Arte

L'età di Courbet e Monet. La diffusione del Realismo e dell'Impressionismo nell'Europa centrale e orientale

Passariano di Codroipo (Ud) - Villa Manin
Dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010

Con questa mostra straordinaria, ricca di capolavori, viene per la prima volta organicamente studiato e raccontato in una esposizione un aspetto peculiare della cultura figurativa europea del XIX secolo. E cioè il rapporto tra la nascita della cosiddetta scuola di Barbizon in Francia e la diffusione del realismo e del naturalismo nei Paesi dell'Europa centrale e orientale. E subito dopo, a partire dagli anni settanta a Parigi, come l'affermazione dell'impressionismo abbia segnato in modo fondamentale la pittura di molte tra quelle nazioni, addirittura fino a XX secolo inoltrato.

Vincent Van Gogh: Coltivatori di patate, 1884, olio su tela, cm 66,4 x 149,6. Kröller-Müller Museum, Otterlo

Antonín Chittussi: Lungo la ferrovia di Orléans, 1885, olio su tela, 32 x 45,5. Praga, Národní Galerie v Praze

Claude Monet: Disgelo, 1882, olio su tela, cm 61,5 x 100. Berna, Kunstmuseum Bern

Vincent Van Gogh: Le rive della Senna, 1887, olio su tela, cm 32 x 46. Amsterdam, Van Gogh Museum


Claude Monet: Neve ad Argenteuil, 1874 circa, olio su tela, cm 54,6 x 73,7. Boston, Museum of Fine Arts lascito di Anna Perkins Rogers

Pierre-Auguste Renoir: Claude Monet mentre dipinge nel suo giardino ad Argenteuil, 1873 olio su tela, cm 46 x 60 Hartford, Conntecticut, Wadsworth Atheneum Bequest of Anne Parrish Titzell, 1957

Claude Monet, Camille Monet e un bambino nel giardino dell'artista a Argenteuil, 1875 olio su tela, cm 55,3 x 64,7. Boston, Museum of Fine Arts

Alfred Sisley: Il sentiero dei castagni, 1867, olio su tela, cm 95,5 x 122,2. Southampton City Art Gallery


Edouard Manet: Victorine Meurent, 1862 circa, olio su tela, cm 42,9 x 43,8. Boston, Museum of Fine Arts, dono di Richard C. Paine in memoria del padre, Robert Treat Paine II

Jean Désiré Gustave Courbet: Autoportrait dit au col rayé, 1854, olio su tela, cm 46 x 38. Montpellier, Musée Fabre inv. 868.1.22

Jean Désiré Gustave Courbet: Fiume nel bosco, 1862 circa, olio su tela, cm 156,8 x 114. Boston, Museum of Fine Arts

Frédéric Bazille: Veduta del villaggio, 1868 olio su tela, cm 157 x 107. Montpellier, Musée Fabre

Viene anche idealmente aperta l'offerta espositiva di Villa Manin ad un pubblico effettivamente soprannazionale, in considerazione del fatto che la Villa è al centro di un territorio che, al di là dell'Italia, si estende su Carinzia, Tirolo, Stiria, Baviera, Slovenia e Croazia, un ambito entro cui gravitano milioni di persone di lingue diverse ma unite dal linguaggio universale dell'arte.
Proprio in virtù di questo ambizioso progetto, la Regione Friuli Venezia Giulia e l'Azienda Speciale Villa Manin hanno chiesto a Marco Goldin di creare una mostra che, per tema e ambito, potesse rivolgersi a un pubblico realmente internazionale, il pubblico “nuovo” che Villa Manin ambisce ad attrarre. Ad affiancare i due Enti regionali è Linea d'ombra libri, con l'apporto fondamentale anche della Fondazione CRUP, Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Fondazione CARIGO e Fondazione Antonveneta.

Facendo ricorso a 120 opere, provenienti da musei di tutto il mondo, e come logica prosecuzione di alcuni recenti progetti curati da Marco Goldin, la mostra sviluppa una storia che non verrà illustrata attraverso una banale suddivisione nazionale, ma piuttosto si esprimerà con una tematizzazione che metterà puntualmente a confronto i dipinti francesi con quelli dei diversi Paesi dell'Europa centrale e orientale. Così da scoprire, non nella genericità dei nomi ma appunto dalla precisione degli accostamenti, la misura profonda di una lezione, quella francese, che nel secondo Ottocento ha dilagato in tutta Europa.
La mostra si concentrerà entro quattro distinti capitoli - Boschi e campagne, Città e villaggi, Acque, Ritratti e figure - che ovviamente molto saranno aderenti al senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo, ma indugeranno anche su altro

Il puntuale resoconto dei rapporti tra Parigi e le grandi capitali del centro ed est Europa, darà luogo in mostra all'istituzione di un dialogo che si sviluppò sì nell'accostarsi al mondo del realismo e del naturalismo di Barbizon prima e dell'impressionismo poi, ma che seppe anche trattenere quelle affascinanti caratteristiche nazionali che hanno fatto di tanta pittura ottocentesca del centro ed est Europa un caso di assoluta e indimenticabile bellezza.

