Biografie

Jean-François Millet

Autoritratto, 1840-1841 circa

Jean-François Millet
Autoritratto, 1840-1841 circa
Olio su tela, 63,5 x 47 cm
Museum of Fine Arts, Boston, acquistato grazie alla donazione di fondi per contributo

1814-1875. La vita di Jean-François Millet si compie entro questo arco di tempo. Originario di un paesino della Normandia, ebbe due mogli, nove figli ed è l'artista al cui nome è legato indissolubilmente alla fortuna di Barbizon, avendo qui vissuto gli ultimi venticinque anni della sua vita. Se la sua biografia è riassumibile con questi brevi cenni, è proprio dalle origini che conviene partire per comprendere la rivoluzione che la pittura di Millet introdusse nell'arte del suo tempo, con un corpus che conta circa cinquecento quadri e tremila tra disegni, pastelli e acquerelli.

Serata d'inverno, 1867

Jean-François Millet
Serata d'inverno, 1867
Pastello su carta a mano grigio chiara, 442 x 540 mm
Museum of Fine Arts, Boston

Millet nasce il 4 ottobre 1814 a Gruchy, un piccolo gruppo di case sulla riva del mare di Normandia. Non ancora ventenne viene accompagnato dal padre nella vicina Cherbourg dove studia presso un allievo di Gros. Nel 1837, grazie a una borsa di studio, arriva a Parigi e frequenta i corsi di Delaroche all'Accademia di Belle Arti, aspirando a vedere le proprie opere esposte al Salon. Qui, dopo alcuni iniziali rifiuti, esporrà regolarmente, e con dibattuto successo, negli anni a venire, fino a esser nominato membro della giuria nel 1868. A Cherbourg torna ancora nell'inverno 1840-1841, e vi incontra Pauline-Virginie Ono, prima moglie con la quale si trasferisce a Parigi e che morirà di lì a tre anni. Ritornato nel 1844 a Cherbourg, Millet conosce Catherine Lemaire, sua nuova compagna, con la quale, l'anno successivo, andrà per alcuni mesi a Le Havre, prima di tornare nella capitale.

Pausa di mezzogiorno, 1866

Jean-François Millet
Pausa di mezzogiorno, 1866
Pastello e gessetto nero su carta a mano giallo chiara, 288 x 420 mm
Museum of Fine Arts, Boston

Nel 1846 incontra Troyon e Diaz e, l'anno dopo, Daumier, Barye e Rousseau, ovvero alcuni dei pittori che costituiranno la Scuola di Barbizon. Dopo la rivoluzione del 1848, grazie a una somma stanziata dallo Stato, Millet, dal giugno 1849, si trasferisce a Barbizon dove rimarrà, salvo dei brevi viaggi, fino alla morte nel gennaio del 1875.

Come testimonia lo splendido Autoritratto e il ritratto della prima moglie, Pauline-Virginie Ono, Millet esordisce, nei primi anni quaranta, nella ritrattistica, il genere che, nella piccola città di Cherbourg, poteva garantirgli delle commissioni da parte della media borghesia. Seguendo l'imperante gusto accademico di allora, si dedica poi per alcuni anni a scene pastorali, idilli classici e ai nudi femminili, con una "maniera fiorito" come venne definito già dai suoi contemporanei. La vera rivoluzione nella sua arte, improntata a un naturalismo crescente, si verifica verso la fine degli anni quaranta, in significativa coincidenza con la rivoluzione del 1848 e con il trasferimento nella foresta di Fontainebleau.

Il quadro che segna la svolta è Il seminatore esposto al Salon del 1850, dove riscuote un autentico successo soprattutto tra i repubblicani e i critici di sinistra, suscitando per contro vivacissime polemiche tra le firme più conservatrici. Non sfugge infatti la valenza sociale di questo primo capolavoro di Millet, che conferisce alla figura del contadino una forza eroica che verrà letta, in un clima di forti rivendicazioni sociali, come segno di fiera emancipazione.

Questa svolta è ben spiegata dallo stesso Millet in una lettera scritta nel febbraio del 1851: "Come potete capire dai titoli, non ci sono donne nude o soggetti mitologici. Voglio cimentarmi con temi diversi da questi, che sento non essermi vietati, ma che non vorrei essere costretto a fare […] e questo perché, a costo di passare ancor più per socialista, è il lato umano, schiettamente umano, quello che in arte mi tocca di più; e, se potrò fare ciò che voglio, o almeno provarci, non farò nulla che non sia il risultato di impressioni ricevute dall'aspetto della natura, sia essa paesaggio o figure. E non è mai il lato gioioso quello che mi appare; non so dove sia e non l'ho mai visto. Ciò che di più allegro conosco è questa calma, questo silenzio di cui si gioisce così intimamente all'interno del bosco o sui campi arati. Mi direte che questo discorso è molto da sognatore, di un sogno triste, anche se certo dolcissimo [...] ma è lì, secondo me, che si trova la vera umanità, la grande poesia".

Elevando la vita del popolo a una dignità fino ad allora sconosciuta, la rivoluzione aveva permesso a Millet, Courbet e ad altri, di celebrare questo tempo nuovo con immagini inedite della vita rurale. È vero del resto che la tradizione accademica viene sì abbandonata per quanto riguarda i soggetti (quasi nulli ormai i riferimenti alla letteratura classica, a episodi biblici o storici), ma recuperata in alcuni schemi compositivi che denunciano l'attenta conoscenza da parte di Millet dei classici. Con giusti riferimenti infatti, la critica ha evidenziato come l'arte di Millet da questo momento tenga anche presente la lezione di Poussin e si riferisca, con una predilezione particolare, al genio di Michelangelo.

Affatto nuovo è però lo sguardo che viene rivolto alla realtà rurale e, nella varietà di soggetti che Millet dipinge, realizza una vera e propria "epopea dei campi". L'artista racconta con partecipazione sincera la vita dei contadini, conferendo piena dignità alla nobile fatica del loro quotidiano lavoro. Tutto ha un tempo stabilito e controllato, quasi liturgico.

Nel vigneto, 1852-1853

Jean-François Millet
Nel vigneto, 1852-1853
Olio su tela, 37,5 x 29,6 cm
Museum of Fine Arts, Boston

Coltivatori di patate, 1861-1862

Jean-François Millet
Coltivatori di patate, 1861-1862
Olio su tela, 82,5 x 101,3 cm
Museum of Fine Arts, Boston

La vita dei campi è analizzata in tutte le sue fasi e in ogni momento della giornata, dall'alba al tramonto, passando per la calda, prediletta luce meridiana. Millet la esalta sia quando è animata della presenza dell'uomo sia quando essa si offre come puro paesaggio. È un continuo racconto in cui di volta in volta sono protagonisti gli zappatori, i piantatori di patate, i contadini che lavorano nei vigneti, la pastorella che, all'ombra di un albero, fa la maglia mentre il cane vigila sul gregge. O ancora le scene corali della fienagione e della mietitura. Il ritrovarsi composto per il pranzo e il riposo abbandonato all'ombra dei covoni.

