Dieci domande a Giorgio Tartaro
di Ivana Riggi
Da un po' seguo le attività di Giorgio Tartaro, giornalista, volto televisivo
oramai noto.
Lo scorso aprile, in occasione del Salone Internazionale del Mobile di Milano,
camminando all'interno di uno dei settori di Zonatortona come osservatrice
curiosa, tra brochures, complementi d'arredo, oggetti, folla e noti designer lo
vedo di sfuggita seduto un attimo a riposare. Proseguo ma torno subito
indietro, voglio presentarmi perché sono curiosa di vedere come reagirà. La
risposta è un sorriso aperto e gentile; mi invita a sostare un attimo con lui.
È spontaneo e chiacchierando del più e del meno, come se ci conoscessimo già da
un po', ci ritroviamo a salire una rampa di scale, a parlare e commentare
insieme ad altri. Osservo, con piacere, che nel settore è ben voluto, sono cose
che si avvertono nell'aria, a pelle, e credo che rientrino in un contesto di
sincera professionalità. Il tempo è tiranno e, mannaggia, devo andare via
procedendo nel mio percorso. Qualche giorno dopo, durante il mio viaggio di
ritorno in Sicilia, penso che sarebbe tra quei personaggi che vorrei
intervistare per approfondire quell'approccio che mi aveva lasciata
soddisfatta. Lo ricontatto e accetta.
Giorgio Tartaro, nato a Verbania nel 1967 e poi? Mi racconterebbe, in breve,
la sua storia: ricordi, formazione, fatti, persone che l'hanno segnata nelle
scelte professionali, passioni…
Una infanzia davvero felice, i miei genitori che tenevano molto ai miei
studi. Liceo classico (dove mi sono davvero divertito molto e ho ancora amici
che frequento), studi musicali, una scelta azzardata di facoltà (un anno a
Fisica e tre esami per poi scappare a lettere), una laurea in Letteratura
contemporanea, indirizzo artistico, che mi ha avvicinato al design, con una
tesi su Enzo Mari. Ricordi tantissimi e davvero quasi tutti belli (ho una buona
memoria), e molte le persone che mi hanno segnato. Dai docenti delle scuole
(sono sempre stato fortunato o benvoluto, non so) alle amicizie, dalle storie
d'amore agli incontri fortuiti sul lavoro. Unica vera fatica è stata entrare
nel mondo del lavoro, era il 1993, subito dopo la laurea… Tangentopoli (la
prima direbbe qualche arguto commentatore…). Passioni tante, controllate
magari, anche dal mio carattere, ma sicuramente costanti. Come quella per il
mio lavoro, giornalismo e TV; in realtà non un lavoro ma una condizione di
felice interesse continuo.
Design e Architettura nella contemporaneità. Quali sono le sue valutazioni
in positivo e in negativo?
Domanda impegnativa, non basterebbero due libri. Mettiamola così. È
cambiato sia il “mansionario”, la figura del progettista, che quella del
committente. Infine anche la gente è molto differente, generalmente più
informata, attenta e partecipe a quanto succede, alle proposte. Per quanto
riguarda il design stiamo sicuramente vivendo un periodo di trasformazione del
binomio designer/azienda, con casi di frontiera, autoprogettazione e
innovazione tecnologica (materiali e tecnologie). Per quanto riguarda
l'architettura non mi addentro nel dibattito, mi limito a constatare che le
città “crescono” e finalmente anche in Italia c'è nuova architettura. Ed
esistono finalmente anche importanti norme sulla certificazione e sul
miglioramento degli edifici. Poi occorre, ovviamente, fare applicare tutto.
Però mentre rispondo mi fa un po' male recepire la notizia che la storica Bialetti,
l'azienda con i baffi di Verbania, chiude e sposta la produzione… Credo, in
poche parole, che sia per il design che per l'architettura occorrerebbe
rifondare alcuni modelli imprenditoriali…
Nel 2007 ha coordinato l' interessante raccolta “BOX Circa 40, giovani
designer”, Edizioni Fiera Milano. Chi sono i progettisti di nuova generazione?
