Arte

Franco Vaccari. Opere 1955 / 1975

Modena - Palazzina dei Giardini
Modena - Fotomuseo Giuseppe Panini
Dal 2 dicembre 2007 al 17 febbraio 2008

Dalla scoperta dello strumento fotografico per fare arte e dell'inconscio tecnologico del mezzo, fino a provocare situazioni che inducono il pubblico a partecipare attivamente alla realizzazione delle opere. E' tra questi due poli che si dipana il viaggio creativo di Franco Vaccari, punto di riferimento nel mondo dell'arte contemporanea dalla sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1972, protagonista nella propria città di una significativa retrospettiva intitolata Franco Vaccari. Opere 1955 / 1975.

La città vista a livello di cane

Franco Vaccari
La città vista a livello di cane
Fotografie b/n, 30 x 40 cm, 1967
© Franco Vaccari

Radici

Franco Vaccari
Radici
Fotografie b/n, dimensioni varie, 1955/1965
© Franco Vaccari

Curata da Luca Panaro e da Roberta Russo, organizzata e prodotta dal Fotomuseo Giuseppe Panini di Modena, dalla Galleria Civica di Modena e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, la mostra è ospitata in due diverse sedi, Palazzina dei Giardini, corso Canalgrande, e Fotomuseo Giuseppe Panini, via Giardini 160, entrambe a Modena.

Radici

Franco Vaccari
Radici
Fotografie b/n, dimensioni varie, 1955/1965
© Franco Vaccari

La retrospettiva presenta, tra le altre, alcune importanti opere inedite che prevedono la partecipazione dei visitatori e racconta il percorso di un artista curioso, poliedrico, fuori dalle strettoie dei movimenti di gruppo, che ha soprattutto anticipato l'estetica relazionale, di cui tanto si parla in questi anni, dando attenzione all'interazione opera/pubblico.

Isola di Wight

Franco Vaccari
Isola di Wight
Fotografie b/n e colore, 30 x 40 cm, 1970
© Franco Vaccari

