Arte

Eccellenza Italiana. Arte, Moda e Gusto nelle icone della pubblicità

Ciliverghe di Mazzano (Bs) - Musei Mazzucchelli
Dal 22 novembre 2008 al 15 marzo 2009

Ai Musei Mazzucchelli - il polo museale a Ciliverghe di Mazzano, in provincia di Brescia - è aperta al pubblico la mostra Eccellenza Italiana - Arte, Moda e Gusto nelle icone della pubblicità. Oltre 100 opere, tra affiches e bozzetti, ideate dai grandi illustratori - quali Metlicovitz, Dudovich, Villa - e da alcuni tra i più significativi artisti italiani del XX secolo - come Depero, Fontana, Cambellotti, De Chirico - per celebrare tre ambiti dell’orgoglio nazionale: l’Arte, la Moda e il Gusto del saper Bere, tre temi attorno ai quali si articolano i percorsi espositivi permanenti dei Musei, che comprendono il Museo della Moda e del Costume, il Museo del Vino e del Cavatappi, la Casa Museo Giammaria Mazzucchelli e la Pinacoteca Giuseppe Alessandra.


















La mostra - che gode dei patrocini della Regione Lombardia, della Provincia di Brescia e del Comune di Mazzano - presenta materiali selezionati dal Massimo&SoniaCirulli Archive di New York e dalla Collezione Salce, in deposito al Museo Bailo di Treviso, un progetto ideato e promosso dalla Fondazione Giacomini Meo Fiorot-Musei Mazzucchelli e dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico per le Province di Venezia, Padova, Belluno e Treviso, nato dalla duplice volontà di valorizzare le collezioni permanenti dei Musei Mazzucchelli e dalla necessità di restaurare e rendere visibili in contesti adeguati opere provenienti da collezioni private e pubbliche che, in alcuni casi, sono state, per motivi contingenti, chiuse nei depositi.
Dal Massimo&SoniaCirulli Archive - fondato a New York nel 1985 da Massimo Cirulli e considerato il maggior archivio storico privato di arte del Novecento italiano, dedicato all’arte pubblicitaria e alla propaganda in tutte le sue forme - sono stati selezionati i manifesti delle prime due sezioni, "Eleganza e Moda" e "Il Gusto del bere", allestiti in parte in due nuove gallerie, in parte all’interno del Museo della Moda e del Costume e del Museo del Vino e del Cavatappi, così da creare un percorso di visita coerente con le collezioni permanenti volto a inediti approfondimenti.
Dalle prime campagne pubblicitarie tra Otto e Novecento - commissionate non tanto dai fabbricanti di abbigliamento, ma da coloro che ne garantivano la distribuzione, come i ‘Magazzini Mele’ di Napoli, i ‘Magazzini Bocconi’, poi ‘La Rinascente’ di Milano - si colgono le trasformazioni della moda della prima metà del XX secolo in Italia: se all’inizio la moda era dettata da Parigi, come testimoniano le affiche di Dudovich del 1911-12 per i Magazzini Mele o la raffinatissima Melenis di Metlicovitz del 1912 per l’opera lirica di Zandonai, nei primi decenni del Novecento si afferma, grazie al cappello che diventa un accessorio irrinunciabile, la principale eccellenza per l’Italia, che si impone nel mercato internazionale con lungimirante fortuna, come ricorda il manifesto del 1911 di Dudovich per la Borsalino. Nel 1936, a Firenze, Salvatore Ferragamo crea la prima scarpa con la suola ortopedica, che nel giro di pochi anni diventa una foggia popolare per il sandalo femminile e segna l’apertura della moda italiana verso il riconoscimento internazionale: la storica sfilata organizzata il 12 febbraio 1951 dal marchese Giovanni Battista Giorgini a Villa Torriggiani a Firenze decreta la nascita dell’Italian Look. Nel 1952 il governo italiano mette a disposizione della moda Palazzo Pitti per le sfilate e Firenze diventa il centro della moda italiana.
Un excursus, quello dei manifesti di moda, che può essere attraversato anche con taglio sociologico, vedendo nella scritta "Massimo buon mercato", ricorrente nelle affiche dei primi decenni del secolo, un messaggio alla borghesia in essi rappresentata e al restante pubblico che andava educato alla funzione della borghesia stessa. Altro aspetto da rilevare è la progressiva emancipazione della donna, presente, ad esempio, in un manifesto dei Magazzini Mele del 1903 di Aleardo Villa, che pubblicizza abiti per bambini con l’immagine di una madre vestita di tutto punto che sta per uscire e abbraccia i figli che giocano sul letto: dunque la donna che esce, che non sta in casa a custodire la prole; una generazione dopo, Dudovich ritrae per la Fiat. La nuova Balilla per tutti. Eleganza della Signora una donna che guida: la donna che rivendica la parità di sesso con l’uomo; fino ad arrivare al manifesto La Rinascente.
Vacanze del 1956 con un’immagine modernissima, quasi cinematografica, ispirata ai nuovi modelli di eleganza femminile - quelli di Lana Turner e di Audrey Hepburn - che Dudovich rende con una forza incredibile, facendoci assaporare il clima culturale dell’Italia di quegli anni, in pieno boom economico, con tanta voglia di sognare e con la televisione in agguato, pronta a cambiare definitivamente i canoni della pubblicità.
Un percorso altrettanto stimolante propone la sezione dedicata al Gusto del bere a partire dalle affiches più antiche di Adolfo Hohenstein dedicate al ‘Bitter’ e al ‘Cordial Campari’ risalenti al 1898, per arrivare ai manifesti del maestro Leonetto Cappiello per "Isolabella" del 1910, dove su un fondo nero un arlecchino di sapore jugend volteggia circondato da decine di bottiglie colorate, che raffigurano, con l’ironia del gioco, la danza dell’amaro; o come per "Contratto II" del 1922, dove una donna dal complesso vestito jugend regge una coppa enorme, da cui esce una spuma bianchissima su fondo giallo: veri e propri capolavori per forma e strategia comunicativa. Di grande novità, infatti, è l’idea di non rappresentare l’uso del bere, ma di stimolarlo attraverso figure diverse: per far bere si pone l’accento sulla seduzione femminile o sull’innocenza infantile, come nel meraviglioso "Champagne Kupferberg" del 1901 del triestino Leopoldo Metlicovitz, dove una ragazzina, come in un’illustrazione per libri dell’infanzia, regge la bottiglia alla quale sta saltando il tappo. Ancora Metlicovitz propone una singolare affiche in "Chianti Ruffino" del 1902: al centro, appeso entro un ovato, un fiasco di Chianti, sopra un ovale con putti che vendemmiano, evocazione di glorie rubensiane e tizianesche in chiave ottocentesca. Ma vi sono altri stimoli al bere, altri sottintesi, altri racconti: la forza degli animali, l’ironia, il gioco, l’evocazione postfuturista, diventano chiavi simboliche per costruire il racconto.