I viaggi degli artisti, e poi anche dei grandi collezionisti, verso Parigi non sono dunque che il punto di partenza che l'esposizione vuole evidenziare, fissandosi poi però alle caratteristiche di novità che quel vento portò verso Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Monaco, Zurigo, Vienna, Mosca, San Pietroburgo, Varsavia, Praga, Budapest, Bucarest e tanti altri centri. E non solo i viaggi verso Parigi, ma anche le mostre che in molte di queste capitali portarono le opere degli stessi artisti francesi. O addirittura taluni quadri che in quelle nazioni vennero realizzati soltanto sul racconto di chi a Parigi era stato, e testimoniava ai pittori che mai vi erano giunti il loro entusiasmo.

Quindi la rassegna di Villa Manin si raccoglierà dapprima attorno ai dipinti di maestri celebri quali Courbet, Corot, Daubigny, Millet, Rousseau solo per dire di alcuni che hanno fatto dell'impronta legata al realismo e al naturalismo la loro forza. Poi si avvicinerà gradualmente al primo tempo impressionista, con un folto e meraviglioso gruppo di opere di Manet, Monet, Bazille, Caillebotte, Sisley, Renoir, Pissarro, Degas, Cézanne fino all'esplosione dello stesso impressionismo nel suo tempo più pieno, anche con il coinvolgimento di Vincent van Gogh, presente nell'esposizione friulana con tre, motivatissime opere, la prima una grande, straordinaria tela del periodo olandese e le altre, due sensibilissime versioni della Senna a Parigi. Quadri provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo e dal Van Gogh Museum di Amsterdam.

Di volta in volta cercando, e trovando, concordanze di soggetto e linguaggio con i migliori pittori del centro ed est Europa, che quindi saranno agli artisti francesi accostati sulle pareti di Villa Manin. Pittori, almeno alcuni, in Italia non così noti, ma spesso di inarrivabile bellezza e che talvolta hanno gareggiato con gli impressionisti nella precoce realizzazione di certi temi, come nel caso del grande pittore ungherese Pál Szinyei Merse. E poi da Levitan a Serov in Russia, da Chelmońsky a Podkowinski in Polonia, da Grigorescu e Andreescu in Romania a Chitussi nella Repubblica Ceca, da Leibl a Liebermann in Germania, da Calame al giovane Hodler in Svizzera, da Mesdag a Maris in Olanda, da Rops al primo Ensor in Belgio, da Schuch a Wiesinger – Florian in Austria, solo per fare alcuni nomi tra i tanti che saranno portati a conoscenza del pubblico italiano.

Per far infine comprendere, per la prima volta, il senso di un percorso che ha indubbiamente segnato in modo profondo alcuni decenni di pittura nel secondo Ottocento nel vecchio Continente. Attraverso opere universalmente conosciute, come quelle degli impressionisti francesi, e opere che gareggiano con quelle per fascino anche se non per notorietà. Così Villa Manin porterà alla luce una pagina d'arte straordinaria e il visitatore potrà avvicinarsi a qualcosa di non completamente conosciuto.


Questa mostra, attraverso 133 dipinti provenienti da una trentina di musei europei e americani, e alcune collezioni private europee, è una vera avventura di nuova conoscenza, di sussulti continui e inattesi di bellezza che giungono dai luoghi più diversi dell'Europa. Nuova conoscenza perché mai si è svolta un'esposizione su questo tema e perché il catalogo che l'accompagna è la prima pubblicazione che organicamente studia l'influenza che la pittura francese ebbe nel secondo Ottocento sulle nazioni dell'Europa centrale e orientale. Con il contributo, per i saggi, di una quindicina di importanti studiosi e curatori di tutto il Continente. Occasione certamente unica per conoscere musei e collezioni che normalmente non sono, almeno alcuni, tra le mete prescelte dagli stessi storici dell'arte. E invece luoghi straordinari nei quali si conservano opere che sovente sono in grado di gareggiare per bellezza con quelle tanto amate e celebrate degli impressionisti francesi. Opere che però sono sostanzialmente ignote al pubblico e che nella mostra di Villa Manin offriranno a tutti coloro che vi giungeranno l'opportunità di scoprire dipinti sempre posti nella dovuta relazione con l'arte francese che li ha ispirati.

