Design

Il gusto del bello e il piacere di abitare

Di Claudio Gambardella

Nell’ edizione 2004 della Fiera del Levante di Bari, il 13 settembre scorso si è svolta nel padiglione 4, sullo sfondo di una mostra di elaborati di progetto e di modelli in scala reale, la premiazione del concorso "IL GUSTO DEL BELLO E IL PIACERE DI ABITARE" promosso da ARFLEX INTERNATIONAL e RIMA EDITRICE.

Progetto vincitore Omaggio a Rietveld dello studente Luca Mòsele dell’Università di Napoli Federico II

Progetto vincitore Omaggio a Rietveld dello studente Luca Mòsele dell’Università di Napoli Federico II

Aperto agli studenti dei corsi di Arredamento e Design delle Facoltà di Architettura di tre atenei italiani, tenuti da Agostino Bossi dell’Università di Napoli FEDERICO II, da Claudio Gambardella della Seconda Università degli Studi di Napoli e da Roberto Perris del Politecnico di Bari, il concorso verteva sul progetto di arredi, attrezzature e complementi dei luoghi domestici destinati all'incontro, all'accoglienza, all'appartarsi.

Progetto vincitore TWO degli studenti Marco Felicità, Carmine Greco, Moira Misto e Giovanni Violante della Seconda Università di Napoli

Progetto vincitore TWO degli studenti Marco Felicità, Carmine Greco, Moira Misto e Giovanni Violante della Seconda Università di Napoli

Dopo un anno di lavoro e conferenze ad Aversa, sede della Facoltà di Architettura "Luigi Vanvitelli" del Secondo Ateneo napoletano, con il Preside Alfonso Gambardella, Filippo Alison, Claudio Gambardella, e Fausto Colombo, Presidente dell’Arflex, e prima ancora a Bari, nell’edizione precedente della Fiera del Levante, anche con Roberto Perris e Flavio Maestrini, direttore del Gd’A della Rima Editrice, sono stati esaminati dalla giuria 54 progetti. Sono risultati vincitori (ex aequo) Luca Mòsele, della Università "Federico II", di Napoli, con il progetto omaggio a Rietveld, il gruppo di Marco Felicità, Carmine Greco, Moira Maisto e Giovanni Violante, della Seconda Università di Napoli, con il progetto Two ed il gruppo di Gianfranco Palmisano, Giuseppe Laera, Aldo Salatino e Paolo Tarì, del Politecnico di Bari, con il progetto Matrix.

Sono stati invece selezionati, per la mostra di Bari, oltre a quelli dei vincitori, i progetti degli studenti (Università "Federico II" di Napoli) Salvatore Borriello; Isabella Giannuzzi Savelli; Luca Mòsele (già vincitore con altro progetto); Angela Numis; Silvio Pimparel; Silvia Rastogi; Nikos Tsampiras; Karolina Zukowska; Andreas Pizza e Francesco Dilonardo (gruppo); Giuseppe Greco e Dimitra Kokkini (gruppo); (Seconda Università di Napoli) Antonio Buonocore; Angelo Granirei; Maurizio Messineo; Carmela Pascarelli; Maddalena Alfano, Silvia Marchione e Isabella Natale (gruppo); Francesca Benedettini, Ciro Ferrandes, Alessandra Pette e Manuela Piscopo (gruppo); Francesco Caputo, Giovanni Morfino, Luigi Rondinella e Stefano Sembiante (gruppo); Rosa Moretti, Maria Francesca Piccirillo e Pina Andreana Russo (gruppo); (Politecnico di Bari) Giovanni Bodda, Donatello De Mola, Cristina Diomede, Alessandra Sassone e Luciana Silecchia (gruppo); Davide Cantatore, Chiara Dellerba, Nicolò Loprieno, Massimo Pietracito e Alessandro Tartaglia (gruppo).

Progetto vincitore Matrix degli studenti Gianfranco Palmisano, Giuseppe Laera, Aldo Salatino e Paolo Tarì del Politecnico di Bari

Progetto vincitore Matrix degli studenti Gianfranco Palmisano, Giuseppe Laera, Aldo Salatino e Paolo Tarì del Politecnico di Bari

Il bando - pubblicizzato da archimagazine - intendeva sollecitare gli studenti a ripensare lo spazio del salotto progettando il relativo sistema di arredi. Per la Facoltà di Aversa, si è trattato della seconda e felice esperienza di collaborazione con Arflex, dopo quella del 1999, quando gli studenti lavorarono ad un progetto di imbottito di comunità da rivestire con i tessuti jacquard di San Leucio (Caserta).

Progetto selezionato dello studente Nicos Tsampiras dell’Università di Napoli Federico II

Progetto selezionato dello studente Nicos Tsampiras dell’Università di Napoli Federico II

Progetto selezionato della studentessa Karolina Zukowska dell’Università di Napoli Federico II

Progetto selezionato della studentessa Karolina Zukowska dell’Università di Napoli Federico II

Un prototipo realizzato dalle due aziende coinvolte, l’Arflex appunto, per il divano, e l’Alois, per il tessuto di rivestimento, fu presentato a Milano in occasione dell’edizione 2000 del Salone del Mobile, nel nuovo showroom di Arflex. Il rapporto con l’azienda di Giussano, che deve molto all’antica e duratura collaborazione con Marco Zanuso, prosegue attualmente con l’elaborazione di alcune tesi di laurea finalizzate alla creazione di un museo d’impresa, facendo perno su un eccezionale archivio.