Con la stessa partecipazione sono descritte le scene nell'intimità della casa dove regna la figura femminile. Dunque la madre che insegna alla figlia il lavoro a maglia; la donna che, alla luce di una lampada, rammenda un vestito; la ragazza che fa il burro; la donna che fila la lana; la toeletta del mattino alla luce di una finestra.

Come detto, la campagna viene descritta anche come puro orizzonte, e questo in particolare nell'ultimo periodo della vita dell'artista. E il suo occhio sa avere precisione quasi botanica, nella descrizione di alcuni fiori che annunciano la primavera, così come registrare la poesia crepuscolare di un cortile bagnato dal chiaro di luna. Millet è stato un paesaggista superbo, cantore, soprattutto nei pastelli, di una luce tutta nuova. Così lo testimoniano, tra le altre, le opere qui esposte che ritraggono una radura innevata sul limitare del bosco o ancora l'approssimarsi del temporale nell'aperta campagna. E con Degas, Millet è certamente il più grande interprete della tecnica del pastello nell'intero XIX secolo.

Va infine detto che la concezione della vita contadina, da parte di Millet, era piuttosto conservatrice e non così progressista come cercavano di "leggerla" alcuni critici dell'epoca. Egli pensava infatti che l'uomo fosse condannato a portare il suo peso e vedeva nel contadino la vittima di una ineluttabile fatalità. Allo stesso tempo credeva che la sua pittura dovesse "disturbare i benestanti", e in questo senso fu determinante il suo contributo nell'imporre l'uomo, nella semplicità e fatica del suo quotidiano, come soggetto storico.

Sono le sue stesse a confermarcelo, in una lettera scritta il 30 maggio 1863: "Qualcuno mi dice che nego le seduzioni della campagna. Io vi trovo ben più che delle seduzioni: degli infiniti splendori. Vedo, come lo vedono loro, i piccoli fiori di cui Cristo diceva: "Vi assicuro che lo stesso Salomone, in tutta la sua gloria, non ha mai avuto una veste come la loro". Vedo molto bene le aureole dei soffioni, e il sole che diffonde la sua gloria laggiù, ben oltre i paesi, sulle nuvole. Allo stesso modo vedo nella pianura, tutti fumanti, i cavalli che lavorano; più lontano, in un posto roccioso, un uomo, tutto curvato, di cui, per tutta la mattina, si sono sentiti gli "ah!" e che adesso cerca di raddrizzarsi un attimo per riprendere fiato. Il dramma è avvolto di splendori. Questa non è una mia invenzione ed è ormai da tempo che è stata coniata questa espressione "il grido della terra". I miei critici sono delle persone istruite e di gusto, credo; ma io non posso mettermi nella loro pelle. E dato che nella mia vita non ho visto altra cosa che i campi, cerco di dire come posso ciò che ho visto e provato quando vi lavoravo."



I mecenati bostoniani di Jean-François Millet
Susan Fleming
Allorché all'asta Secretan del 1 luglio 1889 uno sgargiante Antonin Proust, ministro francese delle Belle Arti, superò l'offerta di James Sutton dell'American Art Association e si aggiudicò L'Angelus di Jean-François Millet, il pubblico francese andò in estasi: la nazione e il Louvre avrebbero così avuto il più celebre dipinto dell'artista. La Francia, che non aveva saputo riconoscere il genio di Millet fino a quando molte delle sue opere erano ormai in collezioni pubbliche e private americane, si stava impegnando nel consapevole sforzo di conservare per il suo popolo i capolavori del pittore che ancora si trovavano in patria. Sfortunatamente, tuttavia, la Camera dei Deputati non onorò l'offerta di 553.000 franchi sottoscritta da Proust e il ministro si vide costretto a cedere il quadro a Sutton, secondo offerente. Ecco, dunque, un'altra opera di Millet persa dai francesi e accaparrata dagli americani, le cui collezioni già comprendevano Mietitori a riposo, Uomo che innesta un albero (Gemäldegalerie, Berlino), Vitello appena nato (Art Institute of Chicago), Raccolta del grano saraceno, estate, Riposo di mezzogiorno, due versioni del Seminatore e Uomo con zappa (collezione privata), per citare soltanto alcuni esempi.1
L'anno successivo, tuttavia, Alfred Chauchard, magnate dei grandi magazzini, versò all'American Art Association la somma di 800.000 franchi e recuperò, a beneficio del proprio paese, l'ambito Angelus, che da allora fa parte delle collezioni del Louvre. Sempre nel 1890, Bischoffsheim vendette Spigolatrici a Madame Pommery per una cifra inferiore a quella offerta da un americano; l'evento attrasse l'attenzione e il plauso di "Le Temps" (29 settembre 1890), che riferì la notizia a livello nazionale.2 La nuova proprietaria dichiarò patriotticamente che alla sua morte l'opera sarebbe passata al Musée du Louvre.3
Nonostante i loro eroici sforzi, i francesi avevano aspettato troppo tempo per poter acquisire molte delle migliori opere di Millet, infatti nel 1889 più di 125 dipinti e pastelli, nonché trenta disegni erano ormai nella città di Boston. Di queste opere quattro dipinti e venti disegni erano già stati donati al Museum of Fine Arts, e nei mesi successivi sarebbe stata lanciata un'iniziativa per assicurare alle collezioni del museo uno dei rari autoritratti del pittore. Mecenati privati, quali Peter Chardon Brooks, Henry Sayles, Frederic Ames, Quincy Adams Shaw e Martin Brimmer, possedevano un terzo degli ambiziosi dipinti inviati da Millet ai Salon, inoltre diverse collezioni della città vantavano, tutte insieme, la più completa raccolta di pastelli dell'artista. Le ragioni per cui Boston divenne tale centro unico in America e nel mondo per l'interesse nei confronti di Millet richiede una spiegazione.

Millet a Boston
Alcuni bostoniani avevano cominciato a recarsi a Barbizon per sostenere il lavoro di Millet poco dopo il 1850, quasi due decenni prima che altri americani e gli stessi francesi sviluppassero un serio interesse per l'artista. Molte delle prime importanti opere vendute da Millet ebbero acquirenti bostoniani, i quali da troppo poco tempo avevano iniziato ad acquistare arte per poter già essere definiti collezionisti. Nelle lettere che per trent'anni Millet e il suo biografo-mecenate Alfred Sensier si scambiarono vi sono frequenti accenni a visitatori provenienti da Boston; i diari e i resoconti di viaggio lasciatici da molti di costoro mettono in luce come ben presto per i bostoniani che andavano a Parigi fosse diventato irrinunciabile recarsi a Barbizon per conoscere Millet, sia che potessero sia che non potessero comprare i suoi quadri. Nel 1875, dopo la morte dell'artista, i bostoniani furono una presenza di rilievo nel piccolo numero di collezionisti privati che si presentarono in veste di acquirenti per proprio conto all'asta delle opere rimaste nell'atelier del pittore e, poco dopo, alla vendita della collezione di disegni e pastelli messa insieme da Emile Gavet.