Per ogni Paese, dall'Olanda fino alla Russia, è stato scelto il museo che meglio di ogni altro poteva rappresentare l'identità della pittura nazionale, e dunque proprio da quei musei giungeranno a Villa Manin le opere. Dal Museo Mesdag all'Aia fino alla Tretjakov a Mosca. Ma l'identità della pittura di ogni singolo Stato ha in questa esposizione sempre il suo riferimento nello sguardo lanciato verso Parigi, quando non fossero stati i soggiorni, anche assai lunghi, che molti pittori fecero nel secondo Ottocento nella capitale francese. E dunque il senso vero della rassegna friulana è dal continuo intreccio dei temi e delle figure, dal continuo intersecarsi dei motivi e dei rapporti. Vi si scoprono così pagine del tutto inesplorate di pittura e la visita alla mostra darà luogo alla costruzione di un nuovo, incantato romanzo.

Senza isolare nelle diverse sale la pittura di ogni singola nazione, le quattro sezioni della mostra – “Boschi, campagne, case”, “Acque”, “Ritratti”, “Natura abitata” – sono il resoconto di un grande sentimento che nella seconda parte del XIX secolo attraversa l'Europa. Quel sentimento che vede nella scoperta della natura da parte degli artisti di Barbizon in Francia un punto di fondamentale novità. Il gusto per il cosiddetto plein-air - sulla scia di quanto aveva già fatto per esempio Constable in Inghilterra al principio dell'Ottocento, ma anche nel ricordo di taluni pittori olandesi del Seicento come Ruisdael - è uno degli appoggi fondamentali della nuova pittura. Quella novità cui guardano con estremo interesse, fino al punto da recarsi nella foresta di Barbizon, pittori per esempio rumeni o olandesi, tedeschi o svizzeri, cechi o ungheresi. Il senso del naturalismo nasce nella sua completezza dall'opera di Corot (e sappiamo bene quanto venne egli colpito dalla mostra di Constable che Parigi ospitò nel 1822, tanto da convincerlo, tre anni più tardi, a partire per l'Italia alla ricerca del motivo), di Courbet, di Daubigny, di Rousseau, di Diaz de la Peña, che poi si trasferisce nelle opere giovanili di Monet, Sisley, Pissarro, Renoir. Impegnati, questi ultimi, quasi nei medesimi luoghi, come la foresta di Fontainebleau, a rintracciare altre luci rispetto a quelle dei pittori della generazione precedente e a rendere più legata a una realtà trasformata la descrizione della natura, evitando le genuflessioni davanti alla scenografica e accademica natura di ispirazione storica, mitologica e religiosa.

In questo intreccio tra Corot e Courbet da un lato, pur con le distintive peculiarità, e Monet, Sisley e Pissarro dall'altro, si inseriscono autori di ogni nazione d'Europa che declinano quel sentimento della natura in una lingua che al francese della pittura sta molto vicina. Su uno dei temi più affrontati, come quello del bosco, se ne ha chiara testimonianza. Allora a Corot, Courbet, Rousseau, Diaz de la Peña si affiancano due grandi pittori rumeni come Grigorescu e Andreescu, che a Barbizon vivono a lungo assorbendo tutte le caratteristiche principali della pittura di quelli. Ma ancora Paál a Budapest, vicino anche a certi paesaggi del primo Pissarro, che nella loro spoglia e distesa orizzontalità sono l'evidente necessità di catturare il sentimento dei luoghi. E ancora sul tema del bosco ovviamente alcuni esponenti della Scuola dell'Aia in Olanda (Maris, Gabriel, Mesdag, Mauve), forse nel suo complesso la più vicina, assieme ai rumeni, ai pittori di Barbizon. Ma anche le scuole russa, polacca e ceca, con alcuni dei loro rappresentanti migliori (Bogolyubov, Chelmoński, Chittussi), sentono forte questa consonanza di temi e sentimenti. 

