Design

Sovrapposizioni allestitive
Yohji Yamamoto nella Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti

Roberto Zanon

È una sovrapposizione discreta e interessante quella operata da Masao Nihei esponendo la collezione antologica di abiti dello stilista Yohji Yamamoto nella Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze. Una serie di manichini che abitano - seppure con la metafisicità che è loro propria - le istituzionalmente formali sale del museo.

"In ognuna della trenta sale gli abiti sembrano cercare fra i personaggi delle opere delle guide, dei compagni di viaggio che li aiutino a percorrere l’intreccio di due storie parallele che per un caso strano del destino si sono trovate intrecciate" (Francesco Bonami nell’introduzione del catalogo).


Un allestimento non invasivo che rispetta una situazione esistente con la quale cerca di rapportarsi sciorinando gli abiti in modo discontinuo e meditato lungo tutte le trenta sale della Galleria. Solo dei dischi rossi metallici del diametro di ventitré centimetri, visibili ma non troppo, disposti in corrispondenza degli abiti presentati (novanta in tutto) sottolineano agli ospiti visitatori che in quel punto avviene qualcosa. Uno stratagemma che cerca di connotare segnicamente la mostra, ma che proprio per la sua discrezione non ha la forza né di essere totalmente caratterizzante né di essere complementare e di supporto all’inquietudine che la presenza di un manichino vestito può innescare. Il disco rosso pur trovando un riscontro nella forma del basamento che supporta gli stessi manichini, non riesce ad essere caratterizzante proprio per la labile definizione formale di questi ultimi.


Ecco, il punto di svolta nella perdita di efficacia comunicativa che la mostra subisce sta proprio qui. L’aver voluto usare dei supporti-manichino il più possibile minimali - un operare comunque proprio della poetica giapponese - ha in qualche modo stemperato la forza della presenza temporanea dell’abito il quale viene percepito nelle sue sole valenze di manufatto artistico.


Del resto il vestito nasce per essere indossato e per avere una forte relazione con il corpo che lo "abita". Se quest’ultimo non è presente, o comunque non sufficientemente surrogato, il vestito viene a perdere per sinergia inversa il proprio valore. La scelta quindi di sostituire il corpo con dei manichini non propriamente antropomorfi (sempre senza testa e spesso senza gambe a braccia) ha certamente sottratto valore all’intervento. Interessante è notare come un’operazione semplice e apparentemente indolore - la messa in mostra di una serie di abiti che al contempo simulano dei visitatori statici all’interno delle sale museali - possa restituire sensazioni completamente differenti con una minima variazione degli "ingredienti scenografici" usati.


L’esposizione comunque presenta altri valori di incisività e questo specialmente nella mai monotona e scontata disposizione dei lavori di Yamamoto lungo tutto il percorso; sempre c’è la ricerca di evocare delle sensazioni che cercano di rapportarsi alle opere artistiche presenti in pianta stabile nelle varie sale.

Un esempio è offerto nella allungata e discontinua sala dei "cappelli volanti" dove si percepisce la presenza di una donna che fino a poco prima avrebbe realmente potuto essere presente e di cui "sono rimasti" solo una serie di copricapi galleggianti nell’aria. Una ricerca espositiva quindi che da timorosa evolve progressivamente diventando sicura e per contrasto volutamente eccessiva nel penultimo ambito, la sala del Fiorino. Qui vengono ordinati, con una disposizione matriaciale, trentasei abiti ai quali è "tolto il respiro" lasciato in precedenza creando di un insieme sorprendente e in parte "soffocante". Degno finale è riservato all’ultima sala detta "della Musica" dove la grande gonna di bambù dal diametro di 4 metri della collezione 1998-99 è ingabbiata in una struttura metallica e, nella sua eccessività, denuncia con ironia la paradossale non portabilità del vestito esposto.

Correspondences - Yohui Yamamoto
Un progetto della Fondazione Pitti Immagine Discovery
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti - Firenze
13 gennaio - 6 marzo 2005
info: 055 3693407 / 211