Design

Vrooooom! Italia in moto. 100 Anni di Arte, Costume e Design

Riccione - Villa Mussolini
Dal 16 aprile al 3 settembre 2006

Qui dicono che per non far piangere un neonato funziona meglio il suono di un motore di quello di un carillon. Del resto, non è certo un mistero che in Romagna moto e motori li abbiano nel sangue così come non è un caso che in questo fazzoletto di terra tra mare e colline siano cresciuti campioni come Otello Buscherini, campione della Mototemporada Romagnola, Renzo Pasolini, Manuel Poggiali, Marco Melandri, Loris Capirossi e Valentino Rossi.
E nelle giornate di vento Garbino si sente sino al mare il suono, non certo il rumore, dei motori che si misurano a Misano Adriatico o a Imola.

Miller Balsamo 2000, 1939

Miller Balsamo 2000, 1939
Cilindrata 200 cc. Potenza 7 CV
Museo del Sidecar, Cingoli, MC

Naturale quindi che il Comune di Riccione abbia scelto, per i nuovi spazi espositivi di Villa Mussolini, una mostra dedicata alle moto. Titolo della mostra, realizzata in collaborazione con il Massimo & Sonia Cirulli Archive di New York e la Fondazione Mazzotta di Milano, è proprio quel "VROOOOOM" con il quale i bambini sui loro tricicli imitano l’ebbrezza dell’accelerata.

Frera Bicilindrica, anno 1916

Frera Bicilindrica, anno 1916
Cilindrata 1140 cc. Potenza 8/10 hp
Collezione Luigi Lazzaroni, Saronno (Mi)

Ad essere raccontata da questa ampia rassegna è "L’ITALIA IN MOTO. 100 anni di Arte Costume e Design". Un percorso lungo un secolo illustrato da manifesti d’epoca, fotografie storiche e da una spettacolare sequenza di opere d’arte ispirate alle moto e al loro mito, fra cui spiccano artisti di eccellenza come Balla, Dottori, Sironi, Funi e Depero. Ma, soprattutto da loro, le moto, la MV 4 cilindri 600cc, la Moto Morini bialbero 250cc, la Moto Guzzi normale 500cc del 1920, la Moto Guzzi 8 cilindri 500cc, la Lambretta, la Vespa e altre ancora. Un secolo di storia italiana che ha visto la moto diventare molto di più di un puro mezzo di locomozione, assurgere a prodotto di costume, interpretando aspirazioni e sogni della gente, agendo da cardine mentale attraverso il quale poter entrare nel futuro, nel mondo "moderno".
All’inizio del Novecento, la rapida diffusione delle forme di comunicazione e dei mezzi di trasporto cambia la percezione del tempo: la motorizzazione degli spostamenti modifica radicalmente il modo di pensare e di vivere. La bicicletta cede il passo alla roboante, chiassosa, maleodorante, ma ultra moderna motocicletta. E mentre l’automobile rimane ancora per molto tempo appannaggio e privilegio di una classe agiata e il sogno irrealizzabile della maggior parte della gente comune, la motocicletta è più accessibile ai ceti medi, mantenendo intatto tutto il significato simbolico di veicolo "maschile" per eccellenza. Ma anche simbolo di gioventù, libertà, coraggio, anticonformismo.

Motociclista (solido in velocità), 1944

Fortunato Depero
Motociclista (solido in velocità), 1944
Litografia, collezione privata

Un simbolo che non sfugge al cinema che fa delle moto le coprotagoniste di molte celebri pellicole, come la mostra puntualmente documenta.
La moto diventa il testimone pulsante di quel fermento culturale che ha percorso la nostra Penisola nel corso del Novecento, della spinta propulsiva in campo tecnologico che ha portato alla nascita di prodotti non solo altamente innovativi, ma anche di grande bellezza, che hanno saputo affascinare le generazioni passate e, ancor oggi, continuano a sedurre uomini e donne di ogni età. Temi che il Massimo & Sonia Cirulli Archive da anni indaga con rassegne di successo proposte in Italia e nel mondo.


