Biografie

Paolo Gubinelli

Io segno la mia vita perché ricorda il passato e continuo a segnare il futuro, oggi ancora incido i miei segni per ritrovare lo spazio infinito.

Segno = vita
Segno = gesto
Segno = parola
Segno = azione
Segno = amore per la vita.

Paolo Gubinelli nasce a Matelica in provincia di Macerata, nelle Marche, nel 1945; madre Jolanda casalinga e sarta, padre Gennaro restauratore di mobili antichi. A cinque anni comincia gli interessi per la musica e impara a suonare la fisarmonica. A dieci anni studia clarinetto e sax con il maestro Pesci il quale lo stimola a prepararsi per gli studi al Conservatorio. Purtroppo, a dodici anni si ammala gravemente: la mamma e il padre non hano mezzi economici per permettersi di mantenerlo agli studi, così, a quindici anni, smette completamente gli studi musicali. A quindici anni sente un forte interesse per l'arte, per la grafica, l'architettura e il design. Terminati gli studi presso l'Istituto d'Arte di Macerata, non soddisfatto, si aggiorna culturalmente attraverso biblioteche, riviste d'arte, di architettura, di grafica e design. Comincia i primi studi figurativi e ricerca e sperimenta con materiali vari. Ha contatti con il preside Renzo Ghiozzi - nome d'artista Zoren - dell'Istituto d'Arte di Macerata, con lo scultore Umberto Peschi; conosce l'Architetto Ivo Pannaggi e lo scultore Edgardo Mannucci ad Arcevia. A venti anni si trasferisce a Milano, continuando gli studi nel campo della grafica e dell'architettura; conosce Lucio Fontana ed ha contatti continui con Bruno Munari a cui lo lega una grande amicizia, scambiandosi lettere e partecipando alle stesse mostre collettive.

Ha continui contatti con i pittori Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Mario Nigro e altri Milanesi astrattisti. Dopo un anno si trasferisce a Roma e conosce il grande artista Alberto Burri che apprezza molto la sua opera e con il quale si incontra anche nello studio di Città di Castello. Frequenta lo studio di Giuseppe Uncini, e a Spoleto Sol Lewitt, a Celleno Enrico Castellani, a Todi Piero Dorazio. Nel 1968 si stabilisce a Firenze, dove attualmente vive e lavora. Ha continuato gli studi di progettazione architettonica, grafica, con costante impegno artistico; lavora sempre sul materiale cartaceo, tratta la carta con incisioni, piegature, tagli, acquerelli. Diversi sono i contatti con l'Architetto Giovanni Michelucci: nel 1976 lo invita ad installare le sue opere eseguite su cartoncino bianco, incise e piegate nello show room per una mostra insieme ai mobili di Michelucci progettati per la ditta Fantacci di Pistoia.

Molti noti critici scrivono sull'opera di Gubinelli che ha contatti con noti architetti, letterati e poeti. Nel 1992 il Comune di Certaldo (Firenze), doveva organizzare una mostra antologica: Gubinelli e Munari presentati dalla storica dell'Arte Lara Vinca Masini; purtroppo, per problemi con l'Assessore alla Cultura, si deve rinunciare a questo progetto. Installa mostre personali della sua opera in varie Chiese, luoghi di contemplazione e di meditazione, fogli che scendono dal soffitto come papiri, incisi e piegati manualmente, creando un rapporto dinamico nello spazio. Nella sua attività artistica è andato molto presto maturando, dopo esperienze pittoriche su tela o con materiali e metodi di esecuzione non tradizionali, un vivo interesse per la "carta", sentita come mezzo più congeniale di espressione artistica: in una prima fase opera su cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, lo incide con una lama, secondo strutture geometriche che sensibilizza al gioco della luce piegandola manualmente lungo le incisioni.

In un secondo momento, sostituisce al cartoncino bianco la carta trasparente, sempre incisa e piegata; o in fogli, che vengono disposti nell'ambiente in progressione ritmico-dinamica, o in rotoli che si svolgono come papiri su cui le lievissime incisioni ai limiti della percezione diventano i segni di una poesia non verbale.

Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, il segno geometrico, con il rigore costruttivo, viene abbandonato per una espressione più libera che traduce, attraverso l'uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, il libero imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione tutta lirico musicale.
Oggi, questo linguaggio si arricchisce sulla carta di toni e di gesti acquerellati acquistando una più intima densità di significati.

