Arte

Garofalo. Pittore della Ferrara Estense

Ferrara - Castello Estense
Dal 5 aprile al 6 luglio 2008

La prima opera del Rinascimento italiano giunta in Russia, all'epoca di Pietro il Grande - sia pure con l'erronea attribuzione a Raffaello - è stata un dipinto del ferrarese Benvenuto Tisi detto il Garofalo: una Deposizione che il cardinal Ottoboni aveva regalato all'agente commerciale dello Zar a Venezia, Petr Beklemisev, e che questi aveva “avuto l'ardire…di umilmente portare” alla Maestà Imperiale. Era il 1720.

Benvenuto Tisi detto il Garofalo - Sacrificio pagano, 1526 - Olio su tavola, cm 128x175 - Londra, National Gallery

Benvenuto Tisi detto il Garofalo - Sacra Famiglia, 1522-1524 - Olio su tavola, cm 53x82 - Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinstitut und Städtische Galerie

Benvenuto Tisi detto il Garofalo - Le Nozze di Cana, 1531 - Olio su tela, cm 306x248 - San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage

Era quasi inevitabile che la prima mostra realizzata a Ferrara da Ermitage Italia - la filiale italiana del grande museo russo, inaugurata nella città estense il 20 ottobre del 2007, quale importante centro di studi e di ricerche italo russo - fosse dedicata a Garofalo, uno dei principali protagonisti della cultura figurativa ferrarese del Cinquecento, di cui il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo conserva un importante nucleo di opere e di cui restano testimonianze nei principali musei del mondo.
Sarà dunque allestita nelle splendide sale del Castello Estense, dal 5 aprile al 6 luglio 2008, la prima mostra monografica su Benvenuto Tisi (Ferrara 1481 - 1559), curata da Tatiana Kustodieva e Mauro Lucco in collaborazione con Michele Danieli, con il contributo dei direttori scientifici di Ermitage Italia Irina Artemieva e Francesca Cappelletti e del presidente del comitato scientifico della neonata Fondazione Michail Piotrovsky, direttore generale del Museo Ermitage di San Pietroburgo. Un'occasione importante per fare il punto su un artista in passato sottovalutato dalla critica, ma in realtà già assai apprezzato come “moderno” dal Vasari, per la sua pittura e per il suo stile di vita, e straordinariamente vitale e attivo nella città degli Estensi, che in lui si identifica più che in altri: le sue opere, collocate soprattutto nelle chiese e nei palazzi nobiliari e meno nella corte, furono infatti sotto gli occhi di tutti, entrando presto nell'immaginario collettivo ferrarese.
 Molti capolavori di Garofalo si conservano ancora in città - e nell'occasione potranno essere apprezzati in un itinerario tematico che consentirà di vedere anche opere altrimenti non fruibili - ma molti altri, ormai da secoli, hanno lasciato Ferrara, in seguito alla famosa devoluzione del 1598, a svariate vendite e, non ultimo, alle requisizioni napoleoniche. Grazie alla collaborazione con le più importanti istituzioni europee - dalla National Gallery di Londra allo Staatliche Kunstsammlungen Gemäldegalerie di Dresda, dal Musée du Louvre di Parigi al Kunsthistorishes Museum di Vienna, dalla Galleria Borghese e dai Musei Capitolini di Roma fino al Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte - questi lavori dispersi faranno ora ritorno nella città degli Estensi, ove furono concepiti e ove contribuirono a quel clima di rinnovamento che caratterizzò il ducato nell'ultimo secolo di fulgore.
Tornerà dunque anche la Deposizione entrata nelle collezioni dell'Ermitage alla fine del XVIII secolo e con lei, dal museo russo, tre eccezionali dipinti di grandi dimensioni, realizzati da Garofalo negli anni ‘30 del Cinquecento per il perduto convento di San Bernardino: Le nozze di +Cana di Galilea, l'Andata al calvario e una strabiliante Allegoria del Vecchio e del Nuovo Testamento di metri 3,18 x 2,57. Quest'ultima tela, specialmente, risulta interessante, non solo perché la composizione è una variante di un affresco di analogo soggetto conservato presso la Pinacoteca di Ferrara, ma anche perché, per più di una cinquantina d'anni, l'opera era rimasta arrotolata e, solo nel 2007, dopo un accurato restauro, è stata pienamente recuperata.