I grandi collezionisti: Hunt, Brimmer e Shaw
Le opere di Millet presenti nelle collezioni di Boston nel 1889 appartenevano a non meno di trenta collezionisti, tre dei quali meritano particolari onori per aver creato la fama di Millet nella loro città: il pittore William Morris Hunt; Martin Brimmer, filantropo e primo presidente del Museum of Fine Arts; Quincy Adams Shaw, distinto imprenditore. Lo stesso tipo di formazione e di estrazione sociale - studi a Harvard, famiglia benestante, numerosi viaggi in varie parti del mondo - contribuì alla nascita di un'amicizia fra i tre mentre si trovavano a Parigi all'inizio del decennio 1850-1860, e un comune amore per l'arte sviluppò tra loro un legame che durò per sempre. Ognuno, tuttavia, fu unico in quanto a stile di vita e atteggiamento verso l'arte che collezionava.
Hunt lasciò il college al penultimo anno (1843) per intraprendere il Grand Tour d'Europa, che si trasformò in un soggiorno di nove anni, durante il quale il bostoniano si dedicò a una carriera d'artista dapprima nel campo della scultura poi in quello della pittura. Dopo cinque anni di studi nell'atelier parigino di Thomas Couture, Hunt partì per Barbizon nel 1851, desideroso di lavorare con Millet. Si fermò a Barbizon per due anni studiando la filosofia e i metodi operativi dell'artista francese, un apprendimento che avrebbe successivamente trasferito agli studenti e agli amici in patria. Hunt diceva che le immagini di Millet avevano un'"infinità al di là di se stesse" e ricordava: "Dopo aver conosciuto Millet, ho ampliato la mia visione dell'umanità, del mondo, della vita. I suoi soggetti erano persone reali che avevano un lavoro da fare. I suoi campi erano campi nei quali gli uomini e gli animali lavoravano."4 Hunt non fu il primo artista bostoniano ad essere attratto dalla colonia artistica ai margini della foresta di Fontainebleau, era stato infatti incoraggiato a recarvisi da William Perkins Babcock, anch'egli ex allievo di Couture, il quale si era stabilito a Barbizon nel 1849, poco dopo Millet, e non aveva più lasciato quel luogo.5
Al suo arrivo a Barbizon, Hunt scrisse di Millet: "Lo trovai che lavorava in una cantina, quasi un metro sottoterra, con i quadri che ammuffivano per l'umidità, poiché non c'era il pavimento. Gli comprai quante più opere fu possibile."6 Il primo acquisto fu Il seminatore, ottenuto in cambio di soli sessanta dollari. Al Salon del 1853 Hunt si recò in compagnia dell'amico Martin Brimmer, che in quel periodo studiava alla Sorbona. Hunt acquistò La tosatura e Pastore e gregge, mentre Martin Brimmer scelse il capolavoro di Millet Mietitori a riposo. Hunt continuò ad acquistare le opere dell'artista e incoraggiò i bostoniani che visitavano Parigi a fare lo stesso; nel corso di altri viaggi in Francia, consegnò personalmente a Millet richieste di nuovi dipinti da parte di altri bostoniani.
I quadri realizzati da Hunt a Barbizon, nei quali raffigurò spigolatrici, tosatori e contadini che lavorano, sono attestazioni dell'influenza del pittore francese. Quanto allo stile, egli predilesse superfici opache e luce e forme espresse in termini sommari. Opere di questo periodo, quali La fanciulla alla fontana (Metropolitan Museum of Art, New York) e La margherita (Museum of Fine Arts, Boston), furono attaccate da Clarence Cook, critico d'arte di "The New York Times", il quale le giudicava null'altro che "copie e reminiscenze" della "malaugurata associazione" di Hunt con i maestri francesi;7 l'artista fu pure accusato di aver assorbito la "morbosa maniera francese".8 I bostoniani non badarono alle critiche di Cook, che tacciarono di ignoranza, e continuarono ad ammirare il lavoro di Hunt.
Nel 1855, poco dopo il suo ritorno in patria, William Morris Hunt sposò Louisa Perkins, figlia del ricco mercante Thomas Handasyd Perkins. Questo matrimonio gli consentì l'accesso ai circoli sociali più elitari di Boston, nei quali sia la sua conoscenza diretta dell'arte e degli artisti che sosteneva sia le sue scelte di collezionista (possedeva almeno dodici dipinti di Millet)9 davano alle sue opinioni un peso particolare. Inoltre, una forte personalità e una natura eccentrica resero Hunt una figura popolare, dalla quale la società di Boston era affascinata. Egli fu l'unico artista ammesso al prestigioso Saturday Club, il cui elenco di soci includeva i nomi di Ralph Waldo Emerson, Henry Wadsworh Longfellow, Oliver Wendell Holmes, Nathaniel Hawthorne, Charles Eliot Norton, Henry James, Thomas Gold Appleton e Martin Brimmer. Come i bostoniani dichiararono in The Memorial History of Boston, 1630-1880 del 1881: "Il nostro interesse per l'arte continuò a essere di un genere rispettabile ma piuttosto languido, finché non fu agitato ex novo dall'arrivo fra noi di uno il cui genio gli diede l'autorità di parlare, mentre il suo entusiasmo obbligò tutti noi ad ascoltare - William Morris Hunt."10 Gli chiesero di dipingere i loro ritratti ed egli divenne l'artista più rispettato della città. Fu anche un docente molto popolare: i suoi commenti e conversazioni sull'arte durante le ore di lezione, raccolti e trascritti in Talks on Art (1875 e 1883) da un'allieva, Helen M. Knowlton, rivelano il genio di Hunt in tale ruolo. Van Wyck Brooks, storico nativo del New England, affermò che nel decennio 1850-1860 "Boston corrispondeva alla città di Platone, con una popolazione non troppo numerosa per ascoltare la voce di un unico oratore."11 Nella sfera dell'arte William Morris Hunt fu quella voce, che guidò la nuova generazione di collezionisti bostoniani attraverso tre decenni.

