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Silvio Berlusconi raggiante per l’esito del referendum

«Vedete, rimango il solito leone. È bastato che andassi in televisione per due settimane per cambiare il corso degli eventi»

di Giuseppe Alberto Falci per "La Stampa"

«Vedete, rimango il solito leone. È bastato che andassi in televisione per due settimane per cambiare il corso degli eventi».
Ad Arcore superata la mezzanotte Silvio Berlusconi è raggiante.

Silvio Berlusconi al voto

Silvio Berlusconi al voto

Il risultato referendario, la vittoria del No, gli ha dato ragione: «Solo io riesco ad intercettare l' umore della gente, sapevo che avrebbe vinto il No. Nel 2017, quando sarà riabilitato dalla Corte di Strasburgo, potrei essere ancora in campo per palazzo Chigi».
L' ex premier è incollato alla tv. Proiezione dopo proiezione il No continua crescere e lui, il patron Mediaset, si lascia andare: «Pensate se non avessi iniziato a fare campagna per il No come sarebbe finita».
A villa Gernetto il telefono squilla continuamente. Il leader di Forza Italia è in filo diretto con la delegazione parlamentare riunita a Montecitorio: «Finalmente - urla al cellulare in viva voce - dopo tre anni siamo tornati in prima linea». C'è spazio anche per una battuta: «L' altra sera grazie a me il programma di Floris ha fatto il record di ascolti». Un occhio ai commensali, un occhio alle proiezioni, è sempre il solito Berlusconi travolto dal demone della politica da cui non riesce a staccarsi: «Resto io il leader del centrodestra».

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi

Già, il leader. Il turno referendario lo ha rimesso quando sembrava fuori dai giochi. In dieci giorni con la ri-discesa in campo e una mobilitazione su tutti i media che ha fatto preoccupare il medico di fiducia Alberto Zangrillo lo scenario è mutato. Davanti a Francesca Pascale, Sestino Giacomoni e Valentino Valentini e all' avvocato Niccolò Ghedini, il Cavaliere passa in rassegna gli errori dell' inquilino di Palazzo Chigi: «Renzi ha sbagliato quando c' ha tagliato fuori per la partita del Capo dello Stato». La rottura del patto del Nazareno, determinata all' indomani dell' elezione di Sergio Mattarella, mandò su tutte le furie l' ex premier. «Oggi, dopo due anni Matteo dovrebbe avere la dignità di ammettere l' errore».
La fiducia con quello che ha definito l' unico leader è venuta meno in quei giorni. Da quel momento non ha voluto più sentire il nome di Renzi. E soprattutto, è il refrain di queste ore, non intende sostenere un esecutivo guidato dall' ex sindaco di Firenze. «Aspetto prima le sue dimissioni, poi si vedrà». L' ex Cavaliere fa sapere ai suoi che Fi non entrerà mai in un governo a guida Renzi: «Ha perso la mia fiducia perché è uno di cui non fidarsi né oggi né domani».
Intanto il presidente dei deputati azzurri, Renato Brunetta invoca il passo indietro: «Renzi si deve dimettere. Questa è una grande vittoria della democrazia». Esulta anche Osvaldo Napoli, dirigente forzista di vecchia data, che attacca Renzi: «Noi democristiani avevamo tanti difetti ma una Renzi non ce la potrà mai attribuire, l' arroganza». Di certo, fra qualche ora, quando si spegneranno i festeggiamenti e si comincerà a ragionare a mente fredda tutto potrà succedere.

Renato Brunetta

Renato Brunetta

Se dovesse nascere un Renzi-bis con l' attuale schema di gioco Berlusconi e i suoi faranno le barricate: «Scenderemo in piazza perché non potremmo accettare un nuovo colpo di Stato». In una prima fase Fi alzerà il livello dello scontro. Poi si vedrà. Anche perché «adesso - spiegano - siamo tornati protagonisti e dovranno venirci bussare alla porta». Qualcuno assicura che dietro questo atteggiamento si nasconda il tatticismo degli azzurri. Berlusconi e i suoi hanno davanti due strade.
Nel caso in cui nasca un nuovo governo di scopo, guidato da Renzi, con l' obiettivo di riformare la legge elettorale e di approvare la legge di stabilità, gli azzurri chiederanno a gran voce l' introduzione di un sistema proporzionale. Ma non entreranno mai nell' esecutivo. Altrimenti Berlusconi e i suoi potrebbero decidere di sostenere un esecutivo di tipo politico, magari guidato da Graziano Delrio o Dario Franceschini. E a Montecitorio tra un brindisi e un esultanza fra gli azzurri è già partito il toto ministri.

5 dicembre 2016
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