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Il presidente dell'ANAS, Gianni Vittorio Armani: «Abbiamo mille cause di lavoro. Su seimila dipendenti. E siamo arrivati ad accumulare 150 cause su 196 dirigenti…»

Il presidente della società che gestisce le strade italiane: contenziosi per 9 miliardi. «La struttura andava ridisegnata. Quando sono arrivato c'erano quattro generazioni della stessa famiglia»

IL COLLOQUIO GIANNI VITTORIO ARMANI

di Gian Antonio Stella per "Il Corriere della Sera"

Il presidente dell'ANAS, Gianni Vittorio Armani

Una giungla. A ogni passo, una possibile coltellata. Per questo, dice, si è liberato di una trentina di dirigenti («più otto licenziati perché corrotti») spendendo 12 milioni di euro («sei risparmiati già al primo anno») per prender 13 manager di fiducia prima («prima») che entrasse in vigore la legge Madia che avrebbe imposto regole più rigide. Assunzioni vistate dal governo («ovvio!») ma finite in un servizio delle Iene ripreso da altri giornali. Corriere compreso: perché non prese quei dirigenti seguendo le indicazioni della «Madia» e annunciate dalle direttive di Raffaele Cantone?
«Ripeto: ci siamo mossi “prima”.
Avevo bisogno di uno staff di cui potermi fidare sotto il profilo etico e professionale. Che mi aiutasse a capire. Mettetevi al posto mio: mi arrivano una ventina di fascicoli di carte da firmare al giorno. Montagne di carte: 860 mila protocolli l'anno. Non è facile capire.
Ho seguito le regole che c'erano. E cinque su 13 dei nuovi sono venuti a tempo determinato: per loro la Madia non vale. Che dovevo fare, in quel contesto? Prenda la “dama nera”: non solo chiedeva mazzette ma era anche professionalmente inadeguata».

«La struttura andava ridisegnata»
Si rende conto che l'Anas gode di cattiva fama ma proprio per questo, assicura, «era impossibile dare una svolta con la vecchia struttura: se chi gestisce i cantieri non mi sa dire neppure quanti sono quelli aperti…».
E di casi così, giura, ne trovò diversi: «Anche gente molto brava, per fortuna. Ma la struttura andava ridisegnata». Per anni, accusa, «qui c'erano dei silos. Separati l'uno dall'altro. La direzione tecnica non faceva vedere niente alla direzione legale acquisti. E viceversa.
Non si parlavano. La direzione acquisti faceva le gare e aveva il legale che controllava. Controllore e controllato insieme. Un casino».

Squilibri dimostrano una gestione cervellotica
Una prova del caos?
La distribuzione del personale addetto alla manutenzione e alla vigilanza sulla rete Anas. Per carità, spiega, è vero che un'autostrada ha esigenze diverse rispetto ad altre arterie, ma gli squilibri dimostrano una gestione cervellotica. Se la media nazionale è di 11,9 chilometri per ciascuno dei 1.748 addetti (capisquadra, cantonieri, conducenti, sorveglianti…), le differenze tra diverse realtà sono abbaglianti. È vero che i lavori sulla Salerno-Reggio sono andati avanti per decenni ma 266 addetti per 465 chilometri (1,7 a testa) non saranno abbondanti? E 137 per i 580 chilometri (4,2 a cantoniere) del Lazio, per quanto vigilino sul trafficatissimo raccordo anulare e la superstrada per Fiumicino, non saranno eccessivi rispetto ai 36 chilometri pro capite in Lombardia?

Il caso più clamoroso è l'Emilia Romagna
Non è una questione di Nord e Sud: la Calabria ha un addetto ogni 7,2 chilometri e la Campania ogni 8,1 ma la Puglia solo uno ogni 43. Il caso più clamoroso, però, segnala Armani, è quello dell'Emilia-Romagna: con 1.150 chilometri da seguire, gli addetti sono 23. Cinquanta chilometri a cantoniere o sorvegliante. Troppo pochi per curare adeguatamente una rete stradale che, come si è visto nel caso del cavalcavia crollato a Lecco («dove il cantoniere il suo dovere lo aveva fatto: sono stati altri a mancare») è stata spesso trascurata. «Ci mancano almeno duemila cantonieri, per poter fare quanto ci viene chiesto. È una questione di sicurezza.
Chiediamo solo ciò che è concesso alle Ferrovie o alle Poste: siamo i primi a voler essere misurati sulle nostre scelte e se sbagliamo mandateci via. Ma abbiamo bisogno di ricostruire la società con gente all'altezza. Siano manager o cantonieri, li vogliamo selezionare noi».

La legge Madia
Eppure, accusa, «la legge Madia prevede non sia fatta alcuna assunzione. Fino al 2018 è vietato a società ed enti pubblici, tra cui l'Anas, di prendere chiunque.
L'unico modo per assumere è andare a pescare il personale di troppo in liste di altri enti scambiandosi l'un l'altro gli esuberi. Ma non funziona. Non può funzionare.
L'hanno già fatto in passato. È stato un disastro. Lo scambio degli esuberi non è un sistema sul quale costruisci un'azienda che funzioni.
Noi abbiamo necessità di ingegneri, sorveglianti stradali, cantonieri… Specialisti.
Un nostro cantoniere deve sapere se un viadotto tiene o no. Se all'Ama cresce un netturbino, con tutto il rispetto per i netturbini, che ne facciamo?».
Altro esempio? «Il codice degli appalti prevede che non si possono più fare se non c'è il progetto esecutivo. È giusto. Ma non abbiamo neanche gli ingegneri.
Perché non ne abbiamo mai avuti. E un problema come questo non possiamo affrontarlo solo dal 2018 in avanti».

Quattro generazioni della stessa famiglia
Certo, la storia di Anas spinge a diffidare… «Ma il disastro è stato fatto prima!
Quando sono arrivato c'erano quattro generazioni della stessa famiglia. Il bisnonno aveva lasciato il posto al nonno e il nonno al padre e il padre al figlio. In certi uffici ci sono ancora moglie e marito, figli e nuore e cugini. Ma se chiami me e mi chiedi di cambiare tutto, mi vuoi lasciar lavorare? Vuoi tenerti il disastro o provare a risolverlo?».

Mille cause di lavoro
Sospira: «Abbiamo mille cause di lavoro. Su seimila dipendenti. E siamo arrivati ad accumulare 150 cause su 196 dirigenti. Adesso sono di meno, ma il tema resta.
Colpa delle norme, fatte male… Per non dire degli incarichi…». E spiega: «Quando sono entrato, come in tutta la pubblica amministrazione, erano previsti incarichi professionali extra di ogni genere che incrementavano i guadagni di chi già era ben pagato. Tredici milioni di euro l'anno, costavano. Siamo noi ad averli tolti. Nell'azienda da cui venivo, Terna, se un dipendente era stato assunto come avvocato e doveva curare una causa la curava come dipendente. In Anas no: prendeva lo stipendio come dipendente e la parcella extra da avvocato.
Cifre enormi, a volte». Risultato del caos generale: «Contenziosi mostruosi: 9 miliardi. Nove!
Che le imprese possono invocare perché le regole, purtroppo, sono state fatte male».
E in tribunale chi ci va? «Una volta avvocati esterni, nonostante avessimo i nostri.
Adesso l'Avvocatura dello Stato. Anche se, purtroppo, stracarica di lavoro com'è, fatica a starci dietro e spesso, nonostante la buona volontà, non riesce manco a presentarsi in giudizio…».

16 novembre 2016
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