Quando, nel 1854, Martin Brimmer espose all'Athenaeum Mietitori in riposo, quello fu il primo Millet presentato pubblicamente a Boston (e soltanto il secondo ad essere esposto al di fuori dei Salon francesi). All'epoca, le collezioni di Boston erano ancora dominate da dipinti molto discutibili di maestri del passato, da ritratti e da quadri con soggetti di carattere religioso o classico realizzati da artisti americani del tempo. Vi erano poche scene di genere e il paesaggio stava appena cominciando ad acquistare popolarità.12 Nel 1855 Brimmer prestò una seconda opera, Prima lezione di lavoro a maglia, che il newyorkese "Crayon" definì "una scena contadinesca piena di buone intenzioni, ma affettatamente debole",13 poi nel 1857 fu la volta di Lavandaie. Quando Prima lezione di lavoro a maglia fu nuovamente esposto nel 1858, si trovò insieme al Millet di Edward Wheelwright, Pastorella; Wheelwright aveva acquistato il dipinto all'epoca in cui studiava insieme a Millet, nel 1855-1856), alle prime opere di Diaz, Rousseau e Troyon esposte all'Athenaeum, nonché a diversi quadri di americani che avevano studiato a Barbizon - William Morris Hunt, Edward Wheelwright, Winckworth Allan Gay e William James Stillman. Era, questo, il più grande insieme di opere realizzate a Barbizon o ispirate a Barbizon mai presentato a un pubblico bostoniano. L'esposizione registrò una scarsa reazione da parte dei critici, ma fu importante come prima indicazione delle progressive propensioni collezionistiche della città.
Nel decennio 1870-1880 Brimmer aggiunse altre opere alla sua collezione: Dafne e Cloe (pastello, collezione privata, Giappone), Conigli all'alba (collezione privata, Inghilterra), Raccolta del grano saraceno, estate, Lezione di cucito e venti disegni. La maggior parte di questi lavori fu acquistata all'asta Millet e all'asta Émile Gavet; Brimmer partecipò a entrambe le vendite a Parigi nel 1875 e alla seconda lanciò offerte per conto proprio.
Dopo alcuni anni giovanili di immersione nel mondo artistico della capitale francese, Brimmer fece ritorno a casa per seguire una carriera nel campo del diritto. Sedette sia nella Camera dei Rappresentanti sia al Senato; divenne un grande filantropo e, in quanto tale, fece parte del comitato direttivo di molte istituzioni (per esempio, della Harvard Corporation e del Massachusetts General Hospital) e fu direttore del Museum of Fine Arts per vent'anni, a partire dall'inaugurazione avvenuta nel 1876.14 Nel 1876 Samuel Elliot del Saturday Club elogiò Brimmer, definendolo un gentiluomo dedito al bene della collettività.15
Brimmer era un uomo speciale che concepiva l'arte come "il grande strumento per l'istruzione dell'essere umano, un mezzo con cui esprimere i pensieri, i sentimenti, le aspirazioni, gli ideali, la vita e le sue più ampie relazioni".16 Riteneva che Millet avesse "reso visibili la rassegnazione e il pathos, che non sono il prodotto di un'epoca o di una casualità, bensì una realtà presente ovunque esista l'essere umano e per tutto il tempo in cui esisterà."17
Brimmer possedeva opere di Copley, Stuart e Constable, per citare soltanto alcuni nomi, ma era con Millet che aveva la più stretta affinità. Di temperamento più romantico rispetto a Hunt e a Shaw, era profondamente commosso dalla vita di Millet nei termini sentimentali in cui veniva presentata da Alfred Sensier, biografo dell'artista; vedeva Millet come "lo strumento di Dio" per "interpretare la Sua opera nel mondo."18 Brimmer, gran parte della cui vita fu spesa al servizio della comunità, era convinto che la funzione dell'arte fosse quella di illuminare, e riteneva che proprio questo facesse l'arte del pittore francese. All'inaugurazione del Museum of Fine Arts nel 1876 fece dono di un dipinto, Lezione di cucito, di un pastello, Dafne e Cloe (collezione privata, Inghilterra), e di tutta la collezione di disegni di Millet.
Quincy Adams Shaw, diversamente da William Morris Hunt e da Martin Brimmer, era un uomo riservato; fu comunque generoso verso le cause pubbliche e, naturalmente, assicurò il proprio sostegno alle arti di Boston. Il suo coinvolgimento nel Museum of Fine Arts iniziò nel periodo in cui fu concepita l'idea di questa istituzione. Insieme a Martin Brimmer, H. P. Kidder e J. M. Sears (come lui collezionisti di Millet) diede vita al fondo per la costruzione del museo donando 5000 dollari. Tuttavia non fece mai parte del Consiglio di Amministrazione, né contribuì all'MFA in alcun altro modo se non in qualità di benefattore e prestatore di opere. Non provò neppure interesse per le varie organizzazioni e circoli artistici della città, sebbene fosse circondato da persone che ne erano invece coinvolte. Fu un personaggio a se stante, con uno stile di vita che ben pochi avrebbero potuto emulare.
Shaw nacque nel 1825, nono degli undici figli di Robert Gould ed Elizabeth Parkman Shaw. La sua famiglia era tanto agiata quanto era numerosa, perciò egli crebbe in seno alla società bene di Boston. Nella primavera del 1845, dopo essersi laureato a Harvard, percorse, insieme al cugino e amico Francis Parkman, l'Oregon Trail, una pista non ancora segnata sulle carte. Mentre Parkman considerò l'impresa dal punto di vista dello studioso, Shaw la concepì semplicemente come "puro divertimento";19 il sottotitolo da lui scelto per il libro di Parkman, The Oregon Trail, pubblicato l'anno successivo, fu A Summer's Journey Out of Bounds (Un viaggio estivo oltre i confini), una definizione appropriata per quello che egli riteneva "un giro di curiosità e divertimento".20 Alle avventure americane seguì un viaggio in Siria, Egitto e Palestina;21 dopo un soggiorno di sette anni a Parigi (1851-1858) - fu probabilmente in quel periodo che egli cominciò ad acquistare dipinti francesi - Shaw fece ritorno a Boston. Nel giro di due anni sposò Pauline Agassiz, figlia dell'eminente scienziato di Harvard, Louis Agassiz, originario della Svizzera, e figliastra dell'educatrice bostoniana Elizabeth Cary Agassiz, prima presidentessa di Radcliffe. Si dice che il loro viaggio di nozze in Francia includesse una visita a Barbizon per fare la conoscenza di Millet, ma l'evento non è documentato. Nel decennio 1860-1870 Shaw azzardò un'avventura commerciale che fece la sua fortuna: acquistò, in Michigan, alcune miniere di rame che non erano sfruttate e con l'aiuto del cognato, lo scienziato Alexander Agassiz, le rese altamente redditizie.22 Alla sua morte, nel 1908, era ritenuto l'"uomo più ricco del New England, con un patrimonio tra i venti e i trenta milioni di dollari, nonché il contribuente singolo con il più elevato imponibile nella città di Boston."23
Millet menzionò il nome di Shaw per la prima volta, incidentalmente, nel 1867, allorché riferì ad Alfred Sensier della visita d'un gruppo di americani nel suo atelier.24 Successivamente disse a Sensier che uno di tali ospiti era molto interessato a comperare la sua natura morta Pere, ma che lui non era incline a venderla – quest'opera rimase presso l'artista fino alla sua morte. Poiché in seguito Shaw l'acquistò direttamente dalla vedova di Millet si può pensare che fosse lui l'americano che vent'anni prima aveva cercato di ottenerla. Shaw visitò ancora Millet nel 1872, e in tale occasione si assicurò di poter avere il dipinto desiderato commissionando lui stesso il soggetto. Millet riportò l'evento in una lettera a Sensier (8 gennaio 1872): "Un signore e una signora americani, M. e Madame Shaw di Boston, sono venuti tempo fa a chiedermi un quadro che avevo promesso di dipingere per loro. Come soggetto, fra i disegni che hanno visto qui hanno scelto Fattoria a Vauville, Normandia."25
Nel 1874, Doll & Richards, mercanti di Boston, registrarono la vendita di cinque dipinti di Millet - Due figure chine , Il seminatore, Uomo che vanga, La tosatura e Pastore e gregge - a Quincy Adams Shaw per conto di William Morris Hunt. Negli anni successivi (probabilmente fino al 1876) Shaw mise insieme la più grande collezione di opere di Millet in tutti gli Stati Uniti; soltanto la collezione dell'inglese James Staats Forbes, che comprendeva cento disegni, superava quella di Shaw per dimensioni, ma non fu mai sua rivale quanto all'importanza dei dipinti dell'artista; sfortunatamente questa collezione andò dispersa agli inizi del secolo scorso. La collezione di Shaw, invece, rimane ancor oggi perlopiù intatta, conservata presso il Museum of Fine Arts di Boston, cui giunse come dono tratto dal patrimonio lasciato in eredità.
Dei cinquantaquattro dipinti e pastelli di Millet che alla fine del decennio 1870-1880 erano sicuramente in possesso di Shaw, venti provenivano dall'asta Émile Gavet tenuta all'Hôtel Drouot di Parigi l'11-12 giugno 1875. Il nome di Shaw non compare nei registri dell'asta fra quelli dei compratori, mentre tredici opere furono acquistate da Eugène Détrimont, corniciaio e mercante assunto dallo stesso Millet;26 con ogni probabilità Détrimont agì per conto di Shaw. Un altro agente di Shaw a Parigi sembra essere stato M. Legrand; quattro opere dell'asta Alfred Sensier (Hôtel Drouot, 10-18 dicembre 1877) furono acquistate da lui e quasi immediatamente trovarono posto nella collezione di Shaw. Nello stesso anno dell'asta Gavet, Shaw concesse l'intera collezione di dipinti in prestito sia al Museum of Fine Arts sia al Boston Athenaeum, conformemente a una tradizione rispettata da quei bostoniani che lasciavano la città per alcuni mesi. È alquanto probabile che Shaw si sia recato a Parigi per vedere le opere della collezione Gavet messe all'asta e che sia rimasto nella capitale francese per soprintendere ai propri affari. Tranne i registri delle vendite di Doll & Richards e una ricevuta relativa a Fattoria a Vauville, Normandia, non possediamo altri documenti che ci consentano di datare le fasi della sua collezione. Tuttavia nel 1881, un articolo sui Millet di Shaw scritto dalla corrispondente bostoniana "Greta"nel numero di settembre della rivista "Art Amateur" presentava nuovi aspetti della collezione, che fino a quel momento era nota soltanto a pochi. In Art Treasures in America Edward Strahan commentò: "Il velo della privatezza, che sarebbe altrimenti rimasto impenetrabilmente abbassato sulla galleria, è stato tolto da un resoconto fornito - a quanto sembra con la debita autorizzazione - in una rivista pubblica. […] e utilizzando le informazioni di "Greta" il nostro testo può appropriatamente riferire alla comunità i fatti riguardanti uno dei più mirabili gabinetti d'uno speciale tipo d'arte al mondo. Mr. Shaw ha la più bella collezione d'opere di J. F. Millet."27
Con l'articolo di "Art Amateur" e con il volume di Strahan i Millet di Shaw potevano dirsi documentati, ma ancora erano visti soltanto da pochi. Quando cinque di tali dipinti - La tosatura, Falesie vicino a Gruchy, Limite estremo del villaggio di Gruchy II, Piantatori di patate e Raccolta del grano saraceno, estate - furono prestati all'American Art Association Gallery di New York per l'esposizione Barye del 1889, essi produssero questa reazione nella stampa: "Conoscevamo i Millet di Mr. Shaw soltanto di fama, la loro comparsa qui ha del tutto travolto i nostri intenditori. Non abbiamo visto alcun altro gruppo di Millet che illustri in modo così perfetto la maestria dell'artista come pittore nato e il suo talento di colorista."28
Ogni fase dello sviluppo di Millet nel campo della pittura tra il 1840 e il 1880 è rappresentata almeno da un'opera, e i pastelli, forse la parte più rimarchevole della collezione, rivelano la padronanza di questo medium acquisita dall'artista durante gli anni - tra il 1860 e il 1870 - del suo contratto con Émile Gavet. In un arco di tempo relativamente breve Shaw creò una collezione di Millet più completa di qualsiasi altra, mentre le collezioni di dipinti dei suoi amici e conoscenti bostoniani si caratterizzavano per la diversità e l'eclettismo. Nel ventennio 1880-1900 Shaw acquisì molti bei disegni di Millet (che successivamente la sua famiglia decise di vendere) e verso la fine della sua vita incaricò il proprio agente parigino di cercare documenti, riuscendo in tal modo ad acquistare quel gran numero di lettere, inviate dal pittore a Théophile Silvestre, a Émile Gavet e a Urbain Calmette, che costituisce oggi la più importante riserva di materiale biografico su Millet dopo quella del Louvre; raccolse anche i commenti critici prodotti in Francia sull'artista tra il 1850 e il 1880. Shaw era geloso delle sue opere d'arte, perciò non fornì mai indicazioni, né scritte né verbali, riguardo ai motivi che lo avevano spinto a collezionare i lavori di Millet. Sebbene possedesse numerose opere di altri pittori - fra cui Corot, Troyon, Rousseau, Delacroix e molti maestri italiani del Rinascimento, da Cima a Veronese - egli dedicò gran parte della sua energia a mettere insieme la collezione dei Millet.
Forse l'interesse per questo artista gli venne in parte dalla moglie. Sappiamo che Pauline Agassiz possedeva personalmente alcuni disegni del pittore francese, ed è a Pauline che i suoi cognati, Mr. e Mrs. Henry Lee Higginson, dedicarono un pastello di Millet (Pastorella con il gregge e il cane, della loro collezione, allorché questa fu destinata in legato all'MFA. Pauline Shaw fu anche attiva nel fondare scuole materne e asili nido nella Boston degli anni 1880-1890, periodo in cui riviste educative, molte delle quali con un'impronta religiosa, stavano cantando le lodi di Millet. Sia le immagini proposte dall'artista sia la storia della sua vita erano considerate un buon esempio per i bambini e la sua arte veniva utilizzata per insegnar loro la dignità del lavoro.29 È interessante notare che dei cinquanta Millet appesi nella residenza di Shaw a Jamaica Plain, l'insieme più numeroso - ventun pastelli - fu esposto in un'aula scolastica.