Progetto selezionato degli studenti Rosa Moretti, Maria Francesca Piccirillo e Pina Andreana Russo della Seconda Università di Napoli

Progetto selezionato degli studenti Rosa Moretti, Maria Francesca Piccirillo e Pina Andreana Russo della Seconda Università di Napoli

Progetto selezionato degli studenti Francesca Benedettini, Ciro Ferrandes, Alessandra Pette e Manuela Piscopo della Seconda Università di Napoli

Progetto selezionato degli studenti Francesca Benedettini, Ciro Ferrandes, Alessandra Pette e Manuela Piscopo della Seconda Università di Napoli

Nel concorso sul salotto, gli studenti dovevano tener conto, secondo il brief di progetto, dello "stile" Arflex radicato in quella sensibilità rintracciabile in buona parte della produzione del mobile del ‘900, sobrio, poco appariscente, non caratterizzato da segni forti, e che per questo richiede un livello alto di cultura del progetto che consenta di apprezzarne i dettagli, spesso poco visibili. Uno stile, quindi, resistente ai suadenti richiami di quel gusto variabilissimo che dall’(anti)design radicale in poi si è propagato nel mercato internazionale dell’arredamento. Nel contempo va anche precisato che dall’ultimo Salone del Mobile l’Arflex si mostra più interessata all’innovazione (linguistica e tecnologica), producendo la sedia Mints di Monica Graffeo, vincitrice del premio Young Design 2004, con struttura in metallo ed imbottitura in poliuretano integrale ad iniezione. Di conseguenza le proposte emerse nei corsi, se da un lato esprimono una fedeltà alla lezione dei Maestri - come nel corso della "Federico II" che fonda le propria storia sull’instancabile lavoro di Filippo Alison impegnato da decenni nello studio e interpretazione dei mobili disegnati dai grandi esponenti del Movimento Moderno - dall’altro dimostrano un maggiore interesse alla individuazione di nuovi modi dell’abitare.

Progetto selezionato dello studente Antonio Buonocore della Seconda Università di Napoli

Progetto selezionato dello studente Antonio Buonocore della Seconda Università di Napoli

Progetto selezionato della studentessa Isabella Giannuzzi Savelli dell’Università di Napoli "Federico II"

Progetto selezionato della studentessa Isabella Giannuzzi Savelli dell’Università di Napoli "Federico II"

L’esperienza che conosco meglio è ovviamente quella fatta con i 150 studenti della Seconda Università di Napoli. Durante il corso - trimestrale - hanno dovuto elaborare un progetto partendo dall’Arflex - dalla sua storia, dai materiali e dalle tecnologie impiegate - e facendo attenzione alla variegata produzione offerta da altre aziende dell’arredamento. Nello stesso tempo hanno dovuto ripensare il salotto, prima di passare al progetto vero e proprio del prodotto di arredo, vincendo un’ iniziale estraneità per questo spazio della casa, almeno se definito "salotto".

Progetto selezionato degli studenti Giovanni Bodda, Donatello De Mola, Cristina Diomede, Alessandra Sassone e Luciana Silecchia del Politecnico di Bari

Progetto selezionato degli studenti Giovanni Bodda, Donatello De Mola, Cristina Diomede, Alessandra Sassone e Luciana Silecchia del Politecnico di Bari

La stessa parola evoca infatti situazioni poco vissute dai giovani, come protagonisti, più spesso, invece, spettatori di noiose riunioni di famiglia. Eppure questa fase iniziale è stata la più interessante e feconda perché ogni studente, prima di lavorare in gruppo, ha dovuto esplorare una zona più interna di sé, rivivendo quei momenti di intimismo domestico, cogliendone il senso di una ritualità arcaica (e contadina) che al Sud sopravvive nella famiglia-clan, restituiti, per così dire, in chiave antropologica. Una fase meta-progettuale, questa, solitamente trascurata anche dai docenti, quelli che considerano il progetto un’ attività meramente "tecnica" e non (anche) "artistica", slegata dalla dimensione troppo poco controllabile dell’esperienza personale e del mondo interiore degli autori. Vita familiare, emozioni, interessi extra-universitari, sono considerati, erroneamente, un inutile appesantimento che nulla hanno a che vedere con la pratica del progetto, prevalentemente scientifica e quindi indipendente dal fluire delle soggettività. All’appuntamento con il progetto è allora come se si preferisca avere studenti sostanzialmente anesteticizzati, una sorta di mutilati psichici. Peter Greeneway (e non è il primo) sostiene che il linguaggio è il contenuto, che quindi non va plasmato prima e al di fuori delle diverse forme di creatività, trovando negli specifici sistemi comunicativi, organizzati all’interno delle singole discipline, l'unica possibile esistenza di un significato, di un "racconto". Nello stesso tempo mi sembra utile un ascolto di sé che porti ad interiorizzare la fase iniziale del progetto, cercando non immediatamente al di fuori sollecitazioni e idee (che in ogni caso dipenderebbero sempre dalla capacità di vedere, interpretare, conferire un senso al mondo esterno). Sembra che così anziché allontanarsi dal mondo degli altri, si (r)accolga proprio quella base più condivisibile (e comunicabile) del progetto, "offerta" attraverso una serie alquanto laboriosa di pratiche che affinano l’idea iniziale, la precisano, la modellano e sostanzialmente la conoscono e la creano (e da questo punto di vista Greeneway sembrerebbe avere ragione). Ascoltarsi è un po’ come sognare, connettersi ad un mondo esistente ma spesso invisibile e muto. Fare parlare quello spazio profondo, non significa soltanto liberare delle potenzialità - attività altamente terapeutica oltre che utile - ma modificare visioni fissate (da altri); significa (e per un progettista soprattutto se giovane è fondamentale) non solo comportarsi da consumatore di modelli proposti da altri, ma partecipare all’esperienza della creazione.