Nel 1977 l'artista Alberto Burri telefona al direttore della galleria il Pozzo a Città di Castello per organizzargli una mostra personale.
Nel 1978 il Comune di Macerata, a cura di Elverio Maurizi, organizza una mostra presso gli spazi della Pinacoteca.
Nel 1987 viene invitato dal direttore prof. Farina per una mostra antologica negli spazi del Palazzo dei Diamanti a Ferrara presentata da Bruno Munari e Lara Vinca Masini.
Nel 1989 il Comune di Fabriano al Palazzo del Podestà, con la collaborazione del Comune di Gubbio al Palazzo dei Consoli, organizza una mostra antologica presentata dal critico d'arte Enrico Crispolti.
Nel 1990 il Comune di Perugina organizza una mostra al Palazzo dei Priori presentata dal critico d'Arte Vanni Bramanti.
Nel 1990 il noto critico d'arte Giulio Carlo Argan gli scrive una lettera e lo invita nel suo studio di Roma; si congratula con la sua opera e gli scrive un breve testo per una mostra al Palazzo Ducale organizzata dal Rettore prof. Mario Giannella dell'Università degli Studi di Camerino e presentata da Giulio Carlo Argan e Marcello Venturoli.
Nel 1991 il critico d'arte e poeta Cesare Vivaldi scrive sulla Sua opera per una mostra organizzata dal Comune di Ravenna negli spazi espositivi della Loggia Lombardesca.
Nel 1992 il Comune di Volterra organizza una personale alle Logge del Palazzo Pretorio presentata dal critico d'arte Paolo Fossati. Il Comune di Civitanova Alta Marche organizza una mostra alla Chiesa di S. Agostino presentata dal critico d'arte Carlo Belloli.
Nel 1993 il Comune di Mantova, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici organizza una mostra al Palazzo Ducale con la collaborazione del Comune di Gubbio alla Casa di S. Ubaldo, con il Comune di Gualdo Tadino alla Chiesa di S. Francesco presentazioni di Giovanni Maria Accade, Mirella Bandini, Pierre Restany e Carmelo Strano.
Nel 1994 il Comune di Spoleto organizza una mostra presso gli spazi dei Musei Civici "Monte di Pietà" del Palazzo Comunale, presentata dal critico d'arte Tommaso Trini. Anche il Comune di Prato organizza una mostra al Palazzo Pretorio presentata da Luciano Caramel.
Nel 1996 il Comune di Cortona organizza una mostra alla Fortezza di Girifalco presentata dal critico d'arte Marcello Venturoli.
Nel 1997, sempre a Ravenna, negli spazi della Loggetta Lombardesca, Cesare Vivaldi dona a Gubinelli 10 poesie inedite accompagnate da dieci opere inedite per l'installazione di una sua personale. Anche il Comune di Forlì organizza una mostra al Palazzo Alberini presentata dal critico d'arte Pierre Restany.
Nel 1999 il Comune di Cesena organizza una mostra alla Galleria Ex Pescheria presentata dal Critico d'arte Giorigo Cortenova.
Nel 2000 il Comune di Recanati, al Palazzo Comunale e al Centro Nazionale di Studi Leopardiani in occasione della premiazione del Poeta Mario Luzi, con la collaborazione del Comune di Monte Vidon Corrado, organizza una mostra con introduzione all'opera di Mario Luzi, presentata dal critico d'arte Marcello Venturoli.
Nel 2001 l'Istituto Rumeno di Cultura e Ricerca Umanistica, con la collaborazione del Comune di Venezia, organizza una mostra al Palazzo Correr con quattro poesie inedite del Poeta Andrea Zanzotto.