Oltre a Brimmer e Shaw, anche molti dei collezionisti bostoniani di Millet meno noti furono introdotti alla sua arte da Hunt. L'Allston Club, che quest'ultimo aveva fondato e di cui era stato presidente - il circolo aveva avuto una breve esistenza di due anni, 1866-1867 - sponsorizzò due esposizioni costituite da opere di pittori di Barbizon o ispirati a Barbizon, sia francesi sia americani. I prestatori nonché membri del circolo erano amici di Hunt e condividevano il suo contagioso entusiasmo per quegli artisti. Millet - che era superato, quanto al numero di opere esposte, da Corot, Hunt, Winckworth Allan Gay e Troyon - era presente nelle mostre dell'Allston Club con quadri provenienti dalle collezioni di Hunt, Brimmer, Edward Wheelwright, E. Adams Doll della Doll & Richards Gallery e Henry Sayles. Sayles possedeva uno dei tre lavori inviati da Millet al Salon del 1861, Tobi in attesa (Nelson-Atkins Gallery, Kansas City), che egli aveva acquistato probabilmente su consiglio di Hunt; quest'opera non fu comunque presentata alle esposizioni dellAllston Clu'b. Un altro amico di Hunt, il mecenate Peter Chardon Brooks, con il suo acquisto del dipinto I tosatori (collezione privata, Boston) portò a Boston la seconda delle opere inviate da Millet al Salon del 1861. Nel 1875 Henry C. Angell, mecenate che sosteneva Hunt oltre che autore di una breve biografia su questo artista, acquistò Nudo seduto, uno dei pochi nudi di Millet esistenti nelle collezioni bostoniane e l'unico conservato nel museo.
I Millet donati al Museum of Fine Arts da Martin Brimmer, Mrs. S. D. Warren, il reverendo Frederick R. Frothingham, Quincy Adams Shaw, Ida Agassiz Higginson, il dott. Henry Angell, Mr. e Mrs. Robert Dawson Evans e Mrs. John Ames rappresentano soltanto una piccola percentuale del numero totale di tali opere presenti un tempo a Boston. Molte fanno ancora parte di questo o quel patrimonio familiare, altre hanno lasciato la città allorché le famiglie si sono disperse qua e là per il paese. Negli ultimi anni, inoltre, sono state vendute varie opere appartenenti a collezioni di famiglia. Tuttavia, a Boston non è venuto meno l'interesse per Millet. Una collezione della città, la William I. Koch Foundation, si è recentemente arricchita di due acquisizioni, entrambe in prestito al Museum of Fine Arts: un pastello di proprietà d'una famiglia locale fin dall'epoca dell'asta Gavet del 1875 e un pregevole studio per l'ultima composizione importante cui lartista 'lavorò.

