Biografie

Piero Marussig

(Trieste 1879 - Pavia 1937)

Autoritratto, 1902-1903

Piero Marussig
Autoritratto, 1902-1903
Olio su cartone
Dim: 43 x 35,5 cm

Piero Marussig (Trieste 1879 - Pavia 1937 ), dopo essersi formato nella città natale sotto la guida di Eugenio Scomparini, un allievo di Grigoletti, decide di completare la sua formazione viaggiando tra le principali città europee, quali Vienna, Monaco e Parigi, dove viene a contatto con gli impressionisti, Van Gogh, Gauguin, Cézanne e Seurat. Dopo il matrimonio con Rina Drenik nel 1903, si reca a Roma per approfondire la sua conoscenza dei classici, appassionandosi specialmente a Tiziano: è di questo periodo la sua presunta prima partecipazione ad una mostra.

Venere addormentata (Nudo), 1924

Piero Marussig
Venere addormentata (Nudo), 1924
Olio su tela
Dim: 96 x 159 cm

Tornato a Trieste, continua con una pittura tonale dalle dominanti pallide e azzurrate, alternando sperimentazioni con l'acquaforte, tra cui Ritratto di donna (1910). Del 1906 è la sua prima mostra documentata, all'Esposizione di Milano per l'inaugurazione del nuovo valico del Sempione: vi partecipa con due opere, Verso la terra e l'autoritratto Uomo che ride.

Signora con pelliccia, 1920

Piero Marussig
Signora con pelliccia, 1920
Olio su faesite
Dim: 60 x 46 cm

Intorno al 1912 avviene la sua prima svolta espressiva: nelle opere di ascendenza secessionista e monacense si insinua un'accensione espressionista del colore.
Da aprile a ottobre dello stesso anno, inoltre, per la prima volta partecipa con l'opera Sull'erba alla Biennale di Venezia, dove da questo momento sarà sempre presente. Nel marzo dell'anno successivo è presente alla II Esposizione Nazionale d'Arte di Napoli, sia in veste di organizzatore della sala triestina, sia come artista, esponendo Mia suocera e due paesaggi. Nello stesso periodo partecipa anche alla I Secessione Romana con La raccolta delle patate e In giardino.

Bambina a piano, 1919

Piero Marussig
Bambina a piano, 1919
Olio su tela
Dim: 91 x 71 cm

Ragazzo con la palla, 1925

Piero Marussig
Ragazzo con la palla, 1925
Olio su tela
Dim: 97 x 64 cm

Si hanno poche notizie del periodo di guerra. In questi anni, comunque, continua a dipingere, portando alle estreme conseguenze, in alcuni esiti, la vibrazione del segno. Opere come Alberi in fiore del 1917 si strutturano come un pulviscolo di colore-materia, innervato da un forte linearismo.

Veduta della villa, 1911

Piero Marussig
Veduta della villa, 1911
Olio su tela
Dim: 45 x 45 cm

Si susseguono importanti esposizioni, come la presenza alla Quadriennale di Torino - alla Promotrice - nel periodo giugno-settembre del 1919 con Siesta, La casetta, Testa di vecchia, che lo rivelano al pubblico degli appassionati e agli occhi della critica, sottolineate dalla persistente presenza alle biennali veneziane.
E proprio in occasione di una mostra alla Galleria Vinciana di Milano, sempre nel '19 viene a far parte della cerchia di Margherita Sarfatti. Si trasferisce quindi a Milano, dove abiterà fino alla morte.
Nel '20 abbandona il periodo espressionista, approdando a un linguaggio più classico.