Nel 2002 il comune di Castellanza organizza una mostra alla Villa Pomini presentata dal critico d'arte Alberto Fiz, accompagnata da una prosa poetica inedita di Tiziano Rossi. Anche alla Casa Cini, con la collaborazione del Comune di Ferrara, è organizzata una mostra presentata dal critico d'arte Carmine Benincasa accompagnata da una poesia inedita di Maria Luisa Spaziani.
Nel 2003 la Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, organizza una mostra permanente in donazione di opere inedite accompagnate da poesie inedite del Poeta Mario Luzi con presentazione del critico d'arte Claudio Cerritelli. L'Associazione Italo Tedesca, con la collaborazione del Comune di Venezia, organizza una mostra al Palazzo Albrizzi, presentata dal critico d'arte Toni Toniato accompagnata da dieci poesie inedite della Poetessa Maria Luisa Spaziani. Ancora, il Comune di S. Leo organizza una mostra al Palazzo Mediceo presentata dal critico d'arte Carmine Benincasa che presenta opere accompagnate da poesie inedite di Paolo Gubinelli. Il Comune di Ascoli Piceno organizza una mostra al Palazzo dei Capitani presentata dal critico d'arte Bruno Corà accompagnata da 18 poesie inedite di 18 maggiori Poeti Italiani. La Regione di Firenze organizza una mostra al Palazzo Panciatichi presentata dal critico d'arte Carmine Benincasa e accompagnata da poesia inedita di Nico Orengo. Il Comune di Rimini, Musei Civici, organizza una mostra alla Galleria dell'Immagine presentata dal critico Francesco Gallo e accompagnata da poesia inedita di Maurizio Cucchi.
Nel 2004 il Comune di Firenze, con la collaborazione del Comune di Scandicci e la Vallecchi, organizza tre mostre: una prima alla Limonaia di Villa Strozzi, presentata dal critico d'arte Bruno Corà; una seconda alla ZBF Vallecchi e alla Abbazia di S. Salvatore a Settimo Scandicci, presentata da Bruno Corà e accompagnata da 18 poesie inedite dei maggiori Poeti Italiani; una terza ai Musei Civici - Chiostro di Voltorre organizzata dalla Galleria d'arte di Gavirate e presentata dal critico darte 'Claudio Cerritelli accompagnata da poesie inedite di Maurizio Cucchi, Franco Loi, Mario Luzi, Nico Orengo, Maria Luisa Spaziani. Il Comune di S. Benedetto del Tronto (AP) organizza una mostra presentata dal critico Toni Toniato accompagnata da 10 poesie inedite della Poetessa Maria Luisa Spaziani. In occasione del Festival Internazionale della poesia viene invitato dal Comune di Genova ad una esposizione dell'opera " ARTE E POESIA" opere inedite accompagnate da poesie inedite dei maggiori poeti, presentata da Bruno Corà, presso gli spazi del Palazzo Ducale. Il Comune di Riccione organizza un'antologica con introduzione all'opera di Mario Luzi e antologia critica di noti studiosi che hanno scritto sulla sua opera.
Nelle ultime mostre, organizzate da Enti Pubblici qualificati, presenta opere accompagnate da poesie inedite dei maggiori poeti:
Andrea Zanzotto. Mario Luzi, Tiziano Rossi, Milo De Angelis, Maria Luisa Spaziani, Alberto Bevilacqua, Franco Loi, Maurizio Cucchi, Alberto Caramella, Giuseppe Conte, Vivian Lamarque, Giancarlo Majorino, Giampiero Neri, Nico Orengo, Alessandro Parronchi, Antonio Riccardi, Mario Santagostini, Cesare Vivaldi.