Franco Vaccari nasce a Modena nel 1936. Compie studi scientifici ed esordisce come poeta visivo per poi intraprendere, sin dalla fine degli anni Sessanta, un percorso di tipo concettuale, orientato a una riflessione profonda sui nuovi mezzi di comunicazione.
Pubblica nel 1965 Pop Esie e subito dopo Entropico, opere vicine alla Poesia Visiva dove alla metrica si accostano brandelli d'immagine mutuati dall'iconografia Pop. Particolarmente significativo per la sua successiva evoluzione è il libro Le tracce, del 1966, dove la fotografia viene utilizzata per presentare i graffiti come poesia anonima, poesia trovata. Un elemento importante affrontato in queste opere è la fuga dal libro verso la ricerca di uno spazio fisico dove fare poesia. È in questa prospettiva che vanno visti i suoi film Nei sotterranei (1966-67) e La placenta azzurra (1968). Negli stessi anni nasce il suo interesse per la costruzione di environment ed eventi dei quali ricordiamo La scultura buia, un ambiente da cui è stata eliminata ogni radiazione visibile, reso compatto da un'assenza invece che da una presenza.
Il tema della traccia e il fotografico sono due costanti che attraversano tutto il lavoro di Vaccari. Sin dall'inizio l'artista non usa la fotografia per produrre immagini mimetiche, ma come impronta di una presenza, come segnale, come sintomo, come traccia fisica di un esserci. Emblematica rimane a questo proposito la sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1972.
Ecco la descrizione che ne ha dato Renato Barilli nel libro documento seguito a questa azione: «Ricordiamo la scena iniziale della "sala" di Vaccari nel padiglione centrale dei "Giardini" veneziani: era tanto semplice e nuda da sfiorare la delusione; appena una cabina photomaton nell'albore impersonale delle pareti... Solo una scritta plurilingue ("Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio") permetteva di intravedere la sua regia, ma tenuta come sospesa a mezz'aria. Certo la diversità era palese e clamorosa, rispetto alle sale consuete dove venivano esposte le opere, perché qui venivano offerti soltanto gli attrezzi per "operare" mentre l'artista si ritraeva lasciando l'iniziativa al pubblico».
Questa era la quarta di quelle che Vaccari aveva chiamato esposizioni in tempo reale; a tutt'oggi quelle realizzate sono 37.
La collocazione del suo lavoro artistico risulta tangente a diverse aree, ma quella che forse ne esprime meglio il senso potrebbe essere definita «realismo concettuale». Gli viene riconosciuta la paternità del concetto di «esposizione in tempo reale» da lui esplorato sia dal punto di vista teorico che operativo. Anche l'idea di «feed back» è vicina al suo modo di lavorare, sempre aperto a una controreazione capace di innescare meccanismi di verifica e riaggiustamento.
Nel 1973 Vaccari partecipa alla rassegna Combattimento per un'immagine, a cura di Luigi Carluccio e Daniela Palazzoli. Tenutasi alla Galleria Civica d'Arte Moderna di Torino, la mostra è di fondamentale importanza per il dibattito sul rapporto fra arte e fotografia. Nello stesso anno espone alla Neue Galerie di Graz, in Austria. Nel 1980 partecipa per la seconda volta alla Biennale di Venezia su invito di Vittorio Fagone. Per l'occasione presenta un ambiente tutto giocato sull'anamorfosi: Codemondo. La distorsione visiva di immagini di un formichiere era accompagnata dalla distorsione acustica delle voci dei visitatori, registrate e poi ritrasmesse dopo una quindicina di secondi. Seguono mostre al Kunstmuseum di Hannover (1980) e al Centre Pompidou di Parigi (1981). Del 1984 è l'importante mostra antologica al Museum Moderner Kunst di Vienna. Nel 1986 è alla XI Quadriennale di Roma; nel 1987 è presente alla Galleria Civica di Modena con una personale; nel 1988 interviene al Palazzo delle Esposizioni di Mosca e nel 1990 al Museum of Art di Taiwan. Invitato da Achille Bonito Oliva nel 1993, partecipa alla XLV Biennale di Venezia con l'opera ambientale Bar Code - Code Bar, un autentico bar all'interno del quale era presente l'immagine di Silvia Baraldini accompagnata dalla sua storia. Del 1999 è la mostra Minimalia al PS1 di New York.
Seguono esposizioni presso il Centro per l'Arte Contemporanea di Varsavia (2001) e all'Istituto Italiano di Cultura di Praga (2004). Nel 2003 viene invitato per i suoi video al Festival del Cinema di Locarno. Nel 2007 gli viene dedicata una mostra antologica allo Spazio Oberdan di Milano.
Franco Vaccari ha sempre accompagnato la produzione artistica con la riflessione teorica. Ha pubblicato Duchamp e l'occultamento del lavoro (1978) e Fotografia e inconscio tecnologico (1979). Quest'ultimo è considerato il più importante contributo italiano all'attuale dibattito sulla fotografia. Un anno dopo la sua prima edizione italiana è stato tradotto e pubblicato in Francia, entrando nel dibattito culturale anche di quel Paese.
Ha tenuto corsi all'Ecole Supérieure des Arts Décoratives di Strasburgo e dal 2004 è docente di Arti Visive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.


Palazzina dei Giardini
La prima tappa di questo viaggio/mostra è un incontro con il nuovo, con una "esposizione in tempo reale" (espressione coniata da Vaccari) realizzata ad hoc per la mostra modenese, la numero 37 intitolata: C'ero anch'io 2007. Una photomatic all'ingresso della Palazzina dei Giardini che scatta per chiunque lo voglia una strip di foto corredate di tutti gli elementi (occasione, luogo, data) che contestualizzano lo scatto e certificano un momento di esistenza. "La fotografia - scrive Vaccari - può essere vista come una forma di protesi che viene in soccorso della memoria proprio quando il senso dell'io nel tempo della globalizzazione tende a perdere di consistenza".
Quest'opera si colloca al centro del percorso espositivo allestito alla Palazzina dei Giardini. L'ala di sinistra dell'antica serra ducale ospita invece le opere degli esordi, il corpus di fotografie inedito intitolato Radici e realizzato tra il 1955 e il 1965. Alcune decine di istantanee che documentano la città, i suoi abitanti, i suoi riti; una serie di flash (ogni fotografia si illuminerà soltanto al passaggio del visitatore) che Vaccari ha usato come schermi su cui fissare esperienze di altri, accorgendosi ben presto di come lo strumento fotografico non sia fedele rispetto alla realtà ma anzi possieda una capacità di registrazione e di percezione superiore all'occhio, quasi una sorta di "inconscio tecnologico" secondo una definizione dell'artista stesso.
Pochi anni dopo gli ultimi scatti di Radici Franco Vaccari comincia a negare il punto di vista classico di chi realizza immagini fotografiche: fra il 1967 e il 1968 fotografa La città vista a livello di cane, serie con la quale prosegue il percorso. "Fra i tanti automatismi che entrano in gioco quando si scatta una fotografia - spiega l'artista - c'è anche quello di fare tutte le riprese ad altezza d'uomo. Per liberarmi da questa abitudine ho cercato di immedesimarmi in un cane per vedere con i suoi occhi e ho abbassato la macchina dai soliti 170 centimetri ai 50".
Ancora protagonisti gli animali nel video I cani lenti dove alcuni randagi sono stati ripresi al rallentatore, una modalità che mostra l'interazione fra la macchina da presa e gli animali che si sentono osservati.
Dai viaggi della memoria a Trip lucido, esposizione in tempo reale n° 12, un lavoro storico di Vaccari realizzato nella torre di Graz nel 1975 e "reinstallato" per l'occasione.