E poi un insospettabile, giovane Hodler, fortemente attratto da Courbet che da lui viene visitato in Francia alla metà degli anni settanta. Ancora sul tema del bosco, come un grande quadro in mostra mette bene in evidenza. Hodler seguito a sua volta da un interessantissimo, e assai poco noto, altro pittore svizzero come Stauffer-Bern, a Hodler chiaramente vicino e dunque per li rami allo stesso Courbet, così maestoso e forte. O ancora Boulenger in Belgio, o appunto lo straordinario pittore polacco Chełmoński, presente tra l'altro con un superbo bosco innevato che viene raffrontato con i dipinti di neve di Pissarro e Monet. E solo avendo appena accennato ai primi nomi e ai primi rapporti, in quella che in mostra è la descrizione di un vero e proprio romanzo ottocentesco, con la sua immensa trama tra natura e figura, si comprende come tutto divenga davvero occasione di nuova e sensibilissima conoscenza.

Perché poi, tenendo ben saldo il riferimento più determinante che è quello all'opera di Monet (presente in mostra con una dozzina di opere molto belle e sempre motivatissime, per istituire quei rapporti e quelle relazioni sopra cui si fonda questo progetto espositivo), si vede per esempio come gli si facciano vicino due tra gli autori più significativi di tutta l'esposizione, il ceco Chittussi e l'ungherese Szinyei Merse, entrambi lavorando su uno dei temi più congeniali a Monet, come la distesa dei campi fioriti. Questi due artisti saranno una tra le sorprese più belle sia per gli studiosi che per il largo pubblico, anche per certe loro scelte che talvolta sembrano addirittura procedere quasi di pari passo, dal punto di vista delle date, con gli impressionisti. Non sarà inutile osservare infatti nell'esposizione alcune tele affiancate di Monet, Renoir, Szinyei Merse ma anche Andreescu, anticipate da opere superbe del giovane Bazille, sul tema delle figure femminili (e in lui anche un nudo maschile rarissimo e straordinario) tra l'erba. Così come su questo, che è uno dei soggetti più famosi dell'impressionismo, prove di rara bellezza ha dato un altro pittore ceco presente in mostra, come Slaviček.

L'ambiente di Praga è comunque uno tra i più fervidi per il rapporto con la Francia e Chittussi (di origine ferrarese) rimane il riferimento fondamentale, anche con alcune visioni della Senna, dipinte negli anni stessi di Monet, Sisley e Pissarro  al principio degli anni ottanta. Così come il grande pittore russo Levitan, dal Monet di Vétheuil tra la fine degli anni settanta e l'inizio del decennio successivo trae, su certi temi d'acqua, tutta la felicità di cieli colmi di nuvole che si specchiano sul fiume. Come talvolta farà anche Sisley nei suoi quadri più felici del suo pieno decennio impressionista. Mentre un altro pittore russo, Bogolyubov, sembra più vicino alla descrizione maggiormente puntuale del Boudin dei primi anni settanta. Fino a che giunge Van Gogh a trasformare, con le sue visioni della Senna a Parigi, l'idea di come un fiume possa essere dipinto. E comunque prima che sia la dissoluzione cromatica operata da Monet in alcuni più tardi dipinti a Vétheuil, nel 1901, uno dei quali presente a Villa Manin.

E da un giovane Monet alla metà degli anni sessanta (quadro meraviglioso e rarissimo del 1864, proveniente dal Van Gogh Museum di Amsterdam), assieme a Courbet, Boudin, Daubigny e Lepic, si riparte per il racconto del mare, che trova un suo punto di eccellenza – oltre che per esempio in Artan de Saint-Martin in Belgio, ancora in Levitan ma anche Shishkin in Russia – in quel dipinto famosissimo che è il grande studio (una tela di oltre due metri) per il panorama di Scheveningen dipinto da Mesdag in Olanda, un altro tra i tanti, importanti prestiti per la mostra di Villa Manin. Ma poi come la costa di Normandia in Francia interessasse oltre che a Monet anche a tanti tra gli artisti dell'est europeo, lo vediamo per esempio in uno tra i maggiori pittori ungheresi del secondo Ottocento come Munkácsy, che la dipinge nel 1880. Così come al Monet che nel 1888 dipinge il Mediterraneo da Antibes, si affianca due anni dopo sulle stesse coste Isaac Levitan. O nello stesso 1888 un pittore austriaco, in Italia del tutto sconosciuto, come Zoff.