LA MACCHINA E’ …IN MOTO !
Sul finire del XIX secolo, al momento del suo esordio, il manifesto pubblicitario diviene rapidamente, e quasi automaticamente, parte integrante del panorama urbano di ogni città, grande o piccola, immagine di modernità in rapida evoluzione, registrata anche dai migliori artisti delle avanguardie internazionali. Proprio per la sua funzione di comunicazione a tutti i livelli sociali, l’uso capillare del manifesto pubblicitario risulterà elemento di uniformazione visiva, sull’onda della progressiva industrializzazione, tra i centri storici e le nuove periferie che si espandono, tra la grande città e il piccolo centro di provincia. Il divario che solo pochi anni prima esisteva tra le due realtà sociali verrà notevolmente ridotto, almeno uniformando desideri e aspettative, certamente creando quel bagaglio collettivo di immagini, comune all’uomo contemporaneo e trasversale ai differenti ceti della società moderna.
Con la rapidità della diffusione delle forme di comunicazione e dei mezzi di trasporto cambierà la percezione del tempo: la motorizzazione degli spostamenti modificherà radicalmente il modo di pensare e di vivere. La bicicletta cederà il passo alla roboante, chiassosa, puzzolente, ma ultra moderna motocicletta. E mentre l’automobile rimarrà ancora per molto tempo appannaggio e privilegio di una classe agiata e il sogno irrealizzabile della maggior parte della gente comune, la motocicletta sarà più accessibile ai ceti medi, mantenendo intatto tutto il significato simbolico di veicolo "maschile" per eccellenza. In parallelo nasceranno le prime scuole per automobilisti e ciclisti, come quella dei Fratelli Melegari di Ravenna, con un "insegnamento speciale per signore e signorine", come recita il manifesto di…. del 19.. Sull’onda dei movimenti europei di emancipazione femminile, anche in Italia quindi, iniziano a smussarsi le spigolose differenze fra i sessi. In questo caso emerge evidentissima la funzione educatrice della pubblicità. Ma il valore educativo del manifesto pubblicitario, unito alla sua innata capacità di persuasione, che lo connota come un infallibile strumento di precisione in grado di colpire l’immaginario collettivo, devono far considerare questo "effimero" prodotto come di altissimo valore documentario del costume e delle abitudini della società che lo ha prodotto.

Riassumendo quindi, la pubblicità, di fatto, ha contribuito e contribuisce tuttora allo sviluppo economico, sociale e culturale della società, legata al mondo della produzione industriale da una parte ed ai gusti e ai desideri della gente dall’altra. E proprio in virtù di questa sua duplice valenza rappresenta un evidente fattore di crescita socioculturale ed economica.

Come tutte le arti del Novecento, anche quella pubblicitaria ha i suoi trattati e i suoi manifesti, forse poco noti alla maggior parte del pubblico, ma assolutamente indicativi dell’approccio teorico e della prassi creativa sottesi all’invenzione di una comunicazione pubblicitaria. Nel 1917 Luciano Ramo, nel suo saggio sui doveri del pittore pubblicitario, scrive che egli non ha più dinanzi a sé "il migliaio di persone…ma la città tutta, ma il pubblico tutto, ma la folla, la immensa folla che vive, si muove, che si agita, che corre, che si moltiplica intorno. Egli deve parlare a tutti, a tutti costoro; egli deve fermarli, percuoterli, farli sostare: bisogna che egli suggestioni, scuota, faccia vibrare le sensazioni di tutta una massa enorme, di ogni cervello e di ogni età; bisogna che egli eserciti una pressione sulle facoltà intellettive e sentimentali di tutto il mondo". L’obbiettivo dell’arte pubblicitaria, quindi, non è più "solo provocare uno stato d’animo favorevole pel momento, ma il ricordo".

Negli anni del primo dopoguerra il critico inglese Kenneth D. Shoesmith scrive: "He who runs may read" - chi corre può leggere - frase che enfatizzerà, di fatto, le nuove tendenze creative del manifesto. Ma Shoesmith sottolinea anche l’importanza di una grafica forte e persistente, nel senso che deve essere in grado di catturare l’attenzione del passante frettoloso, di indurlo a soffermarsi sull’immagine quell’attimo sufficiente a fissare il messaggio pubblicitario nella mente. Da qui nasce l’esigenza di costruire un manifesto originale, dove l’ingegnosità e l’imprevisto siano in grado di catturare l’attenzione e dove il colore funga, per così dire, da signore e padrone. Precise indicazioni saranno fornite sull’utilizzo del colore. L’immagine policroma cederà il passo all’impiego di tre o quattro colori al massimo, individuando quelli primari - blu, rosso, giallo - come i più idonei a veicolare il messaggio pubblicitario.

