemenza all'interno di alcuni dei libri liturgici realizzati per la Basilica di San Petronio, recentemente rinvenuti.