E poi le ultime due sezioni, ricchissime di opere e di capolavori, sul tema del ritratto e della figura nel paesaggio. A partire dal rapporto, con le immagini dei piantatori di patate, tra Millet e Van Gogh, con un suo grande e fondamentale quadro del periodo olandese, proveniente da quel tempio vangoghiano che è il Kröller-Müller Museum di Otterlo. Rapporto, quello tra Millet e Van Gogh, che interessa diversi altri pittori europei, come per esempio il ceco Brožík, che sullo stesso tema dei piantatori di patate realizza nel 1885 un dipinto di sensibile forza poetica. O i polacchi Szermentowski e Gassowsky. Ma poi correranno in sequenza opere bellissime di Courbet, Degas, Manet, tutte nell'ambito del ritratto che nasce dall'adesione al reale, nel continuo e palese confronto con autori come il polacco Rodakowsky, il tedesco Leibl, gli ungheresi Székely e Deák-Ébner solo per dire di alcuni. Prima che sia quell'interessantissimo rapporto tra certi ritratti degli impressionisti e il giovane Ensor, e poi anche Khnopff sempre in Belgio. Tra Corot e il russo Repin e soprattutto tra i ritratti di bambini realizzati da Renoir nella seconda metà degli anni settanta e Korovin, Surikov e Serov in Russia.



LE SEZIONI

Boschi, campagne, case
Nella vicenda dell'impressionismo che dilaga in tutte le contrade d'Europa sul finire del XIX secolo, la figura di Claude Monet resta ovviamente quella fondamentale e la più alta. Il tema dei campi, e dei campi fioriti, e spesso anche delle figure che su quei campi si adagiano, è giunto fino a noi come emblema appunto dell'impressionismo. Pittori di straordinario interesse, e poetica sensibilità, come l'ungherese Szinyei Merse e il ceco Chittussi che nel 1885 dipinge nella zona di campagna attorno a Orleans, in questo caso si affiancano a Monet nel rosso dei tulipani e dei papaveri. E Chittussi inserendo anche lo scorrere di un treno nella natura, così come Monet aveva fatto già quindici anni prima, toccando il tema della modernità avanzante nel suo rapporto con l'idillio del paesaggio. Ma anche altri pittori, certamente ancor meno conosciuti, che sul tema dei campi fioriti si confrontano, quali due figure femminili, Wisinger-Florian in Austria e Van Rappard in Svizzera.
E sempre sul tema dei campi, in una loro secca e scabra essenzialità invernale, la mostra propone per esempio il rapporto tra il talentuoso ungherese Paál e Pissarro. Così come Pissarro è nuovamente al centro di un bellissimo confronto con Gabriel, uno tra i principali pittori della Scuola dell'Aia in Olanda. Alla metà degli anni sessanta entrambi dipingono le facciate squadrate e invase dal sole o dall'ombra nel traffico silenzioso della campagna. Ed entro questa sensibilità di solitudine, e appartata, si svolge il rapporto tra il pittore svizzero Menn (dal Kunstmuseum di Berna, così come le opere degli altri pittori svizzeri) e Corot, proprio a seguito del periodo che il grande pittore francese trascorre a Ginevra.
Il tema del bosco è uno tra quelli centrali, e determinanti, nella mostra. Ovviamente in questo caso la partenza origina dai pittori di Barbizon: Rousseau, Corot e soprattutto Courbet. La descrizione della natura che nasce in Francia, appunto a Barbizon, resta nel secondo Ottocento in Europa episodio addirittura più importante della successiva diffusione dell'impressionismo. Dall'Olanda alla Russia, anche con i molti viaggi compiuti dagli artisti verso quei boschi mitici, nessuno riesce a sottrarsi a questo fascino del paesaggio scoperto nella sua verità.
La lunga parete con le opere sul bosco, più o meno tra gli anni cinquanta e settanta del secolo, dice di questi rapporti continui, talvolta diretti e talvolta mediati, con la Francia. Hodler a contatto con Courbet nel 1874, e di riflesso il connazionale, molto più noto per la sua attività ritrattistica, Stauffer-Bern. Poi il russo Bogolyubov, che al principio degli anni settanta compie ugualmente un viaggio nei boschi francesi, e ne dà conto in alcuni quadri molto belli, uno dei quali presente in mostra. Il rumeno Andreescu (le sue opere provengono dalla Galleria Nazionale di Bucarest, come quelle di tutti i pittori rumeni), tra la figure più alte di tutta l'esposizione, che con l'amico pittore Grigorescu va a Barbizon già all'inizio degli anni sessanta. O ancora il belga, affascinatissimo dagli artisti di Barbizon, Boulenger (opere provenienti anche dai Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles).
Resta naturalmente da dire delle opere giovanili degli impressionisti sul tema del bosco, qui rappresentate da Monet e Sisley alla metà degli anni sessanta. Un grande e famoso quadro di quest'ultimo (proveniente dal museo di Southampton), tra gli assoluti capolavori del suo periodo giovanile, è affiancato in mostra a un querceto che un sensibilissimo pittore russo come Shishkin dipinge nel 1873. Posticipando così quel dialogo che un decennio prima avvenne in Francia tra l'opera di Corot e quella di Monet, Pissarro, Sisley e Renoir. Nel tentativo di dire con una lingua nuova l'impatto della natura nell'occhio.
La dimensione della vita rurale, e della laboriosità dei contadini intenti alla fatica nei campi, con tutte le implicazioni sociali che ne conseguono, è senza dubbio uno tra i motivi più noti, non solo della pittura, nel secondo Ottocento. Ovviamente tutto ciò si accende nel rapporto celebre di filiazione a distanza tra Millet e Van Gogh, puntualmente rappresentato con due capolavori provenienti rispettivamente dal Museum of Fine Arts di Boston e dal Kröller-Müller Museum di Otterlo. Ma si vedrà nella mostra quanto si sviluppi ovunque, come per esempio nei quadri sensibilissimi del pittore ceco Brožík e di Andreescu. Nei quali l'idea della campagna si associa alla presenza immutabile dell'uomo, in una loro indivisa sostanza.


