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52. Biennale di Venezia 2007 ed eventi collaterali: note museografiche a margine
di Roberto Zanon

«Il percorso successivo si snoda per lo più ordinatamente tra due ali di opere a destra e a sinistra del camminamento centrale, assecondando l'andamento longitudinale dell'Arsenale: nessuna interferenza, nessun dialogo tra le opere se non quello dovuto alla semplice giustapposizione; verrebbe da dire un allestimento da collezione museale, piuttosto che una mostra.»1

Orbit 6

Miniartexil
Akio Hamatani
Orbit 6
Palazzo Mocenigo

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Miniartexil
Akio Hamatani
Orbit 6
Palazzo Mocenigo

Veduta dell'allestimento della mostra

Miniartexil
Veduta dell'allestimento della mostra
Palazzo Mocenigo


Veduta dell'allestimento della mostra

Miniartexil
Veduta dell'allestimento della mostra
Palazzo Mocenigo

Partendo da questa pregevole notazione di Gabi Scardi a commento della sezione alle Corderie dell'Arsenale della 52. Esposizione Internazionale d'Arte a Venezia, è interessante cercare, all'interno della grande kermesse di questa Biennale, le valenze che si instaurano tra gli “oggetti artistici” con le modalità e il luogo in cui questi vengono esibiti.

Artempo; veduta d'insieme dell'allestimento al primo piano nobile di Palazzo Fortuny

Artempo; veduta d'insieme dell'allestimento al primo piano nobile di Palazzo Fortuny

Una tra le più indovinate relazioni tra l'allestimento, gli interni e i materiali esposti è a Palazzo Mocenigo con la manifestazione “2007 Miniartexil”. Una magistrale struttura metallica - aerea e permeabile nella sua composizione - accoglie 54 lavori in fiberart (forma espressiva in cui si utilizzano il filo, la fibra, il tessuto) di altrettanti artisti internazionali. È offerta la possibilità di una visione puntuale, comparata e d'insieme che raramente è dato poter vedere concretizzarsi con così tanta eloquenza in una esposizione. Una chiarezza formale che si rapporta efficacemente con la suntuosità del piano nobile del palazzo e che si pone in dialogo con il posizionamento delle tre installazioni distintamente realizzate da tre maestri giapponesi nell'arte tessile.

Alberto Burri al primo piano nobile di Palazzo Fortuny

Alberto Burri al primo piano nobile di Palazzo Fortuny

 Artempo; Lucio Fontana (al centro) al primo piano nobile di Palazzo Fortuny

Artempo; Lucio Fontana (al centro) al primo piano nobile di Palazzo Fortuny


A Palazzo Fortuny invece, con la mostra mostra “Artempo”, l'allestimento fonde, misteriosamente, l'arredo presente con il sapiente cocktail di opere esposte, generando un luogo simbiotico dove l'atmosfera originata è totalmente coinvolgente e crea legami e relazioni del tutto inediti, talvolta addirittura casuali, ma comunque sempre ponderati da un'attenta e sapiente regia. I lavori di Burri si accostano ai “buchi” e ai “tagli” di Fontana sul muro scrostato delle pareti del Fortuny, restituendo un insieme dal sapore materico che, pur utilizzando ingredienti del passato, risulta del tutto nuovo. È la messa in opera di un ambiente sensoriale totalmente coinvolgente dove le singole parti appartengono ad un apparente indistinto unicum.
Altra riflessione sul contenitore espositivo perviene da Ivana Franke alla Fondazione Querini Stampalia per la Repubblica di Croazia. Qui, nell'area pensata da Carlo Scarpa per le mostre temporanee, si incontra una stupefacente interpretazione dello spazio che, gia magico di suo, viene magnificato da un rivestimento trasparente di metacrilato lucido. Si legge il congelamento e la “messa in vetrina” di uno dei luoghi scarpiani per eccellenza che da supporto espositivo diventa esso stesso oggetto da sospendere, contemplare e vivere come opera in cui immergersi.

Ivana Franke

Ivana Franke
Repubblica di Croazia
Fondazione Querini Stampalia

Arrivando ai Giardini della Biennale la complessità si frantuma e concentra; tra i tanti, il progetto di Daniel von Sturmer “The object of Things” nel  padiglione Australiano è tra quelli che riesce, in termini espostivi dell'opera, a trovare maggiore chiarezza e respiro. Lo spazio è interpretato e cucito con un nastro ligneo perfetto nella sua definizione costruttiva che lega il racconto fatto di oggetti ed eteree proiezioni. Qui il luogo, l'interno del padiglione, è parametrizzato dall'articolazione geometrica del supporto che a sua volta diventa il legante per la narrazione che l'autore ci descrive con artefatti e immagini virtuali in movimento.

The object of Things

Daniel von Sturmer
The object of Things
Padiglione dell'Australia

Sempre ai Giardini - il luogo storico per eccellenza della Biennale - anche il non autorizzato emerge con operazioni fuori dal coro dell'ufficialità; Silvio De Campo e Renata Galiazzo dissotterrano dei “reperti” precedentemente confezionati e interrati, i quali ora finalmente sono riportati alla luce. Come dire che alla complessità della macchina espositiva messa in moto dalla Biennale si sovrappongono altre maglie, altre laboriosità che si insinuano al suo interno, ma che si espandono anche all'esterno. È la moltitudine di padiglioni nazionali sparpagliati nella città che restituiscono a questo evento  una rilevanza di contemporanea internazionalità.

1. Gabi Scardi, E' il conflitto che interessa, Il Sole-24-Ore, Domenica, 10 giugno 2007 – N.158, p. 44