Sull'allestimento della mostra Antica arte senese - cento anni dopo
di Roberto Zanon
Palazzo Pubblico - Sede del Museo Civico
Foto di Mauro Guerrini
Allestire una mostra in un contesto forte e definito come sono le stanze affrescate da Simone Martini, Duccio di Boninsegna, Ambrogio Lorenzetti all’interno del Museo Civico di Siena non era cosa semplice. Se poi l’esposizione - un corpus di opere di pittura, scultura e oreficeria, di ceramiche, di tessuti, di codici miniati - aveva l’obbiettivo di replicare, in chiave contemporanea, quella già organizzata nel 1904, incipit per l’attuale collezione permanente del Museo, allora l’impresa appariva ancor più improba.
Ingresso mostra - Sala della Pace
Foto di Mauro Guerrini
Eppure, questo obbiettivo è stato centrato con precisione dal curatore
dell’allestimento, l’architetto Stefano Amidei, conciliando anche un
atteggiamento museografico moderno volto a sfoltire scelte museologiche che
spesso tendono ad affastellare lo spazio.
Prima sala della quadreria - Sezione dell'intaglio |
Seconda sala della quadreria - Sezione ‘900 |
Cappella Museo - Sagome di Vescovi con Pianeta e Piviale |
Sala del Mappamondo |
Un gesto progettuale che ha avuto l’attenzione di sovrapporre una struttura museotecnica discreta, ma caratterizzata, e che, ad iniziare dal percorso - che ha riportato per questa occasione l’entrata del Museo all’antica posizione - ha concesso una visione inedita delle strutture architettoniche e dei dipinti parietali.
Il materiale caratterizzante tutto lo sviluppo allestitivo è stato il
plexiglas, specie per quanto riguarda le teche, usato sfruttando la sua
caratteristica di non essere invasivo, e giocando, al contempo, anche con le
sue potenziali peculiarità espressive. Come quando è stato sagomato, a simulare la siluette di un vescovo, per l’ostensione di un paio di abiti talari; oppure nel momento in cui, opportunamente sabbiato, ha surrogato la presenza dell’Albero d’Oro di Lucignano (che ha dovuto essere restituito prima della chiusura della mostra); ancora, quando è diventato supporto, con un disegno discreto ma presente, per le didascalie.
Sala del Risorgimento - Sezione '800
Foto di Mauro Guerrini
Gli elementi espositore principali sono stati sottolineati da sottili pedane
bianche a pavimento suggerendo un’area di rispetto visivo - ma anche fisico in
quanto fermavano l’avanzare del piede – riuscendo, in questo modo, a far
percepire l’oggetto “ospite” da quello che invece giace in permanenza presso le sale del museo. Il light box, usato come base “smaterializzante” delle due differenti tipologie di teche progettate per questa esposizione, è riuscito a far rivivere oggetti che altrimenti sarebbero risultati troppo “pesanti” e in un tale pregno contesto sarebbero stati percettivamente “divorati”. La differenziazione dei contenitori espositivi ha proposto, nella speciale sala del Mappamondo, una versione che da prismatica è diventata tronco piramidale, assecondano lo sviluppo longitudinale degli oggetti esposti. Questo tipo di teca ha, a differenza dell’altro modello, esibito anche una montatura strutturale metallica interna, denunciando una raffinata tecnica costruttiva che ha inglobato pure il sistema di microproiettori a led appositamente disegnati per l’occasione.
Teca espositiva - Sala del Mappamondo |
Particolare teca espositiva - Sala del Mappamondo |
L’attenzione verso la struttura degli “involucri” di protezione e illuminazione delle opere è stata approfondita, già pensando ad un re-impiego delle stesse teche per future esposizioni. Un comportamento progettuale attento e razionale che ottimizza uno sforzo economico consistente anche al dopo-mostra.
Tale attenzione è pure visibile nel progetto delle strutture paravento-supporto per i quadri. È la rivisitazione del classico pannello autoportante, con l’aggiunta però della possibilità di adattamento (la cornice modificabile, la flessibilità delle cerniere poste a vista e appositamente realizzate su disegno, la modularità degli elementi, la possibilità di cablaggio e supporto per le sorgenti luminose) che garantiranno un funzionale utilizzo delle stesse strutture per gli eventi a venire.
Anche grazie ad un controllato impianto illuminotecnico generale, gli
strutturati effetti chiaroscurali hanno permesso di focalizzare l’attenzione
sulle opere esposte senza trascurare la presenza degli affreschi donando a
tutto il luogo una nuova carica rivitalizzante.
Antica Arte Senese - cento anni dopo
Siena - Museo civico
17 dicembre 2005 - 5 marzo 2006