Design

La cura di sé (e del mondo) e le basi morali del design

Riccardo Dalisi

Ancor prima di una estetica, il design esprime un'etica: il bisogno di offrire al meglio un qualsiasi prodotto sotto il profilo della qualità, della resa funzionale, dei materiali, della "verità intrinseca del disegno"; in sintesi, dello stile. E poiché ciò investe tutti gli oggetti, tutto il visibile che riguarda l'uomo da vicino, il design si fa carico della leggerezza del mondo.

È un impegno, quindi, che riguarda il designer, l'impresa e l'utente che, unitamente al bisogno di estetica, è toccato dall'imperativo di operare e scegliere.

Dopo la scomposta sperimentazione degli anni '80, tutti gli anni '90 sono stati contrassegnati da tale presa di coscienza. Il miminalismo, il razionalismo, un certo funzionalismo tornano in auge. Ma il punto verso cui tutto ciò sta sfociando, al di là di un certo disorientamento dell'oggi, è che il design deve esprimere, io credo, un più generale atteggiamento: la cura di sé e del mondo.

I due aspetti sono indissolubili, sono versanti di un unico atteggiamento.

Non a caso sono usciti in questo periodo vari libri sulla cura di sé, appunto: sulla salute, sulla malattia, sulla guarigione. Si esprime, così, il bisogno di una rinnovata attenzione che mette assieme psiche e corpo, fisicità e dimensione interiore.

Sul versante del design, il bisogno di un'attenzione particolare per i contenuti inevidenti della forma degli oggetti, per il loro esser nostri ineludibili compagni di vita. Su quanto possano influire ed essere quindi, in un certo senso, implicati in quell'interminabile processo che è la cura di sé, è da vedere e da studiare. E certo, l'attaccamento, l'amore per certi mobili, per oggetti, per entità fisiche e per lo spazio che l'uomo mostra in ogni sua età ne lascia capire l'importanza non trascurabile che essi rappresentano.

Voler costruire uno spazio adeguato al proprio futuro: la nuova casa, il nuovo studio, porsi il problema per il mondo degli oggetti del passato in una situazione del tutto nuova (i figli che lasciano la casa dei genitori, un anziano che muore, ecc.) costituiscono movimenti continui nella vita della società, spesso disorientante e traumatica.

Tutto ciò riguarda l'essere intrinseco del valore di un oggetto, a parte poi il grande tema del consumo, della deperibilità e del recupero, dell'ecologia.

L'etica c'è anche quando viene trasgredita, e si trasgredisce qualcosa che c'è.

Far bene un prodotto è motivo di serietà, di orgoglio, di soddisfazione, di promozione e saldezza, e tutto ciò ruota intorno all'etica.

In The circle of innovation, un libro recente di Tom Peters uscito in America in modo sfarzoso e tutto strutturato sulle immagini, aleggia la forza del valore aggiunto e progressivo del design. Tantissime sono le citazioni: "Fifteen years ago, companies competed on price. Today it's quality. Tomorrow it's design" (Robert Hayes, professore alla Harvard Business School). È sintetizzata una progressione: dal materiale allo spirituale. In effetti è così: oggi si parla molto di qualità ed è ancora qualcosa che si può guardare, valutare ed analizzare.

Design, invece, è qualcosa di impalpabile che sintetizza e trascende, tocca il piano estetico e lo unisce a quello etico.