Fotomuseo Giuseppe Panini
E sarà da qui che il visitatore partirà per un viaggio reale all'altra sede espositiva, il Fotomuseo Giuseppe Panini, dove ad accoglierlo ci saranno tre video: Nei sotterranei, Ventoscopio e Piloro. Ancora materiale inedito per un altro corpus fotografico intitolato Isola di Wight del 1970. Un reportage particolare e innovativo perchè ancora una volta Franco Vaccari ha voluto che prevalesse l'automatica capacità del mezzo fotografico di registrare le dinamiche dei comportamenti piuttosto che i condizionamenti dell'autore. "Quando dopo una notte passata all'addiaccio mi incamminai per documentare il risveglio dell'accampamento del pubblico del concerto - scrive Vaccari - mi resi conto di appartenere ad una cultura estranea a quella dell'evento a cui stavo partecipando. Quindi per liberarmi dai miei condizionamenti mentali decisi di aggirarli mettendo in atto un automatismo: quello di scattare una foto a destra e una a sinistra ogni cento metri".
Ancora in gran parte inedite, le opere che raccontano alcuni viaggi minimi di Franco Vaccari, come Viaggio+Rito, esposizione in tempo reale n° 2, che documenta con l'aiuto di due fotografi dotati di polaroid tutti gli istanti del viaggio di Franco Vaccari dalla stazione di Modena fino all'arrivo alla Galleria 2000 di Bologna, dove l'artista inizia ad appendere le foto del suo viaggio e dei visitatori che man mano arrivavano. "Chi era venuto per assistere veniva incorporato, moltiplicato, registrato, bloccato in istanti irripetibili e questo distruggeva lo spazio della contemplazione per aprire quello dell'azione". Un altro viaggio minimo è Omaggio all'Ariosto, dove Vaccari, invitato a Ferrara all'omonima mostra dedicata al poeta, ha percorso lo stesso cammino che fece il poeta a piedi da Carpi a Ferrara, scattando polaroid, incollandole alle cartoline dei paesi attraversati e inviandole per posta a Palazzo dei Diamanti.

Ad accompagnare la mostra il libro "FRANCO VACCARI. Fotografie 1955/1975" edito da Baldini Castoldi Dalai (Milano, 2007). Si tratta di un volume di 176 pagine con un repertorio fotografico di oltre 245 immagini, bilingue, con un testo di Angela Madesani insieme agli interventi dei curatori della mostra e di Angela Vettese.

Informazioni

Franco Vaccari. Opere 1955 / 1975


Luogo: Modena - Palazzina dei Giardini
Corso Canalgrande - Modena
Modena - Fotomuseo Giuseppe Panini
Via Giardini, 160 - Modena

Periodo: dal 2 dicembre 2007 al 17 febbraio 2008

Orari: Fotomuseo Giuseppe Panini: lunedì 15.00 - 17.00; martedì - venerdì 9.30 - 12.00 / 15.00 - 17.00; sabato, domenica e festivi 10.00 - 13.00 / 15.00 - 19.00. Palazzina dei Giardini: martedì - venerdì 10.30 - 13.00 / 15.00 - 18.00; sabato, domenica e festivi 10.30 - 18.00; chiuso il lunedì; 25, 26 dicembre, 1 gennaio 15.00 - 18.00

Ingresso: gratuito

A cura di: Luca Panaro e Roberta Russo

Info: Fotomuseo Giuseppe Panini
tel. +39 059 224418
Galleria Civica, Corso Canalgrande, 103 - 41100 Modena
tel. +39 059 2032911 / 2032940 - fax +39 059 2032932