Donna seduta con ombrellino, 1913

Piero Marussig
Donna seduta con ombrellino, 1913
Olio su tela
Dim: 98 x 124 cm

In marzo si apre nei sotterranei di via Dante 10 a Milano la Galleria Arte, diretta da Mario Buggelli: Marussig partecipa alla collettiva inaugurale con Bucci, Dudreville, Funi, Sironi, Arturo Martini, Carrà, de Chirico, Russolo, Zanini e altri artisti. Espone tre opere: Ritratto, Paesaggio, Natura morta. Proprio insieme a Bucci, Dudreville, Funi, Oppi, Malerba, Sironi e la Sarfatti si incontra periodicamente alla Galleria Pesaro per costituire un gruppo che persegua una "classicità moderna", cioè una forma classica reinterpretata secondo una ricerca di sintesi. Il gruppo verrà chiamato Novecento Italiano (nome coniato da Bucci).
A novembre, alla Bottega di Poesia, partecipa con cinque opere ad una collettiva con Oppi, Malerba, Dudreville, Funi, Tosi, Salietti e altri artisti. È quasi un preludio alla mostra del "Novecento".
7 dicembre: nella festa di Sant'Ambrogio il gruppo del Novecento Italiano si presenta alla Pesaro, iniziando a esporre a rotazione un quadro nella vetrina della galleria. I sette artisti si impegnano a esporre solo insieme, o comunque col consenso del gruppo. Ne uscirà il giorno successivo sul "Popolo d'Italia" un felice trafiletto della Sarfatti.
26 marzo 1923: si inaugura alla presenza di Mussolini la mostra permanente del "Novecento" alla Galleria Pesaro. Marussig, con Funi, Sironi, Oppi e Malerba sono presenti alla vernice, mentre Bucci e Dudreville si trattengono polemicamente al Caffè Cova, poco lontano dalla galleria. Successivamente Oppi si dimetterà dal gruppo.