Un esempio. Proprio attraverso il movimento, l’arabesco e il gioco di colori Leonetto Cappiello sarà in grado di creare un effetto grafico artificiale ma efficace, ottimamente esemplificato in tutti i suoi cartelloni. Inventerà il personaggio-idea, la forma grafica destinata ad associarsi, irrevocabilmente nella memoria del pubblico, al nome di un prodotto. In "Pneu Dunlop" del 19.. un equilibrista emerge dallo sfondo nero e diviene un tutt’uno armonico con il prodotto reclamizzato. La spirale grafica di Cappiello creerà un personaggio dinamico dall’aspetto inconfondibile, caratteristico del suo stile e sulla cui invenzione costruirà centinaia di manifesti.

L’evoluzione artistica della grafica pubblicitaria nel Novecento è rapidissima e origina nel momento in cui il lungimirante Giovanni Ricordi importerà dalla Baviera la tecnica litografica. Questa permetterà alla grafica pubblicitaria di produrre immagini fascinose ed accattivanti i cui elementi visivi, assolutamente in sintonia con il gusto dell’epoca, ma semplificati e resi più incisivi, faranno grande presa sul pubblico. Nei primi anni del secolo scorso Art Nouveau e Simbolismo saranno le categorie espressive di riferimento per un cospicuo numero di manifesti di grande eleganza e qualità. La fluida linearità del Liberty e le simboliche figure del repertorio mitologico saranno la sintassi privilegiata di artisti del calibro Leopoldo Metlicovitz e Plinio Codognato, come risulta evidente nel "BF. Goodrich" del 1919 e nei due manifesti sulle mostre dell’auto e del ciclo del 1905 e del 1907.

Ma è necessario riflettere però che, già nei primi anni del Novecento, per quanto riguarda il tema della macchina/moto, il linguaggio pubblicitario correrà su due binari espressivi, paralleli ma distinti e ugualmente efficaci.

Accanto al gusto Liberty sopra ricordato e che, di fatto, celebra quella parte della società composta dalla borghesia medio alta che ama "specchiarsi" e riconoscersi nelle immagini pubblicitarie, convive un linguaggio grafico "più giovane", di derivazione futurista, che rende popolari il mito della macchina e della velocità che tiene con il fiato sospeso, quest’ultima considerata la nuova bellezza del mondo. Esattamente come il primo e più Liberty linguaggio pubblicitario attinge ai modelli della pittura e della decorazione "alta", il secondo porta sui cartelloni le linee spezzate e dissonanti e l’esperienza dell’aeropittura specifiche della poetica futurista. Tale "doppio registro" grafico pubblicitario è riconoscibile fino a tutti gli anni Venti, anche se il secondo sarà in posizione progressivamente predominante.

Negli anni Trenta, a livello internazionale, si assiste ad una vera e propria evoluzione nella comunicazione pubblicitaria con il rapido passaggio dal realismo tridimensionale, che si avvale del colore nelle sue innumerevoli gradazioni, all’utilizzo di ampie zone a tinte piatte che introducono ad un’immagine bidimensionale. Ma questa nuova e più avanzata maniera di concepire l’immagine pubblicitaria, in Italia, dovrà ancora confrontarsi con la persistenza di manifesti legati ad un linguaggio ormai superato, benché comunque di grande qualità, ancora portatore di una realtà e di sogni piccolo-borghesi che invitano all’evasione; ne sono esempio alcuni manifesti di Dudovich, Boccasile e Busi eseguiti in questi anni. Nell’immaginario piccolo borghese la figura della donna è sempre in relazione all’oggetto pubblicizzato e con esso recita, come appare evidente nella réclame dei pneumatici Pirelli (1930?) nella quale Dudovich caratterizza una figura femminile che si abbandona sognante, lasciandosi cullare con gli occhi addirittura bendati. Dudovich sottolinea così il messaggio di cieca fiducia con la quale ci si affida alla sicurezza offerta dai pneumatici pubblicizzati. Sul tema della sicurezza interverrà anche Erberto Carboni, uno dei massimi esponenti della grafica pubblicitaria italiana, con tre manifesti per l’olio Shell, da usare, "per l’estate", "invernale" o nella confezione "topolino" da mezzo chilo. Se messi a confronto, i manifesti di Dudovich e quelli di Carboni, pur appartenendo ai medesimi anni, appaiono distanti un secolo tra loro sia nella composizione - dove al tratto grafico del primo si sostituisce l’immagine fotografica del secondo, quasi un collage che coniuga il futurismo italiano alle suggestioni della grafica dell’avanguardia russa - sia nell’uso del colore. Il medesimo messaggio pubblicitario, nel primo caso è suggerito mentre nel secondo è reso assolutamente esplicito.