Descrizione dell'opera
Parlare delle mie carte è pretendere un distacco emotivo-intellettuale e un trasferimento da un linguaggio a me più proprio (quello dell'opera) ad un altro più estraneo, quello verbale, con l'inquietudine e il disagio sempre di travisare i contenuti e le motivazioni del mio lavoro . Questo, per onestà; il resto, se può agevolare una lettura dell'opera .

Il 'concetto' di struttura-spazio-luce si muove nell'ambito di una ricerca razionale, analitica in cui tendo a ridurre sempre più i mezzi e i modi operativi in una rigorosa ed esigente meditazione.

Il mezzo: la carta; anzi, un cartoncino scelto per la sua morbidezza e docilità al tatto, e per il suo 'candore' (luce) incontaminato da ogni intervento esterno di colore, capace di rimandarmi a emozioni di purezza, di contemplazione quieta e chiarificante. Su questa superficie traccio, con una lama, un'incisione secondo linee geometriche, progettuali (proiezioni, ribaltamenti di piani… ); quindi, intervengo con la piegatura manuale delicata, attenta, che crea un rilievo sottile, capace di coinvolgere lo spazio, strutturarlo e renderlo percettibile . La superficie vibra di una struttura-luce che non ottengo con effetti di chiaroscuro dipinto, ma con l'incidenza della luce (radente) sul mezzo stesso, la carta incisa e piegata, in cui mi oppongo rigorosamente alla tentazione di un arricchimento dell'opera. Inoltre, le superfici mutano, variano secondo i punti di vista e l'incidenza della luce; ne deriva una spazialità dialettica che coinvolge lo spettatore in una serie di rapporti dinamici, permettendogli una riappropriazione creativa dello spazio circostante. Le mie carte pretendono una lettura non superficiale ma attenta e prolungata; il loro discorso non è immediatamente percepibile e hanno bisogno di un lettore disponibile per mediare contenuti, motivazioni e stimoli di ricerca .

Paolo Gubinelli
Autopresentazione, Ed. Galleria Indiano Grafica, Firenze, 1977



Nella mia attività artistica, la carta è stata fino ad oggi il mio unico mezzo espressivo: dopo la prima fase di intervento su cartoncino bianco, morbido al tatto, inciso con lama e piegato manualmente secondo strutture geometriche (con effetto visivo di "spazio - luce"), sono passato alla carta trasparente (lucido da architetti) sempre incisa e piegata: o in fogli disposti nell'ambiente in progressione ritmico - dinamica, o in rotoli - papiro con lievissime incisioni al limite delle percezioni che si svolgono nell'ambiente. Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, ho abbandonato il segno geometrico con il suo rigore costruttivo per un segno più libero fatto con pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, capace, mi sembra, di tradurre i moti imprevedibili del discorso interiore.
Ultimamente, questo linguaggio si arricchisce sulla carta di gestualità e tonalità acquerellate acquistando, mi pare, un significato più intimo e intenso.

Paolo Gubinelli
Firenze, Gennaio 1975



GIULIO CARLO ARGAN 1991
Caro Gubinelli,
del suo lavoro molti altri hanno così bene scritto che meno mi dispiaccio di avere da molti anni rinunciato a scrivere d'arte contemporanea: non parlerò dunque del suo lavoro, che seguo con immutato interesse, ma vorrei chiarirmi il senso della sua dichiarata ricerca di ‘razionalità analitica'. La cosa m'interessa per due motivi. Rimango un razionalista benché riconosca non infondate alcune delle critiche mosse dai post-moderni al razionalismo. E poi m'interessa quella sua dichiarazione di razionalità proprio perché nel suo lavoro sono rare le tracce della tradizionale iconografia del razionale . Mi par dunque la sua razionalità non sia deduttiva, logica, ma induttiva. Trovare una dimensione del razionale oltre la logica è proprio quello che ho sempre cercato nelle opere d'arte. Ho letto quello che ha scritto sulla qualità dello spazio-luce che lei vede nella carta bianca, che per lei non è piano di fondo ma sostanza formale. Mi pare che la sua ricerca sia proprio di dematerializzare o defenomenizzare la carta togliendole il suo limite di superficie e costruendo, con sottile incisione, una spazialità senza volume e una luce senza raggio. Lei insomma riduce a immateriale rigore e cioè a qualità razionale i dati materici e visivi. La sua razionalità consisterebbe dunque nel dare come geometrici, in termini di valore, segni che non sono canonicamente geometrici. É un modo, o sbaglio, di contestare la contestazione della razionalità che va oggi di moda. Naturalmente i contenuti intellettuali del suo lavoro non sono tutti qui: ma mi pare che questo sia un punto fermo nel suo persistente intento di far collimare spirito di geometria e spirito di finezza .

