Biografie

La biografia di Arturo Ghergo
Arturo Ghergo. L'immagine della bellezza. Fotografie 1930 - 1959
Arturo Ghergo fotografo. Il glamour autarchico di Claudio Domini

Arturo Ghergo
(1901 - 1959)

Arturo Ghergo - Massimo Girotti, attore - Copyright: © Archivio Ghergo

Nativo di Montefano (Macerata), dove aveva appreso i rudimenti della tecnica fotografica nello studio del fratello Ermanno, Arturo Ghergo era giunto a Roma nel 1929, con il proposito di affermarsi come il miglior fotografo della Capitale. Nonostante i mezzi economici fossero inadeguati, riuscì ad aprire uno studio nella centralissima via Condotti, e a farsi conoscere nell'ambiente dell'alta società romana come ritrattista raffinato e originale, anche grazie ad una  tecnica di ripresa e di successiva manipolazione delle immagini di straordinaria qualità.
Dalla metà degli anni Trenta è il ritrattista prediletto dall'aristocrazia romana e dal mondo cinematografico. Praticamente tutti i divi di Cinecittà passano dallo studio di via Condotti 61, per esigenze legate alla produzione dei film di cui sono protagonisti, ma anche per vezzo personale, tale è il riconoscimento goduto da Ghergo nel suo ambiente.
Ghergo non ama la celebrazione del potere e, seppur ambito come ritrattista da molti personaggi celebri del mondo istituzionale, raramente si concede, lo farà per Pio XII, per l'allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, per Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti.
Accanto alla ritrattistica nella produzione di Ghergo trovano posto le immagini di moda, in quegli anni poco o nulla praticata come “specialità fotografica”, e di cui egli risulta indubbiamente un precursore, e qualche incursione nella pubblicità, prevalentemente per la Ferrania.
A metà degli anni Cinquanta, in quelli che saranno gli ultimi anni della sua vita, decide di dedicarsi con trasporto alla pittura, di cui ci restano pochi ma apprezzabili esempi. Muore a Roma nel gennaio 1959.
Alla sua morte la moglie Alice prima e la figlia Cristina poi, proseguiranno l'attività dello studio.

Arturo Ghergo e la via italiana alla glamour photography
Prima di Arturo Ghergo, in Italia non esisteva ancora uno stile fotografico che si proponesse di comunicare fascino. La glamour photography era nata negli anni Venti fra i major movie studios di Hollywood, accompagnando il passaggio dal cinema muto al sonoro. È la fotografia il mezzo principale con il quale divismo cinematografico viene diffuso al di fuori dei grandi schermi, principalmente attraverso la stampa dei rotocalchi, proponendo nuovi modelli estetici, in linea con una più generale evoluzione del gusto modernista internazionale che dall'Art Nouveau era giunto al Deco. La glamour photography ricorre frequentemente a pose scultoree e coreutiche, abbigliamenti eleganti, espressioni distaccate, gesti sofisticati, forme sensuali esaltate da marcati contrasti di luce, tutti elementi che concorrono a stabilire un'aura con cui si segna una distanza insormontabile fra il divo, oggetto di ammirazione, e i comuni mortali. Parallelamente, iniziava ad assumere un'identità più connotata la fotografia di moda (fashion photography), non solo attraverso le riviste specializzate (“Harpers's Bazaar”, “Vogue”), ma anche presso la stampa più popolare in cui compare con frequenza crescente, non definendo una precisa linea di distinzione dalla glamour, di cui condivide molti caratteri.
La glamour e la fashion photography arrivano in Italia negli anni Trenta, dunque nel pieno di una fase in cui il regime fascista si prefigge con sempre maggiore consapevolezza di incarnare una via nazionale al modernismo, fondata su valori coerenti con la tradizione culturale latina, facendo dell'ideale estetico un veicolo di propaganda politica che avrebbe dovuto favorire la presunta nascita di una nuova razza italica. L'isolamento internazionale che si determina negli anni dell'autarchia (1936-43) favorisce notevolmente lo sviluppo di un'industria culturale di massa per la quale Cinecittà diventa una precisa alternativa a Hollywood e il rotocalco “Tempo” una risposta all'americano “Life”, il più celebre nel mondo.
In questa industria, la fotografia svolge un ruolo di grande importanza nel divulgare i nuovi modelli estetici di riferimento. Non serve più la fotografia d'arte e pittorialista, improntata a criteri formali ed espressivi derivati dall'arte accademica o del modernismo tardo-ottocentesco, a cui ancora si ispira la ritrattista più affermata di Roma, l'ungherese Ghitta Carell. Serve, piuttosto, una via nazionale alla glamour e alla fashion photography che esprima un nuovo stile nazionale, moderno, portatore di nuovi valori, ma non in senso iconoclasta rispetto alla tradizione, informato degli indirizzi “novo-classicisti” che l'arte italiana del Ventennio stava proponendo. Lo studio Ghergo diventa il promotore più efficace ed evoluto di questa nuova fotografia, il più sofisticato ed emblematico rappresentante del glamour nazionale, concentrato in particolare nel definire nuovi modelli femminili, decisamente evoluti rispetto al cliché matronale e familiare dell'Italia più conservatrice, destinato a riscuotere successo fino alla fine degli anni Cinquanta.

Arturo Ghergo. L'immagine della bellezza. Fotografie 1930 - 1959
Milano - Palazzo Reale
Dal 21 maggio al 29 giugno 2008