Design

La natura splendida del design
Design Vitale o (globale?)

di Riccardo Dalisi

Vi sono delle forme della natura che appaiono "disegnate" da una mente perfettamente asciutta e razionale, opere di design. Tante altre ridondanti, ricche, in preda ad uno sfarzoso bisogno di espressione. Eppure anche quelle assolvono ad una funzione, sono razionalissime anche esse. Perché tante varietà di uccelli, di insetti, di piante, di uomini? Perché tanto sfoggio e tanto rigoglioso esistere? La natura è uno straordinario repertorio di suggerimenti, di ispirazioni ma anche di riflessioni che ci possono far capire che cos’è il design.



Non le sole forme asciutte e semplici. Anche le altre, le infinite altre possono essere ricondotte a ragioni di esistenza e di convenienza, e d’altro canto esse ci dicono qualcosa sul mistero della forma, del bisogno di una sintesi perfetta tra ragione e sentimento.



La giusta condizione che si pone al fare design e cioè la perfetta riproducibilità e rispondenza ai processi produttivi e commerciali non è limitativa rispetto ad una più ampia accezione che vede tutto ciò all’interno di una attività molto più ampia che tocca il fare arte, che tocca l’indagine sulla forma, e dall’altro versante lo studio dei materiali e delle tecniche.

Non ha quindi senso contrapporre modi di intendere il design: ogni modo ne vede e predilige un aspetto. E d’altro canto ci avviamo verso una estensione sempre maggiore dell’idea di design, delle sue applicazioni.

Il bisogno di "apparire" nei modi congrui in ogni occasione, in ogni aspetto del fare e dell’agire pone problemi di modalità che ampliano il settore del "disegnare le cose" e del pensarle in modo diretto, scevro da indugi e da ogni sovrappiù. Perciò il termine stesso di disegno industriale appare desueto.

Lo stesso termine "disegno postindustriale" non va più bene.

Si può parlare di disegno globale, disegno interattivo, interconnettivo. Design va bene e risponde a tutti questi termini.

Pertanto, e lo si è visto a Milano, lo spazio del design si identifica con l’intera città. Lo spazio si deve identificare con la città.

Ritorna l’immagine della natura che crea habitat di interconnessioni, di iniziative attorno a una ricerca fondamentale che rimane al centro di tutto.

Muore una ricerca isolata. La creatività si nutre della città che è il luogo del design che diventa globale, che, da parte sua, irrora tutta la città e crea interessi, attività, lavoro, economia.

Perciò il ribaltare ogni impostazione alla Scuola. Essa concentra nelle risorse sue proprie ogni iniziativa, ogni passo. Non attende ma opera. Opera ed attende su un altro piano.

Dunque diciamo che per capire cosa possa essere il design basta uno sguardo "penetrante" verso la natura. Niente di più organico (appunto) di un fiore, una totale fusione di forma, funzione, struttura, tempo e spazio.

E d’altro canto la grande, inesauribile varietà, dal sobrio al ricco ridondante e l’incessante morire e nascere di forme e specie.



E ribadiamo l’importanza del constatate come il mondo degli oggetti sia ugualmente assai vario ed il mondo del design, in continuo rinnovamento, ne sia il motore creativo.

Ma la natura ci insegna che il polline viaggia da un sito all’altro, a volte copre grandi distanze, e gli uccelli fanno migliaia di chilometri congiungendo e fecondando luoghi lontanissimi.



E così anche noi, anche il design collega, vive di tali fecondazioni e rapporti tra culture e situazioni molto diverse.

La globalizzazione che stiamo scoprendo al di là delle sue negatività e delle perplessità che può generare, è cosa che appartiene da sempre alla natura…

Ogni sito è fisicamente lontano ma anche sempre vicino.


Foto di Nicola Tartaglione