Millet in altre collezioni americane
Se a Boston il collezionismo interessato all'arte di Millet era ormai una realtà consolidata nel decennio 1870-1880, altrove negli Stati Uniti la celebrità dell'artista non raggiunse l'apice che negli anni tra il 1880 e il 1900, di pari passo in certa misura con l'espandersi della sua popolarità in Francia. Neppure il rivale culturale di Boston, il Metropolitan Museum of Art di New York, ebbe alcun Millet fino al 1915. Nel "Boston Transcript" l'artista bostoniana Mari Macomber (1861-1916) scriveva a proposito del Metropolitan: "È […] strano che quei pittori moderni d'oltreoceano che arrivano con grande chiasso riescano a riempire con le loro opere quasi un'intera stanza, mentre il modesto contadino non trova posto nella collezione permanente del museo del cuore artistico di questo paese. Penso che una stanza piena di lavori di Millet avrebbe un migliore effetto sul futuro dell'arte americana."30
Vi era, comunque, a New York e altrove nel paese un piccolo numero di collezionisti privati che già da tempo stimava Millet. Adolph E. Borie di Filadelfia acquistò Contadino che rastrella (Metropolitan Museum of Art, New York) verso la fine del decennio 1860-1870. William T. Walters, illustre collezionista di Baltimora, cominciò ad acquisire opere di Millet a Parigi sul finire del decennio 1870-1880 e forse anche prima. Vitello appena nato (Art Institute of Chicago), un dipinto che fu molto criticato nelle recensioni del Salon del 1864, faceva parte, nel 1873, della collezione di Henry Probasco di Cincinnati. A New York, August Belmont possedeva esempi della Scuola di Barbizon, fra cui opere di Troyon, Rousseau, Corot, Diaz, Dupré e Millet, già nel 1857, soltanto pochi anni dopo che questi artisti erano stati portati a Boston. I Millet più famosi al di fuori di Boston, quelli di William H. Vanderbilt (sei dipinti e due pastelli), giunsero negli anni 1880-1890. Tuttavia, a New York mancava ancora quell'omogeneità culturale e artistica che invece Boston possedeva. Inoltre le collezioni di New York e di Boston erano di natura molto diversa l'una dall'altra. Quelle di Boston erano generalmente piccole e costituite con grande cura, spesso con opere acquistate direttamente presso l'artista e destinate a essere parte integrante di un'abitazione.31 A un amico che gli chiedeva perché tenesse i quadri in casa e non in una galleria privata, Quincy Adams Shaw rispose: "Perché mai dovrei costruire una galleria di quadri? Sto tranquillamente seduto nelle mie stanze e guardo con gioia le pareti sulle quali sono appesi i quadri."32 In contrapposizione vi era la realtà che James Jackson Jarves così commentava poco dopo il 1860: "Le gallerie private di New York stanno diventando quasi altrettanto comuni delle scuderie private."33 Il tipico collezionista bostoniano era una persona che aveva da tempo una stabile posizione sia sociale sia economica nella propria città, e la collezione d'arte non era ritenuta un simbolo della ricchezza o dello status, come invece era spesso considerata dai nuovi ricchi di New York. Allorché a Parigi, il 29 giugno 1889, gli fu mostrata la collezione Secretan subito prima dell'asta in cui fu messo in vendita L'Angelus, Martin Brimmer osservò con un'aria un po' compiaciuta: "Oggi ho visto la grande collezione di Secretan creata secondo il principio di Vanderbilt, quello di acquistare le cose più care - forse un modo valido tanto quanto qualsiasi modo ovvio di spendere milioni eccedenti – solo che il modo ovvio non è sempre il migliore."34 Non era il modo bostoniano.
L'importante newyorkese Mary Jane Sexton Morgan, moglie dell'armatore e magnate delle ferrovie Charles Morgan, era l'antitesi dei suoi equivalenti bostoniani. Negli anni successivi alla morte del marito, poco dopo il 1880, cominciò a costituire un'enorme collezione d'arte, messa all'asta dopo la morte di lei nel 1886. Prima della vendita "The New York Times" scrisse: "Mrs. Morgan collezionò i suoi oggetti con rapidità e senza una grande conoscenza di ciò che stava comperando."35 I suoi dipinti, ultimo acquisto effettuato, erano in numero di 240, fra cui dieci Millet, ed erano ritenuti la parte migliore del suo patrimonio. L'asta dei beni di Mrs. Morgan all'American Art Association attirò migliaia di persone; dall'anteprima all'ultimo dei sei giorni di vendita (1-6 marzo 1886) "The New York Times" parlò quotidianamente di questo evento sulle sue colonne. All'asta erano presenti alcuni dei più grandi collezionisti del paese: William T. Walters di Baltimora, William Rockefeller di New York e il californiano Crocker, che conoscevano bene Millet. Crocker acquistò Cardatore di lana (qualche anno dopo avrebbe aggiunto alla sua collezione Uomo con zappa); Rockefeller fu il migliore offerente per Raccolta di fagioli e Filatrice (già possedeva Uomo che innesta un albero); la Knoedler & Co. acquistò Boscaioli e Vangatori.
C'era nuova ricchezza nel paese e il collezionismo d'arte era in voga; tuttavia la competenza tipica del conoscitore non aumentava di pari passo con il numero dei nuovi collezionisti. Vi erano a New York e altrove in America collezionisti i quali comprendevano il valore di Millet come artista, ma vi erano ancora molti – lo dimostrava l'asta di Mrs. Morgan – che in lui vedevano soltanto sentimentalismo oppure tematiche religiose ed erano perciò attratti verso pittori minori, che rendevano in termini più graziosi i soggetti presentati esplicitamente da Millet.
Verso la fine degli anni 1880-1890 e nel decennio successivo, da Boston l'interesse per Millet si diffuse con un effetto domino in tutto il paese, fino al Midwest e alla California. Alla Chicago Exposition del 1893 Millet e gli artisti della scuola di Barbizon furono ben rappresentati: da Boston l'MFA inviò Pastorella, ricevuto in dono nel 1876 da Samuel Dennis Warren,36 mentre Peter Chardon Brooks prestò la versione grande dei Tosatori (fig. 9); giunsero anche tre piccole opere dalla collezione del newyorkese Alfred Corning Clark; il re californiano delle ferrovie, William Crocker, concesse in prestito il suo famoso Uomo con zappa; Charles Yerkes e Mrs. Henry Fields della città ospite prestarono rispettivamente Uccisione del maiale (National Gallery of Canada, Ottawa) e Vitello appena nato (Art Institute of Chicago). I Potter Palmer, leader sociali di Chicago, avrebbero ben presto acquisito anch'essi i loro Millet, molti dei quali sarebbero stati in seguito donati all'Art Institute of Chicago, costituendo in tal modo il nucleo della collezione di Millet oggi posseduta da quel museo.

