Biografie

Roberto Melli

Roberto Melli nasce nel 1885 a Ferrara. Tra i suoi maestri, il pittore Nicola Laurenti e lo scultore Arrigo Minerbi.
Nel 1902 si trasferisce con la madre a Genova iniziando a lavorare come apprendista presso un intagliatore in legno e realizzando le prime xilografie; è a Genova, inoltre, che nel 1910 tiene la sua prima mostra personale. Le tre sculture esposte si riferiscono a questo periodo, il momento iniziale della sua ricerca plastica. Si vede subito, nella cera che a fianco allinea i disegni preparatori, come abbia capito il lavoro di Medardo Rosso, il solo capace di risolvere in scultura il problema illuministico dell'impressionismo. Nelle due terrecotte, invece, appare chiara l'idea del monumento cimiteriale, la struttura tesa a sfruttare l'idea della scultura romana come cippo alla memoria.
Nel 1911 è a Roma. L'ambiente romano risente di un clima stagnante, tutto rinascimento, decorazioni e retorica. Attraverso Giacomo Balla, Modigliani e Severini, arrivava qualche eco di ciò che era avvenuto e stava avvenendo fuori dall'Italia.
Melli ne sente subito i fermenti. Con Modigliani, Gino Rossi, Umberto Boccioni e il gruppo dei futuristi, è tra gli artisti che più si rende conto dell'urgenza di un rinnovamento. Pur rimanendo in Italia, a Melli basta uno spunto, un'illuminazione che gli venga dalla riproduzione di un quadro di Cézanne o dalle notizie delle imprese dei “fauves” e dei cubisti per essere stimolato a cercare nuove vie.
Aderisce alla “Secessione romana”, ad opera di una trentina di artisti pronti ad uscire dalla Società degli Amatori e Cultori accusata di non essere in grado di coagulare intorno alla città di Roma le presenze internazionali necessarie per produrre un autentico rinnovamento delle arti.
Nel 1918 è tra i fondatori della rivista Valori Plastici, insieme a Mario Broglio, Carrà, de Chirico e Morandi. “Valori Plastici” svolge un'importante funzione di aggiornamento sulle esperienze artistiche europee, dal cubismo all'astrattismo fino al neoplasticismo. Nel contempo, dà spazio a collaboratori rivolti al recupero della tradizione. Melli non ne condivide l'orientamento verso il ritorno all'ordine sostenuto dalla politica culturale del regime fascista e, qualche anno dopo, dal cosiddetto “Novecento”.
Nel corso degli anni Venti l'artista segue varie strade, occupandosi anche di cinematografia e cartellonistica. Solo all'inizio degli anni Trenta si riavvicina all'ambiente artistico romano, riprende a interessarsi di arti figurative, dapprima in veste di critico e poi anche come pittore. Nel 1933 insieme ai pittori Emanuele Cavalli e Giuseppe Capogrossi sottoscrive il “Manifesto del Primordialismo Plastico” che attribuisce al colore valore assoluto nella resa architettonica del dipinto e nell'essenzialità delle forme. In questi anni e nel pieno della sua maturità artistica, Melli viene considerato un maestro dai giovani pittori romani. Le ragioni le troviamo tutte nei disegni, chiaro riferimento alle opere esposte a Levanto nel 1912, alla II Esposizione Internazionale d'Arte della “Secessione” (Roma, 1914), a Hannover, Amburgo e Dresda nel 1921, alla Fiorentina Primaverile (Firenze, 1922), nelle personali alla Galleria della Cometa (Roma, 1936), alla Redfern Gallery di Londra nel 1946, alla Galleria del Secolo (Roma, 1947), a La Strozzina (Firenze, 1950), alla Galleria Gianferrari (Milano, 1950), alla XXV Biennale (Venezia, 1950), alla Saletta degli Amici dell'Arte (Modena, 1951), alla Vetrina di Chiurazzi (Roma, 1953), alla XXVII Biennale (Venezia, 1954), a La Medusa (Roma, 1956), al Centro Culturale Olivetti (Ivrea, 1956), all'Ente Premi Roma (Palazzo Barberini, Roma, 1957)
Muore a Roma nel 1958 e nello stesso anno la Galleria Nazionale d'Arte Moderna gli dedica una grande mostra antologica.

Roberto Melli ha avuto una parte considerevole nella crescita dell'arte contemporanea, non solo italiana. Pittore e scultore, ha partecipato fin dagli inizi del secolo ai movimenti rinnovatori. La sua figura, però, è sempre rimasta un po' in disparte, e ciò per vari motivi: il suo allontanamento dalla vita attiva durante il periodo delle persecuzioni razziali; il difficile assestamento del dopoguerra, con l'avvento delle nuove generazioni; la natura stessa dell'uomo: cordiale, aperto, umanamente impegnato nei fatti della cultura e dell'arte ma schivo e fondamentalmente solitario. Il motivo più importante, comunque, è da cercarsi nel carattere della sua arte: la sua ritrosa sensibilità, un vivo senso critico, l'inclinazione ad accogliere prontamente ogni stimolo intellettuale che sollecitasse la sua attenzione di uomo colto, indirizzato alla ricerca di un equilibrio ideale, la sua capacità di critica, la sua cultura moderna, aperta ad ogni sollecitazione di rinnovamento. Dunque, anche se aperto a tutte le innovazioni, le più ardite e spregiudicate, Melli le ha sempre sottoposte ad una meditata valutazione critica, accogliendo illuminazioni e impulsi preziosi, ma rimanendo fedele alla sua vocazione personale.