Roma 25 aprile 1991
Con amicizia
il suo G. C. Argan

Antologica Ed. Università degli studi di Camerino
Palazzo Ducale - 1991 - Camerino



Il segno, la piega, il taglio, il colore
di Bruno Corà
Se si vuole conoscere il nucleo vitale e poetico di un artista, spesso bisogna attingere alle primissime sue tracce, protomorfologie o sussurrati propositi che, pur timidamente, hanno però l'ardire di traguardare già tutto, con lo sguardo della volontà e del desiderio, il proprio futuro percorso.
Nell'atto di nascita artistica o di autocertificazione pubblica di Paolo Gubinelli, uno statement steso nel lontano 1975, è possibile, infatti, cogliere un'attitudine fondamentale che regola l'intera opera successiva: "il concetto di struttura-spazio-luce si muove nell'ambito di una ricerca razionale, analitica in cui tendo a ridurre sempre più i mezzi e i modi operativi in una rigorosa ed esigente meditazione".I La dichiarazione è di quelle cariche di una chiarezza e determinazione che non lasciano margine a dubbi di qualificazione: Gubinelli inscrive la propria azione artistica in quell'ambito linguistico che nel XX secolo ha dato corpo all'istanza compositiva riduzionista e lucidamente razionale che, d'altronde, le prime letture critiche della sua opera riconosceranno e confermeranno, indicandone in buona parte sia i confini originari che gli antenati ordinatori: "… quella linea di ricerca, definita ‘analitica' - scrive la Masini nel ‘77 - che prendendo avvio dalle proposte di spazio-luce-colore nella dinamica luminosa dell'atmosfera, già espressa nelle "compenetrazioni iridescenti" di Balla si è svolta scavalcando - senza peraltro ignorarlo - tutto il momento astratto-geometrico europeo; e ripresa nel secondo dopoguerra diramandosi nei due grandi filoni, quello europeo e quello americano (..) E ha dato luogo, da un lato, al neoconcretismo (…) arrivando fino alle recenti ricerche di "riflessione sulla pittura" e di "analisi sui mezzi" (da Fontana a Castellani, a Dorazio, da Gaul a Griffa, a Support Surface …), dall'altro a quella che si è definita la "linea fredda", la "pittura opaca" o "analitica" americana …".II

Fin dagli esordi, dunque, se ovviamente si omettono le prove giovanili precoci e quelle degli studi accademici, Gubinelli trova collocazione critica e, quel che è più importante, un indirizzo operativo molto preciso, così come lo sono i mezzi, gli strumenti e le modalità da lui prescelti per lazione: 'la carta, la lama, la piegatura manuale del supporto, la considerazione della luce; obiettivo: una spazialità sensibile, percepibile all'occhio attento e al tatto desideroso, quello suo e quello dei suoi estimatori.

Il ciclo delle "incisioni" su carta (1973 e delle "incisioni, piegature su carta" bianca (1974-78) appare davvero subito esigente e rigoroso; una summa paradigmatica tesa e coraggiosa che riesce, pur dopo l'imprinting precursorio già evocato, a ricavare una propria intercapedine nell'edificio spazialista, con spiccato carattere dematerializzatore. Tornando a osservarli oggi, quegli elementari proclami fatti di gesti decisi, talmente calibrati e misurati in termini di energia, di spazio-temporalità considerata nell'atto incisorio, di sensibilità trattenuta sulla materia, ma anche di avventuroso ingresso nelle latitudini polari della monocromia o addirittura dell'acromia postmanzoniana, si comprende come fossero le prime sillabe e i primi sostantivi di un nuovo discorso, dopo una meditazione tanto intensa quanto maturata nel riserbo. Concentrazione e riflessione che rendevano allora possibile porsi obiettivi che l'assiduità di un metodo dimostrava raggiungibili: la texture e il ritmo che gesto, segno, taglio e piega disponevano a campitura dove l'antinomia della luce e dell'ombra costruivano l'entità spaziale concepita da Gubinelli. Sorprende come una nuova superficie, ancorché lasciata priva di addizioni cromatiche, col solo mutamento dell'uniformità di quota, sotto l'azione di sollecitazioni tanto elementari quanto ridotte alle minime potenzialità di effetti, abbia potuto raggiungere talmente tante versioni di qualificazione spaziale da estendersi su un intero lustro, con una gran quantità e varietà di esiti.Quella tenacia e quella assiduità davvero evocano i metodi cari a Castellani e direi allo stesso Melotti nelle rispettive opere degli anni Sessanta e Trenta. Gli andamenti delle incisioni di quelle sue carte, la loro dinamica oppositiva, parallela, trasversale, l'ottenimento di quelle forme che sembrano mutuare dall'arcaicità dorica del fondamento motile la loro intima ragion d'essere, la loro civile, primaria interazione, per un'immagine che ostenta solo i suoi principi costruttivi, danno a quelle iniziali ma già espertissime prove un peso determinante e grammaticamente basilare.