Ritratto della moglie, 1915

Piero Marussig
Ritratto della moglie, 1915
Olio su tela
Dim: 101 x 81 cm

Donna col garofano, 1925

Piero Marussig
Donna col garofano, 1925
Olio su tela
Dim: 60,3 x 50,3 cm

Nel 1925 Marussig entra a far parte del Comitato Direttivo del Novecento Italiano, composto dalla Sarfatti (che però d'ora in poi di lui parlerà solo frettolosamente), sei artisti (Marussig, Funi, Sironi, Tosi, Wildt e Salietti, segretario del gruppo), Gaspare Gussoni futuro proprietario della Galleria Milano, il sindaco di Milano Mangiagalli, e altre personalità.
A Roma al Palazzo delle Esposizioni è la III Biennale d'Arte romana; il "Novecento" è riunito in una sala: è la prima uscita del gruppo, dopo la sua rifondazione. Marussig espone qui il suo capolavoro, Due giovanette (Donne al caffè), ora nelle Civiche Raccolte di Milano, oltre a una Natura morta e a Bambina.
Si susseguono numerose esposizioni, anche all'estero, come a Londra (Exhibition of Modern Italian Art), Parigi (Première Exposition à Paris d'un Group de Peintres du Novecento Italiano), Ginevra (Exposition d'Artistes Italiens Contemporains) e Zurigo (Italienische Malerei), oltre che Amburgo, Berlino ed Amsterdam.
14 febbraio-30 marzo: I Mostra del Novecento Italiano a Palazzo della Permanente, presentata dalla Sarfatti. Numerose, e più positive rispetto alla Biennale veneziana del 1924, sono le recensioni.
Intorno al 1928 si avverte un nuovo mutamento nella sua pittura, che si apre a esiti cromatici più intensi. La sobrietà di tinte tipica della prima stagione novecentista lascia il posto a una stesura smaltata e luminosa.
A marzo si inaugura con la mostra "Sette pittori moderni" (Bernasconi, Carrà, Funi, Marussig, Salietti, Sironi e Tosi) la Galleria Milano, di proprietà di Gaspare Gussoni e del suo genero Vittorio Barbaroux, che da questo momento diventa la galleria dei novecentisti. Ma l'anno successivo si accentua il distacco di Marussig dallo stile del primo novecentismo, caratterizzato da una forma "decisa e precisa", come teorizzava la Sarfatti. Il disegno appare ora più libero e mosso, con una tendenza compendiaria che si intensifica negli anni. Nel gruppo novecentista il suo colore è ora fra i più accesi. In questo periodo soggiorna per alcuni mesi in Liguria, ospite di Francesco Messina con cui stringe una viva amicizia e che eseguirà un suo famoso ritratto. Sempre più spesso, inoltre, si reca sul Lago Maggiore, a Laveno, e sul lago di Como e di Iseo: questi soggiorni avranno echi importanti nella produzione successiva.
Con Funi e lo scultore Timo Bortolotti apre, in via Vivaio 10, a Milano, una scuola d'arte, che si fonda sulla conoscenza del mestiere e si propone come una bottega antica.
Ancora esposizioni, come l'importante personale alla Galleria Milano nel periodo 27 novembre-10 dicembre1930. È la sua seconda personale milanese dopo quella del 1919 e documenta pienamente il mutamento stilistico della sua pittura. Numerose e lusinghiere le recensioni di Bonardi, Sironi, Somarè, Torriano. Trapela da questi scritti il dibattito in atto: critici vicini al "Novecento" come Somarè, Costantini e ovviamente Sironi sottolineano la continuità dell'opera dell'artista, pur nel variare dello stile, mentre Torriano ne accentua la dimensione "impressionistica" e anti-novecentista.
Nel 1931 non viene invitato alla I Quadriennale di Roma, nonostante la presenza di Margherita Sarfatti in commissione. Mantiene una posizione defilata anche nelle polemiche che si scatenano in questo periodo contro il "Novecento". Continua comunque ad esporre nelle mostre del Novecento Italiano, ma la sua posizione è sempre più marginale. Mentre Sironi inizia la sua battaglia per la pittura murale, l'arte di Marussig, raccolta e intimista, poco adatta alla dimensione monumentale, è estranea all'ultima stagione novecentista. L'artista resta però legato ai compagni di strada dai vincoli di una profonda amicizia e di una reciproca stima, e soprattutto con Funi e Messina sono i rapporti più stretti. Frequenta inoltre De Grada, suo figlio Raffaellino e Reggiani, ma rimane un artista appartato.
A febbraio espone alla Galleria Milano alla mostra "Artisti moderni" (Bernasconi, Carrà, De Amicis, De Grada, De Pisis, Funi, Marussig, Salietti, Sironi). Dalle recensioni sembra che abbia scelto, per quest'occasione, opere impostate su una nitida volumetria, nonostante la sua ricerca volga adesso verso una scioltezza segnica sempre più compendiaria.
Nel 1934 la sua pittura supera il pittoricismo veloce e impressionistico e torna a un disegno più preciso e compiuto. Esce nel frattempo il saggio di Costantini Pittura italiana contemporanea, di cui un vasto capitolo è dedicato a Marussig.
È del 1935 uno sporadico esito astratto (datato 1932, ma senz'altro da posticipare), già preannunciato da certe nature morte precedenti, di grande essenzialità, e testimonianza anche della frequentazione con Reggiani.
23 gennaio-14 febbraio 1937: collettiva "Venti firme" al Milione. La mostra, che comprende un ampio numero di novecentisti (Bernasconi, Borra, Funi, Martini, Marino, Marussig, Zanini), oltre a Campigli e De Chirico e al gruppo degli astratti, codifica, come dice il Bollettino, il "ritorno all'ordine" della galleria, che non si identifica più con l'astrattismo sostenuto gli anni precedenti. Marussig qui espone La zingara e Paesaggio.
In aprile la mostra del Milione si sposta a Genova, alla Galleria Genova, con il titolo "Venti firme dell'arte vivente". In quell'occasione Marussig si reca nella città ligure, ma a luglio è costretto a ricoverarsi in ospedale al Policlinico di Pavia, accompagnato dall'amico Francesco Messina, per una grave malattia al fegato. Morirà il 13 ottobre dopo una lunga degenza per cirrosi epatica.
All'indomani della scomparsa scrive di lui Carrà: "Tutte le tele che Marussig ci ha lasciato rivelano la dirittura morale dell'artista disinteressato, tutta l'opera postula un principio ed un fine etico che in sé la trascendono. […] Marussig avrebbe voluto essere nato per il sogno, e fino ad un certo punto la sua esistenza fu quella di un solitario. Egli era un aristocratico dello spirito, ed ebbe per l'arte una passione così pura e forte che forse non fu intesa neanche da noi che gli fummo vicini".

Tratta dal testo di Elena Pontiggia nel Catalogo generale delle opere di Piero Marussig (Edizione: Silvana Editoriale)