Correnti culturali sottese all'amore di Boston per Millet
Perché fu Boston la culla dell'interesse americano per Millet?
La risposta più semplice è che durante il ventennio 1840-1860 i bostoniani – William Babcock, William Morris Hunt, Edward Wheelwright, Martin Brimmer e Quincy Adams Shaw – furono casualmente il primo gruppo di americani venuti in contatto, in Francia, con l'arte di Millet e della Scuola di Barbizon. Ma ci sono diverse altre ragioni per cui verso la fine degli anni 1850-1860 e all'inizio del decennio successivo i bostoniani erano pronti ad appassionarsi agli artisti di Barbizon. Tra il 1850 e il 1860 l'America conobbe quello che è stato definito un "Rinascimento" letterario,37 i cui protagonisti furono Ralph Waldo Emerson (1803-1881) e Henry David Thoreau (1817-1862), i quali, nativi entrambi del New England, erano cresciuti a Boston e avevano studiato a Harvard. Il loro discorso era un messaggio di democrazia, riguardo sia all'uomo sia alla natura. Dichiarava Emerson: "Abbraccio ciò che è comune, esploro e siedo ai piedi di ciò che è familiare, basso."38 Il pittore e critico bostoniano Edward Wheelwright ci dice, in un prezioso articolo su Millet del 1876, che l'artista francese aveva letto traduzioni di Emerson fornitegli da William Morris Hunt.39 Ma, seppure Wheelwright non ci informa sulla reazione di Millet al poeta di Concord, non è difficile scorgere paralleli con la filosofia di Emerson in un pittore il quale chiedeva: "Non ha forse ogni cosa del creato un suo ruolo da svolgere in un certo momento e in un certo luogo? Chi oserebbe affermare che una patata è inferiore a una melagrana?"40 Un pittore convinto che "tutta la natura è offerta agli uomini di carattere, e il loro genio li aiuta a scegliere non le cose ritenute più belle, bensì quelle che sono perfette nel loro posto."41 A ogni modo, l'arte di Millet e della Scuola di Barbizon fu ben accolta da coloro che sostenevano gli ideali di Emerson o, semplicemente, percepivano la grandezza della natura. I soggetti naturalistici, quali erano presentati da Millet, Rousseau, Diaz, Troyon, Jacque e Corot, erano compatibili con il carattere che si stava sviluppando nel New England. La visione trascendentalista della natura abbracciata da Emerson e Thoreau non era, nei suoi principi etici e filosofici, quella dell'uomo medio, tuttavia essa generò innegabilmente ammirazione e affascinamento nei confronti della natura e fu nutrimento per l'emergente carattere del New England.42
Walt Whitman (1819-1892), un poeta influenzato da Emerson e vicino alla tradizione del New England, sebbene nativo di New York, considerava Millet "tutta una religione in sé: il meglio della democrazia, il meglio di ogni fede ben radicata è nelle sue immagini. L'uomo che conosce il suo Millet non ha bisogno di un credo."43 Whitman paragonava la propria raccolta poetica Foglie d'erba (1855) a Millet e diceva che era "Millet in un'altra forma."44 (Le sue poesie che parlavano di aratori, di ordinarietà, di germogli nascosti, del crepuscolo ecc. sono costantemente paragonate ai soggetti e all'enfasi tipici di Millet.) È interessante notare, a questo proposito, che nel 1856 Foglie d'erba fu criticato da chi affermava che "nella Natura le cose non sono tutte uguali, belle, o meritevoli di essere amate e onorate con la poesia."45 Vitello appena nato e Uomo con zappa di Millet erano stati liquidati dai critici sulla base di identiche ragioni; di Whitman e Millet era anche stato detto che la loro "vera parentela stava nella somiglianza della loro ispirazione."46 Walt Whitman avrebbe approvato l'affermazione di Millet: "Il declino dell'arte è cominciato nel momento in cui l'artista non si è più sorretto direttamente e ingenuamente sulla natura."47 Per Whitman, l'arte di Millet basata sull'umanità e sulla natura catturava la tradizione rurale della Francia e, dunque, il significato della Rivoluzione francese.48 Il poeta americano si chiedeva se mai il suo paese avrebbe avuto "un simile artista partorito dalle proprie viscere, corpo e anima", precisava poi le qualità essenziali che caratterizzavano le più alte tradizioni americane della natura e dei valori democratici in arte.49 A posteriori possiamo dire che la lunga serie di pittori in favore di quelle tradizioni, per esempio Winslow Homer, devono l'immediato accoglimento delle loro opere in gran parte ai mecenati bostoniani che sostennero Millet.