Nel secondo dopoguerra le nuove immagini pubblicitarie saranno utilizzate per occultare la distruzione dei bombardamenti, anche con il desiderio di colorare le giornate di una società alla ricerca di serenità e futuro migliore. La nuova spinta sarà verso l’ottimismo, la ricostruzione, l’identità nazionale. Nel campo della grafica pubblicitaria verranno sperimentate nuove tecniche, dalla fotografia alla serigrafia. È in questo momento che nasce la figura del designer, il cui scopo però non sarà più solo quello di disegnare, ma anche di studiare la psicologia di massa per rendere meglio fruibile il prodotto da comunicare, ovviamente per sollecitarne il consumo. La grafica diventerà progressivamente più sofisticata e l’immagine dei prodotti reclamizzati dai nuovi cartelloni saranno iperrealistici al punto da illudere di poterli toccare con mano. L’immagine e lo slogan diverranno le "armi" che colpiranno il cuore e la mente del consumatore sollecitandone il desiderio di possesso.
Nel 1946, il primo anno di pace, da una geniale intuizione dell’ingegnere aeronautico Corrado D’Ascanio nascerà la Vespa, che si presenterà subito come un veicolo innovativo, pulito nelle forme, moderno ed essenziale, non foss’altro per la scomparsa del serbatoio a vista, da sempre posizionato sul davanti delle moto. Si trattò senz’altro di un piccolo capolavoro italiano nel campo del disegno industriale, riconosciuto oggi a livello mondiale e che gli vale l’esposizione permanente al MOMA di New York nella sezione dedicata al design. La Vespa entrerà di prepotenza nell’immaginario collettivo giovanile non solo italiano, e Gilbert Becaud canterà "ça c’est formidable!". Sulla scia del grande successo della Vespa, qualche anno più tardi vedrà la luce anche la Lambretta. In questo torno d’anni però, non saranno ancora molte le persone che si potranno permettere di acquistare uno di questi scooters. Il loro costo si aggirava intorno alle ottantamila lire quando lo stipendio medio era ancora molto basso e necessitava di una gestione attenta e oculata affinché riuscisse a soddisfare i bisogni primari della famiglia. Ma nel giro di qualche anno si assisterà ad una rapida inversione di tendenza, ad un vero e proprio "miracolo": sarà il boom economico. I 1515 milioni di dollari di aiuti previsti dal piano Marshall, coniugati alla nuova politica economica di Luigi Einaudi, illuminato Presidente della neonata Repubblica Italiana, saranno l’ossigeno che ridonerà vigore ad una nazione piegata dalla guerra. L’esaltazione consumistica del benessere caratterizzerà gli anni Cinquanta e Sessanta, e la motocicletta diverrà il nuovo simbolo della libertà. L’ebbrezza della velocità conquisterà uomini e donne di tutte le età, come ci lascia capire la piccola folla eterogenea e muta che si raccoglie, ammirata, davanti alla vetrina che espone la moto Gilera. Se avessimo il potere di leggere nei pensieri delle figure che compaiono nel manifesto Gilera potremmo registrare un’eloquente spaccato dei sogni e dei desideri della gente comune degli anni Cinquanta e Sessanta. Con una moto disponibile, le distanze sociali e culturali ora si accorceranno in tutti i sensi, i nuovi desideri e le nuove aspettative di una gita domenicale fuori città animeranno il tempo libero. Il mito del week-end sta per nascere!

La macchina economica si è messa… "in moto".