Acque
Perfino inutile sottolineare come il tema dell'acqua - fiumi e mari e laghi - sia uno tra i più affrontati nella pittura francese dalla metà del secolo. Dapprima con Corot, poi con gli ispidi mari di Courbet, oppure certi suoi distesi, fino alle acque levigatissime di Daubigny. Soprattutto Monet, Sisley, Caillebotte e Pissarro tra gli impressionisti vi hanno dedicato infiniti dipinti, autorizzando poi confronti tra i più belli e motivati con moltissimi pittori di tutta Europa.
La mostra di Villa Manin propone molte sequenze che resteranno nella memoria dei visitatori. A cominciare da quella che si sviluppa entro i toni meravigliosi delle ocre ora più pallide ora più accese delle spiagge che si approssimano al mare. E' della metà degli anni settanta una serie di quadri, alcuni anche di vastissimo formato, che tra Francia, Belgio e Olanda dicono di questa bellezza superba dell'essenzialità prima di tutto della pittura. Poi del silenzio che tutto ammanta e avvolge. Dalle spiagge di Boudin a Berck a quella vuota di tutto di Lepic (dal Museo di Lille in Francia) negli stessi luoghi, a quelle dei belgi Artan de Saint-Martin e Lamorinière, e Mesdag (da quel tempio che è il Mesdag Museum all'Aia, così come tutte le altre opere di pittori olandesi) davanti al mare di Scheveningen, dove sta per giungere anche Van Gogh per certi suoi primi quadri di fronte all'acqua scura del mare del Nord.
E ancora restando al tema delle grandi acque distese, la mostra propone il confronto tra una grande visione del Mediterraneo dipinta da Courbet nel 1858 e proveniente dal Van Gogh Museum di Amsterdam e un rarissimo Monet del 1864, dallo stesso museo, che dall'alto inquadra il mare di Normandia proprio sulla scia dell'esempio di Courbet. A questo spirito, che evoca ancora il naturalismo descrittivo, si affianca per esempio Daubigny con un suo mare a Villerville invaso dalla luce schioccante del sole al tramonto, oppure l'ungherese Munkácsy che nel 1880 si trova a dipingere proprio davanti alla costa di Normandia tanto cara a Monet, che vi condurrà di lì a poco una prima, vera e propria campagna di pittura, doppiata da una seconda subito dopo la metà dell'ultimo decennio del secolo.
Ma i mari di Monet sono anche altri, e tra 1884 e 1888 c'è la discesa verso sud, prima a Bordighera e poi in Costa Azzurra. Il mare è ormai cosa del tutto diversa, sente stilisticamente l'esempio di quanto andava compiendo il giovane Seurat ed è lo stesso Monet a dircelo nelle lettere bellissime che invia alla seconda moglie, parlando di una tessitura di azzurro e rosa come un tappeto di pietre preziose. Il Mediterraneo è la luce diversa per la pittura, così come lo sarà di lì a poche settimane per Van Gogh, che nel giugno dello stesso 1888 si affaccia sulle sue rive, portando con sé una manciata di tele soltanto. A quel Mediterraneo dipinto da Monet guarda forse il più alto tra i pittori russi del secondo Ottocento, Levitan. Nel suo quadro adesso esposto, del 1890, si perde definitivamente il senso della veduta e viene prediletta un'inquadratura ravvicinata, che si concentra sul senso del movimento delle onde e sui riflessi dell'acqua. Ma nel 1888, un pittore austriaco certamente ignoto al pubblico italiano, Alfred Zoff (per lui come per gli altri pittori austriaci le opere provengono dal Rupertinum di Graz), in un suo mare dipinto in Riviera lavora nello stesso modo e con lo stesso sentimento del mondo.
Naturalmente il tema del fiume, la Senna principalmente, è un altro dei cuori pulsanti della mostra. Anche qui il rapporto tra Monet e Levitan non lascia indifferenti. E più ancora che nel capolavoro del 1897 appartenente alla serie con i Mattini sulla Senna, nella appena più tarda visione del fiume a Vétheuil del 1901, nella quale Monet, si direbbe quasi in libera uscita dalla sua proprietà di Giverny, negli anni in cui è costante l'andirivieni con Londra, irrora dei colori dell'intero arcobaleno l'acqua che scorre. Quei colori che Levitan ci indica negli stessi anni nei suoi quadri, quasi riandando anche ai dipinti degli anni settanta di Sisley. Così come tra Sisley e Pissarro si muovono il ceco Chittussi (i suoi quadri, così come quelli degli altri pittori cechi, sono prestati dalla Galleria Nazionale di Praga) e lo sloveno Jettel, con una importante coincidenza temporale del primo rispetto ai paesaggi degli impressionisti. Ma è chiaro che i due bellissimi dipinti in mostra di Van Gogh (dal Van Gogh Museum di Amsterdam), realizzati a Parigi lungo la Senna nel 1887, ci dicono di come questa tensione del colore toccasse, seppur in modo diverso, in quei mesi cruciali, talenti inarrivabili quali Monet, Seurat e lo stesso Van Gogh. Che la morte precoce di Seurat avrebbe tenuto nel silenzio e che invece si sarebbe sviluppata come ben sappiamo negli altri due.


