Arte

La biografia di Giovanni Baronzio
Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento
La scuola artistica riminese del Trecento

Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento

Roma - Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini
Dal 14 marzo al 15 giugno 2008

A Palazzo Barberini, dal 13 marzo, intorno al Dossale del Baronzio, per la prima volta restaurato e riunito, in mostra la Pittura Riminese del Trecento.

Galleria d'immagini:

Giovanni Baronzio - Pala del mistero della croce

Giovanni Baronzio - Pala del mistero della croce, (particolare)

Giovanni Baronzio - Pala del mistero della croce, (particolare)


Giovanni da Rimini - Storie del Cristo, particolare della Natività (durante il restauro). Galleria Nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini, Roma - Fotografia di Zeno Colantoni

Giovanni da Rimini - Storie del Cristo (pannello del dittico), particolare (durante il restauro). Galleria Nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini, Roma - Fotografia di Zeno Colantoni

Giovanni Baronzio - Pannello con scene della Passione, particolare dell'Ascensione (durante il restauro). Galleria Nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini, Roma - Fotografia di Zeno Colantoni

A Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento è dedicata, dal 14 marzo al 15 giugno, la raffinata mostra destinata a prefigurare ciò che, a fine 2008, sarà la nuova Galleria di Palazzo Barberini. Per quella data le sale del pianterreno, occupate sino ad un anno fa dal Circolo Ufficiali, saranno pronte ad accogliere le opere più antiche della raccolta, dal dodicesimo al quindicesimo secolo, tappa ulteriore del progressivo ampliamento della Galleria.
Una mostra che è anche la messa a punto di un modello di mostre dossier che possono costituire parte dell'attività espositiva di Palazzo Barberini, per valorizzare i tanti materiali poco noti custoditi nei depositi.
Non è un caso se ad aprire questo filone sarà la Pittura Riminese del Trecento, uno dei momenti di snodo della storia dell'arte in Italia. La mostra, promossa dal Polo Museale Romano in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, è curata da Daniele Ferrara.
A propiziare questa mostra è stata l'opportunità di riunire, dopo il restauro, uno dei massimi capolavori di quella situazione artistica assolutamente straordinaria che fu la Rimini del Trecento: le due parti conosciute del grande dossale commissionato dai francescani a Giovanni Baronzio per la loro chiesa di Villa Verucchio.
Una parte del Dossale, smembrato dopo le soppressioni napoleoniche, è attualmente patrimonio di Palazzo Barberini ed è stata sottoposta ad un complesso intervento di restauro curato dalla Soprintendenza per il Polo Museale Romano e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Proprio quest'ultima ha acquistato nel 2006 sul mercato antiquario la seconda parte del Dossale, anch'essa recentemente restaurata. Le due tavole furono pubblicate per la prima volta da Federico Zeri nel 1958, e sono da allora note con il nome di “Dossale Corvisieri” dal nome della collezione romana di cui facevano parte fin dall'Ottocento.
Non si dispera che, proprio grazie a questa mostra, possano riemergere dal mercato antiquario, o individuate in altri musei, le altre parti mancanti.
Rimini, capitale della dinastia dei Malatesta, agli inizi del Trecento, era città ricca e vivace tanto da richiamarvi maestri come Giotto e da creare le condizioni per l'esplosione di una vivacissima scuola artistica che operò in città ma che si impose anche altrove.
Furono i Francescani a chiamare Giotto a Rimini e furono ancora loro a commissionare a Giovanni Baronzio l'opera principale per la chiesa di un convento tra i più significativi per l'Ordine Mendicante, quello di Villa Verucchio, appunto, non lontano dalla città. L'opera doveva, con la sua imponenza, celebrare i Malatesta, signori del luogo, e sottolineare la permanenza nel convento dello stesso San Francesco.
Con il suo capolavoro Baronzio descrisse per immagini la storia della Passione di Cristo. Tutti i momenti dei racconti evangelici vi erano rappresentati secondo un modello teologico preciso. Il suo resta un esempio altissimo di “pittura narrante”, una sapiente predica francescana per immagini che egli non solo magistralmente eseguì ma anche intimamente condivise, al punto da chiedere poi di essere sepolto proprio nell'importante chiesa di San Francesco a Rimini.
A far da cornice e confronto al capolavoro nuovamente riunito saranno esposte opere di non minore importanza. A partire dal foglio di Corale di Neri da Rimini datato 1300, considerato fondamentale non solo per la storia della pittura riminese ma in generale per l'arte italiana di quel secolo. L'impronta giottesca è evidente nelle tavole, anch'esse in mostra, di Giovanni da Rimini così come i rapporti con la pittura bolognese sono marcati nelle tre opere qui esposte di Pietro da Rimini. La stretta vicinanza del Baronzio con il mondo francescano è confermata da due tavole della Pinacoteca Vaticana, opere di particolare interesse, così come davvero notevole è il pannello di dittico del Maestro di Verucchio, raro esempio di opera conservata entro la cornice originale. A due fratelli, Giovanni e Giuliano da Rimini, si debbono rispettivamente una Croce e un trittico di impronta ancora giottesca. Opere che si confronteranno con un altro magnifico pannello di dossale di Baronzio raffigurante San Giovannino e l'Angelo, concesso dalla Pinacoteca Vaticana.
Da Urbino verranno in mostra tre superbe tavole di maestri riminesi. A testimonianza dell'irraggiamento di questa grande scuola nei territori vicini, irraggiamento che ha negli affreschi di Pietro da Rimini per il Cappellone di San Nicola da Tolentino il suo esempio più clamoroso.