Chi sono? Sono innanzitutto persone molto determinate e preparate, perché
dovrebbero riuscire a salire sulle spalle dei giganti per vedere più in là di
loro. Sanno comunicare, consorziarsi, lavorare in rete… e sono degli
inguaribili individualisti, quasi tutti. Mi conforta che sappiano il fatto loro
e che abbiano imparato la lezione. E molti, ovviamente, sono anche bravi. Se
negli anni Cinquanta c'era una nazione da ricostruire, oggi forse c'è un mondo
da salvare: ecco allora che il tema eco-etico è sotteso a molti progetti.
Nel 2011 il Salone Internazionale del Mobile di Milano compirà 50 anni. Si è
da poco conclusa l'edizione 2010. Cosa ne pensa? Va bene così, organizzerebbe
in modo diverso alcune cose, parliamone…
Credo sia un modello vincente, ancora. Ma credo anche che stia segnando il
passo su alcune cose. La fiera va bene, per carità, anche se poi alcune
aziende, esauste, chiedono di passare alla biennalità (cucina e luce già si
alternano come è noto, ma credo che per gli altri, quelli dei letti, tavoli,
sedie e divani, sia impossibile).
Il vero progetto andrebbe fatto sul fuorisalone. Mi spiego meglio. Quest'anno
sono nate ufficialmente, o rinate, due zone molto importanti: zona Brera e Lambrate.
Zona Tortona (con la gemmazione Romana) è ancora forte, ma si è ulteriormente
divisa. Superstudio, Nhow e Zonatortona. Segno di forza dice qualcuno. Per noi
utenti o lavoratori professionali, una disdetta: tre accrediti, tre uffici stampa…
Credo, come peraltro sostiene Luca Fois, uno dei responsabili di Zona Tortona,
che il fuorisalone milanese, fenomeno di massa, debba essere al centro di un
importante tavolo di discussione con le istituzioni. E mi fermo qui.
Come percepisce il passaggio generazionale e formativo tra i maestri del
design e i giovani designer?
La mia ormai lunga esperienza, quasi vent'anni ormai che mi preoccupo di
design, mi fa dire, cinicamente, che i maestri sono tali ma non insegnano e non
hanno allievi. A parte qualche rara eccezione, i maestri insegnano con
l'esempio e gli allievi devono “uccidere i padri”. In una intervista recente,
Renzo Piano, chiamato a progettare l'allestimento per la mostra su Albini in
Triennale, disse che da Albini non gli insegnò nulla direttamente in studio, ma
lui imparò per osmosi, stando lì, capendo e carpendo.
Un nome di un maestro del design e la motivazione della scelta.
Ho fatto la tesi su Enzo Mari, il suo passaggio progettuale dall'arte al
design. Credo sia una persona difficile, ma quanto dice ancora oggi sulla
politica del progetto ritengo sia da rispettare e, possibilmente, da capire.
E poi coloro che conosco e ho avuto la fortuna di conoscere di persona: Castiglioni,
Sottsass… e oggi, su tutti, Mendini.
Nel suo settore, il giornalismo, come avverte il cambio di guardia da una
generazione a un'altra?
Posso essere cattivo? Non esiste. Avverto che molti si sono spostati. Sul
web, in TV. È davvero cambiato, o sta velocemente cambiando il modo di
comunicare e i mezzi sui quali si sta facendo. Personalmente non posso che
ringraziare la professionalità che mi ha dato Modo e soprattutto Domus, ma
quanto faccio ora, in TV, ha codici, dinamiche e linguaggi assolutamente
differenti.
Un nome di un maestro del giornalismo e la motivazione della scelta.
Ho fatto l'esame da giornalista professionista nel 2002, con corso annesso.
Una bellissima esperienza che mi ha fatto intendere come i giornalisti dei quotidiani
siano, normalmente, la prima divisione di questa professione. Poi, nelle
riviste specializzate, esistono serissimi e preparatissimi giornalisti che
svolgono una importante funzione di critica e mettono passione nel loro lavoro.
Non posso fare nomi, mi sembrerebbe inopportuno conoscendo praticamente tutti. Anzi
no, un nome lo faccio. Lavorando in RAI come autore a Lezioni di Design prima e
a Mosaico poi, voglio ricordare un grandissimo maestro che aveva la redazione
accanto alla nostra. Enzo Biagi. Sulla motivazione sarei tautologico.