Tornerà inoltre anche un grandioso dipinto, sempre appartenente al nucelo di San Bernardino, che a ragione può dirsi il suo meno noto e che dal 1920 è custodito presso il Museo di Belle Arti del Lontano Oriente, a Kabarovsk in Siberia. La moltiplicazione dei pani e dei pesci - ove pare ritratto anche il volto del Garofalo in una delle figure in basso a destra - sbarcherà infatti nella città d'origine dopo aver percorso 15.000 kilometri, grazie all'intervento del Ministero delle Emergenze russo che, per consentire il trasporto di una tela tanto grande dalla cittadina situata nei pressi di Vladivostok fino a Mosca, ha messo a disposizione un velivolo speciale: un Ilyushin IL76.
Opere giungeranno anche da Cracovia, Birmingham, Strasburgo, Maastricht, Amsterdam, Colonia, Budapest, Francoforte: circa sessantalavori di Garofalo - di cui oltre venti mai esposti prima d'ora in Italia - e una decina di dipinti di assoluta qualità di artisti del Cinquecento ferrarese come Domenico Panetti, Boccaccio Boccaccino, Dosso Dossi e Francesco Francia, per ricostruire non solo la parabola di questo artista, che è riuscito a convogliare a Ferrara, e nelle sue opere, tutte le tendenze dell'arte moderna, ma anche parte dello straordinario clima artistico ferrarese di inizio Cinquecento.
 Più che in altre città italiane, attorno alla corte estense si venne infatti miscelando una particolare cultura di intrattenimento, affidata ai voli lirici della fantasia, incantata dalla scintillante bellezza di luci particolari, dai vapori di nebbie, dal godimento di colori e di storie inverosimili ma eccezionalmente fantasiose; un mondo del quale si pretendeva, come ovunque, l' “imitazione della realtà”, ma che di fatto si declinava come un universo lontanissimo, di sogno, dove tutte le cose impossibili potevano accadere con la più grande facilità, senza alcuno sforzo. In questo sistema Garofalo si direbbe a priori un perdente: addetto al tipo di produzione più consueta, quella di soggetto religioso richiesta dalle chiese e dalle confraternite devote, egli sembrerebbe tagliato fuori da quel tipo di mirabolante narratività, da quella sfrenata fantasia. Come, infatti, raccontare di personaggi sacri, della Vergine, di Cristo, dei Santi, quasi fossero personaggi di una favola avventurosa? Invece, incredibilmente, con la meravigliosa distillazione della poesia, entro le luci fatate di un ambiente magico, tutto ciò potè avvenire fra le mani del nostro artista; e questo è chiaramente il segno non solo della sua qualità di grande pittore, ma anche della sua modernità, che riesce ancora, superando le epoche, a parlare al nostro cuore.
Del coinvolgimento con la “modernità” del suo tempo parlano, invece, con grande chiarezza le sue amicizie, ricordate quasi ostentatamente dal Vasari (1568): che sono quella con Giorgione, e poi con Michelangelo e Raffaello, oltre alla comunanza di lavoro con Dosso.
E infatti Garofalo, pur partendo dalla lezione di Panetti e Boccaccino e pur sensibile a influssi lombardi, più ancora che mantegneschi, come nel soffitto di Palazzo Costabili, si apre presto alle influenze dell'arte veneta. L'acuta sensibilità giorgionesca per l'ambiente naturale, il paesaggio, le sue penombre trasparenti e avvolgenti, imprime una forte svolta nella pittura del Tisi, che tuttavia sembrerà del tutto immune dall'influenza del suo continuatore Tiziano, pur presente a Ferrara a più riprese; mentre invece si rivela assai attento ed aperto agli stimoli provenienti dall'ambiente romano, e pronto a cogliere fin dagli anni 1512-1513 le suggestioni della grande rivelazione di Raffaello. Il sogno di un mondo sereno, grandiosamente dignitoso - in cui l'uomo si commisura con un ambiente di estrema bellezza e varietà senza esserne schiacciato e travolto, ma restando al di sopra degli affanni e dei dolori - vive eterno in tutte le sue opere.
Proprio la perfetta fusione tra i modi del Sanzio e di Giorgione sarà uno dei maggiori traguardi di Garofalo, cui tutta la letteratura riconosce il merito di aver trovato una delle più elette e originali sintesi tra la pittura veneta e quella romana.