Il dossale di Baronzio per la chiesa francescana di Villa Verucchio, databile al 1330 circa, è considerato l'opera più alta fra quelle oggi conosciute del pittore riminese.
L'individuazione della committenza e della collocazione originaria permette di comprendere meglio l'importanza di questo ciclo dedicato alla Passione di Cristo alla luce della spiritualità e anche della politica dell'ordine francescano.
Si apprezza la capacità di narrazione della storia sacra di Baronzio, che, seppure dovette elaborare il programma con la consulenza  o sulla base di una precisa traccia fornitagli dai francescani di Villa Verucchio, aveva la responsabilità di organizzare al meglio il racconto per immagini, affinché questo risultasse il più efficace possibile per il pubblico.
L'artista poteva contare su una tradizione francescana già molto consolidata nella predicazione e nella produzione di testi devozionali. Il suo desiderio di essere sepolto nella chiesa San Francesco a Rimini ce lo indica legato a doppio filo con l'ordine: ciò non solo per ragioni di convenienza professionale, essendo i francescani i principali committenti fra Romagna e Marche, ma anche per genuina adesioni ai loro modelli religiosi.

Il racconto della Passione si snoda con una coerenza che deve avere visto sicuramente l'intervento di uno o più francescani di grande cultura teologica e abilità predicatoria nella stesura del programma.
Nel pannello riminese la narrazione si sviluppa su due registri, da sinistra a destra e dall'alto verso il basso, partendo dall'Ultima Cena fino alla Salita al Calvario. Immaginando il pannello della Crocifissione al centro, ancora disperso, si passa a quello della Galleria Nazionale, dove il racconto prosegue dal registro superiore, con la Deposizione dalla croce, per scendere subito in quello inferiore e risalire fino ad inquadrare la Pentecoste. Qui Baronzio dipinge significativamente una Madonna in preghiera assai bizantineggiante, dal manto con le pieghe dorate, proprio per sottolineare la dimensione metafisica della scena conclusiva del ciclo. 
Ogni scena ha al proprio interno dei particolari che arricchiscono il tema principale, introducendo ai devoti ulteriori argomenti da considerare, funzionando così come una sapiente predica, concretamente fissata in immagini pittoriche e non più solo retoriche. Significativa in tal senso l'Ultima cena, ove Baronzio si preoccupa di collocare uno di fronte all'altro seduti alla tavola, san Giovanni Evangelista con il capo chino su Gesù, mai abbandonato dal giovane apostolo, e Giuda, che invece lo abbandonò tradendolo. Il significato simbolico dell'eucarestia è chiaramente indicato dall'apostolo a destra, che in maniera chiara volge lo sguardo invitando lo spettatore a fare altrettanto verso la successiva scena dell'Orazione di Cristo nell'orto, dove appare il calice eucaristico.

Informazioni

Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento


Luogo: Roma - Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane, 13 - 00184 Roma

Periodo: dal 14 marzo al 15 giugno 2008

Orari: 10.00 - 19.00, chiuso il lunedì

Ingresso: intero 5,00 Euro; ridotto 3,00 Euro; integrato 4,00 Euro + biglietto del museo

Catalogo: Silvana Editoriale

Info: tel. 06 4814591 - 4824184 - 69994304 - fax 06 4880560