Ritratti e Natura abitata
Infine il gusto e il senso del ritratto, e le figure nel paesaggio, nelle due grandi sezioni che chiuderanno la mostra. Ritratti che  via via perdono la loro ufficialità, il loro compito di fissare un ruolo per colui o colei di cui si sceglie di riprodurre l'immagine. Già nelle opere di Corot e Courbet, che aprono questo conclusivo capitolo, il dato della celebrazione cede a favore della verità nel raccontare volti e corpi. La loro collocazione nella natura diventa abituale, come nei quadri vicini, e di identica pittura elegantemente franta, di Renoir e di uno tra i maggiori impressionisti russi, Korovin. E assieme all'esempio di Renoir, e ovviamente di Monet, che in Europa resterà fondamentale per tanti, è anche la linea che in Francia parte da Manet e da Degas a trovare terreno fertile nelle altre nazioni, soprattutto quelle della zona centrale del Continente. Un desiderio di incidere e di scoprire le forme, dare il senso di una profondità psicologica come fanno, solo per evidenziare due esempi tra i tanti, Leibl in Germania e Székely in Ungheria.
Queste due conclusive sezioni, nel loro insieme, sono prodighe di esempi e di confronti, entro una superlativa linea di qualità pittorica. Molti e fondamentali i prestiti concessi dai musei di tutto il mondo, e da alcuni americani in modo particolare. Le figure nel paesaggio sono tema che connette l'importanza comunque sempre viva del ritratto con l'adesione costante alla natura. Il Musée Fabre di Montpellier presta per esempio un grande dipinto di Bazille, da poco entrato nelle sue collezioni e in fase di completo restauro proprio in vista della mostra di Villa Manin. Un nudo maschile disteso sull'erba in quella fase pittorica che precede la morte dell'artista nella guerra Franco-Prussiana e che chissà quali esiti avrebbe potuto dare. E dopo questo meraviglioso dipinto, sarà ancora Bazille, con il suo celeberrimo Veduta del villaggio del 1868, sempre dal Museo di Montpellier, ad aprire una serie indimenticabile di figure nella natura. A questa ragazza in abito bianco sotto un pino marittimo, alta sul villaggio, rispondono subito dopo quadri celebri, provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston, di Renoir e Monet. Ma subito gli accostamenti consentono di vedere la straordinaria precocità di uno tra gli autori più interessanti della mostra, l'ungherese Szinyei Merse (dalla Galleria Nazionale di Budapest, così come quasi tutti gli altri quadri ungheresi), che all'aprirsi degli anni settanta dipinge alcune bellissime figure distese tra l'erba. Senza essere ancora mai stato a Parigi e dunque come spirito dei tempi. Più tarde, e pur tuttavia bellissime, alcune altre figure nel paesaggio di provenienza geografica mitteleuropea, come quelle di Stössel, Sternen, Slaviček.  Sempre in quest'area, e segnatamente in Slovenia, è interessante notare la singolare vicinanza, documentata in mostra, tra certi ritratti di Caillebotte (da importanti collezioni private francesi) tra la fine degli anni settanta e i primissimi anni ottanta, e quelli di Jacopič, Jama e Šubic (dalla Galleria Nazionale di Lubiana).