Lei è il direttore editoriale di “Case & Stili”, mensile edito da Sitcom
Editore. A che tipo di pubblico si rivolge, di cosa tratta e che linea tracciate?
Case & Stili è il mattone cartaceo di un sistema, quello di Leonardo
SKY TV, che tratta il pianeta casa a tutto tondo. La rivista è rivolta a un
pubblico edicola, esigente e collegato al canale, visto che anche il prezzo di
copertina si colloca tra i medio alti. La linea editoriale è quella legata alla
stagionalità, agli eventi fieristici e alle proposte di mercato. Non è certo un
giornale di critica o di approfondimento di temi legati al progetto. È un
mensile (esce tutti i mesi!), ben fatto, con grandi servizi fotografici di case
e di grande informazione.
Direttore editoriale di Leonardo, da settembre 2009 è conduttore del format
Design. Book: a chi è dedicato, cosa approfondisce e, nel salutarci, in che
direzione vorrebbe che continuasse a crescere?
Chi crescere? Il format, il canale o io stesso? Allora, sono direttore
editoriale, consulente editoriale di Leonardo da settembre 2007. In precedenza
facevo un format Case & Stili, che andava in onda su Alice. Quando nel 2007
si spostò Leonardo dal lifestyle alla casa, tutti i format sulla casa e sul
design entrarono in Leonardo. Da settembre 2008 nacque la rivista che prese
nome dal mio format. Da settembre 2009 si decise, dopo 750 puntate, di spostare
il format Case & stili su un modello talk show (la mia era una intervista),
e di assegnarmi design.book, un programma maggiormente dedicato al progetto
(designer, architetti, grafici…) e che, per mia fortuna, ha avuto subito un
favorevole riscontro di pubblico. Il canale Leonado è in costante forte ascesa
di consensi (parlando di dati ascolto satellite ovviamente), così come la
rivista, in un solo anno e mezzo di vita, ha conquistato quote di mercato
importanti e dichiara il favore degli inserzionisti.
Il nostro è un lavoro strano perché siamo un canale tematico ma a volte
parliamo a un pubblico trasversale e generico. E anche da noi, come ovunque,
gli ascolti contano molto. Nel salutarvi, riprendendo la sua ultima frase,
posso accennare che stiamo lavorando a un nuovo format che mi vede
protagonista, ma design.book continuerà. Anche perché è il primo videosocialnetwork
per progettisti, con i loro profili postati su www.designbook.tv
Note biografiche
Giorgio Tartaro (Verbania, 1967) Giornalista, si occupa da tempo di
progetti per la comunicazione del design. Autore televisivo per RAI (Lezioni di
Design e Mosaico per RAI Educational) e Sitcom, direttore editoriale di
Leonardo (primo canale italiano dedicato alla casa, Sky 418) conduce in video
vari programmi su tema del progetto di architettura, interior, design (Case
& Stili, oltre 700 puntate, Living, Tendenze Casa e Design.book da
settembre 2009, www.leonardo.tv).
Direttore editoriale di Case & Stili magazine (Sitcom Editore), ha lavorato
come redattore a Modo e a Domus, collabora con D La Repubblica, GQ, l'Istituto
dell'Enciclopedia Italiana Treccani.
Ha collaborato alla redazione e ha firmato vari libri: L'Arte in trincea, Skira;
Liquid Space, 70 anni di Boffi, BOX Circa 40, giovani designer, Edizioni Fiera
Milano, ed è coautore con Peter Skinner e Michael Wallace de' “I giganti che
sfidavano il cielo”, best seller Whitestar 2002, Coppie Celebri, Sitcom Editore
2008.
È condirettore del master di Interior design della Scuola Politecnica di Design
e Politecnico di Milano e svolge attività didattica come visiting professor
presso le maggiori istituzioni per l'insegnamento del design (Domus Academy
Roma, IED, Iulm, Facoltà del Design di Bolzano).
Lavora come consulente a progetti per la comunicazione di aziende e realtà
progettuali per il settore lifestyle.
Coltiva da sempre una passione musicale. È diplomato in chitarra classica e
svolge saltuaria attività concertistica in ambito leggero.