Traduzione dall'inglese di Viviana Tonon

1 R. L. Herbert, Jean-François Millet, catalogo della mostra, Hayward Gallery, Arts Council of Great Britain, Londra 1976, p. 90. Poco conosciuto a quell'epoca, L'Angelus fu un dipinto davvero bostoniano, in quanto venne commissionato, nel 1857, da Thomas Gold Appleton, che tuttavia non ricevette mai l'opera.
2 Ibid.
3 R. L. Herbert, Jean-François Millet, catalogo della mostra, Grand Palais, Editions des Musées Nationaux, Parigi 1975, p. 105.
4 M. A. S. Shannon, Boston Days of William Morris Hunt, Boston, Marshall Jones Company, 1923, p. 40.
5 P. Bermingham, American Art in the Barbizon Mood, catalogo della mostra, Washington, D. C., Smithsonian Press, 1975, p. 22. Il primo ad arrivare, nel 1847, fu Winckworth Allan Gay, che se ne andò dopo quattro anni di studio presso Constant Troyon. Anche Thomas Gold Appleton studiò a Barbizon, pure lui presso Troyon, verso la fine del decennio 1840-1850. Successivamente, negli anni 1850-1860, Hunt avrebbe inviato nella colonia artistica francese un suo compagno di Harvard, Edward Wheelwright, per studiare con quel maestro.
6 W. Morris Hunt, Talks on Art, in On Painting and Drawing, New York, Dover Publications, 1976, p. 169.
7 "Boston Transcript", 11 ottobre 1879.
8 Crayon, in "Boston Athenaeum", 2, 11 luglio 1855, p. 24.
9 H. M. Knowlton, The Art Life of William Morris Hunt, Boston, Little, Brown, and Company, 1899, p. 75. Sfortunatamente parecchi dei suoi migliori "nidiandoli per i bambini", come li definiva, andarono bruciati nel suo studio durante il grande incendio di Boston del 1872.
10 A. Dexter, The Fine Arts in Boston, in The Memorial History of Boston, 1630-1880, a cura di Justin Winter, James Osgood and Co., vol. 4, Boston 1881, p. 399.
11 Van Wyck Brooks, New England: Indian Summer, 1865-1915, New York, E. P. Dutton & Co., 1940, p. 50.
12 The Boston Athenaeum, Art Exhibition Index, 1827-1874, a cura di Robert F. Perkins, Jr., e William Gavin III, Boston, The Library of the Boston Athenaeum, 1980.
13 Crayon, in "Boston Athenaeum" cit., p. 24.
14 Per un dibattito al riguardo si veda "Harvard University Magazine", vol. 4, 1896, pp. 476-479.
15 R. W. Emerson, The Early Years of the Saturday Club, 1855-1870, Boston, Houghton Mifflin Company, 1918, p. 370.
16 M. Brimmer, Address Delivered at Bowdoin College Upon the Opening of the Walker Art School, June 7, 1894 (opuscolo), Boston, Houghton Mifflin Company, 1894, p. 2.
17 Ibid., p. 10.
18 Ibid., p. 33.
19 The Letters of Francis Parkman, a cura di Mason Wade, New York, Harper & Brothers, 1944, p. 386.
20 Ibid.
21 The Letters of Francis Parkman, a cura di Wilbur R. Jacobs, Boston, Massachusetts Historical Society, 1960, p. 71. In una lettera a un comune amico, Charles Eliot Norton, datata 15 giugno 1850, Francis Parkman scriveva di aver appena ricevuto da Marsiglia una lettera di Quincy Adams Shaw, il quale gli descriveva il suo soggiorno di cinque mesi in Oriente. Parkman riferiva che "egli [Shaw] era chiaramente molto soddisfatto, sebbene esprima uno smisurato disprezzo per la gente e consideri l'intero affare piuttosto monotono e non avventuroso."
22 "Harvard Graduate Magazine", 18, n. 72, giugno 1910, p. 597.
23 "Boston Transcript", 13 giugno 1908; necrologio citato in Harvard Memorial Biography, corso di laurea 1845, Harvard Archives.
24 Lettera di Millet ad Alfred Sensier, novembre 1867, Cabinet des Dessins, Musée du Louvre, Parigi.
25 E. Moreau-Nélaton, Millet raconté par lui même, vol. 3, Parigi, Henri Laurens, 1921, p. 84.
26 Il dipinto di J. B. C. Corot, Dante e Virgilio entrano nell'Inferno, che Quincy Adams Shaw acquistò come dono per l'MFA in occasione della sua inaugurazione nel 1876, fu venduto da Détrimont.
27 E. Strahan, The Art Treasures of America, Filadelfia, G. Barrie, 1879-1882; 2a ed., New York, Garland Publishing, Inc., 1977, p. 86.
28 "Boston Evening Transcript", 22 luglio 1889.
29 Fifty Years of Boston, A Memorial Volume Issued in Commemoration of the Tercentenary of 1930, Boston, Tercentenary Commission, p. 474.
30 "Boston Transcript", 7 luglio 1899.
31 A. R. Murphy, French Paintings in Boston: 1800-1900, in Corot to Braque: French Paintings from the Museum of Fine Arts, Boston, catalogo della mostra, Museum of Fine Arts, Boston 1977, p. xviii.
32 Quincy Adams Shaw Collection, catalogo della mostra, Museum of Fine Arts, Boston 1918, p. 34.
33 Cit. in R. Lynes, The Taste-Makers, New York, Harper & Brothers, 1949, p. 38.
34 Lettera di Martin Brimmer a Sarah Wyman Whitman, Parigi, 29 giugno 1889, in "Archives of American Art", n. 265.
35 Mrs. Mary J. Morgan Sale, in "The New York Times", 6 marzo 1886.
36 Ai Millet donati da Martin Brimmer all'inaugurazione del Museum of Fine Arts, Mr. e Mrs. Samuel Dennis Warren aggiunsero un'opera della loro collezione, Pastorella. Nel decennio 1890-1900 Mrs. Warren arricchì di altri quattro Millet la propria collezione e nel 1892 donò al museo un pastello, Uccisione del maiale (cat. n.ooo.)
37 Si veda F. O. Matthiessen, American Renaissance, New York, Oxford University Press, 1941.
38 Ibid., p. 39.
39 E. Wheelwright, Personal Recollections of Jean François Millet, in "Atlantic Monthly", 38, settembre 1876, n. 227, p. 206.
40 A. Sensier, P. Mantz, La Vie et l'œuvre de J.-F. Millet, Parigi, A. Quantin, 1881, p. 393.
41 Ibid.
42 Bermingham, American Art cit., p. 36.
43 Matthiessen, American Renaissance cit., p. 602.
44 Ibid.
45 Studies from the Leaves, in "Crayon", 3, gennaio 1856, p. 31.
46 Matthiessen, American Renaissance cit., p. 602.
47 Ibid.
48 Ibid.
49 The Works of Walt Whitman, in The Collected Prose, a cura di M. Cowley, 2 voll., New York, Funk & Wagnalls, 1948, p. 181.