Detto della presenza di ben tre grandi ritratti del più noto tra i pittori belgi, Ensor, a inizio anni ottanta, nel suo momento certamente più legato all'esempio francese, con prestiti dai musei di Gand e Anversa, va sottolineato l'interesse fortissimo di alcuni pittori russi di talento come Korovin, Serov, Repin e Surikov, per Renoir. Un grande ritratto di quest'ultimo, uno dei suoi capolavori degli anni settanta proveniente dal museo americano di Columbus, consente di fare questa verifica rispetto al gruppo di opere che giungono dalla Tretjakov di Mosca.
Una parete si aprirà con tre famosi ritratti dipinti da Courbet tra il 1854 e il 1862, tra cui il celeberrimo Autoritratto con il colletto a righe, dal Musée Fabre, scrigno prezioso per le opere di Bazille e appunto Courbet.  Dal forte realismo di Courbet, con questi tre quadri in sequenza, si passerà a ritratti del primo tempo di Manet (il notissimo Ritratto di Victorine Meurent del 1862 dal Museo di Boston) e Degas (tra gli altri, il superbo doppio ritratto delle sorelle Montejasi Cicerale dal Wadsworth Atheneum di Hartford negli Stati Uniti), fino al rarissimo, e mai prestato, Ritratto di Bazille dipinto da Monet nel 1868 (Musée Fabre), a sancire anche la grande amicizia tra i due pittori. Ma come i modi francesi in questa fase aurorale dell'impressionismo interessino soprattutto gli artisti tra Germania, Ungheria e Polonia, ce lo dicono in mostra gli accostamenti ad altri ritratti dipinti da personaggi come Leibl e Trübner appunto in Germania (dai musei di Amburgo e Brema), Deák-Ébner e Székely in Ungheria e Rodakowsky in Polonia (dalla Galleria Nazionale di Varsavia, come tutti gli altri prestiti polacchi).   
In modo quasi simbolico la mostra si chiuderà con due quadri nei quali il pittore dipinge un pittore che dipinge. All'opera del tedesco Wenglein, dalla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera, che nel 1868 dipinge il suo collega Adolf Lier, pur presente in mostra con due quadri, mentre lavora en plein air sulla riva di un torrente, verrà affiancato uno dei quadri simbolo dell'intero impressionismo. Il fatto è noto: Renoir nell'estate del 1873 va a trovare Monet nella sua casa ad Argenteuil, lungo le rive della Senna, appena a nord di Parigi. I due amici, nel tempo della preparazione della prima mostra impressionista, che si sarebbe svolta nello studio di Nadar nella primavera successiva, decidono di dipingere insieme nel giardino. Ma in modo molto particolare. Monet è intento a realizzare sulla sua tela proprio un angolo di quel giardino delle delizie che anche in questa mostra vediamo in un suo capolavoro del 1875 proveniente dal Museo di Boston. Renoir pone il suo cavalletto poco distante dall'amico intento nel suo lavoro, e si pone a dipingere proprio l'amico che dipinge. Ne nasce uno dei quadri manifesto dell'intero impressionismo, eccezionalmente prestato per questa mostra dal Wadsworth Atheneum di Hartford. Conclusione strepitosa di un'esposizione che non mancherà di stupire.

Informazioni

L'età di Courbet e Monet. La diffusione del realismo e dell'impressionismo nell'Europa centrale e orientale


Luogo: Passariano di Codroipo (Ud) - Villa Manin

Periodo: dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010

Orari: dal 26 settembre al 1 novembre ore 9-19. Dal 2 novembre a fine mostra da lunedì a giovedì ore 9-18, venerdì sabato e domenica ore 9-19. Chiuso 24, 25 e 31 dicembre 2009. 1 gennaio 2010 ore 11-19

Ingresso: intero 10,00 Euro, ridotto gruppi 8,00 Euro, ridotto scuole 6,00 Euro

Catalogo: a cura di Marco Goldin, edito da Linea d'ombra Libri

Info e prenotazioni: Call center tel. 0422 429999 - fax 0422 308272