Nella progressiva crescita del desiderio di possedere una moto giocheranno un ruolo fondamentale le prime gare e i primi raduni motociclistici che proprio dal primo dopoguerra si inizieranno a organizzare, magistralmente comunicati da una notevole quantità di manifesti. Nel 1948 si disputerà a Cesena la "Prima Gara di Campionato Italiano Motociclistico"; seguiranno i vari circuiti e verranno di volta in volta organizzate gare regionali come il "Giro del Lazio e della Campania in Lambretta" nel settembre del 1953, e i primi raduni motociclistici organizzati dai vari Lambretta Club e Vespa Club, che prevedevano tanti e tali premi che attireranno centinaia di persone a partecipare: sorteggi di automobili Fiat 600 e ciclomotori, premi particolari ai Club più numerosi o ai partecipanti più giovani. Dieci anni più tardi, nel 1967, come documenta un manifesto in mostra, in pieno clima hippy, si svolgerà la decima "Settimana Scooter" all’isola di Man, alla quale aderiranno oltre settecento concorrenti. In seguito saranno banditi i grandi trofei motociclistici e di motocross, promossi dalle associazioni sportive del C.O.N.I e della F.M.I. (Federazione Motociclisti Italiani), con importanti sponsorizzazioni da parte di carburanti ufficiali e con la partecipazione di teams internazionali. Tutta questa vivacità di eventi motociclistici avrà, ovviamente, anche il compito di sollecitare il desiderio di possesso del mezzo, elemento fondamentale nella più elementare legge di mercato basata sulla domanda e sull’offerta. E il target di riferimento sarà naturalmente quello giovanile, maschile, ma anche femminile, perché se la moto, da sempre, è appartenuta all’immaginario maschile, ora, oculatamente pilotato proprio grazie ai manifesti pubblicitari, comincerà a fare breccia anche in quello femminile, in nome di un’espansione economica alla costante ricerca di nuove fette di mercato.

Il manifesto pubblicitario documenterà puntualmente ogni avvenimento, solleciterà e darà corpo ad ogni desiderio latente, moderna icona - significativa e significante - di un cambiamento ormai avvenuto nelle aspettative dei giovani. Esemplare in tal senso è un cartellone del 1957 raffigurante una ragazza alla moda che, con lo sguardo scanzonato e un foulard sbarazzino annodato al collo alla maniera dei motociclisti professionisti, sorride soddisfatta al passante mentre conduce un fiammante "Ciclomotore Bianchi". Mentre oramai relegata sullo sfondo, la vecchia e desueta bicicletta è un’ombra che appartiene al passato. Ma, se "a sedici anni ci vuole una lambretta", come recita il manifesto di…., è altrettanto vero che il fattore "sicurezza" non doveva essere trascurato. Per rassicurare il futuro acquirente, i manifesti introducono un nuovo modo di ritrarre la moto nei minimi dettagli, con descrizioni a metà fra la fotografia e la radiografia, con particolari sulla potenza del motore, sui freni a disco, sul consumo, sull’autonomia del carburante, sul "nuovo sistema di comando del cambio", piuttosto che sulla "sospensione a barra di torsione integrata da ammortizzatore idraulico". Per suscitare nel pubblico il desiderio dell’oggetto reclamizzato, il messaggio pubblicitario farà leva sulla promessa di ore spensierate, da trascorrere possibilmente in due, per conoscersi, per ritrovarsi, per conquistarsi, in giro fuori città, verso la campagna, la collina o il mare. "Due ruote di felicità", prometterà un manifesto del 19…, e "Alla loro felicità… manca solo la Vespa" farà eco un altro.
Ritornerà il mito del sogno (era mai scomparso?), che la pubblicità continua a sfruttare sin dal momento della sua comparsa nella nostra vita, un sogno ora raggiungibile, lì, a portata di mano, nella vetrina di un negozio del centro.

Massimo Cirulli

A cura di: Massimo Cirulli e Sonia Pellegrini
Con la collaborazione di: Raffaella Resch - Fondazione Antonio Mazzotta, Milano
Provenienza: Collezioni pubbliche e private italiane
Organizzata da: Massimo & Sonia Cirulli Archive, New York - XX Secolo – Bologna
In collaborazione con: Comune di Riccione, Fondazione Antonio Mazzotta, Milano, Museo del Sidecar, Cingoli - Macerata
Con il sostegno di: Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
Catalogo: Edizioni Mazzotta
solo sabato e domenica dalle ore 15,00 dalle ore 20,00
1 Giugno - 03 Settembre: aperto tutti i giorni, dalle ore 18,00 dalle ore 23,00
Biglietto d’ingresso: intero € 5, ridotto € 3 (carta argento, studenti, disabili), € 2,50 (gruppi formati da minimo 10 persone)
Informazioni e prenotazioni: Ufficio IAT COMUNE DI RICCIONE tel. 0541 - 605627 / 693302 (ore 9-20)
Villa Mussolini tel. 0541 -601457 (nei giorni di apertura ore 18-22)