L'installazione del '77 di dieci grandi carte incise secondo quanto è giunto a concepire a quella data Gubinelli, con la sua produzione, configura un organismo oltretutto dotato di ingombro topologico che aggiunge valenze ulteriori alla loro singola potenzialità. Intervalli di superficie, incisioni, pieghe che, ben oltre la propria ontologica pronunciata esistenza, ambiscono a spaziare recando nell'ambiente proprietà qualificate di misurazione ideale, virtuale, più frutto di un'intensità teoretica, etica ed estetica che meramente decorativa. La loro compilazione presume un'intensità autodisciplinare che getta una cifra di tensione tanto inverificabile quanto ossessivamente irrinunciabile. Con l'ineluttabilità di un imperativo categorico suggerito solamente dalla necessità di soddisfare un dato formale ma non meno assoluto.

Si pensava che l'arte non dovesse più conoscere questi salutari ‘inutili' eccessi? Altroché! In quegli stessi anni, nuove personalità meditano analoghe azioni rigenerative delle nozioni di forma, spazio, materia! E' la generazione di artisti che, almeno in Italia, dopo lo Spazialismo, l'esperienza di Azimuth e l'apparizione fugace ma luminosissima di Francesco Lo Savio - nominiamolo, l'autore di quella nozione poetica plastica di Spazio e Luce mai troppo rimpianto! - si dedica alla riqualificazione dei dati percettivi, spaziali, cromatici.

Dopo quella originaria declinazione di tagli e pieghe, che ben potrebbe costituire un apparato iconografico per le riflessioni e le analisi sulla fente e sulla pli leibniziana di Deleuze, Gubinelli ora affronta supporti di carte trasparenti, ove attua "progressioni analitiche interattive" (1978-80), e ancora carte in forma di rotoli come papiri che innalza e dispone sulle pareti srotolandoli fino a occupare il pavimento; con tali accorgimenti accentua la valenza dell'opus continuum e talvolta reticulatum già presente nelle sue opere per le modalità tecniche e segniche sino ad allora adottate.

Dopo quel fecondo decennio, all'inizio degli anni Ottanta, quasi a conclusione di una lunga ‘dieta' che lo aveva opposto con rigore "alla tentazione di un arricchimento dell'opera", Gubinelli lascia penetrare nel proprio lavoro il colore con la moderazione e la prudenza che l'uso di pastelli a cera, del frottage e infine dell'acquerello, suggeriscono. La luminosità del colore sulle superfici delle carte trasparenti contende ai tagli la loro iniziale supremazia spaziale. Il connubio si fa sempre più stretto, ma non sempre tuttavia della medesima tensione ed efficacia raggiunta mediante la radicalità dell' "incidenza della luce (radente) sul mezzo stesso la carta incisa e piegata" (Gubinelli).

Ai collages e alle carte colorate a pastello e incise dell'86-87, che segnano dunque, a mio avviso, un sentiero di sperimentazione cromatica anelante alla sintesi taglio-colore non umido, si sostituiscono nell'88, più compiutamente risolti, i rapporti tra tagli e colori umidi nella tecnica dell'acquerello. In queste realizzazioni la "defenomenizzazione" di sintesi tra mezzi e tecniche evoca l'organicità, più che delle superfici, delle fisicità biologiche. Non sono così anche le presenze vive della nostra pelle, le rughe sulla fronte, sul volto, le linee e le pieghe all'interno del palmo della mano? Non sono come queste nuove carte colorate e incise anche i segni della nostra pelle e le pieghe del corpo col loro riverbero d'incarnato?