 Così, se nelle differenti versioni giovanili della Madonna con Bambino - quelle della Ca' D'Oro di Venezia, del Museo di Copenaghen o del Bonnefanten Museum di Maastricht (opera appartenuta alla collezione di Otto Lanz e voluta da Hitler per il costituendo Führermuseum di Linz) - come pure nell'opera del Sacro Convento di Assisi, nella bellissima Madonna dei Musei Capitolini o nel Cristo Portacroce da Cento, le lezioni di Boccaccino, di Costa, del Francia e di Giorgione fanno tutte ormai parte del lessico garofalesco; e se con la “bellissima” pala di Argenta non è più possibile dubitare dell'influsso esercitato da Raffaello su Garofalo, già la Madonna col Bambino in atto di prendere un cardellino della Galleria Borghese e, soprattutto, la Pala Suxena mostrano ormai un raggiunto equilibrio tra il colore giorgionesco e la forza delle anatomie raffaellesche. Persino nella stagione in cui, come direbbe Melville, “crescono gli anni e le malinconie”, in opere mature quali il Sacrificio Pagano della National Gallery di Londra o la Sibilla ed Augusto del Wallraf Richartz Museum di Colonia che mostrano le aperture manieriste dell'ultima fase- entrambe prime assolute per l'Italia - o nella Venere e Marte e la Diana ed Endimione da Dresda che si richiamano al paesaggio e alle tipologie di Dosso (fra i pochissimi dipinti realizzati da Garofalo per il Castello Estense, su richiesta di Ercole II), quel sogno olimpico rimane fisso, e ne emerge la capacità dell'artista di fondere le diverse parlate della cultura figurativa del tempo in una lingua fluida e bella, in armoniosa unità, senza cesure nette come invece è stato talvolta ritenuto, senza conversioni radicali o contraddizioni in termini. Garofalo non sceglie diverse modalità espressive a seconda delle committenze, ma parla sempre la sua individua, inconfondibile lingua poetica, sia che si trovi a dover affrontare una solenne pala d'altare, o un quadretto privato, o ancora un'opera di tema cortese, in linea con la città dell'Orlando Furioso.
Rendere dunque omaggio a questo magnifico artista, che quasi con forte tempra morale ha tenuto ferma una linea espressiva senza mai tradirla, ma sapendola continuamente aggiornare, innervare, modificare, aprire al nuovo, era insomma quasi un atto di giustizia storica, che ben si accordava con gli scopi, i modi, le circostanze della fondazione Ermitage Italia.
Non che questa monografica sia la prima mostra in assoluto consacrata all'artista; altre manifestazioni gli sono state dedicate, in cui si investigava o un particolare momento, o un particolare filone della sua arte. Questa è la prima che cerca invece, nei limiti delle possibilità - condizionate dalle precarie condizioni conservative di molte tavole o dalle loro eccezionali dimensioni, che impediscono l'accesso alla sede espositiva - di prendere in considerazione tutto il percorso dell'artista, dall'inizio alla fine; e per far questo, si è preferito ripartire quasi da zero, conoscendo e valutando, naturalmente, tutto quanto è stato scritto sull'argomento, ma cercando di sfrondare tutti i luoghi comuni che si sono ormai consolidati sull'artista e riassestando il suo catalogo, agganciandolo alle opere certe, in quanto firmate, datate o documentate. Quella che è la metodologia di base per ogni lavoro storico artistico, in questo contesto, assume un carattere ambizioso, perché costringe a lavorare su tutti i dipinti di Garofalo, anche quelli non presenti in mostra, come si stesse scrivendo un libro onnicomprensivo; e necessariamente impone anche di mettere ordine all'interno di una bottega, i cui aiutanti e collaboratori erano sicuramente numerosi. Ciò che oggi passa sotto il nome di Garofalo è insomma costituito di un nucleo forte di opere autografe, ma anche di molti dipinti con diversi gradi di collaborazione, e di un gruppo di copie di diversa mano, che testimoniano tuttavia del grande successo goduto dall'artista ai suoi tempi. Per le ragioni suddette, e quasi in analogia col mondo garofalesco, nelle schede di catalogo si è scelto un passo per così dire “narrativo”, che discuta temi e problemi in relazione alle singole opere, anziché trattare queste ultime, come di consueto, in isolamento, quasi si trattasse di monadi incomunicanti.
Di questo godibilissimo pittore dunque, la mostra ferrarese - promossa dal Museo Statale Ermitage, dalla Provincia di Ferrara, dal Comune di Ferrara e dalla Regione Emilia-Romagna, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, della Carife e di Hera, con l'organizzazione generale di Villaggio Globale International e catalogo Skira - offre finalmente un volto nuovo, e forse inaspettato, alla luce dei più recenti studi e dell'attenta revisione dei documenti originali confluita nel corposo regesto del catalogo.