Dal 1896 al 1915 si afferma la stagione aurea della grafica pubblicitaria italiana in coincidenza al fermento generale che si registra nei grandi centri urbani: si aprono nuove vie di comunicazione, si diffondono le reti ferroviarie e la navigazione a vapore, si afferma l’automobile. I produttori e i commercianti di vini, birra, liquori, e bevande in genere, compresero ben presto che non solo i manifesti, ma anche i cavatappi utilizzati nei bar e nei ristoranti avrebbero potuto svolgere un’azione pubblicitaria importante e a buon mercato.
Il cavatappi che meglio si prestò a essere utilizzato come supporto pubblicitario fu quello detto da "cameriere", brevettato dal tedesco Karl F.A.Wienke nel 1883 in Inghilterra e, subito dopo, negli USA: talmente popolare da essere prodotto, con lievi varianti, ancora oggi. Si tratta di cavatappi con un meccanismo del tutto simile tra di loro, che si differenziano proprio per il messaggio pubblicitario che li rende così ricercati dai collezionisti. La stessa cosa è accaduta per i coltelli tascabili, muniti di cavatappi e di altri piccoli arnesi, che consentivano di sbrigare varie funzioni nella vita quotidiana. Dalla fine dell’800 in poi, ben pochi modelli di cavatappi sono stati risparmiati dalla pubblicità, sia che fossero di tipo semplice, sia del tipo a meccanismo. Il successo del cavatappi pubblicitario fu così grande da coinvolgere, come si potrà vedere lungo il percorso espositivo, i prodotti industriali più svariati e perfino i professionisti, che li donavano come gadget per attirare clienti. Se il successo del manifesto pubblicitario subì un declino fra le due guerre, quello del cavatappi continuerà fino ai nostri giorni.
Infine, la III sezione dedicata all’Arte, con una selezione di affiches provenienti dalla Collezione Salce, donata allo Stato per volere testamentario del collezionista nel 1962 e dal 1968 in deposito presso il Comune di Treviso: un patrimonio straordinario di circa 30.000 pezzi - tra manifesti, locandine e materiali diversi - tale da delineare compiutamente la storia della grafica pubblicitaria dalla seconda metà del XIX secolo fino agli anni Cinquanta del XX.
Per indagare i rapporti tra arte e grafica pubblicitaria, è stato scelto un nucleo di opere ascrivibili ad autori eccellenti - celebri in ambiti diversi da quello della grafica d’occasione - i cui esiti risultano molto diversificati, tanto nelle specificità linguistiche quanto nelle potenzialità comunicative. A partire dal precocissimo esempio di intelligenza specifica di Alberto Martini in merito al lettering con la locandina del 1899 per le biciclette Menon, dove la parte figurata denota una chiara ‘ortodossia liberty’ e ‘riferimenti alla cultura jugend e a quella belga di Toorop’ con immagini compiutamente risolte e assolutamente grafiche; al manifesto del 1909 di Boccioni per una mostra d’arte a Brunate, che rivela la già complessa cultura figurativa del giovane artista con una prova grafica informata delle conoscenze internazionali acquisite a Parigi, Varsavia, Vienna; passando per la felice stagione creativa della cartellonistica tardofuturista dedicata alle rappresentazioni teatrali con alcuni manifesti di Prampolini, di Depero e di un raro Munari futurista: non si tratta di incursioni occasionali nella pubblicità bensì di tasselli irrinunciabili di un puzzle espressivo complesso e ideologicamente strutturato; opera di autori che intratterranno con la grafica un rapporto continuativo e qualitativamente eccelso.
Retaggi pittorici, ma anche grande capacità sintetica e comunicativa specifica, sono del resto anche nelle tre proposte di Sironi, già futurista e ineludibile protagonista del Novecento italiano. Nel manifesto per la VI Triennale di Milano il caratteristico ‘muralismo’ affollato di figure viene veicolato da un cartellone dall’estremo rigore costruttivo e grafico, tanto nelle forme quanto nell’impaginazione e nel lettering; un "raffreddamento" razionalista sull’usuale emotività della materia pittorica, ribadito da L’Ambrosiano quotidiano illustrato, dove le periferie cittadine si fanno pura geometria, non priva di ammiccamenti al coevo astrattismo. Quello stesso astrattismo al quale Lucio Fontana si è accostato nel 1935 quando realizza lo straordinario Servizi espressi per tutto il mondo, capace di un minimalismo figurativo degno del coevo Licini, privo però di qualsivoglia lirismo e viceversa geniale nell’interpretazione del messaggio pubblicitario: bastano poche linee per dire di un potente mezzo di trasporto, della sua velocità, della sua capacità di attraversare il globo. Un perfetto esempio di adeguamento linguistico alle necessità della comunicazione pubblicitaria, antitetico alla sostenutezza dechirichiana del 1950 presente nella pubblicità della Fiat 1400, dove la sua concezione di pittura risulta così programmaticamente autoreferenziale, da non potersi piegare all’illustrazione di altro da sé.
Guidati da una lettura iconografica che ha come punto di partenza l’affermazione della pari dignità tra arti applicate - nello specifico la grafica - e arti maggiori, il taglio della mostra - grazie ai preziosi contributi critici di Anna Maria Spiazzi, Marta Mazza, Ottilia Munaretti Bertazzo, Arturo Carlo Quintavalle e Massimiliano Capella, raccolti nel catalogo edito da Silvana Editoriale - mira a svelarne le sorprendenti peculiarità e le reciproche contaminazioni; non solo, attraverso la celebrazione dei prodotti che hanno creato l’eccellenza italiana nel mondo, si avrà modo di ripercorrere la storia della nostra cultura e della nostra società, in un periodo compreso tra il 1897 e il 1957.
Da segnalare, infine, il notevole sforzo di restauro di alcune affiches per le quali urgeva un intervento di pulizia, consolidamento e foderatura e l’impegnativo allestimento trattandosi di opere, in taluni casi di notevoli dimensioni, che richiedono particolari condizioni di conservazione, tra queste un’esposizione al pubblico limitata nel tempo.