Gli esiti di quella nuova esperienza che dall'inizio degli anni Ottanta si può dire arrivi sino ad oggi, sembrano aver raggiunto un'altra segreta sintonia interna al supporto cartaceo per la sua proprietà permeabile e assorbente e la sua disposizione alla fessurazione e piega, mantenendo unità fisica. Nei casi migliori le carte liberano luminosità e trasparenze turneriane; in altri casi, non meno efficaci, il campo cromatico che pervade il supporto e imbeve del colore i segni ove esso penetra lascia riaffiorare l'identità della macchia di origine informel che, in quanto materia-colore, evoca tanto la spazialità episodica e insulare di Fautrier, quanto la dilatata espansione e pulsione già raggiunta da Rothko. Tra i lavori degli anni Novanta, le installazioni a base di acquerelli e incisioni su carta, offerti in linearità scandite a intervalli regolari (1994-97) danno conto di un avvenuta integrazione tra taglio, piega e colore; oltretutto in grado di tener testa all'antitesi tra segno e colore liberamente gestuale e caotico interno alle carte e loro successione ordinata e ortogonale sulla parete; e - ciò che è più importante - di fare accogliere come nuova qualità equilibrata l'arricchimento (seppur contenuto) dell'opera, un tempo ritenuto "tentazione" a cui opporsi.
Queste più recenti progressioni analitiche dello spazio sgravano, com'era avvenuto inizialmente e in modo nuovo, l'opera di Gubinelli dalla matericità già invero esigua; esse di fatto situano la frontiera della sua ricerca a un punto più avanzato: quello da cui si osserva e si cattura, con l'autenticità e la costante tensione a trascrivere vere e proprie partiture di luce, quella dimensione che Lo Savio definì l'"immagine di una realtà quasi impossibile".III

Gennaio 2002


I. Paolo Gubinelli, "Autopresentazione", ed. Galleria Indiano Grafica, Firenze 1977
II. Lara Vinca Masini, presentazione mostra Paolo Gubinelli presso Off Studio, Arezzo, 1977
III. Francesco Lo Savio, presentazione mostra personale presso la Galleria d'Arte Selecta, Roma gennaio 1960


Paolo Gubinelli vive e lavora a Firenze. Si diploma presso l'Istituto d'arte di Macerata, sezione pittura, continua gli studi a Milano, Roma e Firenze come grafico pubblicitario, designer e progettista in architettura. Giovanissimo scopre l'importanza del concetto spaziale di Lucio Fontana che determina un orientamento costante nella sua ricerca: conosce e stabilisce un'intesa di idee con gli artisti e architetti: Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Umberto Peschi, Emilio Scanavino, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, Zoren. Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all'estero.
Le sue opere sono esposte in permanenza presso Musei Pubblici e Privati, Biblioteche, Pinacoteche, Spazi Pubblici e Privati.
Sono stati pubblicati cataloghi e riviste specializzate, con testi di noti critici: Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Vanni Bramanti, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Roberto Daolio, Angelo Dragone, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Francesco Gallo, Mario Luzi, Lara Vinca Masini, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Pierre Restany, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
Hanno scritto di lui: Giulio Angelucci, Flavio Bellocchio, Goffredo Binni, Nevia Pizzul Capello, Debora Ferrari, Mario Giannella, Armando Ginesi, Elverio Maurizi, Carlo Melloni, Eugenio Miccini, Roberto Pinto, Osvaldo Rossi, Giuliano Serafini, Patrizia Serra, Franco Patruno, Maria Grazia Torri, Francesco Vincitorio.
Sono stati pubblicati cataloghi di poesie inedite dei maggiori poeti Italiani: Aonis, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Alberto Caramella, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Luciano Erba, Vivan Lamarque, Franco Loi, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Alessandro Parrochi, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Mario Santagostini, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
Nella sua attività artistica è andato molto presto maturando, dopo esperienze pittoriche su tela o con materiali e metodi di esecuzione non tradizionali, un vivo interesse per la "carta", sentita come mezzo più congeniale di espressione artistica: in una prima fase opera su cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, lo incide con una lama, secondo strutture geometriche che sensibilizza al gioco della luce piegandola manualmente lungo le incisioni.
In un secondo momento, sostituisce al cartoncino bianco, la carta trasparente, sempre incisa e piegata; o in fogli, che vengono disposti nell'ambiente in progressione ritmico-dinamica, o in rotoli che si svolgono come papiri su cui le lievissime incisioni ai limiti della percezione diventano i segni di una poesia non verbale.
Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, il segno geometrico, con il rigore costruttivo, viene abbandonato per una espressione più libera che traduce, attraverso l'uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, il libero imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione tutta lirico musicale.
Oggi questo linguaggio si arricchisce sulla carta di toni e di gesti acquerellati acquistando una più intima densità di significati.