L'Arte di Garofalo: dalla mostra alla città
Informazioni ed orari
La mostra trova la sua ideale estensione in città, attraverso un itinerario alla scoperta delle importanti testimonianze dell'artista qui conservate. In occasione dell'evento, oltre alla riduzione reciproca dei biglietti d'ingresso tra mostra e musei, sarà possibile anche ammirare - con ingresso gratuito - i bellissimi affreschi realizzati da Benvenuto Tisi al Seminario Vecchio, di cui si sono conclusi da pochi mesi i restauri, grazie all'apertura straordinaria resa possibile dalla Curia Arcivescovile di Ferrara e della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara.

Pinacoteca Nazionale
Palazzo dei Diamanti, corso Ercole I d'Este 21
Orario: 9.00 - 14.00; giovedì 9.00 - 19.00;
domenica e festivi 9.00 - 13.00

Museo Archeologico Nazionale
Via XX Settembre, 124
Orario: 9.00-14.00, chiuso lunedì

Seminario Vecchio
Via Cairoli, 32
Orario: 9.30-13.00 / 14.30-17.30, chiuso lunedì

Cattedrale
Piazza della Cattedrale
Orario: feriali 7.30-12.00 / 15.00-18.30;
festivi 7-.30-12.30 /15.30-19.30

Informazioni

Garofalo. Pittore della Ferrara Estense


Luogo: Ferrara - Castello Estense

Periodo: dal 5 aprile al 6 luglio 2008

Orari: tutti i giorni ore 9.30 - 19.30

Ingresso: Il biglietto dà diritto alla visita della mostra e del Castello Estense. Interi: 10,00 Euro. Ridotti: 8,00 Euro (ultra 65enni, visitatori fino a 18 anni, convenzionati, disabili, altre riduzioni di legge e visitatori con biglietto della mostra Mirò. La terra). Gruppi: 8,00 Euro (da 15 a 30 visitatori con 1 gratuità oltre i 15 componenti paganti). Scuole: 6,00 Euro (2 gratuità a scolaresca). Gratuito: fino a 6 anni, accompagnatori di disabili e giornalisti con tessera

Info: call center 199 411120