Affiches e bozzetti ideati dai più grandi illustratori del XX secolo, da Metlicovitz a Dudovich, da Hohenstein a Terzi e Villa, per celebrare l’eccellenza italiana, riconosciuta a livello internazionale: la Moda, il Vino e l'Arte.
I materiali selezionati dal Massimo and Sonia Cirulli Archive di New York e dalla Collezione Salce di Treviso, vanno ad approfondire attraverso una lettura iconografica altamente suggestiva i temi attorno ai quali si articolano i percorsi espositivi permanenti dei Musei Mazzucchelli nell'intento di valorizzare le collezioni relative al Museo del Vino e del cavatappi, il Museo della Moda e del Costume e la Pinacoteca Giuseppe Alessandra.
Per rendere più solido il legame tra le opere esposte e le collezioni permanenti dei Musei Mazzucchelli, la mostra occupa due nuove gallerie e prosegue con una selezione di alcuni pezzi e approfondimenti all’interno del Museo della Moda e del Costume e del Museo del Vino.

Una terza nuova galleria è poi allestita con una selezione di affiches provenienti dalla Collezione Salce di Treviso, realizzate tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento dai più importanti artisti italiani del XX secolo tra i quali spiccano i nomi di De Chirico, Boccioni, Casorati, Depero, Cambellotti, Prampolini, Sironi e Fontana per dimostrare (in Italia è ancora tutto da scoprire) che la tecnica dell’affiche si deve considerare a tutti gli effetti come una vera espressione artistica alla stregua di pittura e scultura.

La mostra è promossa dalla Fondazione Giacomini Meo Fiorot - Musei Mazzucchelli e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso.

Informazioni:
Musei Mazzucchelli, tel. 030 212421