Quando l'architettura diventa un gioiello: omaggio a Carlo Scarpa
La ricerca progettuale di Antonio Rossetti ed Elviro Di Meo
Chi l'ha detto che il gioiello è soltanto ostentazione di potere, oppure
affermazione del proprio status symbol? E, soprattutto, chi l'ha detto che i
gioielli sono soltanto ornamenti, decorazioni e sfoggio di pietre preziose? Se
l'eleganza, come sostiene parte della critica artistica, quella più attenta a
certi canoni della nuova Estetica, è minimal, essenziale, pulita, allora anche
il più semplice monile diventa il risultato di linee e forme geometriche che
richiamano il linguaggio di artisti contemporanei. I gioielli, quindi, sono
l'espressione di metafore di una storia; che, tradotte in schemi geometrici dal
sapore architettonico, danno a questi un particolare senso, tale da non
renderli soltanto oggetti estetici o vacue immagini, ma storie oggettivate.
Storie che possono anche diventare, come diceva Valery per l'architettura,
poesia pietrificata. Da qui la ricerca progettuale di Antonio Rossetti ed
Elviro Di Meo, entrambi architetti: il primo docente di Progettazione
Architettonica presso la Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di
Napoli, “Federico II”; il secondo giornalista e cultore della materia in Teoria
e Tecnica della Progettazione Architettonica alla stessa Facoltà.
Impegnati da tempo a difendere le logiche artistiche che sottendono il “fare gioielli”, contro gli schemi imposti dal mercato, contro la banalizzazione di prodotti, in cui l'obiettivo dell'azienda è puntare sulla velina di turno - l'immagine più eloquente della mediocrità del nostro secolo - rivolgono l'attenzione verso forme, icone, poesie, che costituiscono la cultura del progetto.
Come, ad esempio, l'anello scultura con pietra taglio smeraldo; proposto sia in
oro giallo che bianco, in varie sfumature, l'oggetto trae spunto da un modello
degli anni Quaranta, tardo stile decò, visto a Venezia nel novembre del 2005, indossato
dall'architetto Marina Dragotto, durante un convegno di studi. L'anello diventa
l'espediente per muoversi a ritroso nella storia. Una sorta di arco di Tito che
apre una dimensione ancora più antica; una porta che diventa la chiave di
accesso di un sarcofago egizio. Altro studio, altro impegno. Questa volta è il
segno di Carlo Scarpa, l'architetto più colto e aristocratico del Novecento, ad
ispirare una linea di gioielli che porta il nome del grande Maestro. Tutto
nasce dall'analisi dell'insieme compositivo del giardino di Palazzo Querini
Stampalia di Venezia, in cui Scarpa esprime il suo segno caratterizzante che
contraddistingue le sue opere. La collezione inizia da un anello realizzato in
metacrilato, realizzato dalla “Fedele 82” di Roma e dato all'ufficio
commerciale della Fondazione Querini Stampalia, per una serie limitata di
cinquanta oggetti numerati, in vendita in occasione dell'apertura dell'area
progettata da Scarpa. Accanto a questo, si sta lavorando ad un'intera parure
composta da orecchini, collier, bracciale e gemelli, prodotti anche in questo
caso utilizzando il metacrilato. Lo scopo è sperimentare nuove ipotesi
progettuali, accostando più materiali per ottenere una migliore resa
qualitativa degli oggetti disegnati. E, a proposito del legame che sussiste tra
architettura e gioielli - legame più forte ribadito, quasi a sottolineare,
ammesso che ce ne fosse bisogno, che l'arte non ha nessuna distinzione di
sorte, in quanto creazione del pensiero umano, e, quindi, si realizza in varie
espressioni - “Il progetto di architettura - commenta Rossetti - è come
l'acqua. Cadendo dal cielo in differenti luoghi questa assume configurazioni
diverse e le chiamano: mare, lago, palude, ghiacciaio… Ma il mare, il lago, la
palude, il ghiacciaio, sono comunque…Acqua”.
Antonio Rossetti |
Elviro Di Meo |